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Breve Storia dell'Islam

Ultimo Aggiornamento: 04/07/2009 14:13
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Città: FIRENZE
Età: 57
Sesso: Femminile
04/07/2009 14:13

Biografia di Maometto


Nel VI secolo d.C. l’Arabia (deserto), la grande penisola tra il Mar Rosso e il Golfo Persico, era da molti secoli abitata da tribù di beduini (nomadi), che i greci chiamavano “saraceni” (orientali). Erano poveri, poligami, pieni di figli e dediti a guerre fratricide, tribù contro tribù. O allevavano capre o facevano i mercanti o i carovanieri o i predoni. Erano animisti e politeisti: credevano nelle divinità che rappresentavano le forze della natura, nell’influenza delle stelle e nei ginn (spiritelli), i nostri genietti. Tutti i loro dei avevano come capo un dio supremo e inaccessibile, Allah, il cui simbolo era la falce di luna, antichissimo retaggio del dio sumerico Sin, il dio lunare.
Fu nel 570, durante il pontificato di Giovanni III (561-574), che nacque a La Mecca, principale città dell’Arabia e famoso centro di commercio carovaniero, Koutam, figlio di Abdullah e di Amina, che diverrà noto con il soprannome di Maometto (il lodato). Fu quello “l’anno dell’elefante”, quando gli abissini, con un elefante alla testa del loro esercito, cercarono di profanare il luogo sacro de La Mecca, dove in un cubo è conservato un sacro monolito, ma furono miracolosamente messi in fuga da uno stormo di uccelli aggressivi, come nel film di Hitchcock.
Il padre di Maometto era un membro della tribù dei Quraish, cittadini di La Mecca dediti all’artigianato e al commercio, ai quali era affidata la custodia del santuario cubico col monolito. Abdullah era già morto quando Maometto vide la luce e sua madre morì quando aveva sei anni. Fu allevato prima dal nonno e poi da uno zio, Abu Talib. Compiuti i dodici anni, accompagnò lo zio nei suoi viaggi in Siria, dove conobbe bene l’ebraismo e il cristianesimo di sette eretiche, che usavano i vangeli apocrifi.
Maometto era della tribù degli Hachem, che si ritenevano discendenti da Ismaele, il figlio che la schiava egizia Agar aveva dato ad Abrahamo.
Come tutti i membri della sua famiglia anche lui si dedicò al commercio, curando gli interessi di una ricca vedova, Khadidja, di cui si innamorò follemente anche se era più vecchia di lui di quindici anni. Nel 595, all’età di venticinque anni, la sposò e lei, nonostante l’età non più giovane, gli diede sei figli: due maschi e quattro femmine. Queste furono le sole a sopravvivere. I maschi morirono nell’infanzia e Maometto non se ne dette pace. Trascurò il lavoro, perse l’appetito e si vestì come uno straccione. Chi lo conosceva pensò che fosse diventato un hanif, un eremita asceta e vagabondo. Aveva quarant’anni e sì ritirò in solitudine con una febbre addosso che non lo lasciava mai. Era una febbre patriottica. Sconvolto dalle divisioni tribali dei suoi compatrioti, votati alla fame, all’anarchia e al reciproco sterminio, Maometto voleva trovare il modo di portarli all’unità nazionale. Erano i tempi della lunga guerra tra bizantini e persiani, iniziata nel 540, e molti arabi sentivano l’esigenza di creare un loro Stato unito e indipendente. Fu allora che pensò al modo di ottenerlo. Un’insistente voce interiore gli diceva: ”Tu sei l’Eletto (cioè il Cristo), proclama il nome del Signore”.
Nel mese di Ramadan (novembre) del 610, in una caverna del monte Hira, vicino a La Mecca, sentì la vocazione di nebi (profeta) e di rasul (messaggero di Dio). Una notte, che resterà famosa come El Qadr, mentre era a meditare in una grotta, si sentì rapito in estasi e una voce gli gridò: “Iqra” (Recita), proprio come era capitato a Isaia quando la voce celeste gli disse: “Grida!” (Isaia 40:6). Avrebbe avuto allora la visione della prima sura (capitolo) del Corano, scritta a lettere di fuoco su un panno. Maometto racconterà poi di essere uscito di corsa dalla grotta e di aver visto i grandi occhi splendenti dell’angelo Gabriele. Lo spavento sarebbe stato tale che non lo avrebbe lasciato finché non fu tra le braccia di Khadija e non ebbe un rapporto sessuale con lei. Il Ramadan diverrà per i suoi seguaci un mese sacro, dedicato alla penitenza, consistente in un digiuno di giorno e in una scorpacciata di notte.
È da notare che Gabriele è nella Bibbia solo un angelo, poiché nelle Sacre Scritture solo Michele è chiamato arcangelo (primo angelo), essendo il primo angelo creato da Dio. L’errore di credere nell’esistenza di quattro arcangeli (Michele, Gabriele, Uriele e Raffaele) appartiene alla tradizione popolare. Naturalmente Maometto, cui erano noti solo gli insegnamenti della tradizione, parlò di Gabriele come di un arcangelo.
Poco dopo, sempre nel deserto, gli sarebbero state rivelate dall’angelo (per lui arcangelo) Gabriele le altre sure del Corano. L’angelo gli avrebbe parlato come all’ultimo profeta di Dio, più perfetto di Mosè e di Gesù Cristo come interprete della Sua volontà, nonostante l’avvertimento di San Paolo: “Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi annunziasse un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia anatema” (Galati 1:8). L’apostolo Paolo infatti aveva lanciato un anatema su chiunque annunciasse un Vangelo diverso da quello che lui aveva predicato, fosse stato anche dato da un angelo venuto dal cielo. Secondo San Paolo dunque il vero angelo Gabriele non avrebbe potuto incaricare più tardi Maometto di annunziare un Vangelo diverso da quello predicato da lui. Per questo e per altri motivi Maometto ignorò volontariamente l’insegnamento degli apostoli e non ne parlò mai nel Corano.
