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PAROLA INAFFIDABILE?

Ultimo Aggiornamento: 12/01/2010 17:39
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10/01/2010 10:40

Dialogo fra Fernando De Angelis e Bruno Burzi

Caro Fernando, (4/1/10)
le tue considerazioni sul Prologo del Vangelo di Giovanni rivolte ad un massone, mi hanno “stuzzicato” un pensiero che si agita da molto tempo: l'affidabilità delle traduzioni bibliche.
É evidente che il fondamento biblico ha un valore assoluto per gran parte dei cristiani ed è altrettanto certo che nella Bibbia si vadano a cercare risposte ai molti dubbi teologici, indotti talvolta dai teologi stessi.
Esistono alcune versioni della Bibbia e ciascuno di noi è affezionato alla propria, guardando con diffidenza le altre. A partire dai testi originali, un sacco di gente si è prodigata nei secoli a produrre versioni della Scrittura adatte al loro tempo, con alcune differenze fra loro, seppur non sostanziali. Oltre alla Scrittura vi è poi la tradizione dei vari culti cristiani, con scuole di pensiero teologico e interpretazioni più o meno attendibili.
É ovvio che le lingue evolvono continuamente e non sempre l'ascoltatore capisce correttamente ciò che intende dire colui che parla. Il significato delle parole varia infatti nel tempo e nei diversi contesti culturali. Tu sostieni che la cultura greca abbia poi deformato pesantemente il primitivo impianto ebraico dato da Paolo, al punto che concetti come l'anima incorporea – separata e distinta da un corpo corruttibile che la imprigiona – condizionarono il sentire religioso nei secoli successivi, dando luogo a filoni teologici divergenti e conflittuali.
La domanda perciò è la seguente: secondo te è biblicamente fondato sostenere che Dio non usa mai la parola (scritta o orale) per trasmettere la sua volontà, le sue leggi e i suoi decreti, ritenendola di fatto strumento poco affidabile e suscettibile di induzione in errore? A Babele non confuse la lingua parlata dagli uomini per disperderli sulla faccia della Terra?
Del resto non risulta che Gesù abbia scritto qualcosa per memoria dei discepoli e non perché all'epoca non esistesse la scrittura, ma forse perché non lo riteneva necessario, essendo il Suo ritorno previsto entro breve termine.
In Ebrei 8:10-11 è scritto: «Questo è il patto che farò con la casa d'Israele dopo quei giorni, dice il Signore: io metterò le mie leggi nelle loro menti, le scriverò sui loro cuori; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. Nessuno istruirà più il proprio concittadino e nessuno il proprio fratello, dicendo: "Conosci il Signore!" Perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro». Il contesto dell'epistola non sembra profetico, bensì illustrativo della novità recata dal Messia, compreso il superamento della Legge di Mosè (l'Antico Patto). I versetti perciò alludono alla venuta di Cristo.
Anche altri passi biblici sembrano avvalorare questa impostazione, perché parlano di una legge di Dio scritta nella coscienza (Romani 2:15) o della necessità di un “trapianto di cuore” (Ezechiele 36:26-27); anche Paolo sembra che preferisca scrivere “sui cuori”, anziché sulla carta (2Corinzi 3:3). Del resto la legge più importante del Nuovo Testamento è la legge dell'Amore, una legge molto breve che non necessita di forma scritta (Marco 12:28-34 e Luca 10:25-28).

Bruno Burzi



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Risposta del Prof. Fernando De Angelis:

