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Il Successo

Ultimo Aggiornamento: 18/06/2009 22:49
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Sesso: Maschile
18/06/2009 22:49

Di Umberto Polizzi
Dal nostro corrispondente dall'Australia, Dott. Umberto Polizzi, giornalista e scrittore.
Riceviamo e pubblichiamo.


Nell’uomo è insito lo spirito d’eternità! Non tanto per l’insegnamento dottrinale della chiesa di appartenenza, ma tanto quanta testimonianza naturale, vorrei dire genetica è in lui di una vita senza fine.
Diviene naturale progettare oltre i confini leciti di una vita di 70 o 80 di media non concedendosi limiti alla propria esistenza. Se da una parte si rischia di sconfinare nell’assurdo, dall’altra incentiva l’uomo a non adagiarsi nello scoramento e nell’abbandono rendendolo così, fin che può, vivace e attivo in una società che non concede spazio ai naturali perdenti.
Come ogni cosa lecita è spinta a edificare, così altrettanto porta a dei malaugurati eccessi di coloro che a tutti i costi vogliono marchiare la storia della loro presenza con imprese, anche qualche volta di dubbio valore umano.
Già nell’antichità i Greci e i Romani avevano vari elenchi di notevoli opere d’arte e architettura progettate a tal fine. Per esempio, Filone di Bisanzio compilò un elenco; Antipatro di Sidone un’altro, alquanto diverso. Comunque è giunto fino a noi un elenco tradizionale, che include opere di fattura umana e, di proporzioni colossali e, di grande splendore! Quali erano i moventi, li abbiamo accennati, per i quali gli antichi erano spinti a immortalarsi tramite le opere.
Cercheremo negli aspetti umanitari e nei relativi benessere di queste opere. La loro funzione primaria era quella, primariamente, di eternare un personaggio, un re che avesse in sé la divinità da perpetuare nei secoli. Maschere che vomitano… bollicine di sapone!
Attraverso queste grandiosità possiamo così vantarci delle sette meraviglie del mondo antico come momunenti straordinari, dove la tecnica moderna difficilmente concepisce l’enormità dell’impresa con i sistemi usati allora.
Oggi rimangono in piedi solo le piramidi d’Egitto. Molto importanti sono le tre situate a Giza, sulla sponda occidentale del Nilo presso il Cairo. Sono gigantesche tombe costruite per certi faraoni. La prima e la più grande è la gigantesca tomba del faraone Cheope. Si pensava che fosse il luogo sicuro per i resti e i tesori del re che vi furono sepolti.
Il desiderio di essere ricordati e onorati ha spinto alcuni uomini antichi e moderni a volgere in alto lo sguardo, troppo in alto; mentre i loro piedi sono al contatto con la ‘bassa terra’ e con ogni impurità.
Storia e leggenda riferiscono di tragedie sospinte dall’orgoglio di alcuni, mentre altri si sono avvalsi del potere per angosciosi soprusi e disumani trattamenti adoperati come malta per l’edificazione di maestosi colossi monumentali molte volte di indubbia utilità!
Centomila uomini lavorarono vent’anni per completare la piramide di Cheope per seppellire un uomo, o per eternarlo nella gloria?
Fate voi! La cosa più importante e sicura è che questi uomini non ci sono più: sono morti! Svaniti al primo soffio, come bollicine di sapone!
E, quelli che sono ancora vivi?
Un grande uomo politico italiano da tempo iscritto nei nostri libri di storia, nostro contemporaneo, è additato come maestro indiscusso dell’opportunismo politico, tenacemente impegnato all’edificazione di una piramide più grande alla sua personale gloria: sette volte ‘Presidente del Consiglio’. A proposito di questo nostro onorevole, e che un tempo non tanto remoto, la notizia che ‘tangentopoli’ si stava allargando fino all’Esimio Senatore a Vita della Repubblica italiana (come ben notate con la E maiuscola) ed è inquisito di molti reati tra cui alcuni di stampo mafioso e associazione a delinquere.
Interpellato, come dicevo, da un cronista per la sua infaticabile attività politica, gli fu posta la domanda : “Onorevole. È difficile per noi giornalisti stabilire dove poterLa incontrare...! Oggi a New York domani nel Gana...! Cos’è che le dà così tanta energia e vitalità?”
L’Onorevole senza alcun turbamento e esitazione rispose : “Il Potere! Sì! Il potere mio caro amico”.
Accettiamo almeno la sincerità con cui si espresse il nostro uomo . Non sappiamo però quanto possa essere stato edificante per tutti coloro che nelle piazze e nelle vie di tutta Italia dal 1946 ad oggi, milioni di poveri ingenui hanno versato sangue, energie ed altro al fine di mantenere alto il prestigio di un personaggio ‘politico’ sulla immorale sedia di un’ etica di potere oggi tristemente contestata dalle vicende di ‘tangentopoli’.
Intanto la storia continua ad ingurgitare vicende create dalla megalomania di personaggi tristi, che appaiono, nel contesto di questa moderna società dei consumi, come quei bubboni carichi di pus ad azione prolifera che non si estinguano se non con la radicale estirpazione alla radice.