Si dice che non avrebbe mai imparato a leggere e a scrivere. Il suo analfabetismo era utile per suffragare l’autenticità delle sue visioni: uno che non sapeva né leggere né scrivere avrebbe mai potuto ricevere il Corano tra il 622 e il 630 se non per rivelazione divina? Secondo la tradizione islamica l’avrebbe poi dettato a memoria a suo figlio adottivo Zaid Ben Thabit, sempre restando analfabeta.
Corano significa “che deve essere recitato” e deve esserlo da tutti i credenti. Il libro si suddivide in 114 capitoli o sure: ognuno di loro contiene una rivelazione necessaria per riunire tutte le varie tribù arabe in un popolo unico. Esso detta la severa legge dell’Islam o Shar'ia: anche solo suggerire l'abrogazione di una sura del Corano può significare la pena capitale.
Secondo Maometto, ciò che l’angelo Gabriele gli avrebbe riferito era la traduzione dalla lingua celeste all’arabo del rotolo della rivelazione divina. Secondo Maometto una conoscenza parziale di questo libro celeste c’era già nell’Antico e nel Nuovo Testamento, ma quella totale era solo nel Corano. Per tale motivo, ebrei, cristiani e musulmani sono stati chiamati “gente del libro”, quello della divina rivelazione. Il Corano però reputa ebrei e cristiani nettamente inferiori agli islamici, anzi li chiama “infedeli” perché non hanno ripudiato le Sacre Scritture per accettare la nuova rivelazione coranica. Si legge infatti nella IX sura, v.30: “Hanno confessato i Giudei: “Esdra è il figlio di Allah”. Confessano i Cristiani: “Il Messia è il figlio di Allah”. Quella parola scappa loro di bocca: imitano la parola di quelli che già prima di loro non avevano creduto. Li annienti Allah, sì, li annienti! Quanto sono sviati!”.
Dopo aver ricevuto la rivelazione del Corano Maometto guarì dalla febbre, si vestì delle sue vesti normali e riprese l’attività di mercante. Fondò inizialmente una piccola setta composta dai suoi più intimi amici e dalla moglie. Strenuo sostenitore dell’immortalità dell’anima, insegnava che Allah avrebbe ricompensato col paradiso i seguaci del Corano e condannato eternamente all’inferno di fuoco gli infedeli. Chiamò l’inferno Geenna, usando impropriamente il nome della valle di Hinnom, a sud di Gerusalemme, di cui si servì Gesù Cristo come simbolo della morte eterna. In essa infatti, che era alimentata continuamente con fuoco e zolfo, veniva gettata la spazzatura della città e venivano buttati i cadaveri delle bestie e quelli dei condannati a morte indegni di sepoltura. Esistono secondo la Bibbia due vite: quella temporanea e quella eterna. Esistono anche due morti: quella temporanea, paragonata al sonno perché è previsto il risveglio della resurrezione, e quella eterna o seconda morte. L’Ades (corrispondente all’ebraico sheol) è la condizione dei morti che saranno destati. La Geenna è la seconda morte, quella senza risveglio. Per Maometto invece la Geenna è l’inferno di fuoco: vi si entra per sette porte e si suddivide in sette gironi. Tutti gli infedeli vi vengono torturati per l'eternità. Per i musulmani che hanno sbagliato c’è il purgatorio, dove, dopo aver espiato i peccati, possono 'odorare la fragranza del Paradiso’.
“Però quelli che non credettero, fra la gente del libro e i politeisti, andranno nel fuoco della Gehenna per rimanervi in eterno; di tutti gli esseri creati quelli sono i peggiori”. Corano 98:1-8
“Questi (i credenti e i miscredenti) sono due opposti partiti che disputano intorno al loro Signore; però per quelli che non credono verrà tagliato un abito di fuoco e sulle loro teste verrà versata acqua bollente. Con cui si fonderà ciò che è nei loro ventri e le loro pelli, ad essi sono destinate grosse mazze di ferro. Ogni qualvolta essi vorranno, per l'angoscia del loro tormento, uscire da essa (dalla Gehenna), verranno in essa ricacciati e verrà detto loro: 'gustate il tormento della combustione'.” Corano 22:20-22:23
“O Profeta, combatti contro i miscredenti e gli ipocriti, e trattali con durezza; la loro dimora sarà la Gehenna e ben triste è tal luogo di arrivo”. Corano 9:74
Per Maometto l’accesso al paradiso non è possibile ogni giorno. I suoi cancelli vengono aperti solo il lunedì e il giovedì. Il paradiso è per lui un immenso harem (santuario), pieno di alberi da frutto, di ogni sorta di fiori e di donne bellissime e vergini, pronte a soddisfare gli appetiti sessuali di ogni musulmano defunto, che ha diritto a due mogli. Da dove si rifornisca il paradiso di una continua moltitudine di nuove vergini per tutti i musulmani morti dal VII secolo ad oggi resta un mistero, specialmente coi tempi che corrono. Evidentemente quell’idea di paradiso era una trasformazione materialistica e sensuale del Regno millenario di Cristo. Il millenarismo nel IV secolo aveva già subito deviazioni in tal senso e perciò S. Agostino lo rifiutò, commettendo a sua volta un altro errore.
