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Shalom, la comunità degli orrori: “Qui ci curano con violenze, psicofarmaci e preghiere”

Ultimo Aggiornamento: 19/04/2023 20:53
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14/04/2023 19:22
 
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“Violenze, vessazioni e punizioni di ogni genere”, è il racconto terribile degli ex ospiti della comunità Shalom in provincia di Brescia che ogni anno accoglie più di 250 ragazzi, anche minorenni, con passati difficili alle spalle, e che vengono sottoposti alla “cristoterapia”, un metodo inventato da Suor Rosalina Ravasio, la fondatrice di questa comunità.


La comunità Shalom sorge a metà strada tra Brescia e Bergamo, nascosta nelle campagne di Palazzolo sull’Oglio. È una comunità di recupero per tossicodipendenti e ogni anno ospita circa 250 persone. "Shalom" in ebraico significa “pace”, ma per centinaia di ragazze e ragazzi questa comunità ha significato violenze di ogni tipo: psicologiche, verbali e fisiche. Secondo le testimonianze che abbiamo raccolto, gli insulti e i maltrattamenti sarebbero una parte integrante del metodo messo a punto dalla fondatrice di questa comunità, suor Rosalina Ravasio.

Il team Backstair di Fanpage.it, dopo aver raccolto 13 testimonianze di persone che per la maggior parte non si conoscono tra di loro e che dentro questa comunità ci hanno vissuto in anni diversi e che raccontano violenze e punizioni ai limiti dell’immaginazione, si è infiltrato dentro la comunità per scoprire la vera natura di Shalom, quella che fino ad ora è riuscita a rimanere lontano dai riflettori, sia dei media che della magistratura.

La comunità Shalom in quasi 40 anni di attività ha ospitato migliaia di persone provenienti da tutta Italia, soprattutto Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, ma anche Lazio e Campania. A fondarla, sul finire degli anni ‘80, quando l’Italia si trovava a fare i conti con il boom dell’eroina, è stata una suora. Il suo nome è suor Rosalina Ravasio e Shalom è una sua creatura.

Gli episodi dell’inchiesta



La comunità di recupero dei vip

Suor Rosalina nel tempo si è fatta conoscere, intessendo rapporti col potere locale ed ecclesiale. Nei pochi giorni all’anno in cui la comunità si apre all’esterno, i saloni di Shalom sono frequentati da sindaci e consiglieri dei comuni vicini, magistrati, poliziotti fuori servizio, facoltosi imprenditori locali, uomini e donne di fede. Ma Suor Rosalina con la sua attività pluridecennale è riuscita ad andare ben oltre i confini della provincia bresciana, attirando anche personaggi di spicco.

Sono tanti i volti noti che hanno frequentato e frequentano la comunità. Il commissario tecnico della nazionale di calcio italiana, Roberto Mancini, è stato alla Shalom più volte, l'ultima durante le festività pasquali del 2023. Suor Rosalina sostiene addirittura che nel 2019 avrebbe profetizzato la vittoria degli Europei, perché Mancini sarebbe stato protetto dalla Madonna. Grazie a questo rapporto i ragazzi della comunità hanno avuto la possibilità di disputare una partita contro la nazionale cantanti. Poi ci sono Marco Masini e Francesco Renga, che in più occasioni hanno fatto visita alla suora e alla sua comunità, Giuseppe Povia che ha cantato in diversi concerti organizzati da suor Rosalina, e Luisa Corna, originaria di Palazzolo e sorella di una delle volontarie della comunità, che ha deciso addirittura di sposarsi all’interno di Shalom, lasciando l’organizzazione delle sue nozze proprio a Suor Rosalina.
"Suor Rosalina è Dio"

Il primo impatto con la comunità Shalom viene descritto da molti in maniera positiva, un luogo in cui i ragazzi che hanno rischiato di perdere la retta via, hanno ritrovato quella diritta grazie alla preghiera e alla pedagogia di Suor Rosalina. "Quando arrivi sembra di ritrovarti in una piccola oasi, – raccontano gli ex ospiti – ma la sensazione paradisiaca dura poco". Chi ha vissuto la vita di comunità di Shalom ha parare discordati sulla sua fondatrice. "Suor Rosalina è Dio", raccontano alcuni. Altri la descrivono come autoritaria e dispotica: “È una manipolatrice, una persona che con la religione non ha nulla a che fare”, ci dice una persona che per anni è stata a stretto contatto con lei e che ora vuole prenderne le distanze.

Un ex ospite, entrato minorenne e uscito dopo tre anni ha un ricordo da incubo del periodo alla Shalom: “Questa comunità sembra un mondo utopico, che vive di provvidenza, dove i ragazzi stanno benissimo e sono sempre sorridenti, dove avvengono i miracoli: entri con un problema ed esci guarito. Ma nessuno dice la verità, cioè che chi esce da lì i problemi ce li ha ancora. Le persone non sanno quello che succede davvero lì dentro”.

