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Questioni aperte

Ultimo Aggiornamento: 01/07/2009 01:30
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01/07/2009 00:21

Il testo che segue è il capitolo finale del mio saggio "La chiesa antievoluzionista". Vi sono raccolte alcune delle mie opinioni sull'argomento 'creazionismo vs evoluzionismo'.
Ovviamente faccio riferimento alla teologia cattolica; e non so quanto possa essere valida per voi tale posizione. In ogni caso può essere utile per conoscere la ma posizione.

franco

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Questioni aperte

Accettare l’evoluzionismo, o quanto meno alcuni dei principi generali dell’evoluzionismo, può apparire a molti cattolici una scelta dolorosa (se non ripugnante, così come la pensavano i primi sconcertati oppositori di Darwin). Molti altri provano invece un senso di liberazione, per il risolversi di un conflitto che impone un non indifferente sacrificio dell’intelligenza nel cercare un minimo di concordismo. Ma a ben vedere, accettare semplicemente un darwinismo moderato è un evento catastrofico per la Chiesa, perché le impone un cospicuo e non sempre facile (né talora possibile) riallineamento dottrinale.
La tempistica di Genesi
Per Agostino d’Ippona la creazione in sei giorni era una semplice allegoria; Dio ha creato il mondo in un singolo attimo, senza alcun rapporto con il tempo, come pensava la filosofia greca. La tempistica di Genesi non è comunque un problema per la Chiesa, fino all’emergere del confronto con le scienze naturali e dunque alle pubblicazioni di James Hutton (1726-1797) e Charles Lyell (1797-1875). Si scelse allora la via di una interpretazione concordista e dunque non letterale del termine ‘giorno’, che fu inteso come espressione allegorica di ‘una lunga era’. Se tuttavia la Scrittura è redatta sotto ispirazione divina, la sua autorità deve in qualche modo essere superiore ai risultati della lettura umana del cosiddetto ‘libro della natura’; il suo modello interpretativo deve essere più completo di quello scientifico.
La tempistica di Genesi, apparentemente così somigliante a quella desunta dalle scienze naturali può, in questo senso, essere considerata una prova della ‘ispirazione divina’ del testo? Evidentemente no; molte teogonie contengono riferimenti similari; e certo non c’è di che stupirsi della comune visione antropocentrica e comunque geocentrica, che corrisponde ad una percezione arcaica (infantile o istintiva) dell’universo. È molto interessante ad esempio il fatto che in Genesi la luce venga creata prima del sole e della luna e che questi due corpi siano considerati entrambi dei luminari (dunque dei generatori di luce); tutto ciò non ha alcun rapporto con la realtà. L’idea che le forme vegetali ed animali abbiano preceduto la comparsa dell’uomo e che la vita si sia sviluppata originariamente in ambiente acquatico era una convinzione prescientifica ben diffusa nelle culture coeve a quella ebraica e a questa idea si ricollegava in parte il potere sacrale attribuito all’acqua.
La tradizione ebraica, dunque, non si differenziava dalle teogonie pagane: che senso avrebbe avuto che Dio parlasse così al suo popolo?
La deduzione più ovvia è che la tempistica di Genesi rispecchi in realtà solo casualmente alcune tappe dell’evoluzione dell’universo. Certamente gli uomini non potevano avere alcun ricordo diretto (anche se ci si volesse davvero riferire a solo poche migliaia di anni) di nessuno dei fatti raccontati in Genesi: la presunta genealogia a partire da Adamo è palesemente fantasiosa, redatta secondo schemi simbolici che per esempio illustrano una degenerazione progressiva dell’essere umano (la durata della vita che progressivamente diminuisce). Tutto ciò è ancora una volta in comune con molti miti dei popoli primitivi.
L’età ed il corpo di Adamo
Che età aveva Adamo quando fu creato? Considerando, come già esposto, i principi generali dell’apologetica, doveva avere l’età in cui è maggiore la perfezione del corpo umano, cioè circa quella di Cristo risorto.
Per l’apologetica il problema non sembra importante. Anche nel suo primo giorno di vita, Adamo era già un adulto, così come adulti erano al momento della creazione le piante e tutti gli animali, che Dio non aveva certamente fatto nascere dai semi o dal grembo dei genitori.
Il tema non è tuttavia irrilevante nel momento in cui si inserisce nel discorso più generale sull’evoluzione del mondo e dei suoi abitanti: perché se il mondo e i suoi abitanti sono stati già creati nel loro stato adulto, il problema delle lunghissime ere geologiche viene drasticamente eliminato dall’evidenza dell’opera creatrice ‘immediata’ di Dio.
Certamente, se Adamo non era mai stato bambino, il suo organismo non aveva percorso alcuna tappa della organogenesi, né era stato soggetto ad alcun sviluppo psicologico. Probabilmente non aveva un ombelico, giacché non era stato partorito, non gli erano caduti i denti da latte, non aveva imparato a parlare, a camminare e così via. Diviene dunque difficile pensarlo come un essere umano quale siamo noi ora, con i molti problemi interpretativi conseguenti.
