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Filippesi 2:6

Ultimo Aggiornamento: 31/07/2009 18:05
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28/07/2009 00:52

? forma=morphè ?
Filippesi 2:6 parla di Gesù come di colui che è nella "forma" [morphè] di Dio, aggiungendo che non considerò una rapina da afferrare [harpagmos] avidamente “l’essere come Dio”.
La morphè a cui Paolo si riferisce con queste parole, è con riferimento a una coeguaglianza ontologica con Dio Padre, o si riferisce a un’uguaglianza nella forma (morphè) d’esistenza, nell’aspetto esteriore, nella figura, nel senso di sembianza nella forma corporea divina. Proprio come ‘Dio è uno spirito’ (Gv 4, 24), allo stesso modo Gesù è uno spirito!
Si tratterebbe, dnq, di una similitudine, o di una uguaglianza ontologica con Il Dio?

[Modificato da Roberto Carson 30/07/2009 17:39]
Walter Simoni

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29/07/2009 01:24

Re: ? forma=morphè ?
Walter.Simoni, 28/07/2009 0.52:

Efesini 2:5-11 parla di Gesù come di colui che è nella "forma" [morphè] di Dio, aggiungendo che non considerò una rapina da afferrare [harpagmos] avidamente “l’essere come Dio”.
La morphè a cui Paolo si riferisce con queste parole, è con riferimento a una coeguaglianza ontologica con Dio Padre, o si riferisce a un’uguaglianza nella forma (morphè) d’esistenza, nell’aspetto esteriore, nella figura, nel senso di sembianza nella forma corporea divina. Proprio come ‘Dio è uno spirito’ (Gv 4, 24), allo stesso modo Gesù è uno spirito!
Si tratterebbe, dnq, di una similitudine, o di una uguaglianza ontologica con Il Dio?





in greco morphè può indicare entrambe le cose. Nella letteratura filosofica morphè indica la esteriorizzazione della natura intrinseca dell'ente (vedi Aristotele); è da tenere in considerazione che l'autore del passo (che non è Paolo) fosse un conoscitore della filosofia greca e avesse con molte probabilità impiegato un linguaggio filosofico. In base a ciò ritengo dunque che l'autore di questo inno intendesse una eguaglianza di natura.

Keres Arentika
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29/07/2009 07:19


(che non è Paolo)



Da cosa determini che l'autore della lettera ai filippesi non sia l'apostolo Paolo?
[Modificato da Roberto Carson 30/07/2009 17:40]



Per contatti: roberto.carson@tiscali.it
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29/07/2009 16:47



? forma=morphè ?
Efesini 2:5-11 parla di Gesù come di colui che è nella "forma" [morphè] di Dio, aggiungendo che non considerò una rapina da afferrare [harpagmos] avidamente “l’essere come Dio”.
La morphè a cui Paolo si riferisce con queste parole, è con riferimento a una coeguaglianza ontologica con Dio Padre, o si riferisce a un’uguaglianza nella forma (morphè) d’esistenza, nell’aspetto esteriore, nella figura, nel senso di sembianza nella forma corporea divina. Proprio come ‘Dio è uno spirito’ (Gv 4, 24), allo stesso modo Gesù è uno spirito!
Si tratterebbe, dnq, di una similitudine, o di una uguaglianza ontologica con Il Dio?



Può esserci d’aiuto
Ebrei 1,3
Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell'alto dei cieli,

Non solo il Figlio riproduce nella sua persona l'essenza del Padre, ma egli dopo essere stato l'Agente di lui nella creazione, lo è ancora nella conservazione; sostenere tutte le cose significa il mantenerle in esistenza, quindi essere padroni dell’esistenza , proprietà riferibile solo a Dio.
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Re:
pavel43, 29/07/2009 16.47:



? forma=morphè ?
Efesini 2:5-11 parla di Gesù come di colui che è nella "forma" [morphè] di Dio, aggiungendo che non considerò una rapina da afferrare [harpagmos] avidamente “l’essere come Dio”.
La morphè a cui Paolo si riferisce con queste parole, è con riferimento a una coeguaglianza ontologica con Dio Padre, o si riferisce a un’uguaglianza nella forma (morphè) d’esistenza, nell’aspetto esteriore, nella figura, nel senso di sembianza nella forma corporea divina. Proprio come ‘Dio è uno spirito’ (Gv 4, 24), allo stesso modo Gesù è uno spirito!
Si tratterebbe, dnq, di una similitudine, o di una uguaglianza ontologica con Il Dio?