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19/04/2023 16:09
 
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Madri divise dai figli, sberle e punizioni: 50 nuovi testimoni delle violenze nella comunità Shalom

Decine e decine di segnalazioni in queste ore sono arrivate alla redazione di Fanpage.it, che raccontano ancora di maltrattamenti, madri divise dai figli, violenze fisiche e psicologiche dentro la comunità Shalom di Palazzolo sull’Oglio in provincia di Brescia.


Circa 50 nuove testimonianze sono arrivate in queste ore alla redazione di Fanpage.it dopo la pubblicazione dell’inchiesta del team investigativo Backstair sulla comunità Shalom in provincia di Brescia. Un fiume in piena di segnalazioni di ex ospiti che hanno deciso di farsi avanti e raccontare la loro verità: maltrattamenti, madri divise dai figli e mandate in punizione, persone allontanate dalla comunità e violenze fisiche e psicologiche.

In questo articolo sono selezionate alcune delle storie più significative, di cui non riveleremo i nomi dei protagonisti per proteggere la loro identità, ma abbiamo potuto verificare la loro effettiva permanenza all’interno della comunità di Suor Rosalina Ravasio dal registro di accesso dentro la struttura di cui siamo in possesso.

Le punizioni

Marco, nome di fantasia, è entrato alla Shalom nel 2021 per una grave condizione di depressione ed è uscito nell’autunno dell’anno successivo. “Sono scappato, alla fine, come fanno tanti. Ho subito violenze e ho visto altri ragazzi subire situazioni ancora più pesanti. Cose che non dovrebbero succedere in una comunità”. Nella sezione maschile della comunità, ci spiega Marco, “la situazione è molto più pesante di quello che si vede nella sezione femminile. Ma se non ci vivi dentro, fai molta fatica a renderti conto di quello che succede lì dentro”. La vita quotidiana secondo il suo racconto sarebbe scandita da “cose assurde e inumane, dagli obblighi che avevamo, dallo stato di vessazione continua, intimidazioni, mancanza di rispetto e violenza da parte di chi gestiva la struttura, cioè i vecchi, persone in terapia, non veri operatori”, continua Marco. Oltre agli psicofarmaci e a diversi pestaggi, a cui avrebbe assistito “ho visto violenze su persone con problemi psichiatrici, violenze disumane su persone che non erano capaci di intendere e di volere”. Marco confermerebbe le punizioni che abbiamo fatto vedere nella nostra inchiesta: “Sono stato un mese in punizione alla legna”.

Gli episodi dell’inchiesta

"Due anni di carcere"

Marta è stata in comunità dieci anni prima di Marco, dal 2009 al 2011, ma quello che ci racconta non si discosta molto dalla testimonianza dell’altro ex ospite. Aveva 17 anni quando è entrata. Arriva alla Shalom per problemi comportamentali e, su disposizione del tribunale dei minori, avrebbe dovuto passare lì due anni. Marta fa le notti in laboratorio: “Giorno e notte, senza dormire, tutto il tempo”. Oltre alle punizioni, Marta sembra confermare le condizioni di degrado di cui ci avevano parlato anche tutti gli altri ex ospiti che Fanpage.it è riuscita a contattare: “Abbiamo mangiato cibo con la muffa, scadute da anni, regalato alla comunità in occasione delle festività”. Secondo la ex ospite, i controlli dentro la comunità non c’erano: “No, non ho mai visto la Asl entrare lì dentro. Gli unici ‘controlli’ erano quelli dei carabinieri, che però entravano per le persone che stavano scontando delle pene alternative”. Allo scadere dei due anni, Marta e la madre vanno a colloquio con la suora: “Quando le dico che voglio andare via, perché i due anni erano scaduti, lei inizia a insultarmi, ci dà delle puttane e ci dice di andare via. Mia madre, alterata, le risponde a tono e a quel punto Suor Rosalina le tira una sberla. Mia madre le dice che se si fosse azzardata un’altra volta, l’avrebbe denunciata e lei ci strattona e ci spinge verso l’auto”. Durante le indagini che la Procura di Brescia ha condotto per appurare i maltrattamenti dentro la comunità, Marta è stata chiamata dai carabinieri: “Mi hanno fatto vedere l’album delle foto delle persone, per riconoscere le persone che facevano violenza dentro”. Marta non ha denunciato la comunità: “È stato come aver trascorso due anni in carcere. Quando esci sei in un mondo che non è tuo: io avevo paura. Quando ho incontrato di nuovo alcuni degli ex ragazzi, abbiamo deciso di andare a testimoniare, costituendoci parte civile. Io ho testimoniato, poi però hanno dato ragione alla suora”.

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19/04/2023 20:53
 
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