Sul piano fisico, ad esempio, dovevano evidentemente mancargli tutti i connotati delle specie animali inferiori, come i peli, o organi pressoché inutili come l’appendice cecale, o quelli vestigiali. Cosa pensare poi di tutte quelle strutture della parte più antica ed animale del cervello, che controllano ma anche determinano gli istinti?
La formazione della donna
La formazione di Eva pone all’apologetica concordista problemi ben maggiori che non Adamo. Simbolismi e metafore bibliche limitano maggiormente le libertà interpretative.
Partiamo da una interpretazione tradizionale: “Dio non trasse la donna dal capo del¬l’uomo ove risiede l’intelligenza, che impera, perché la donna doveva essere all’uomo soggetta; non la trasse dai suoi piedi, che calpestano la terra, purchè non doveva essere sua schiava; ma la levò dal suo fianco, presso il suo cuore, perché ella doveva essere la sua più fedele compagna. Dio avrebbe certo potuto formare la donna nel modo stesso con cui formò l’uomo, ma volle trarla dall’uomo, per serbare così l’unità d’origine della specie umana, e perché Adamo fosse sulla terra l’unica, la prima sorgente della famiglia umana; come il Padre è nel Cielo l’unica, la prima sorgente della Famiglia Divina”.
Secondo l’abituale spiegazione teologica, il procedimento antropomorfico del racconto vorrebbe insegnarci soprattutto che la donna è della stessa natura dell’uomo (anche se il suo corpo dipende in qualche modo, fisicamente, da quello dell’uomo) e che è destinata ad essere unita a lui nel matrimonio.
L’interpretazione letterale riconoscerebbe invece in questo racconto una presunta verità storica, realmente creduta; ipotesi più plausibile, tenendo presenti le tradizioni similari di altri popoli in contatto con quello ebreo. Furono i padri della Chiesa a cogliere e sottolineare, in un secondo tempo, la figurazione simbolica: Eva come prefigurazione della Chiesa che esce viva e vivificante dal fianco squarciato del Cristo, novello Adamo.
Ammesso l’evoluzionismo, il salto ontologico fu parallelo in Adamo ed Eva? Se si rifiuta l’ipotesi della ‘clonazione’ bisogna ipotizzare un parallelo salto ontologico in due organismi diversi: qualcuno ha ipotizzato addirittura una modificazione istantanea del patrimonio genetico di due gemelli, maschio e femmina, di scimmie umanoidi, che avrebbero dato origine alla discendenza umana. Questa modifica sarebbe avvenuta prima della loro nascita, o Dio avrebbe atteso che i corpi, maschile e femminile, della prima coppia si fossero evoluti congiuntamente fino al punto giusto di perfezione perché entrambi potessero passare, sotto l’azione divina, dallo stato di natura solo sensibile a quello di natura spirituale? Se si accetta una qualunque di queste ipotesi, tutto il processo dovrebbe essere avvenuto in un’unica generazione, il che contrasta clamorosamente con il lungo processo evolutivo previsto dall’evoluzionismo.
Risolvendo arbitrariamente qualunque problema di Genesi con i mezzi della ‘ragione illuminata dalla fede’, come si vede, ne sorgono molti altri. Nulla di più facile, dunque, che superare qualunque difficoltà invocando ‘misteri’ che superano l’umana ragione, e dunque la ‘onnipotenza e sapienza di Dio’: così infatti la Chiesa aveva ‘liquidato’ nel Settecento le problematiche nate dall’evidenza che i fossili sono i resti di esseri viventi estinti, un concetto che metteva in discussione la perfezione originaria della creazione.
Altra umanità prima di Adamo?
L’origine dell’uomo come tale e la sua elevazione alla stato primigenio di grazia soprannaturale sono parte di uno stesso salto ontologico? Il problema viene fuori allorché si accetta l’evoluzione indipendente del corpo umano. Detto in altri termini, è possibile che esistessero prima di Adamo uomini già tali ma non ancora elevati allo stato sopran¬naturale?
Dal punto di vista delle scienze naturali si tratterebbe ovviamente di una porzione di umanità interamente scomparsa, pur se se ne trovano tracce nei manufatti più antichi, ad esempio quelli dell’Homo faber, anteriore di gran lunga all’Homo sapiens.
Ma come considerare questi ‘preumani’ che comunque erano capaci di pensiero concreto, di costruire e maneggiare strumenti da caccia e da lavoro. Avevano autocoscienza? Erano capaci di pensiero astratto e di progettualità?
Il problema teologico non è indifferente. Questi esseri preumani non sarebbero discendenti di Adamo, e non avrebbero ricevuto la promessa del Redentore; per i cristiani non sarebbero propriamente ‘uomini’. Essi avrebbero però, nell’economia generale del mondo, il significato di incoscienti precursori dell’umanità. Insomma, una nuova categoria di esseri, né completamente animali, né ancora totalmente uomini, ipotizzati solo per salvare l’idea generale di una creazione umana ’recente’ senza rigettare gli smisurati tempi dimostrati dalla geologia. Questi esseri saprebbero usare il fuoco, ed avrebbero capacità tecniche rudimentali. A conti fatti, sarebbero proprio questi ipotetici esseri il famoso anello intermedio tanto cercato dai paleontologi. Resta il problema di spiegare come sia potuto avvenire il ‘salto’ alla vera umanità, necessario per mantenere un’interpreta¬zione del peccato originale conforme alla tradizione.
