3. Le chiese di lingua latina
Quando Paolo scrisse la famosa Lettera ai Romani, usò la lingua greca, perché nelle chiese cristiane di Roma prevalevano le persone provenienti dall’Oriente e perciò di lingua greca. Presto si convertirono sempre più anche quelli di lingua latina i quali, in Occidente, divennero la maggioranza, apportando nella Chiesa la loro cultura. La cristianità romana acquistò improvvisamente grande forza con l’editto di Costantino (313), col quale il cristianesimo venne sempre più a definirsi come «religione di Stato» e l’Occidente cominciò a crescere come centro decisionale parallelo all’Oriente. Alla cornice culturale greca venne aggiunta la tipica struttura di governo imperiale: il titolo di Sommo Pontefice, non a caso, era in precedenza un titolo spettante all’imperatore. La Chiesa si trasformò da «sinagogale» (insieme di persone) a «territoriale» (il vescovo intendeva esercitare la sua autorità su tutto un suo territorio definito) e così l’adesione alla Chiesa non fu più libera, ma divenne obbligatoria, con l’imposizione del credo cristiano e del battesimo anche ai neonati (pedobattismo). L’organizzazione si gerarchizzò sempre più, fino ad arrivare al dogma dell’infallibilità papale (1870).
Le rivolte ebraiche contro Roma, con le impegnative e prolungate guerre che ci furono (nel 70 e nel 135), accentuarono i sentimenti antiebraici dei Romani e così Gesù divenne ancor meno «Figlio di Davide». Arrivando a dipingere Gesù (un ebreo che rifiutava le immagini) come biondo e con gli occhi azzurri (caratteristiche a dir poco inusuali fra i nativi del Medio Oriente). L’odio antiebraico è cresciuto fino a promuovere delle adunate di popolo pronte al massacro e ciò in quasi tutta la cristianità (dall’Oriente russo all’Occidente spagnolo). Fino a negare per gli ebrei (nella Germania di Hitler) finanche la validità d’una loro eventuale conversione a Gesù, anche se già formalizzata col battesimo!
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