Può esserci d’aiuto
Ebrei 1,3
Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell'alto dei cieli,

Non solo il Figlio riproduce nella sua persona l'essenza del Padre, ma egli dopo essere stato l'Agente di lui nella creazione, lo è ancora nella conservazione; sostenere tutte le cose significa il mantenerle in esistenza, quindi essere padroni dell’esistenza , proprietà riferibile solo a Dio.



Perdonami pavel, ma in questa cartella si discute di filologia e di semantica, non di esegesi. Se ci divaghiamo in diverse altre sfaccettature rischiamo di uscire completamente fuori tema.
Per questo motivo ti pregherei di spostare il tuo commento su Ebrei 1:3 nella cartella "Esegesi", aprendo una discussione specifica sull'argomento.
Grazie.





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29/07/2009 19:22

Cara Keres,


è da tenere in considerazione che l'autore del passo (che non è Paolo) fosse un conoscitore della filosofia greca e avesse con molte probabilità impiegato un linguaggio filosofico



Cosa ti fa arrivare a questa conclusione? Leggendo l'inno francamente non mi pare che si possa far riferimento ad un linguaggio filosofico particolare, soprattutto se Paolo si servì di un inno preesistente, dunque molto primitivo e legato alla comunità giudeo-cristiana.


In base a ciò ritengo dunque che l'autore di questo inno intendesse una eguaglianza di natura



Mi pare una conclusione in controtendenza con l'esegesi moderna che in morphè vede la forma propria di un servo come espressione della sua condizione, piuttosto che una natura. Lo stesso per quanto riguarda la morphè divina: la forma quale condizione inconfondibile di divinità.

Shalom
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30/07/2009 01:33

Re:
Carissimo,


Leggendo l'inno francamente non mi pare che si possa far riferimento ad un linguaggio filosofico particolare,



Non ho detto che l'autore del passo ha scritto un inno di stampo filosofico ma che aveva competenza della filosofia greca e, quindi, dell'uso del termine in filosofia




Mi pare una conclusione in controtendenza con l'esegesi moderna che in morphè vede la forma propria di un servo come espressione della sua condizione, piuttosto che una natura.



Cosa significa?


Keres Arentika

[Modificato da KeresArentika 30/07/2009 01:34]
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30/07/2009 11:09

Cara Keren,


Non ho detto che l'autore del passo ha scritto un inno di stampo filosofico ma che aveva competenza della filosofia greca



Si, ho capito, ma mi chiedo da dove tu lo deduca e che genere di "competenza filosofica" tu le pssa attribuire in base a quell'inno. Il Kittel dice con chiarezza che "materialmente la frase morphe theou è completamente nella tradizione biblica" [morphe D.3] non mi pare che vi attribuisca significati filosofici legati all'ellenismo.


Cosa significa?



Significa che non mi pare che la critica moderna tiri in ballo in termine "natura", con tutte le sue implcazioni filosofiche, per spiegare in che senso Gesù era esistente "in forma di Dio".

Shalom
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30/07/2009 17:25

morf» (morfê)
forse dalla radice di mšroj (tramite l'idea di adattamento di parti)
TDNT - 4: 742,607
Numero Strong: G3444
sostantivo femminile
1) la forma con cui una persona o cosa colpisce la vista
2) aspetto esteriore

morfÍ: dat. sing.
morf¾n: acc. sing.
formare: 2
modo: 1
Totale: 3

3444
μορφή (morphḗ)
+ Etymology:
- Definition: shape; figuratively, nature

Nel Nuovo Testamento il termine μορφή è usato solo due volte (Filippesi 2,6 e Marco 16,12), mentre nell'Antico Testamento compare varie volte nella Settanta (ad esempio: Giudici 8,18; Giobbe 4,16; Isaia 44,13; Daniele 3,19). Il senso è "aspetto, portamento, aspetto esteriore, espressione, apparenza, forma, forma visibile".