È del tutto improducente cercare una qualunque spiegazione di ciò in Genesi, che ignora del tutto il problema e presenta il primo uomo come pienamente simile a noi sia sul piano corporeo che su quello mentale e spirituale; e secondo cui la caduta ha conseguenze solo sul piano fisico (morte, malattia, lavoro); l’idea di una ‘minorazione’ dell’uomo sul piano spirituale (fatta eccezione per la perdita dei ‘doni soprannaturali’) a partire dal peccato originale, è una idea che nasce solo con il cristianesimo.
L’economia dell’evoluzione
Introducendo cautamente l’evoluzionismo nella teologia, in pratica lo si connota come la più tipica delle cause seconde. Ancora una volta, nel continuo alternarsi di interpretazioni contrastanti, Dio viene allontanato dalla sua creatura, e ridiviene orologiaio che sin dall’inizio regola il moto di tutte le cose e poi se ne astrae. L’evoluzione finalizzata alla creazione dell’uomo, senza alcuno spazio per la casualità, diviene uno degli aspetti della provvidenza.
Sconcerta però la tempistica. Anche ammesso che all’occhio di Dio il tempo non abbia senso, che senso dare ad una evoluzione che nella lunga giornata della storia del mondo riserva all’uomo solo gli ultimi secondi?
La teologia si è sempre basata su ben altre affermazioni, trovandosi costantemente costretta a retrocedere dalla ‘lettera’ biblica, come un esercito in rotta che cerca di riorganizzarsi attestandosi su posizioni meglio difendibili, cercando se possibile di contrattaccare. Così, dopo avere dovuto ammettere i lunghissimi tempi prospettati dalla geologia, sentenziava ancora: “Noi sappiamo, assai probabilmente, che l’uomo fu creato or sono sei mila anni, e solo da lui ha principio la nostra cronologia. Quanto poi alla materia e a tutti gli altri esseri nulla, riguardo al tempo, v’è di determinato in modo assoluto”.
Un problema di tempistica s’impone comunque. Nel primo Novecento si sosteneva: “noi vediamo nei vari dialetti del globo, le reliquie d’un vasto monumento, appartenente al¬l’antico mondo. La minuta esattezza delle loro forme in molte parti, le tracce di consimili sem¬bianze, che possono ravvisarsi tra l’uno e l’altro, mostrano ch’essi ebbero una volta un centro co¬mune ” (Wiseman, Discorso V sui rapporti tra la scienza e la religione rivelata). E l’ipotesi diventa certezza, quando leggiamo nel cap. XI della Genesi: “A principio non v’era che una sola lingua per tutta la terra, e gli uo¬mini parlavano alla stessa maniera. Ma Dio, ve-dendo il loro orgoglio, disse: Andiamo, confon¬diamo il loro linguaggio. Allora la lingua di tutta la terra si confuse, gli uomini più non s’intesero e Dio li disperse sulla faccia della terra”. La veracità storica di questa pagina della Genesi, scritta alle origini dell’umanità, quando ancor fresca era la memoria de’ fatti che avevano deter¬minato la dispersione delle genti, non può certo essere distrutta da una semplice congettura”.
Seimila anni non sono tuttavia sufficienti a spiegare la genesi delle diverse lingue: è lo stesso problema posto ai darwinisti dagli antievoluzionisti riguardo le innumerevoli generazioni necessarie per l’evoluzione, solo che qui la misura del presunto intervallo temporale occorso è ben precisa, secondo Genesi. Questa ipotesi presuppone inoltre che la dispersione dei popoli sull’intero globo sia avvenuta all’interno di questi soli seimila anni.
Ma che bisogno avrebbe avuto Dio di rispettare una così complessa sequela evolutiva non solo dei viventi e dell’uomo, ma anche dell’universo fisico? Nella discussione vengono talora introdotte spiegazioni ‘ad hoc’: l’opera di Dio non avrebbe potuto piuttosto ‘mimare’ quella della natura? “Anzitutto mi affretto a dire, che moltissime affermazioni di scienziati sono semplicemente ipo¬tesi. Ma siano pure cose dimostrate, che importa? Non avrebbe potuto dunque Dio, colla sua onnipotenza, produrre in un solo istante quello che naturalmente richiederebbe milioni e milioni di secoli? Del resto a sostenere la cosmogonia Mosaica non v’è neppure bisogno di ricorrere alla onnipotenza di Dio. Già abbiamo accennato, che i sei giorni della creazione si possono liberamente considerare come sei lunghissimi periodi, come epoche inde-terminate. Ed allora ove la dissonanza? Accu¬mulate pure nello spazio di questi periodi, di queste epoche secoli e secoli quanti a voi piace, la parola di Mosè avrà sempre a base la verità”. Un Dio dunque che crea le regole della natura e che poi d’un sol colpo realizza il mondo proprio così come noi oggi lo conosciamo, come se quelle regole fossero state pazientemente applicate!
Certo è che nessuna prova ha potuto finora sconfessare i fondamenti dell’evoluzionismo darwiniano. Tutto ciò che viene continuamente scoperto si rivela essere costituito proprio ‘come se’ la dottrina di Darwin fosse sostanzialmente vera e Genesi ‘letteralmente’ falso. Per difendere Genesi non resterebbe che sostenere che Dio ha creato il mondo, come malignamente suggerisce Richard Dawkins, lasciando deliberatamente in giro “un´enorme quantità di indizi per far sì che sembrasse che avesse avuto luogo l´evoluzione. In altre parole, i fossili, la distribuzione geografica degli animali, la disposizione dei codici del Dna e così via sarebbero soltanto una gigantesca truffa”.
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01/07/2009 01:13

