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PERCHÉ LA MASSONERIA USA IL VANGELO DI GIOVANNI?

Ultimo Aggiornamento: 27/12/2009 10:31
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26/12/2009 12:17

Nei primi 13 versetti Gesù è solo adombrato e possono perciò essere capiti in più modi
I primi 13 versetti del Vangelo di Giovanni sono un po’ enigmatici e costituiscono un caso a sé. Con i successivi 5 versetti vanno a costituire quello che viene chiamato il Prologo, nel quale Giovanni sintetizza il contenuto essenziale di tutto il suo Vangelo.
Se questi primi 13 versetti si scrivono su un foglio a parte e si danno a qualcuno che non sa niente di cristianesimo, immaginerà che si tratti di un testo filosofico-religioso, Gesù di Nazaret infatti non è mai citato e, oltre ad un imprecisato “Dio”, viene nominato solo un certo Giovanni (cioè il Battista). Un segno della possibile lettura “laica” dell’inizio di questo Vangelo è che le riunioni delle Logge massoniche cominciano proprio con la Bibbia aperta nel Prologo: noi cristiani diciamo che è un abuso, ma forse non abbiamo tutte le ragioni, come cercheremo di dimostrare usando il contesto generale del Nuovo Testamento.
Riporteremo più sotto i 13 versetti, ma facendo alcune scelte che sono necessarie per meglio comprendere l’originale greco. Gli antichi, com’è noto, non usavano scrivere mettendo la prima lettera in maiuscolo in certe parole (scrivevano cioè FERNANDO o fernando, ma non Fernando); non usavano poi la punteggiatura, né suddividevano in versetti. Invece i traduttori, per aiutarci, ne fanno giustamente uso, ma a volte l’uso che ne fanno trasmette anche i loro presupposti; allora può succedere che prendiamo come “Parola di Dio” quelle che sono le convinzioni teologiche del traduttore (e che possono non essere le nostre): per questo trascriveremo il Prologo tutto in minuscolo, conservando però una punteggiatura che qui non ci crea problemi. Alcune traduzioni, poi, pur avendo come soggetto “la parola”, all’inizio del versetto 10 passano ingiustificatamente al maschile (“egli”): si capisce il perché, dato che ci si riferisce indubbiamente a Cristo; ma così non si capisce che, nell’originale, Cristo è ancora solo adombrato, (la “Concordata” riporta fedelmente un “lei”).
La parola greca “logos”, che troviamo fin dall’inizio, è comunemente tradotta “parola”, ma nella cultura greca di quel tempo – oltre al significato più immediato – se ne erano stratificati altri, dei quali è necessario avere idea. In ciò siamo facilitati dal fatto che, proprio per non perderne la ricchezza originaria, “logos” è entrato anche nel vocabolario italiano e così ne è definito il significato dallo Zingarelli: “Il discorso, il ragionamento, in quanto procedimento del pensiero, quindi manifestazione delle stesse facoltà logiche e razionali dell’uomo”. Nel Dizionario di teologia evangelica, naturalmente, se ne coglie anche la sfumatura teologica che aveva assunto al tempo di Giovanni: “Nel Giudaismo ellenistico di Filone, il termine denota lo strumento per mezzo del quale il mondo è stato creato e rappresenta un ponte fra un Dio trascendente e il mondo materiale” (l’opera è a cura di P. Bolognesi e altri, EUN, 2007)
Insomma, un cristiano che iniziava a leggere il Vangelo di Giovanni (e ancor più se lo rileggeva), non aveva alcun dubbio che si stesse parlando di Gesù, ma gli altri potevano inizialmente capire anche cose molto diverse, attribuendo a quelle parole vaghe ed evocative (“parola”, “vita”, “luce”, “tenebra”, “figli di dio”) i significati suggeriti dai propri particolari presupposti. Riportiamo ora il testo, avendo come base quello della “Concordata”, ma nel leggerlo bisognerebbe che ciascuno si sforzasse di mettere da parte le sue conoscenze cristiane:

1in principio era la parola e la parola era presso dio, anzi la parola era dio. 2essa in principio era presso dio. 3per essa furono fatte tutte le cose e fatta separatamente da essa nessuna esistette. 4in essa era la vita e la vita era la luce degli uomini. 5e la luce risplende nella tenebra e la tenebra non l’ha compresa. 6ci fu un uomo, mandato da dio, di nome giovanni. 7questi venne a testimonianza, per testimoniare della luce, affinché tutti credessero per lui. 8non era egli la luce, ma per testimoniare della luce, 9la vera luce che illumina ogni uomo che viene nel mondo. 10era nel mondo e il mondo fu per mezzo di lei, ma il mondo non la conobbe. 11venne nella sua proprietà e i suoi non l’accolsero. 12ma a quanti l’accolsero, a quelli che credono nel suo nome, diede loro il potere di diventare figli di dio, 13i quali, non da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma da dio sono stati generati. (Giovanni 1:1-13).