Si noti che Filippesi 2,6 usa μορφή in senso di natura, anche se per natura o essenza ci si sarebbero aspettati i termini greci ουσια (ousia) o φυσισ (fusis). Il fatto che μορφή non indichi solo la forma esteriore ma anche la sostanza è comunque confermato da Colossesi 2,9 (in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità). In alcuni classici greci il termine μορφή è poi talvolta usato anche nel senso di "natura o essenza" e può talora significare anche "bellezza, splendore e leggiadria".

Hanno interpretato il termine "morfé" come "sostanza o natura" anche alcuni Padri greci come Basilio, Gregorio di Nissa, Cirillo Alessandrino, Giovanni Crisostomo e Giovanni Damasceno.

Nel Nuovo Testamento ισον θεω si trova poi in Giovanni 5,18 dove è detto che "Gesù chiamava Dio suo Padre facendosi uguale a Dio": il termine ισον indica infatti inequivocabilmente uguaglianza ed equivalenza. La traduzione letterale di ισα potrebbe essere "ugualmente". Viene infatti qui usata la costruzione avverbiale neutra ισα invece di ισον per dare maggiore enfasi alla frase e per sottolineare l’uguaglianza del Figlio con Padre (per natura, rango, trattamento ed attributi). Come in Luca 6,34 e in Apocalisse 21,16 ισα non ha alcuna valenza riduttiva e può legittimamente tradursi con “uguale”. [1]
Può esserci d’aiuto
Ebrei 1,3
Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell'alto dei cieli,

Non solo il Figlio riproduce nella sua persona l'essenza del Padre, ma egli dopo essere stato l'Agente di lui nella creazione, lo è ancora nella conservazione; sostenere tutte le cose significa il mantenerle in esistenza, quindi essere padroni dell’esistenza , proprietà riferibile solo a Dio.
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30/07/2009 17:53

E con questo bel copia/incolla dal sito

digilander.libero.it/domingo7/FILIPPESI%202,6.htm

Cosa vorresti dimostrare?

L'affermazione "Si noti che Filippesi 2,6 usa μορφή in senso di natura, anche se per natura o essenza ci si sarebbero aspettati i termini greci ουσια (ousia) o φυσισ (fusis)" è proprio quello che vogliamo discutere, e capisci bene che rispetto alla semantica il parallelo con Colossesi 2,9 (in cui non si parla di morphè) è piuttosto dubbio, ed anche che alcuni Padri greci come Basilio, Gregorio di Nissa, Cirillo Alessandrino, Giovanni Crisostomo e Giovanni Damasceno abbiamo inteso morphè come ousia è altrettanto ininfluente, per altro che morphè possa avere quel significato è una spiegazione rigettata anche dal DENT.

Non si capisce bene, per altro, perché Paolo o chi per lui, se voleva sottolineare un'assoluta novità rispetto alla fede nell'unico Dio facesse questa confusione di termini, usando morphè (che significa quasi il contrario di quanto voleva dire) invece di impiegare i termini specifici.

Tanto per intenderci, se il soggetto invece di Gesù fosse una statua non è che se dico che la statua "ha la forma di dio" voglio dire quella statua è divina in quanto alla sua "natura" o, peggio, "sostanza".

Shalom
[Modificato da barnabino 30/07/2009 18:37]
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30/07/2009 18:31


Si, ho capito, ma mi chiedo da dove tu lo deduca e che genere di "competenza filosofica" tu le pssa attribuire in base a quell'inno. Il Kittel dice con chiarezza che "materialmente la frase morphe theou è completamente nella tradizione biblica" [morphe D.3] non mi pare che vi attribuisca significati filosofici legati all'ellenismo.