L'argomento è molto interessante e le questioni menzionate nel saggio vanno esaminate attentamente. Comunque, in attesa della risposta di qualcuno dei nostri utenti esperti creazionisti, cercherò di esporre quale sia il punto di vista dei Testimoni di Geova sui punti menzionati.



Per Agostino d’Ippona la creazione in sei giorni era una semplice allegoria; Dio ha creato il mondo in un singolo attimo, senza alcun rapporto con il tempo, come pensava la filosofia greca. La tempistica di Genesi non è comunque un problema per la Chiesa, fino all’emergere del confronto con le scienze naturali e dunque alle pubblicazioni di James Hutton (1726-1797) e Charles Lyell (1797-1875). Si scelse allora la via di una interpretazione concordista e dunque non letterale del termine ‘giorno’, che fu inteso come espressione allegorica di ‘una lunga era’. Se tuttavia la Scrittura è redatta sotto ispirazione divina, la sua autorità deve in qualche modo essere superiore ai risultati della lettura umana del cosiddetto ‘libro della natura’; il suo modello interpretativo deve essere più completo di quello scientifico.
La tempistica di Genesi, apparentemente così somigliante a quella desunta dalle scienze naturali può, in questo senso, essere considerata una prova della ‘ispirazione divina’ del testo? Evidentemente no; molte teogonie contengono riferimenti similari; e certo non c’è di che stupirsi della comune visione antropocentrica e comunque geocentrica, che corrisponde ad una percezione arcaica (infantile o istintiva) dell’universo.



