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Esperienza narrata da Teresita Veloso ad una assemblea nel gennaio del 2000 in Filippine

Ultimo Aggiornamento: 22/02/2011 00:02
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11/09/2009 17:22

Io che all'epoca avevo 16 anni, insieme a mio padre Basilio, mia madre Maribel e il mio fratellino Rowell di 4 anni, fummo rapiti dai guerriglieri Islamici una sera nel settembre del 1982 mentre stavamo facendo lo studio di libro in casa nostra di nascosto a Bolong nel sud delle Filippine. In quel periodo mio padre stava studiando con un ragazzo. Questo ragazzo di nome Rommel lavorava nella Intelligence Filippina di Manila ma in quel periodo era a casa perché ebbe un incidente e doveva stare a casa per 6 mesi e proprio in quel periodo mio padre gli predicò e iniziarono lo studio. Quella sera mio padre lo invitò a casa per assistere allo studio di libro. Era la prima volta che assisteva ad una adunanza dei Testimoni di Geova anche perché in quel periodo dovevamo radunarci senza dare tanto nell'occhio.
Quando irruppero in casa nostra i guerriglieri Islamici il loro capo chiese chi era il padrone di casa. Mio padre si alzò e gli chiese chi erano i suoi famigliari. Per un attimo tentenno ma appena il capo dei ribelli sparò ad una gamba di un nostro caro fratello cristiano, mio padre elencò i suoi famigliari. Subito ci incappucciarono e insieme a quel ragazzo che studiava con mio padre ci portarono su un mezzo
Fù un viaggio interminabile. Quando finalmente arrivammo ci misero dentro una stanza buia solo noi senza il ragazzo. Dopo pochissimo tempo iniziammo a sentire morderci i piedi. Erano topi. Mio padre allora prese mio fratello in braccio mentre io mi misi sulle sue spalle e continuava a camminare per non essere morso. La stessa cosa faceva mia madre. Avevo perso la cognizione del tempo, però ricordo che ci volle tanto tempo prima che un guerrigliero venne a prendere mio padre. A quel punto mio padre disse che sarebbe venuto soltanto se a noi ci avessero cambiato stanza dove non c'erano topi. Il guerrigliero mise la canna della sua pistola in bocca a mio fratello e disse: “Se vuoi eliminiamo subito il problema così non ci pensi più.” Mia madre disse che quella stanza andava benissimo. Quando portarono via mio padre dissi alla mamma di prendere in braccio Rowell. Io invece avrei camminato con lei perché ero pesante per lei. Mentre camminavamo nella stanza inciampai e sbattei contro la porta e questa si apri. Subito il soldato di guardia venne e richiuse la porta a chiave. Subito dopo lo sentii piangere mentre diceva ad un suo compagno di non dire nulla al capo, che lo chiamavano “Aso Karniborò” Cane Carnivoro. Ogni giorno sempre la stessa cosa. Venivano prendevano mio padre e lo riportavano ogni volta con una ferita in più. La cosa brutta è che non potevamo vedere nulla perché la stanza era buia senza finestre e le poche volte che riuscivamo a vedere era quando aprivano la porta. Per mangiare ci davano una volta ogni due giorni, una pentola con del riso bollito senza sale e senza condimento. Mamma e papà tante volte non mangiavano per far mangiare me e mio fratello.
Come dissi prima avevamo perso la cognizione del tempo, comunque penso che passarono circa 30 giorni prima che ci fecero uscire tutti e 4 e ci portarono in una stanza piena di sedie e per la prima volta vidi in che condizioni era mio padre. Aveva delle ferite su tutte le gambe e le braccia che ormai erano infette.. Sembrava che fosse stato preso a morsi, dopo di ché entrò colui che chiamavano Aso Karniborò. Ci chiese che grado di parentela avevamo con Rommel. Mio padre disse per l'ennesima volta che noi eravamo Testimoni di Geova e il ragazzo stava studiando la Bibbia con lui.
Aso Karniborò lo chiese anche a mia madre e non fece altro che ripetere le parole di mio padre. A quel punto Aso Karniborò le alzo una gamba e la morse staccandole un pezzo di carne. Ricordo ancora oggi le urla agghiaccianti di mia madre. Chiese pure a me chi fosse Rommel. Avevo paura, tanta paura ma pregai Geova e ripetei le stesse parole di mio padre e poi io da sola alzai la gamba aspettando il suo morso. Lo vidi rimanere fermo vedendo la mia azione poi si avvicino e mi disse: “Sei ancora cruda e aspetterò che maturi prima di mangiarti”. Capii subito il perché lo chiamavano Aso Karniborò. I suoi prigionieri li trattava in quella maniera. Invece di dargli schiaffi pugni o bastonate, le prendeva a morsi. A mio fratello invece non chiese nulla. Dissero a mio padre di buttare in fuori la pancia come quando si fa un grosso respiro e nella maglia Aso Karniborò gli attaccò una corda con un ferretto. La corda passava per un buco nella stanza, però non riuscivo a vedere dove andava. Poi dissero a mio padre di respirare e lui respirò. Dall'altra stanza si sentì un colpo di pistola. Aprirono la stanza e Rommel era morto. La corda messa a mio padre era attaccata al grilletto della pistola, in modo tale che quando mio padre respirava, contraendo la corda, questa faceva sparare la pistola.