Se Filippesi è stata scritta nella prigionia a Roma,dopo l'esperienza di Atene di cui possiamo pensare a contatti maggiori del semplice discorso, non è un'idea da scartare che abbia avuto conoscenza del concetto di "forma" di Aristotele.
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30/07/2009 19:06

Caro Pavel,

A parte che secondo la nostra Keres vendicatrice non sarebbe Paolo l'autore dell'inno, ma a parte quello, ti chiedo cosa ti fa pensare che il contesto di questo inno riveli una conoscenza della filosofia aristotelica e l'impiego dei relativi termini? Non mi pare che basti affermare che Paolo visitò Atene per sostenere che qui usi morphè in un'accezione specialistica, diversa da quella comune. Il Kittel stesso sostiene che morphe theou è completamente nella tradizione biblica, non in quella filosofica aristotelica e d'altronde non abbiamo nel NT usi di morphè che si colleghino in qualche modo ad Aristotele, ed immeginiamo la difficoltà a spiegare in quei termini la "morphè" di schiavo.

Ritengo molto improbabile che Paolo, o chi per lui, per spiegare la posizione di Cristo utilizzasse un termine così specialistico, appartenente ad una tradizione specifica e non conosciuta da tutti, invece di termini più generali, e per di più in un inno dove non traspare alcuna eco aristotelica! Sarebbe un pò come se trovando in una una ricetta il termine "quanto basta" pretendessimo che "quanto" sia un termine della fisica perché l'autore probabilmente era venuto a contatto con un trattato di mecanica quantistica.

Shalom

[Modificato da barnabino 30/07/2009 19:10]
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30/07/2009 19:07



E con questo bel copia/incolla dal sito

digilander.libero.it/domingo7/FILIPPESI%202,6.htm

Cosa vorresti dimostrare?

L'affermazione "Si noti che Filippesi 2,6 usa μορφή in senso di natura, anche se per natura o essenza ci si sarebbero aspettati i termini greci ουσια (ousia) o φυσισ (fusis)" è proprio quello che vogliamo discutere, e capisci bene che rispetto alla semantica il parallelo con Colossesi 2,9 (in cui non si parla di morphè) è piuttosto dubbio, ed anche che alcuni Padri greci come Basilio, Gregorio di Nissa, Cirillo Alessandrino, Giovanni Crisostomo e Giovanni Damasceno abbiamo inteso morphè come ousia è altrettanto ininfluente, per altro che morphè possa vere quel significato è una spiegazione rigettata anche dal DENT.



Non mi pare che quanto è scritto nel sito sia da buttare, piuttosto dovevo citarlo.
A me sembra che oltre che la semantica aiuti il confronto contestuale di passaggi simili per contenuto anche letti nella lingua di arrivo.



Tanto per intenderci, se il soggetto invece di Gesù fosse una statua non è che se dico che la statua "ha la forma di dio" voglio dire quella statua è divina in quanto alla sua "natura" o, peggio, "sostanza".



Questo è evidente, per non cadere in questo paradosso Keres dice che nella letteratura filosofica morphè indica la esteriorizzazione della NATURA INTRINSECA dell'ente (vedi Aristotele).
Non pensi che la semantica abbia anche a che fare con la filosofia?
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30/07/2009 19:25

Caro Pavel,


A me sembra che oltre che la semantica aiuti il confronto contestuale di passaggi simili per contenuto anche letti nella lingua di arrivo



Non ho detto che è da buttare, ho detto solo che fa delle affermazioni senza sostenerle con alcun argomento di tipo lessicale. In quanto ai passaggi considerati, oltre a non contenere mai il termine morphè e ad essere variamente interpretabili, non possono certo essere usati per cambiare il significato fondamentale di una parola!


per non cadere in questo paradosso Keres dice che nella letteratura filosofica morphè indica la esteriorizzazione della NATURA INTRINSECA dell'ente



Francamente non capisco quale "paradosso" ci sia da risolvere, cioè per quale motivo dobbiamo proporre un significato così specialistico, in un contesto dove non si avverte alcuna influenza aristotelica, invece di usare le parole secondo il loro significato di base. Non capisco proprio come il ricorso alla teoria ileromorfica o all'eidos platonico possa essere giustificato in questo contesto e quale paradosso contribuirebbe risolvere.