Tratto dall'Enciclopedia Biblica "Perspicacia nello studio delle Scritture":

Durata dei giorni creativi. La Bibbia non precisa la durata di ciascuno dei periodi creativi. Comunque tutti e sei sono terminati, in quanto del sesto giorno (come di ciascuno dei cinque giorni precedenti) è detto: “E si faceva sera e si faceva mattina, un sesto giorno”. (Ge 1:31) Ma queste parole non compaiono a proposito del settimo giorno, in cui Dio si accinse a riposare, indicando che continuava. (Ge 2:1-3) Inoltre, più di 4.000 anni dopo l’inizio del settimo giorno o giorno di riposo di Dio, Paolo spiegò che esso era ancora in corso. In Ebrei 4:1-11, dopo aver citato le parole di Davide (Sl 95:7, 8, 11) e Genesi 2:2, diede questa esortazione: “Facciamo perciò tutto il possibile per entrare in quel riposo”. All’epoca dell’apostolo il settimo giorno durava da migliaia d’anni, e non era ancora terminato. Il Regno millenario di Gesù Cristo, che le Scritture identificano come “Signore del sabato” (Mt 12:8), fa evidentemente parte del grande sabato, il giorno di riposo di Dio. (Ri 20:1-6) Questo indicherebbe che dall’inizio alla fine del giorno di riposo di Dio trascorrono migliaia di anni. La settimana di giorni descritta in Genesi 1:3–2:3, che termina con un giorno di riposo o sabato, sembrerebbe corrispondere alla settimana in cui gli israeliti dividevano il tempo, osservando un sabato nel suo settimo giorno, in armonia con la volontà divina. (Eso 20:8-11) E poiché il settimo giorno è in corso da migliaia di anni, si può ragionevolmente concludere che ciascuno dei sei periodi o giorni creativi sia lungo come minimo migliaia di anni.
Che un giorno possa essere più lungo di 24 ore è indicato da Genesi 2:4, dove si parla di tutti i periodi creativi come di un unico “giorno”. Ciò è confermato anche dall’ispirata osservazione di Pietro che “un giorno è presso Geova come mille anni e mille anni come un giorno”. (2Pt 3:8) Considerare ciascun giorno creativo non come un giorno di 24 ore ma come un periodo molto più lungo, di migliaia di anni, concorda meglio con le testimonianze geologiche.



Tratto dal libro "Come ha avuto origine la vita? per evoluzione o per creazione?:

Quanto è lungo un “giorno” di Genesi?
4 Molti pensano che la parola “giorno” usata nel primo capitolo di Genesi si riferisca a un giorno di 24 ore. Ma in Genesi 1:5 vien detto che Dio stesso divise il giorno in un periodo di tempo più corto, chiamando “Giorno” il solo periodo di luce. In Genesi 2:4 si fa riferimento a tutti i periodi creativi come a un solo “giorno”: “Questa è la storia dei cieli e della terra nel tempo in cui furono creati, nel giorno [tutt’e sei i periodi creativi] che Geova Dio fece la terra e il cielo”.
5 Il termine ebraico yohm, tradotto “giorno”, può riferirsi a periodi di tempo diversi. Fra i possibili significati l’Old Testament Word Studies di William Wilson include i seguenti: “Giorno; termine generalmente usato in riferimento al tempo in generale, o a un lungo periodo di tempo; un intero periodo oggetto di studio . . . Giorno è anche usato per una particolare stagione o tempo in cui si verificano avvenimenti straordinari”.1 Quest’ultima definizione sembra adattarsi ai “giorni” creativi, perché furono senz’altro periodi in cui, come descritto, si verificarono avvenimenti straordinari. Può anche abbracciare periodi molto più lunghi di 24 ore.
6 Il primo capitolo di Genesi usa le espressioni “sera” e “mattina” con riferimento ai periodi creativi. Non indica questo che erano di 24 ore? Non necessariamente. In certe lingue spesso ci si riferisce all’arco di vita di una persona come al suo “giorno”. Si usano espressioni come “al giorno di mio padre” o “al giorno di Shakespeare”. Questo “giorno” o arco di vita può essere suddiviso in periodi più brevi. Anche nella nostra lingua sono infatti in uso espressioni metaforiche come “l’alba del secolo” o “il crepuscolo della vita”. Perciò l’uso dell’espressione ‘sera e mattina’ nel capitolo uno di Genesi non limita il significato della parola “giorno” a un letterale periodo di 24 ore.
7 “Giorno”, nella Bibbia, può includere estate e inverno, il passar delle stagioni. (Zaccaria 14:8) Il “giorno della mietitura” dura molti giorni. (Confronta Proverbi 25:13 e Genesi 30:14). Mille anni sono paragonati a un giorno. (Salmo 90:4; II Pietro 3:8, 10) Il “Giorno del Giudizio” abbraccia molti anni. (Matteo 10:15; 11:22-24) Sembrerebbe ragionevole che, in modo analogo, i “giorni” di Genesi possano aver abbracciato lunghi periodi di tempo, millenni.


[Modificato da Roberto Carson 01/07/2009 01:20]



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01/07/2009 01:24


È molto interessante ad esempio il fatto che in Genesi la luce venga creata prima del sole e della luna e che questi due corpi siano considerati entrambi dei luminari (dunque dei generatori di luce)



Tratto dal libro "Come ha avuto origine la vita? per evoluzione o per creazione?:

Primo “giorno”
“‘Si faccia luce’. Quindi si fece luce. E Dio chiamava la luce Giorno, ma chiamò le tenebre Notte. E si fece sera e si fece mattina, un primo giorno”. — Genesi 1:3, 5.
Naturalmente il sole e la luna esistevano nello spazio già molto tempo prima di questo primo “giorno”, ma la loro luce non raggiungeva la superficie terrestre così da poter essere visibile a un osservatore situato sulla terra. Evidentemente si fece luce nel senso che essa divenne visibile sulla terra in questo primo “giorno”, e sulla terra, a motivo della sua rotazione, cominciarono a susseguirsi il giorno e la notte.
A quanto pare la luce subentrò con un processo graduale, che richiese un lungo periodo di tempo, e non all’istante come quando si accende una lampadina. La traduzione di Genesi a cura di J. W. Watts lo evidenzia dicendo: “E la luce venne gradualmente all’esistenza”. (A Distinctive Translation of Genesis) Questa luce proveniva dal sole, ma il sole stesso non era visibile attraverso il cielo coperto. Perciò la luce che raggiungeva la terra era “luce diffusa”, come indica un commento al versetto 3 nella Emphasised Bible di Rotherham. — Vedi la nota b sul versetto 14.