Dopo qualche anno i suoi seguaci crebbero di numero, ma la predicazione di Maometto fu avversata dai potenti de La Mecca. Essi temevano la fine del proficuo turismo di pellegrini verso il santuario centrale della città e la perdita dei benefici economici che ne derivavano. Numerosi infatti erano gli adoratori della pietra nera caduta dal cielo (un meteorite), chiusa in un piccolo edificio cubico, chiamato Caaba (cubo). I capi della città presero Maometto e lo costrinsero ad abiurare. Lui, contrariamente ai profeti dell’Antico Testamento, a Gesù Cristo e agli apostoli, lo fece, anche se se ne pentì subito dopo. Aveva bisogno della protezione dello zio per continuare a vivere a La Mecca.
Alla morte dello zio e dei suoi migliori amici perse ogni protezione nella città e dovette scappare. Questa sua immeritevole fuga è per i musulmani un grande vento storico. Da quella data i musulmani contano gli anni del loro calendario. L’era musulmana cominciò proprio allora, nel 622, l’anno dell’egira (emigrazione) di Maometto, quando fuggì da La Mecca a Yathreb, il cui nome sarà cambiato in suo onore in quello di Medinet en-Nebi (città del profeta) o semplicemente Medina. Da questo momento sarà chiamato Mohamed (il lodato), italianizzato in Maometto. Il din (sistema religioso) che lui introdusse non dovrebbe essere definito Maomettanesimo, come erroneamente si fa, perché i suoi seguaci non l’hanno mai adorato né gli hanno reso alcuna forma di culto, ma Islam, un termine arabo che significa totale sottomissione alla volontà di Dio. Il guaio è che questa volontà divina per il musulmano è totalmente arbitraria: Allah è capriccioso e può cambiare parere quando vuole. I seguaci di Maometto sono detti perciò muslim (sottomessi), italianizzato in musulmani. Il contenuto della sua dottrina si riduce a questa formula: “Non c’è altro dio che Allah e Maometto è il suo profeta”. Questa è la shahada, la dichiarazione di fede islamica.
Yathreb era una cittadina di quattordicimila abitanti, fondata da ebrei ed abitata da molti di loro, da qualche cristiano e da arabi. Gli ebrei rifiutarono in blocco le dottrine divulgate da Maometto, ritenendolo un ciarlatano con mire nazionalistiche arabe, ma gli permisero di restare. Lui si trattenne a Yathreb con i suoi compagni d’esilio per parecchi anni e riuscì a fondare una comunità islamica di arabi guerrieri. Siccome gli ebrei non avevano accettato la sua dottrina, covò nell’animo un fervente antisemitismo e quando fu militarmente pronto attuò lo sterminio degli ebrei di Medina e di altri distretti dell’Arabia. Si finanziava assaltando le carovane e rubandone il bottino. Il suo odio ora era rivolto ai governanti de La Mecca che lo avevano cacciato. Nelle battaglie che condusse contro le tribù arabe alleate ai capi de La Mecca, si fece notare per la sua crudeltà. Fortificò con un profondo fossato la città di Medina contro gli attacchi dell’esercito che i capi di La Mecca inviarono per conquistare la cittadella del profeta. A un certo punto, giunta la stagione delle piogge, i capi di La Mecca chiesero la pace e la ottennero.
Nonostante la tradizionale poligamia degli arabi, per i venticinque anni che sua moglie visse Maometto fu monogamo, prova evidente del suo amore per lei. Ma tre anni dopo la sua partenza da La Mecca per Medina, Khadidja morì. Tenne il lutto per cinque anni. Poi, nel 630, anche se aveva ormai sessant’anni, dichiarò di aver avuto una nuova rivelazione (sura 33) che gli dava il diritto di avere almeno nove mogli. Ciò può far credere ad un attacco di libidine senile del profeta, ma sarebbe un errore. Le sue mogli erano per lo più vedove anziane di compagni caduti in battaglia, alle quali il profeta assicurava col matrimonio un sostentamento.
Fu nel 630 che violò arbitrariamente il trattato di pace con La Mecca e che dichiarò la prima guerra santa o jihad. A capo di un’armata di diecimila uomini andò contro la città. I governanti, sorpresi e spaventati, accettarono il suo ingresso trionfale e lo riconobbero non solo come capo temporale, ma anche come rappresentante in terra della Divinità. Maometto li ricompensò. Dichiarò La Mecca città santa e affermò che da allora in poi ogni credente doveva volgersi verso di lei per la preghiera. Gli abitanti della città, la cui ricchezza era fondata sul turismo religioso in quanto meta di pellegrinaggi alla Caaba, gliene furono grati. Maometto fino ad allora aveva alzato la propria voce contro il culto pagano reso alla pietra nera, a quel punto trovò conveniente introdurlo nel suo sistema religioso. Per farlo inventò che a trasportarla dal cielo in terra sarebbe stato sempre l’angelo Gabriele, che era divenuta nera per i peccati degli uomini, che su di essa Abramo aveva sacrificato a Dio e che vi aveva eretta la Caaba insieme al figlio Ismaele come rappresentazione terrena della dimora celeste di Allah. In base a tutto ciò emanò la seguente legge: il musulmano doveva fare almeno una volta nella vita un pellegrinaggio a La Mecca e baciare sette volte la pietra sacra. Maometto infatti non solo non volle andare contro una tradizione tanto consolidata ma anche trovò utili quei pellegrinaggi a La Mecca, trasformandoli in un ulteriore mezzo di unione per il mondo arabo. Non previde che l’enorme folla di credenti che vi giunge da ogni parte, esaltata dal misticismo, ogni volta calpesta e uccide molti malcapitati.
Anche i genietti o spiritelli della tradizione non furono aboliti da Maometto: disse che, alla divulgazione del Corano, quelli di loro che si erano convertiti all’Islam erano divenuti spiriti buoni e quelli che non si erano convertiti erano divenuti spiriti malvagi o demoni.