Aso Karniborò disse: “Visto cosa succede a dire le bugie!” e ci riportarono nella stanza buia.
Mio padre stava male lo sentivo piangere ma dopo poco venne da noi e inizio a pregare Geova.
Passarono ancora 30 giorni circa e mio padre ormai stava malissimo. Le ferite non gli davano tregua. Aveva la febbre scottava molto e mia madre era molto preoccupata.. Presero mio padre dicendo che lo avrebbero portato dal dottore. Il giorno dopo vennero di nuovo e ci riportarono nella stanza piena di sedie. Quella volta Aso Karniborò cambiò domanda. “Cosa vi disse Rommel di noi ribelli?”.
Mia madre prima di rispondere volle sapere di mio padre. Lui gli si avvicino prese l'altra gamba sana e la morse ancora e poi urlando con la bocca insanguinata disse che doveva rispondere alla sua domanda. Mia madre urlando e piangendo dal dolore disse che Rommel non ci disse nulla del suo lavoro e tanto meno dei ribelli.
Lo chiese anche a me e pure io dissi che non ci parlò mai del suo lavoro. Aggiunsi anche che “noi Testimoni di Geova non ci interessiamo di quello che fanno le persone. Noi predichiamo a tutti perché Geova vuole che tutte le persone si salvino e come lui noi amiamo il nostro prossimo ecco perché non ci fermiamo davanti a persone di ogni sorta. Anche con lei dopo tutto questo che ci ha fatto se la trovassi in giro non mi fermerei dal predicarle la buona notizia ubbidendo al comando datomi da Geova di voler bene anche hai propri nemici”.
Anche in quella occasione lo vidi fermarsi e guardarmi fisso negli occhi. Sembrava quasi che non si aspettasse quelle mie reazioni. Subito dopo lui stesso attaccò la famosa corda nella pancia di mia madre. Avevo un brutto presentimento e mia madre non voleva respirare sapendo chi c'era nell'altra stanza. Aso Karniborò allora andò da mio fratello e si mise in bocca una sua gamba senza mordere e mia madre presa dalla disperazione urlò facendo un gran respiro. Si senti un colpo di pistola e quando aprirono la porta dell'altra stanza vedemmo mio padre legato su una sedia morto dal colpo di pistola.
Aso Karniborò si avvicino a me mi disse: “Anche adesso farai le cose che dicevi prima?” “Certo” gli risposi, “se Geova vuole che lei divenga un nostro fratello, chi sono io da non accettare? Geova ha promesso di darci la vita eterna in un paradiso terrestre dove non ci saranno più guerre, malattie e morte, dove tutti potremmo vivere in pace e amore, in più io avrò la gioia di riabbracciare il mio papà perché Geova lo farà risuscitare. Perché lei vuole perdersi una cosa così bella?”
Rimase un'altra volta immobile guardandomi ancora fisso negli occhi. Non disse più nulla e ci fece rimettere in quella stanza.
Eravamo distrutti dal dolore per la perdita di mio padre, ma la mamma ci diceva sempre di pregare Geova. Ancora circa 30 giorni e ci ripresero. Dico 30 giorni perché contavo le volte che i soldati russavano e quindi pensavo che in quel momento era notte.
Vennero a prendere mia madre perché dovevano curargli le ferite alle gambe, ma non ci credetti. Il giorno dopo presero me e mio fratello portandoci un'altra volta nella stanza con le sedie. Mio fratello aveva gli occhi sbarrati non parlava più e non riusciva nemmeno a piangere. Era scioccato!
Aso Karniborò ci disse che se gli dicevamo che Rommel ci aveva detto alcune cose su alcuni piani dei ribelli, ci avrebbe liberato all'istante a noi e la mamma.
Gli risposi che non “avrei barattato la mia vita e quella dei miei famigliari per una bugia. Geova odia i bugiardi e io voglio rimanergli fedele. Voglio servirlo con tutto il mio cuore e dire una bugia gli avrei recato dispiacere”. Si mise a sedere fissandomi negli occhi. Riuscivo a capire che era un po' disorientato e fece cenno ad un suo soldato. Fu il soldato ad attaccarmi la corda e non lui come le altre volte. Sapevo che dall'altra parte c'era la mamma. Con tutto il fiato che avevo in corpo urlai dicendo: “Mamma mi dispiace ci rivediamo nel nuovo ordine” e respirai.