Quarto “giorno”
“‘Si facciano dei luminari nella distesa dei cieli per fare una divisione fra il giorno e la notte: ed essi dovranno servire come segni e per le stagioni e per i giorni e gli anni. E dovranno servire come luminari nella distesa dei cieli per risplendere sopra la terra’. E così si fece. E Dio faceva i due grandi luminari, il luminare maggiore per dominare il giorno e il luminare minore per dominare la notte, e anche le stelle”. — Genesi 1:14-16.
Precedentemente, con riferimento al primo “giorno”, viene usata l’espressione “si faccia luce”. Lì la parola usata per “luce” è ’ohr, che significa luce in senso generale. Ma il quarto “giorno” la parola ebraica diventa ma’òhr, che si riferisce alla fonte della luce. Rotherham, in una nota su “Luminari” nell’Emphasised Bible, dice: “Al v. 3, ’ôr [’ohr], luce diffusa”. Prosegue quindi spiegando che la parola ebraica ma’òhr, al versetto 14, denota qualcosa “che emana luce”. Evidentemente il primo “giorno” la luce diffusa penetrò attraverso le fasce che avvolgevano il pianeta, ma le sorgenti di quella luce non sarebbero state visibili a un osservatore situato sulla terra, a causa degli strati di nubi che ancora circondavano il pianeta. A quanto pare in questo quarto “giorno” la situazione cambiò.
Un’atmosfera inizialmente ricca di anidride carbonica può aver determinato un clima caldo in tutta la terra. Ma la rigogliosa crescita della vegetazione nel terzo e nel quarto periodo creativo avrebbe assorbito parte di questa coltre di anidride carbonica che tratteneva il calore. A sua volta la vegetazione avrebbe liberato ossigeno, indispensabile alla vita animale. — Salmo 136:7-9.
A quel punto un eventuale osservatore situato sulla terra sarebbe stato in grado di distinguere il sole, la luna e le stelle, che dovevano “servire come segni e per le stagioni e per i giorni e gli anni”. (Genesi 1:14) La luna avrebbe segnato il trascorrere dei mesi lunari, e il sole quello degli anni solari. Le stagioni che vennero all’esistenza in questo quarto “giorno” dovevano essere senz’altro molto più miti di come divennero in seguito. — Genesi 1:15; 8:20-22.



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La deduzione più ovvia è che la tempistica di Genesi rispecchi in realtà solo casualmente alcune tappe dell’evoluzione dell’universo. Certamente gli uomini non potevano avere alcun ricordo diretto (anche se ci si volesse davvero riferire a solo poche migliaia di anni) di nessuno dei fatti raccontati in Genesi



Tratto dal libro "Come ha avuto origine la vita? per evoluzione o per creazione?:

Come faceva lo scrittore di Genesi a saperlo?
Per molti è difficile accettare questo racconto della creazione. Dicono che derivi dai miti della creazione comuni fra i popoli primitivi, principalmente da quelli dell’antica Babilonia. Ma un recente dizionario biblico osserva: “Non si conosce ancora alcun mito che si riferisca esplicitamente alla creazione dell’universo” e i miti “sono caratterizzati dal politeismo e dalle lotte fra le divinità per la supremazia, in netto contrasto col monoteismo ebraico di [Genesi] 1-2”.3 A proposito delle leggende babilonesi sulla creazione, i curatori del British Museum ebbero a dire: “I concetti fondamentali dei documenti babilonesi ed ebraici sono essenzialmente diversi”.


Tutta la conoscenza dei saggi d’Egitto non poté fornire a Mosè, lo scrittore di Genesi, alcun indizio sul processo creativo. I miti della creazione dei popoli antichi non somigliano per nulla a ciò che Mosè scrisse in Genesi. Da quale fonte Mosè attinse tutte quelle informazioni? Evidentemente da qualcuno che era stato presente.
Il calcolo delle probabilità fornisce una sorprendente prova che il racconto della creazione in Genesi deve aver avuto origine da una fonte che conosceva gli avvenimenti. Il racconto elenca dieci stadi principali, in questo ordine: (1) un principio; (2) una terra primordiale e tenebrosa avvolta da fitte nubi di gas e acqua; (3) la luce; (4) una distesa o atmosfera; (5) ampie superfici asciutte; (6) piante terrestri; (7) visibilità del sole, della luna e delle stelle nella distesa e inizio delle stagioni; (8) mostri marini e creature volatili; (9) animali selvatici e domestici, mammiferi; (10) l’uomo. La scienza è d’accordo sul fatto che i suddetti stadi si siano succeduti in quest’ordine generale. Che probabilità ci sono che lo scrittore di Genesi indovinasse quest’ordine per caso? Le stesse di estrarre a caso da una scatola i numeri da 1 a 10 in ordine consecutivo. Le probabilità di riuscirci al primo tentativo sono una su 3.628.800! Non è quindi realistico pensare che lo scrittore di Genesi abbia elencato per caso nel giusto ordine gli avvenimenti summenzionati, senza essere stato in qualche modo informato sui fatti.






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