In Marco il termine designa l'apparenza esteriore, così come nella LXX (dove è interscambiabile con eikon suggerendo un parallelo con Co 1,15), attenendoci a questo significato il passo non presenta alcun paradosso.

Shalom

[Modificato da barnabino 30/07/2009 19:30]
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30/07/2009 20:21



A parte che secondo la nostra Keres vendicatrice non sarebbe Paolo l'autore dell'inno, ma a parte quello, ti chiedo cosa ti fa pensare che il contesto di questo inno riveli una conoscenza della filosofia aristotelica e l'impiego dei relativi termini?


Altri passi fra cui l’Ebrei 1,3 mi porta a pensare che quel morphè abbia una consistenza assimilabile alla concezione di Aristotele, è ininfluente se Paolo non lo conosce direttmente, anche se l’ipotesi non è peregrina.



Non mi pare che basti affermare che Paolo visitò Atene per sostenere che qui usi morphè in un'accezione specialistica, diversa da quella comune . Il Kittel infatti sostiene che morphe theou è completamente nella tradizione biblica e non in quella filosofica aristotelica e d'altronde non abbiamo nel NT usi di morphè che si colleghino ad Aristotele.


Ripeto non affermo ma ritengo che il passaggio in un contesto di altri simili dia consistenza al termine in questione.



Ritengo molto improbabile che Paolo, o chi per lui, per spiegare una assoluta novità rispetto alla fede dell'AT utilizzasse un termine così specialistico, appartenente ad una tradizione specifica, e non termini più generali, e per di più in un inno dove non traspare alcuna eco aristotelica!


Ho capito qual è la tua posizione.



Sarebbe come se trovando in una una ricetta il termine "quanto basta" pretendessimo che "quanto" sia un termine della fisica perché l'autore probabilmente era venuto a contatto con un trattato di mecanica quantistica.


Niente male come battuta
30/07/2009 21:23

Scusate, è il mio primo intervento, la considerazione che si sta facendo secondo me pecca in due punti. Primo, per dare il giusto senso a morphè non bisogna partire da chi lo scrive ma da chi doveva ricevere lo scritto. Non ha importanza se Paolo avesse coscienza del senso filosofico aristotelico di morphè. Ha più importanza se lo conoscevano i suoi destinatari. Paolo sta parlando ai cristiani di Filippi, un buona parte dei quali giudei, e sta dando loro un insegnamento sull'umiltà. Qui Aristotele non c'entra proprio nulla. Se ci fosse ancora qualche dubbio basta seguire il passo e lo si capisce bene..(la dinamica della logica del contesto è il secondo punto)

(Filippesi 2:5-8) ...Mantenete in voi questa attitudine mentale che fu anche in Cristo Gesù, 6 il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio. 7 No, ma vuotò se stesso e prese la forma [morphè]di uno schiavo, divenendo simile agli uomini. 8 Per di più, quando si trovò in figura d’uomo, umiliò se stesso e divenne ubbidiente fino alla morte, sì, la morte su un palo di tortura...

il v. 8 in particolare chiarisce che la morphè di cui sta parlando è la figura esteriore, così diversa da quella celeste che aveva prima ma che non pensò neppure di trattenere come qualcosa di irrinunciabile. Questa è l'attitudine mentale di Gesù che i cristiani devono imitare. Nessuna uguaglianza ontologica e neppure concetti aristotelici si devono intravedere in questa lettera destinata a cristiani noti per la loro povertà. Il Paolo che diviene ogni cosa a tutti non usava di certo termini con un significato che i suoi lettori avrebbero confuso o travisato. Il contesto poi cancella il dibattito su una parola.