Per l'ennesima volta ci riportarono in quella stanza. Adesso ero io a dover aiutare mio fratello. Non riuscivo a farlo parlare. Non dormiva mai e se ne stava sempre in piedi davanti alla porta. Smise anche di mangiare. Io pregavo Geova per darmi la forza di aiutare mio fratello.
Non passarono tanti giorni forse 10 o 12 e dentro alla stanza venne una persona. Non capivo chi fosse perché era buio e mi violentò. Se ne andò subito dopo. Dall'odore capii subito che si trattava di Aso Karniborò. Ero ancora vergine e avevo dolori in tutte le parti del corpo. Mi sentivo indegna anche di pregare Geova. Di solito pregavo a voce alta e dopo due giorni che non lo facevo sentii mio fratello che mi disse: “Kati se non preghi a Geova non potremmo rivedere mamma e papà”.
Non vi immaginate che gioia provai in quel momento. Sembra strano provare gioia in un momento così terribile ma sentire nuovamente la voce di mio fratello è stata come una chiave che apriva una porta nella mia testa. Lo abbracciai e pregai a voce alta insieme a lui. Ringraziai Geova del suo aiuto, di non avermi lasciata sola dato che mio fratello tornò a parlare, gli chiesi di darmi la forza di morire fedele come avevano fatto mamma e papà e alla fine chiesi di aiutare anche tutti i ribelli presenti in quella casa compreso Aso Karniborò.
Non feci a tempo a dire amen che si aprì la porta e sentii solo la sua voce che diceva: “Non ho mai trovato una persona così forte che prega per me dopo tutto il male che ho fatto” e se ne andò.
Subito ci incappucciarono e fatti salire su un mezzo. Dopo diverso tempo ci fecero scendere e ci trovammo nelle campagne vicino a casa nostra.
Ero rimasta incinta dopo la violenza subita, ma portai a termine il parto dando alla luce un bel bambino.
Passarono 17 anni e nel frattempo mi sposai e con mio marito e mio figlio avuto da quell'esperienza ci trasferimmo negli Stati Uniti insieme a mio fratello. Mio marito è un ingegnere edile e la filiale di Brooklyn gli chiese se voleva partecipare a sovrintendere a vari progetti di costruzione. Accettò. Io ebbi il privilegio di andare a predicare dentro i carceri femminili. Trovai subito 5 studi biblici.
Un giorno andai ad assistere alla sentenza d'appello di una ragazza che studiava con me dove l'assolsero dai suoi capi d'imputazione per prove a suo favore.
Nella hall del tribunale era affisso un foglio dove venivano scritti i nomi di quelli che avrebbero dovuto comparire davanti al giudice. Lessi che il giorno seguente doveva comparire una persona e il nome mi sembrava Filippino.
Non so perchè ma il giorno dopo sentii la spinta ad andare a vedere chi fosse. Entrai e mi raggelai quando vidi chi era, Aso Karniborò. Ero paralizzata inizia a tremare e una signora mi fece sedere chiamando soccorso. Venne un dottore che era presente e mi ripresi. Entrai nell'aula e ascoltai senza farmi vedere. Il suo avvocato stava richiedendo il trasferimento da un carcere di massima sicurezza ad un'altrro meno duro per buona condotta. Il Giudice volle sentire dall'imputato la sua deposizione. Disse: “Tempo fa conobbi una ragazza. La feci stare molto male, ma lei mi parlò di Dio e non nutriva odio nei miei confronti. Mi disse che un giorno potremmo vivere in pace volendosi bene l'un l'altro governati dal Dio Geova. Ho voluto cercare la sua forza e ho iniziato a studiare con i Testimoni di Geova. Io non sto chiedendo il perdono o la libertà umana, ma sto cercando il perdono di Dio. Ho tolto la possibilità ad un ragazzo di conoscere meglio questo meraviglioso Dio e spero tanto che Geova si ricordi di lui. Sono sicuro che questo non mi farà togliere la mia condanna a morte, ma la vivrò con serenità sapendo che se continuerò a seguire le orme di Geova avrò la possibilità di ritornare a vivere nel nuovo ordine che Geova ha promesso e di ringraziare quella ragazza di persona, scusandomi con suo padre e sua madre del male che gli ho fatto”.
Sono subito uscita e mentre tornavo a casa piangevo di gioia. Può sembrare strano quel mio atteggiamento, ma la mia gioia derivava dal fatto che tramite la mia fede ho potuto rallegrare il cuore di Geova e dare la possibilità ad una persona così cattiva di conoscerlo e di imparare ad amarlo. In seguito mi informai e mi dissero che fu condannato a morte ma che 2 giorni prima venne battezzato come cristiano Testimone di Geova.
Non vedo l'ora di poter riabbracciare la mia mamma, il mio papà e anche Ferdinando. Questo è il suo nome e non più Aso Karniborò.