Maometto riportò ancora altri successi militari ed inviò emissari nei paesi vicini esigendo la loro sottomissione. Insegnò che i musulmani erano tutti fratelli, senza distinzione di classe o di ricchezza, annullando così le antiche rivalità e creando per la prima volta un unico Stato arabo. Fu il suo più grande merito. Negli ultimi anni della sua vita concepì l’idea di un impero mondiale islamico, affermando: “Un solo profeta e una sola fede per tutto il mondo!”. Morì a Medina l’8 giugno 632, all’età di sessantadue anni, sulle ginocchia della sua favorita: la giovane Aissa.

La prima guerra mondiale e il mondo ebraico.
La prima guerra mondiale investì anche il Medio Oriente, dove erano in gioco grossi interessi europei. Uno dei più importanti era rappresentato dal canale di Suez. La situazione d’emergenza – erano in marcia le truppe russe, inglesi e francesi – fece scattare i primi provvedimenti. Nel dicembre del 1914 il governo turco della Palestina diede ordine di deportare gli ebrei stranieri. Nella primavera successiva il sionismo venne messo fuori legge e i suoi sostenitori furono condannati all’esilio. Fra coloro che vennero cacciati vi erano David Ben Gurion e Ytzhak Ben-Zvi, futuro presidente della repubblica. Alla fine del 1915 circa 12.000 ebrei furono costretti ad abbandonare Eretz Israel: La maggioranza finì ammassata nei campi per profughi dell’Egitto. Cinquecento ebrei si arruolarono nel Corpo sionista mulattieri che combatté con gli Alleati a Gallipoli. Non fu il solo contributo che gli ebrei diedero alla guerra contro i turchi. Del corpo di spedizione inglese, comandato dal generale Allenby, faceva parte anche la Legione ebraica, formata da due battaglioni di fucilieri reali (il 38º London e il 39º American). C’era anche un terzo battaglione, formato da 850 volontari locali, il First Judean. L’11 dicembre 1917 questi soldati assieme agli ebrei di tutto il mondo vissero un altro dei grandi momenti storici che nel giro di pochi anni modificarono il destino del "popolo errante": il generale Allenby, dopo aver vinto l’esercito turco a Meghiddo, entrò a Gerusalemme alla testa dei suoi uomini. Dopo quattro secoli l'impero ottomano dovette rinunciare al dominio sulla Terra Santa. Questa vittoria segnò una svolta. Già nei primi mesi della guerra un ministro del governo, Herbert Asquith, aveva dimostrato ai suoi colleghi che l'Inghilterra e gli ebrei avevano un interesse comune a staccare la Palestina dall’impero turco, ragion per cui le aspirazioni sioniste andavano incoraggiate. Nel 1917 il ministro degli esteri inglese, lord Balfour, formulò la sua famosa dichiarazione, nella quale venne riconosciuto il legame storico del popolo ebraico con la Palestina e che impegnava l’Inghilterra ad appoggiare l’insediamento in Palestina di una national home (focolare nazionale) ebraica. Questi punti vennero approvati dai vari governi alleati e nel giugno del 1922 vennero ribaditi da una risoluzione del Congresso degli Stati Uniti. Nel luglio dello stesso anno la Società delle Nazioni conferì ufficialmente alla Gran Bretagna un mandato del quale la dichiarazione Balfour faceva parte integrante.

La turchia e il kemalismo

Trattato di Sèvres con la Turchia (10 agosto 1920):
1. La Gran Bretagna si prese l’Iraq e la Palestina;
2. Gli Stretti (Dardanelli), prima aperti alle navi di tutti i Paesi, caddero sotto il controllo britannico;
3. Transgiordania, Arabia e Yemen diventarono “formalmente” indipendenti, ma di fatto i loro sovrani erano vassalli degli inglesi;
4. I francesi si presero Libano e Siria.
Durante i lavori del Trattato di Sevrès venne perfino riconosciuta l'indipendenza del popolo armeno e la sua sovranità su gran parte dei territori dell'Armenia storica ma tutto restò sulla carta. L’immenso Impero turco-ottomano fu annientato e la nuova Turchia era ridotta ad un piccolo Paese con poco meno di 8 milioni d’abitanti, comprendente solo l’Anatolia e la città di Costantinopoli. Il risentimento nel Paese era fortissimo e presto si accese la lotta dei Giovani Turchi per la revisione del duro Trattato. La situazione postbellica non piacque né al popolo né all’esercito e tanto meno ai Giovani Turchi.
Approfittando della sconfitta militare turca, la Grecia occupò Smirne ed iniziò la penetrazione nel suo hinterland. Pochi giorni dopo, con la ribellione dell’esercito, Mustafà Kemal (1880-1938), chiamato Atatürk (Padre dei turchi) guidò nel 1921 la guerra alla Grecia ed i greci, ad opera delle truppe di Kemal, vennero “ricacciati in mare”. Anche i francesi e gli italiani sgomberarono i territori occupati, seguiti dagli inglesi. Vincendo questa guerra, la Turchia fu l’unico paese che riuscì ad ottenere una revisione del trattato di Pace (quello di Sèvres) e la stipulazione del nuovo trattato di Losanna del luglio 1923 che prevedeva:
- la restituzione alla Tuchia della Tracia orientale e di tutta l’Anatolia;
- la supervisione turca sugli Stretti per quanto riguardava il traffico commerciale;
- lo sgombero definitivo da Istanbul da parte degli inglesi;
- il mantenimento del dominio italiano del Dodecaneso e quello della Gran Bretagna di Cipro.