L’apparato immunologico di questo tessuto sociale, ha faticato a risvegliarsi dell’antico torpore, ma infine ce l’ha fatta a venir fuori reagendo e creando, con gli anticorpi di un’antica cultura corredo di onorabilità e perbenismo, una febbricitante situazione sintomo di rigetto per tutto ciò ritenuto amorale.
L’Italia è salva?
Perché allora non edificare una ‘piramide’ allo spirito onesto del giovane giudice Falcone martoriato con la moglie e la sua scorta? E non fu certo per uno spirito di eternità o di megalomania, tantomeno di stipendi vantaggiosi per quanto valga la candela... candela che spesso prostra l’intera associazione degli italiani onesti con i terribili fatti di cronaca mafiosa.
Con quanta serenità di spirito un’altro giovane giudice, Antonio Di Pietro, ha raccolto il ‘testimone’ dell’amico e compagno caduto nella corsa sulla pista dell’ “Onore” e persevera costante verso una mèta non certamente scevra di ostacoli mortali? Manterrà, questi, l’integrità sotto la nera ‘toga’ dell’interegerimo magistrato?
Con quale stato d’animo al mattino prima di lasciare la famiglia nelle mani degli angeli custodi con le mitragliette a tracolla si recherà nel suo Ufficio dopo aver donato un piccolo fiore di serra, perché i campi liberi gli sono preclusi, alla sua piccola Titti di 5 anni e a Toto di un solo anno?
Per che cosa lo fa il nostro uomo togato che viaggia da un’Aula all’altra di Tribunale attorniato da feroci ‘gorilla’ pronti a tutto e in macchina blindata?
Chi anima questi ‘antidoti’ ai mali correnti se non per quel senso di umano credere nel ‘legale’ e nel ‘lecito’ insito in un corredo di un cristiano senso d’amore altruistico?
Le ritorsioni mafiose sono qualcosa che toglie il respiro. Gli incubi si accavallano inesorabilmente e la notte si popola di fantasmi ghignanti sullo spirito dei coraggiosi. Quanto è profondo il pozzo del terrore e dell’abbandono di questi eroi sconosciuti che si ribellano all’illegalità e al sopruso del mafioso.
Il susseguirsi degli avvenimenti delittuosi danno inizio ad una infernale e travolgente corsa come la ruota di un Luna Park che ti schiaccia impotente ad una parete a cui nulla valgono i ripensamenti mentre il gelo che ti accarezza il corpo immobile è come un anticipo di morte.
E i giorni si susseguono ai giorni rimbombanti di un solo motivo: “ Il terrore!”
Il lato cosciente dell’uomo intelligente tenta, con il ragionamento, una smentita a quanto lo aggrava, ma è sufficiente il trillo del telefono, una persiana lasciata libera al vento, l’abbaiare insistente di un cane per prostrarlo nell’angoscia del fatto già compiuto: funesto e irreparabile.
La mente cerca e aggancia un motivo di onore e di etica. Si ribella, cerca una risoluzione ragionata e coerente; ma ben presto le noti stonate lanciate da un personaggio ‘al di sopra di ogni sospetto’, caduto anch’egli nel calderone dell’Italia corrotta, riesce a scardinare l’ultimo baluardo di ragionevolezza precaria in esso ancora esistente.
In fasi alternative, lo spirito di preservazione vorrebbe sollecitare una tua immagine confusa, anonima; vorreste confonderla fra le maschere grottesche di questo carnevale della vita senza esaltare il tuo volto per non renderlo, poi, un bersaglio per un destino avverso a motivo dell’onore.
Ma alcuni nostri giovani magistrati d’avanguardia perseverano con la loro immagine primariamente di uomini puliti, non fanno del carnevale. Il loro volto sono di quelli dei ‘primi della classe’ e sono accarezzati da un fantastico sogno che forse sa di utopia.
Qual è la nostra morale?
I faraoni ebbero un monumento alla vanità. Altri cercarono la gloria
di effimera essenza. Con l’assassinio di Filippo II nel 336 a E.V. il ventenne Alessandro Magno ereditò il trono della Macedonia. Di vittoria in vittoria conquistò un vastissimo Impero che lo rese famoso nel suo tempo presente e nei secoli avvenire. Morì il 13 giugno 323 a.E.V. dopo essere vissuto solo 32 anni e 8 mesi Il nostro Alessandro si arrese al nemico più implacabile, la morte. Avvenne proprio come certi saggi indiani avevano osservato: “O re Alessandro, ciascun uomo possiede tanta terra quanta è questa su cui ci troviamo a camminare; tu, che sei un uomo simile agli altri, tranne che per ambizione e l’orgoglio, dalla tua patria hai attraversato tanta terra, creandoti problemi e procurandone agli altri. In realtà di qui a poco, una volta morto, avrai tanta terra quanto basterà al tuo corpo per essere sepolto”.
Il nostro Alessandro, ‘Magno ‘e ‘munifico’, anche lui, subì supinamente la prepotenza del ‘fato’ del comune mortale tramite un minuscolo insetto.
Alcuni uomini dei nostri giorni, umili e silenziosi, invece, hanno diritto ad un monumento più grande: “Un monumento alla loro dignità !” Ma nessuno lo erige!



Per contatti: roberto.carson@tiscali.it
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