Walter Simoni

walter.simoni@yahoo.it
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21/02/2011 14:01

L'avevo già letta.

Ho molti dubbi sulla veridicità delle informazioni trattate in questa "esperienza".
Singolari sono alcuni indizi:

1) La cosa più importante è che non si sa da quale fonte provenga l'informazione.

2) Non c'è traccia negli annuari o nelle riviste di quest'esperienza, che se fosse vera è pari se non superiore a quella che vide una nostra sorella prendersi cura di una vicina allo stadio terminale che in precedenza l'aveva denunciata alla gestapo e spedita in un campo di concentramento nella germania nazista.

3) Sono citati solo i nomi dei personaggi, l'unico cognome citato è Veloso, ma anche qui non si evince da nessuna fonte il nome Teresita Veloso se non in quest'"esperienza".

4) Si dice che il luogo dove ebbe inizio la disavventura è a "sud delle Filippine". Le Filippine sono uno Stato il cui territorio è formato da un arcipelago con più di 7.000 isole. L'espressione a "sud delle Filippine" non significa nulla se non si specifica di quale isola si parli. Inoltre la località Bolong sembra non esistere.

5) Al termine del racconto si dice che la presunta sorella si trasferì negli Stati Uniti d'America e che lì assistette in un tribunale alla sentenza del suo carnefice. Lasciando stare la straordinaria coincidenza che appare del tutto inverosimile è ancor più strano che in territorio USA, in un tribunale USA, venga istruito un processo a carico di un individuo appartenente ad una non meglio specificata fazione di guerriglieri islamici operante nelle Filippine e di nazionalità filippina, condannato per un crimine che fu commesso in territorio Filippino, senza nessuna implicazione riguardante una possibile estradizione a causa del semplice fatto che i presunti fatti si svolsero nei pressi della fantomatica "Bolong".

6) Si afferma che la presunta esperienza è stata narrata nell'anno 2000 in un'assemblea nelle Filippine. Anche qui si è troppo generici per poter istruire delle indagini atte alla verifica dei fatti narrati: non si specifica quale assemblea, né in quale isola si è tenuta. Strano anche il fatto che si trovi nelle Filippine quando il racconto dice che per motivi di servizio alla Bethel di Brooklyn si trasferirono negli States.

Credo che anche in questo caso valga il consiglio espresso a pagina 225 del libro be:


Controllate l’accuratezza delle informazioni. Notizie di attualità, citazioni ed esperienze possono essere utili per illustrare e applicare certi punti. Come potete assicurarvi che siano accurate? Un modo è quello di prenderle da fonti attendibili. Ricordatevi di controllare che le informazioni siano aggiornate. Le statistiche diventano obsolete, le scoperte scientifiche vengono rapidamente superate e man mano che in campi come la storia e le lingue antiche la conoscenza dell’uomo aumenta, le conclusioni basate sulle nozioni precedenti devono essere rivedute. Esercitate molta cautela se pensate di usare informazioni prese da giornali, televisione, radio, posta elettronica o Internet. Proverbi 14:15 consiglia: “Chiunque è inesperto ripone fede in ogni parola, ma l’accorto considera i suoi passi”. Chiedetevi: ‘La fonte ha la reputazione di essere accurata? C’è modo di verificare la notizia con qualche altro mezzo?’ Se siete in dubbio sulla sua veracità, scartatela. Oltre a controllare l’attendibilità delle fonti, considerate attentamente come pensate di usare le informazioni. Accertatevi di usare le citazioni e le statistiche in armonia col contesto da cui sono tratte. State attenti che, nel tentativo di esprimervi vigorosamente, “alcuni” non diventino “la maggioranza”, “molti” non diventino “tutti” e “in qualche caso” non si trasformi in “sempre”. Gonfiare una storia o una notizia per quanto riguarda numeri, portata o gravità fa sorgere dubbi sulla credibilità di chi parla. Se le vostre affermazioni sono sempre accurate, vi farete la reputazione di persone che rispettano la verità. Questo si rifletterà positivamente sui testimoni di Geova come gruppo. Quel che più conta, farà onore a “Geova, Dio di verità”. — Sal. 31:5.



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22/02/2011 00:02

Grazie Methatron per le importanti considerazioni che ci hai espresso. Effettivamente sono molto sensate.



Per contatti: roberto.carson@tiscali.it
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