In base al Trattato di Sèvres era stata proclamata la nascita della Repubblica Armena, ma il successivo Trattato di Losanna (1923) annullò il precedente, negando al popolo armeno persino il riconoscimento della sua stessa esistenza. Mustafà Kemal diede vita ad un nuovo Stato nazionale turco e cacciò il sultano Maometto VI Vahid Uddin (1860-1925), il cui governo fantoccio era corrotto e “manovrato” dalle potenze dell’Intesa. Il 29 ottobre 1923 fu proclamata la Repubblica turca con Ankara elevata a nuova capitale dai nazionalisti. Presidente fu eletto l’eroe della resistenza nazionale Mustafà Kemal. Il “Kemalismo” mirava a dare ai turchi una coscienza nazionale autonoma e ad attuare un processo di modernizzazione che spingeva a una forte “occidentalizzazione” un paese musulmano. Soprattutto nasceva uno stato nuovo che voleva legarsi all’Europa ed all’Occidente. Sebbene la costituzione del 1924 (molto buona, basata su quella francese) prevedesse istituzioni parlamentari, Atatürk mantenne tutte le leve del potere. La Turchia si dotò comunque di una struttura amministrativa che ricalcava quelle d’Inghilterra, Francia, Germania e Italia. Atatürk impose inoltre:
 la laicizzazione totale dello Stato. La religione si praticava solo in moschea. Solo in tempi recenti si notano rinascere movimenti integralisti islamici;
 l’abolizione della lingua farsi (con alfabeto arabo) a favore della lingua turca (con alfabeto latino), avviando la lotta contro l’analfabetismo di massa;
 per le donne portare il velo diventava reato. Per gli uomini fu abolito il “fez” (il copricapo rosso col tassellino);
 la poligamia venne proibita e fu introdotto il diritto di voto femminile nel 1935;
 la riorganizzazione dell’esercito (con l’aiuto degli inglesi).
Atatürk fece tutto questo in 15 anni (morì nel ’38). Ma questi suoi sforzi rimasero limitati alle città. L’arretratezza economica era enorme, soprattutto nelle campagne, estranee alla “modernizzazione”. Il problema curdo esisteva anche allora. Responsabile ne fu la Gran Bretagna, che per il petrolio puntava sugli arabi. In seguito, dopo la presa di alcuni territori dell'Armenia turca, la caduta del regime turco alla fine del conflitto mondiale e la seguente ascesa alla guida del Paese di Kemal Ataturk non cambiarono la situazione di inimicizia verso gli armeni. Infatti tra il 1920 e il 1922, con l'attacco alla Cilicia armena ed il massacro di Smirne, il nuovo governo portò a compimento il genocidio del popolo armeno.

Israele.
Nel 1946 l’Inghilterra riconobbe l’indipendenza della Transgiordania, paese arabo che rivendicava la propria autonomia dagli inglesi e che aveva un proprio re. L’Irak aveva ottenuto l’indipendenza dagli inglesi già nel 1932. Gli inglesi, che avevano dal 1917 il protettorato sulla Palestina, dimenticando volontariamente la dichiarazione Balfour, si opposero alla formazione di uno Stato ebraico in quella terra perché non volevano inimicarsi gli Stati arabi. In Russia si era sviluppato un notevole grado di antisemitismo. La guerra fredda aveva causato nei russi un nazionalismo malato ed eccessivo, cui non piaceva il giudaismo, giudicato anticomunista. Tuttavia il ministro degli esteri sovietico Andre Gromyko nel maggio del 1947 fu il primo a firmare l’accordo con cui veniva riconosciuto lo Stato di Israele. L’Inghilterra nel 1947 annunciò che avrebbe ritirato le sue truppe dalla Palestina alla mezzanotte del 15 maggio 1948 e rimise alle Nazioni Unite il compito di trovare una soluzione al problema. Così nel 1947 fu creata una Commissione speciale delle Nazioni Unite per la Palestina. Questa decise la spartizione del Paese in due Stati separati, arabo ed ebraico, e l’internazionalizzazione di Gerusalemme. Nel novembre 1947 il piano della Commissione fu adottato dalle Nazioni Unite, che votarono deciedendo la spartizione. Gli esponenti ebraici la accettarono immediatamente; il mondo arabo invece lo respinse all’unanimità. All’atto del ritiro delle truppe inglesi, il 15 maggio 1948, gli ebrei proclamarono immediatamente la nascita dello Stato d’Israele. Questa soluzione fu considerata dagli arabi un atto di forza intollerabile. Gli Stati arabi confinanti convinsero una parte consistente degli arabi che si trovavano in Palestina a lasciare le loro case e le loro terre con la promessa (mai mantenuta) che presto ci sarebbero ritornati in una posizione di forza. I palestinesi dovevano lasciare il paese affinché la distruzione degli ebrei potesse svolgersi più facilmente. Questa è la base del problema dei profughi palestinesi. Ci fu quindi il primo conflitto armato fra israeliani ed arabi, che durò circa sette mesi. Le forze arabe, composte non solo da armati palestinesi ma anche da truppe dei vari Stati mediorientali, furono sconfitte. Il presidente Truman affossò un nuovo progetto di spartizione del Paese più sfavorevole agli israeliani. Intanto la Transgiordania approfittò della situazione per annettersi la zona della Palestina destinata agli arabi che si chiamò Giordania. L’attuale Jihad è contro Israele restaurato in Palestina e contro tutte le nazioni occidentali che lo appoggiano, specialmente gli Stati Uniti d’America. Frange oltranziste islamiche sono nemiche acerrime dello Stato d’Israele da quando fu fondato nel 1948. Ricordiamo che la Moschea di Omar a Gerusalemme si eleva dal VII secolo sull’antico piazzale del tempio di Salomone. Moschea significa tempio, luogo di adorazione, e contiene una nicchia decorata o mihrab che indica dove si trova La Mecca. Maometto disse di aver sognato che un cavallo alato lo aveva condotto in cielo dalla spianata del tempio a Gerusalemme e lo aveva portato alla presenza di Allah. Il sogno del volo fece di questa città la terza delle città sacre dell’Islam, dopo La Mecca e Medina. Oggi Gerusalemme è contesa fra ebrei, musulmani e cristiani. La prima intifada scoppiò nel 1987. La passeggiata compiuta nel 2000 dal ministro ebreo Sharon sulla spianata del tempio sembrò ai musulmani una violazione della sacralità di questo luogo e diede inizio alla seconda intifada da parte dei palestinesi islamici.