ps. a questo riguardo incollo il link di un articolo che scrissi 10 anni fa per un amico e che è ancora on line
www.testimonidigeova.net/Filippesi2.htm
dove mi soffermo di più sul verbo harpagmon: afferrare un'oggetto o oggetto trattenuto?


ciao






[Modificato da Neropece 30/07/2009 21:37]
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31/07/2009 00:50

Caro Pavel,


Altri passi fra cui l’Ebrei 1,3 mi porta a pensare che quel morphè abbia una consistenza assimilabile alla concezione di Aristotele, è ininfluente se Paolo non lo conosce direttmente, anche se l’ipotesi non è peregrina



A parte che non siamo certi che l'autore di Ebrei sia Paolo, ma dova in Ebrei si usa la parola morphè in senso aristotelico o si fa riferiamento alla teoria teoria ileromorfica? Quali autori vedrebbero in Eb 1,3 un'influenza aristotelica? [SM=g27994]


ma ritengo che il passaggio in un contesto di altri simili dia consistenza al termine in questione



Ripeto: da quali altri passi possiamo evincere un uso aristotelico di morphè o comunque un'adesione di Paolo alla teoria ileromorfica? Non è che sia proprio vicina all'antropologia giudaica...


Niente male come battuta



La vera battuta è la tua, che inspiegabilmente cerchi di attribuire un significato inusuale a morphè ignorando quello più comune, ti chiedo: perché? Cosa ci sarebbe che non va nel significato più comune di morphè da scartarlo a priori?

Shalom


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31/07/2009 17:16



A parte che non siamo certi che l'autore di Ebrei sia Paolo, ma dova in Ebrei si usa la parola morphè in senso aristotelico o si fa riferiamento alla teoria teoria ileromorfica? Quali autori vedrebbero in Eb 1,3 un'influenza aristotelica?


Ebrei 1,3
"Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola"

Infatti non c’è, ma colui che sostiene tutto con la potenza della sua parola è padrone dell’esistenza, prerogativa esclusiva di Dio, se l’autore di Filippesi è lo stesso, ma non ha importanza, non poteva utilizzare morphè in maniera riduttiva rispetto a quanto attribuisce al Figlio in Ebrei. Aristotele rimane un’ipotesi che ci può aiutare dal punto di vista logico ma rimane ininfluente






Ripeto: da quali altri passi possiamo evincere un uso aristotelico di morphè o comunque un'adesione di Paolo alla teoria ileromorfica? Non è che sia proprio vicina all'antropologia giudaica...



Altri passi possono esere utilizzati nello stesso senso



La vera battuta è la tua, che inspiegabilmente cerchi di attribuire un significato inusuale a morphè ignorando quello più comune, ti chiedo: perché? Cosa ci sarebbe che non va nel significato più comune di morphè da scartarlo a priori?


Come puoi leggere sopra non scarto a priori cerco di dare a morphe quella consistenza derivata da altri significativi passi cristologici
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31/07/2009 18:05

Caro Pavel,


Ebrei 1,3
"Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola"

Infatti non c’è, ma colui che sostiene tutto con la potenza della sua parola è padrone dell’esistenza, prerogativa esclusiva di Dio, se l’autore di Filippesi è lo stesso, ma non ha importanza, non poteva utilizzare morphè in maniera riduttiva rispetto a quanto attribuisce al Figlio in Ebrei. Aristotele rimane un’ipotesi che ci può aiutare dal punto di vista logico ma rimane ininfluente



Si, ma non capisco dove Ebrei usi la parola morphè nel senso di natura. Anche ammesso questo passo poi sostenga che Gesù possiede una prerogativa divina (e la cosa è alquanto controversa) questo non giustifica che possiamo usare una parola, in un altro testo, con un significato che non ha mai posseduto!

Non è che in Filippesi morphè è usata in modo "riduttivo" è che morphè ha proprio quel significato, non possiamo ampliarlo a piacimento in base all'esegesi (discutibile) di un altro passo.

Shalom

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