Perché Giovanni usa questo modo ambivalente? Provo a rispondere prendendola un po’ alla larga, cioè partendo dal contesto biblico generale, che mostra un Dio che non se ne sta fisso in alto e verso il quale dobbiamo salire, ma un Dio che scende fra gli uomini, stando per esempio con Adamo nell’Eden (Genesi 1-3) e con Israele durante l’attraversata del deserto (Esodo 40:38). Questa vicinanza, naturalmente, raggiunge il culmine con l’incarnazione.
L’atteggiamento di scendere al livello di chi si vuol incontrare lo si ritrova chiaramente anche nel comportamento di Gesù, che si mise in sintonia con tutti, tranne che con i superbi. Notoria è la sua simpatia per i peccatori e un caso singolare è quello del pubblicano (cioè esattore delle tasse) Zaccheo: Gesù si autoinvita a pranzo a casa sua, ma non per fare l’esame di coscienza ad uno che era ritenuto peccatore (Luca 19:6). Stando vicino a Gesù, sarà Zaccheo stesso a rendersi conto autonomamente che è necessario cambiare vita e allora sarà comunque trasformato da quell’incontro.
Più pertinente, perché raccontato da Giovanni stesso, è l’incontro di Gesù con la Samaritana (Giovanni 4). Chiedere da bere ad una donna non giudea e per di più di dubbia moralità, significava usare i suoi recipienti considerati impuri. Infatti la donna si stupì di quella richiesta ed il dialogo cominciò con Gesù che, guarda caso, la incuriosì con parole dal significato vago e fortemente evocativo, prospettandole dell’acqua viva che non solo l’avrebbe dissetata per sempre (v. 14), ma avrebbe fatto diventare essa stessa una sorgente d’acqua producente vita eterna!.
Quando però il dialogo si approfondisce e si fa serio, allora Gesù passa dal linguaggio evocativo a quello reale. Prima di mostrarsi per quello che veramente è, Gesù chiede di fare altrettanto alla Samaritana, offrendole in alternativa una via di fuga («Va’, chiama tuo marito e vieni qui», v. 16). Viene allora inevitabilmente fuori la polemica sulla vera religione: quella dei Samaritani o quella dei Giudei? Gesù non schiva una domanda che può separarli e non sceglie la facile via di un generico appello alla comune radice israelitica (i Samaritani derivavano in qualche modo dalle tribù israelitiche del nord, cf. 2Re 17:24-41). Riconosce che anche il giudaismo sta per fallire e che quindi è inutile cambiare il luogo di adorazione, ma dice alla Samaritana quello che i Samaritani consideravano inaccettabile, che cioè la salvezza veniva dai Giudei (v. 22): non ne erano i detentori in esclusiva, ma sarebbe passata a tutti tramite loro (cioè tramite lui, che appariva ed era un giudeo).

Giovanni, usando il termine logos, è chiaro che vuole cominciare mettendosi in sintonia con la cultura greca, ma in questo lo specialista era l’apostolo Paolo il quale, proprio incontrando i filosofi ateniesi (Atti 17:16-34), aveva dato un esempio. Pur essendo tante le polemiche che Paolo avrebbe potuto aprire, si concentrò prima in ciò che condivideva (un altare “al Dio sconosciuto” e la frase di un loro filosofo), per poi passare alla risurrezione: inaccettabile per chi, come i filosofi greci, considerava il corpo come una prigione dell’anima (per inciso, purtroppo i cosiddetti “Padri della Chiesa” hanno poi sostanzialmente adottato l’atteggiamento di quei filosofi, anziché mantenere il pensiero ebraico di Paolo, ma questo è un altro discorso).
Giovanni, insomma, usa uno schema conosciuto e parte da dove sono i suoi interlocutori, ma poi invita i suoi lettori a seguirlo dove non vorrebbero e al versetto 14 dichiara apertamente che «la parola divenne carne ed ha abitato fra noi»: un concetto difficilmente accettabile per gli stessi motivi riguardanti la risurrezione.
Per concludere, Gesù con la Samaritana, Paolo con i filosofi ateniesi e Giovanni nel Prologo, cominciano il discorso con una specie di aperitivo, ma il pasto che poi offrono è un’altra cosa. Certo, l’aperitivo ha senso in vista del pranzo, ma se a uno poi quel pranzo non piace...

Fernando De Angelis



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Per un ulteriore approfondimento si veda l'articolo: MASSONERIA E PROTESTANTESIMO.

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