Un esame del Corano
L’opera è una mescolanza di leggi e di leggende, improntate alle tradizioni giudaiche e al Cristianesimo apostata del VI secolo, cioè a storie che Maometto aveva sentito raccontare nei suoi viaggi da ebrei e da cristiani eretici. Credette che la trinità fosse formata da Dio, da Maria e da Gesù, come era stato stabilito inizialmente da alcuni cristiani apostati fin dal Concilio di Nicea (325). Maometto la condannò opponendole un dio unico, però commise l’errore di insegnare che questo dio non aveva figli e che quindi Gesù era solo un profeta e non il Figlio di Dio. Negò il riscatto , insegnando che Iddio aveva creato Adamo ed Eva già imperfetti e mortali e che il peccato originale fu un peccatuccio che Dio perdonò loro.
Dagli ebrei, e quindi dall’Antico Testamento, riprese l’uso di scannare gli animali prima di mangiarne le carni e la proibizione di cibarsi di carne di maiale. Come per gli ebrei anche per i musulmani il comandamento “non uccidere” vale solo per loro, potendo uccidere in guerra i loro nemici. Nel Corano tale comandamento vale solo per i musulmani. La differenza sta nel fatto che l’Iddio degli ebrei non ha mai comandato a Israele di conquistare il mondo con la guerra e di soggiogare i popoli con forzate conversioni alla loro religione, come invece ordina Allah agli arabi nel Corano.
Al posto del sabato Maometto rese sacro il venerdì, perché nel sesto giorno creativo, alla sua fine, Dio creò Adamo ed Eva. Ogni venerdì l’imam (direttore della preghiera) siede in cattedra e il muezzin (colui che richiama alla preghiera) grida dalla cima del minareto (campanile) della moschea (tempio): “C’è un solo dio: Allah!” in eterna polemica con i cristiani trinitari. Il grido del muezzin si ripete per cinque volte ogni giorno, tante quante il musulmano ha l’obbligo di pregare rivolto verso La Mecca.
L’obbligo del velo per le donne era già in uso in Arabia prima di Maometto, come la poligamia. Il Corano confermò queste usanze. In più ridusse la donna a una totale sottomissione all’uomo come se fosse solo un animale da lavoro e da riproduzione.
Maometto fu proclamato l’ultimo e il più grande dei profeti di Allah, essendo i suoi predecessori Adamo, Noè, Abrahamo, Mosè, Salomone e Gesù. Adamo, primo profeta di Dio, alla sua morte sarebbe andato in cielo. Caino si sarebbe pentito di aver ucciso Abele e sarebbe stato perdonato da Dio, senza ricevere, come nella Bibbia, un segno sulla fronte.
E’ sorprendente come Maometto riconosca che gli oracoli di Dio siano stati affidati da Abrahamo in poi a uomini ebrei, come Giuseppe, Davide, Salomone ecc. fino a Gesù Cristo compreso, tutti discendenti da Isacco e non da Ismaele. Secondo Maometto nessun ismaelita prima di lui sarebbe stato inviato da Dio e questo ci lascia perplessi. Siccome Ismaele fu circonciso da Abrahamo, anche Maometto sostenne l’obbligo della circoncisione per tutti i suoi seguaci, ma non all’ottavo giorno come prescrive la Bibbia.
Eccettuato Salomone, ognuno dei profeti citati avrebbe avuto per missione quella di proclamare delle nuove leggi e quindi un nuovo ordine, che avrebbe abolito ogni volta l’ordine precedente. Così Maometto avrebbe abolito l’ordine inaugurato da Gesù Cristo.
Il profeta, predicando il Dio unico o Allah, ritenne un errore la trinità. Ai suoi occhi era solo una mistificazione dei preti. Però per lui Allah non avrebbe mai avuto figli e quindi Gesù, se non è la seconda persona della trinità, non è nemmeno il Figlio di Dio, ma solo un profeta.
Il Corano, per cui non esiste il peccato originale e non ci fu la condanna edenica, non insegna la necessità di un sacrificio di riscatto per liberare l’umanità dal peccato e dalla morte e nega che Gesù morisse crocifisso. Invece l’apostolo Pietro, rivolgendosi agli Ebrei che avevano voluto la morte di Gesù, disse: “E’ nel nome di Gesù Cristo di Nazareth, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti… Non v’è salvezza in alcun altro, perché non c’è sotto il cielo alcun altro nome (compreso quello di Maometto) che è stato dato tra gli uomini, per il quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti 4:10-12).
Il Corano nega anche che Gesù sia il Sommo Sacerdote di Jehovah e non fa menzione alcuna del nuovo patto che sarà in vigore nel millennio fra Dio e Israele, patto che il profeta Geremia aveva annunciato secoli prima di Cristo. Questo patto, che è l’antico patto della Legge, immutabile, ma avente l’azione mediatrice del Cristo, introdurrà tramite Israele (e non il mondo arabo) un nuovo ordine di cose nel mondo del genere umano.
