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Resurrezione o clonazione?

Ultimo Aggiornamento: 13/02/2010 23:17
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Città: GENOVA
Età: 52
Sesso: Maschile
13/02/2010 21:06


Se affermi che l'io rimane nella mente di Dio significa che in una dimensione spirituale la nostra coscienza continua ad esistere.



Mi sembra identifichi la nostra coscienza e il ricordo di Dio della nostra coscienza come un unico dato di fatto. Non sono d'accordo nella misura di come il ricordo di mio figlio nella mia memoria non risulti essere mio figlio.
Affermo infatti che Dio al momento di risorgerci si ricorderà di com'era e cos'era la nostra cosienza perfettamente senza che ci sia per forza soluzione di continuità. La soluzione di continuità è indispensabile da un punto di vista prettamente umano, poiché esperita nella crescita e nell'impossibilità di ristabilire ciò che si distrugge, ma Dio ne può fare tranquillamente a meno.


Se non fosse così, allora i risorti sarebbero solo degli esseri identici a noi con la nostra stessa personalità, le nostre idee, i nostri pensieri e i nostri ricordi.
Ma non saremmo noi.



Non ne comprendo il perché.
Perché hai bisogno di continuità temporale per vederti in un futuro? Nella stessa continuità temporale della tua esistenza tu sei il clone del bambino che eri, ne preservi i ricordi le emozioni e tutto ciò che contribuisce a renderti ciò che sei, eppure non diresti di essere ora qualcun'altro.

Oltretutto, ammesso e non concesso, se un essere futuro dopo la mia morte avrà la mia stessa personalità, i miei pensieri, le mie idee e i miei ricordi come farò ad affermare di non essere io? Semplicemente perché ora, in questo istante ne contemplo l'esistenza? E che dire allora, con lo stesso ragionamento, del mio essere, della mia coscienza di ieri? Sono o non sono io? L'io passato è identico a quello di adesso?
L'unica impossibilità contemplativa e che presuppone il clone e non la resurrezione è considerare due me, due io, nello stesso istante continuum spazio-temporale. In questa accezione sarei d'accordo con voi, anche se resuscitato non sarei più io perché un altro condivide il mio stesso istante e quindi è un qualcosa diverso da me a partire dalla condivisione dello stesso momento.
Ma se la traslazione è in riferimento a due istanti temporali diversi, il fatto che nel mezzo c'è del tempo che non esperisco perché morto è irrilevante.
Se mi addormento in un corpo e mi risveglio in un corpo nuovo non ha assolutamente influenza sul mio stato cosciente, la mia coscienza si risveglierà alla vita come si risveglia dal sonno, semplicemente in un nuovo supporto.

Proviamo a pensare che paradossalmente qualcuno possa avermi sostituito alla dormia con un essere uguale in tutto e per tutto al mio io di ieri e poi avermi distrutto. Avendo gli stessi pensieri e ricordi non mi accorgo puntualmente di nulla, ma avendo la stessa coscienza sono sempre io, l'avermi distrutto il veicolo di tal coscienza è irrilevante e l'assenza di soluzione di continuità tra il mio essere di ieri e quello di oggi non varia il mio stato esistenziale presente: sono io a tutti gli effetti, non un clone nè qualcun altro, io, perché la mia coscienza è stata traslata dalla materia distrutta a quella nuova.

Sempre paradossalmente Dio non avrebbe nemmeno bisogno di ricordarsi di noi. Essendo a-temporale potrebbe traslarci in tempo reale da un punto del passato ad uno futuro senza soluzione di continuità né per noi né per Lui: infatti ai suoi occhi atemporali non saremmo mai morti.

E' per questo che viene chiamato l'Iddio dei viventi e non dei morti perché ai suoi occhi son tutti viventi?

Ovviamente da quì in poi siamo nel puro campo dell'ipotesi congetturale, ma ciò mi rende superato l'attenersi alla compagine temporale e alla soluzione di continuità per un miracolo quale è quello della resurrezione. Non è assimilabile alla clonazione o duplicazione, non è legata a parametri quali soluzione di continuità temporale e non necessita l'ipotesi concettuale di anima per sussistere come dell'io la resurrezione.
[Modificato da Methatron 13/02/2010 21:30]
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"Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore. E invano il ragionamento, che non vi ha parte, cerca d'impugnarne la certezza" - B. Pascal
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