L'abiezione, nel linguaggio ascetico, significa la rinuncia alla propria dignità, non solo procurandosi o accettando umiliazioni, ma anche cercando un modo di vivere disprezzato dagli uomini.
Lo stato di abiezione, secondo la tradizione cattolica, è talvolta imdotto da Dio per chiamare le anime da Lui chiamate all'unione mistica: prove estreme (malattie, persecuzioni, privazioni) o interne (dubbi, timori, tentazioni, desolazione).
Vorrei sapere, in ambito cattolico, se l'abiezione viene tutt'oggi praticata, in che misura e in quali ambienti. E soprattutto quali basi scritturali abbia.
Per contatti: roberto.carson@tiscali.it