Il Corano accetta Mosè come profeta di Dio ma rifiuta ogni significato profetico della Legge data ad Israele tramite Mosè, la quale comprendeva sacrifici animali e un sacerdozio che prefiguravano il sacrificio e il sacerdozio di Cristo. Rifiutando ciò, il Corano presenta l’Altissimo come un Dio che si contraddice (Levitico 16:1-34; Geremia 31:31-34; Ebrei 3:1; 9:1-28). Ma è impossibile che Dio menta o si contraddica (Rom 3:4), perché proclama la Verità eterna.
L’Altissimo, come ammette il Corano, ha suscitato come profeti Noè, Abrahamo, Mosè e Gesù ed ha parlato mediante loro con coerenza. Perciò, non si sarebbe poi smentito servendosi di un profeta venuto in seguito, secondo rivelazioni divine diverse dalle precedenti e che avrebbero introdotto un nuovo ordine mediante la discendenza di Ismaele.
Nell’Eden Dio annunciò, in presenza di Adamo ed Eva, la venuta di una discendenza che, dopo essere stata ferita al tallone dal Serpente (Satana), doveva schiacciarne infine la testa. Noè salvò dal diluvio questa profezia, di cui Abrahamo fu a conoscenza. Dio rivelò in seguito ad Abrahamo che la discendenza promessa doveva essere la sua, dicendogli: “Tutte le famiglie della terra saranno benedette in te” (Gen 3:15; 12:3). Il patriarca ebbe prima un figlio da Agar, la schiava egiziana di Sara, e più tardi, miracolosamente, un altro figlio da sua moglie Sara. Il figlio di Agar si chiamava Ismaele e quello di Sara, Isacco. Jehovah rigettò Ismaele: la discendenza promessa non doveva nascere da lui. Infatti Agar era camita e Cam era stato maledetto da Noè nel suo seme: il primogenito Canaan (Gen 9:25-27; Gen 16:11-12). Dio disse ad Abrahamo: “E’ da Isacco che uscirà una discendenza che porterà il tuo nome”. Quando Abrahamo, obbediente all’ordine divino, si affrettò a offrire Isacco in sacrificio, fidando che Iddio glielo avrebbe subito restituito facendolo risuscitare, Jehovah Iddio gli disse: “Tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza”, cioè attraverso Isacco (Gen 21:12; 22:15-18; Eb 11:17,18).
Maometto, essendo discendente d’Abrahamo tramite Ismaele e non tramite Isacco, non poteva essere l’uomo mediante il quale tutte le nazioni saranno benedette. Maometto accusò gli scrittori del Nuovo Testamento di aver falsificato la loro testimonianza su Gesù, ma la sua accusa fu senza fondamento. Esistono dei manoscritti papiracei dei discepoli di Cristo che risalgono fino al II secolo e recentemente sono stati trovati frammenti del Vangelo di Matteo e di Marco del I secolo, anteriori alla distruzione di Gerusalemme nel 70. Essi attestano l’autenticità del Nuovo Testamento, tale e quale ci è pervenuto. Gli apostoli Paolo e Pietro identificano il Cristo, formato da un Capo (Gesù) e da un Corpo (la Chiesa degli eletti), con la discendenza promessa ad Abrahamo, mediante la quale tutte le nazioni della terra saranno benedette. “Ora le promesse sono state fatte ad Abrahamo e alla sua discendenza. Non è detto: e alle discendenze, come se si trattasse di molte, ma come se si trattasse di una sola, cioè alla tua discendenza, ovvero al Cristo” (Atti 3:19-26; Gal 3:16). Dato che non esiste che una sola discendenza promessa e che questa è il Cristo (Gesù come capo e la Chiesa eletta come corpo), non c’è necessità di un’altra discendenza. Maometto non nacque dalla discendenza di Abrahamo mediante suo figlio Isacco.
Mosè, che scrisse la storia di Abrahamo e di Isacco, occupa nell’Islam il rango di profeta di Dio. Egli rivelò di aver ricevuto da Dio la conoscenza del Suo nome personale: JEHOVAH. Quando Dio parlò a Mosè gli disse: “Questo è il mio nome per sempre, il ricordo di me di generazione in generazione” (Esodo 3:6-15). Questo nome, che compare 6823 volte nell’Antico Testamento, non è mai citato nel Corano in quanto ritenuto il nome del Dio degli ebrei. Allah significa solo “Dio” e non ha un nome personale.
Sul monte Sinai Dio diede a Mosè i dieci comandamenti e gli disse: “Io susciterò per loro (gli ebrei), fra i loro fratelli, un profeta come te, metterò le mie parole nella sua bocca e dirà loro tutto ciò che io gli avrò comandato. Se qualcuno non ascolta le mie parole, ch’egli dirà in mio nome, sarò io che gliene chiederò conto” (Deuteronomio 18:15-19). Secondo i musulmani Maometto fu quel profeta, ma Maometto non era ebreo. Apparteneva alla discendenza d’Ismaele, che, rigettato da Jehovah, non era affatto implicato nella promessa fatta ad Abrahamo. Secoli prima della nascita di Maometto, l’apostolo Pietro, rivolgendosi agli ebrei, applicò quella profezia a Gesù Cristo, identificandolo col profeta più grande di Mosè promesso agli ebrei da Dio (Atti 3:20-23).
I musulmani accettano ciò che Gesù disse sul “consolatore” o “paracleto”, ma solo per applicarlo a Maometto. Ecco ciò che disse A. Yussuf Alì nella nota al verso 81 della terza sura: “Nel Nuovo Testamento Maometto è annunciato nel Vangelo di S. Giovanni (14:16; 15:26; 16:7). Il futuro consolatore non può essere lo Spirito Santo nel modo in cui l’intendono i cristiani, perché lo Spirito Santo era già presente, assistendo e guidando Gesù. Il termine greco tradotto “consolatore” è “parakletos”, forma leggermente corrotta di “periklitos” che è quasi la traduzione letterale di “Mohamed” o “Ahmed””.
Nella nota al versetto 6 della sessantunesima sura dice: “ “Ahmed” o “Mohamed”, il lodato, è all’incirca la traduzione letterale del termine greco “periklitos”. Nel Vangelo di Giovanni il termine “consolatore” traduce il termine greco “parakletos”, che significa “avvocato, colui che è chiamato in soccorso d’un altro, un amico premuroso”, invece di “consolatore”. I nostri dottori affermano che parakletos è la forma corrotta di periklitos e che le parole genuine di Gesù contengono una profezia che nomina il nostro santo profeta Ahmed. Anche se leggiamo paracleto, il termine si applica lo stesso al santo profeta che è “un rifugio per tutte le creature” (sura 21:107) e “infinitamente buono e misericordioso per i credenti””. Secondo questa interpretazione il consolatore annunciato da Gesù sarebbe venuto sei secoli dopo. Ma i versetti biblici citati riferiscono la promessa di Gesù di inviare il consolatore ai suoi apostoli, allora presenti vicino a lui, e non a dei musulmani, venuti molto più tardi. Nelle parole stesse di Gesù il consolatore non doveva essere una persona in carne ed ossa, ma lo Spirito di Dio, “lo Spirito di Verità”, che avrebbe loro ricordato tutte le sue parole. Ecco ciò che disse il Maestro: “Lo Spirito di Verità… viene dal Padre e renderà testimonianza di me; anche voi renderete testimonianza, perché siete con me dal principio”. Più tardi disse loro che “entro pochi giorni” sarebbero stati battezzati in quello Spirito (Giovanni 14:26; 15:26,27; 16:13-15; Atti 1:4,5). Non si vede come tutto ciò si possa applicare a Maometto, venuto secoli dopo gli apostoli.
Alla pentecoste, dieci giorni dopo la Sua ascensione al cielo, Gesù sparse lo Spirito Santo sugli apostoli, che si misero a parlare in lingue e a compiere miracoli. L’apostolo Pietro, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, attestò che Gesù, alla destra di Dio, l’aveva sparso su di loro (Atti 2:32-36). Non fu certo Maometto che ricordò loro tutte le parole di Cristo, perché negò le principali dottrine del Maestro. Maometto non si rivelò come una personificazione dello Spirito di Verità, ma come un negatore della Verità che Dio proclamò tramite Noè, Abrahamo, Mosè, Salomone e Gesù.
Tra gli insegnamenti fondamentali di Maometto, che non manifestò lo Spirito di Verità, figura la dottrina dell’immortalità dell’anima. Il fondamento di questo dogma babilonese fu posto nel giardino di Eden da Satana, quando sedusse Eva e le disse: “Voi non morrete affatto”. Maometto invece insegnò che le anime degli uomini iniqui sarebbero andate dopo la morte in un inferno a sette piani per esservi torturate e pose Adamo nel più basso di tutti i cieli. Ricordiamo le parole di Gesù: “Nessuno è salito al cielo se non colui che è disceso dal cielo: il Figlio dell’uomo”. L’apostolo Pietro dichiarò alla Pentecoste che anche il fedele re Davide non era andato in cielo, ma dormiva ancora nel sonno della morte in attesa della risurrezione (Giovanni 3:13; Atti 2:25-35). Dio non tortura le anime nei tormenti eterni dell’inferno ma risuscita tutti coloro che dormono nel sonno della morte. La religione di Maometto non ha trionfato su tutte le altre come era stato da lui predetto e si è frammentata in settantadue sette. Nella crisi finale che attraversa il mondo l’Islam non ha alcun messaggio di conforto per l’umanità nell’angoscia, perché non accetta l’avvento del Regno di Dio affidato alla discendenza di Abrahamo tramite Isacco.
Dice il Corano che Gesù regnerà giustamente sulla terra con la legge islamica e metterà fine alle false dottrine del cristianesimo distruggendo egli stesso la croce e uccidendo i maiali e che ne seguirà un periodo di prosperità e di unità religiosa. Abu Hurayra ha narrato che il Messaggero di Allah ha detto: "Cosa farete quando discenderà tra voi il figlio di Maria e vi guiderà come uno di voi?" E chiese Ibn Abu Tha'ib a Walid ibn Muslim: "Sai [cosa significa] 'Vi guiderà come uno di voi'? Spiegamelo". Rispose: "Vi governerà con il Libro del vostro Signore il Lodato e l'Eccelso e la Sunna del vostro Profeta"(Muslim 156). E da Abu Hurayra, il Messaggero di Allah: «"Per Colui che ha la mia anima nelle sue mani, sicuramente che scenderà tra voi il figlio di Maria come un giusto, e romperà la croce, ucciderà i maiali e abolirà la jizya. Il denaro sarà in abbondanza tanto che nessuno lo accetterà". Poi ha aggiunto Abu Hurayra: "Se volete leggete: «Non vi è alcuno della Gente del Libro che non crederà in lui prima di morire. Nel Giorno del Giudizio testimonierà contro di loro» [IV:159]"» (Bukhari 3448 e Muslim). E il Messaggero di Allah ha detto: «Condurrà la gente all'Islam, polverizzerà la croce, ucciderà i maiali e abolirà la Jizya, e Allah distruggerà in quel
tempo tutte le religioni eccetto l'Islam» (Abu Dawud). Da questa trattazione emerge chiaramente la confusione che viene fatta fra la vera missione di Gesù Cristo, e questo sedicente profeta.
Tea.

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