Caro Bruno, (9/1/10)
dopo una prima veloce lettura, mi sembrava più semplice e rapido risponderti, facendo invece più attenzione mi sono accorto che sollevi questioni importanti, sulle quali ci sarebbe da dilungarsi non poco e forse farci anche degli articoli a parte, cosa che ora non posso fare e perciò, più che darti una risposta adeguata, ti accenno ciò che – a tua volta – mi hai “stuzzicato”.
Quella derivante dalla Bibbia è anche definita come “cultura della parola” e le tavole della Legge furono addirittura scritte “col dito di Dio” (Esodo 31:18), con molte parti della Bibbia riportate come fossero un “resoconto stenografico” di esplicite parole dette da Dio stesso. Mosè scrisse perché fu Dio a comandarglielo (Esodo 17:14; 24:4), i profeti hanno scritto (Isaia 30:8; Geremia 30:2) e Gesù avallò pienamente questo metodo, dando piena autorità alla Parola scritta (Luca 16:29).
È perciò infondato che il Dio biblico non usi la parola, ma forse la tua domanda è giustificata dal fatto che si è data troppa importanza al testo scritto, trascurando il fatto che Dio ci ha dato le sue parole non inviandocele “per posta”, ma accompagnandole con la sua presenza: sia nel momento della rivelazione (Eden, Esodo, Vangeli e non solo), sia poi con l’applicazione alla nostra vita che ne fa il suo Spirito (anche nell’Antico Testamento, vedere per esempio Numeri 11:16-17).
I passi biblici che tu porti sono pertinenti, ma vanno visti nel loro contesto generale e “incastrati” con altri passi biblici che sembrano contraddirli. Proverò a farne un telegrafico commento.
Ebrei 8:10-11 ed Ezechiele 36:26-27. Credo che la visione che ha la cristianità sul “Nuovo Patto” sia alla base di gran parte delle distorsioni dell’Antico e del Nuovo Testamento. I profeti dell’Antico Testamento avevano annunciato la venuta di un Messia che avrebbe instaurato un Regno di Dio politico, che avrebbe rimesso a posto perfino la natura (leoni ridiventati erbivori e vipere non più velenose, Isaia 11:5-10) e con credenti che avrebbero avuto le leggi di Dio scritte nei loro cuori. È noto che i leoni non sono ancora diventati erbivori, che le vipere non sono ora innocue e che la politica di oggi non è gestita direttamente da Gesù. Le chiese fatte di credenti che hanno le leggi di Dio scritte nei loro cuori e che perciò non hanno bisogno di istruzione sono invece ben presenti nella mente dei teologi, ma nessuno le ha mai viste! Eppure su questa illusione si basa non poca della teologia che si definisce “cristiana”. Gesù ha avviato molte cose, ma un conto è la caparra che ci ha lasciata, un altro conto è il pieno adempimento del suo piano.
Romani 2:15. Dal contesto di Romani mi sembra evidente che la legge di Dio scritta nella coscienza è sufficiente per produrre una condanna anche dei non Ebrei, mentre per la salvezza è necessaria quella predicazione della “pazzia di Dio” che non sale spontaneamente dal cuore dell’uomo (Romani 10:14-17; 1Corinzi 1:23; 2:9).
2Corinzi 3:3. Hai ragione nel rilevare che non possono essere le parole in sé a scrivere nei cuori; le parole di Paolo avevano un grande significato per la vita che Paolo mostrava e dall’essere stato a suo tempo lì presente: ciò però non toglie che Paolo a Corinto parlò molto e poi scrisse pure. Insomma, nel valorizzare un aspetto, non bisogna dimenticarsi degli altri.
Marco 12:28-34 e Luca 10:25-28. «Ama il prossimo tuo come te stesso» è una citazione che Gesù trae dall’Antico Testamento (Levitico 19:18). È una legge che sembra essere intuitiva, scontata e semplice, ma non credo che in effetti lo sia. Molto più popolare è una sua “traduzione” più facile: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Ci sono tanti modi di amare il prossimo e ci vuole tanta forza per farlo, credo perciò che senza la guida e la forza di Dio, l’amore per il prossimo resti per lo più un “pio desiderio”.
Grazie per gli stimoli e la partecipazione.

Fernando De Angelis



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12/01/2010 17:30

Contributo di Daniele Garota

Burzi (4/1/10) aveva espresso dubbi sull’affidabilità della parola come mezzo col quale Dio manifesta la sua volontà e, dopo la risposta di Fernando De Angelis (9/1/10), c’è ora un caloroso intervento di Daniele Garota, che termina ponendo l’accetto sull’essenziale.

Caro Fernando, (9/1/10)
intanto shalom per il nuovo anno: sarà quello buono, finalmente, per la venuta del Cristo? Lo spero, come sai.
Sfioro appena quel che vi siete detti con Bruno Burzi, che non conosco.
Gesù, a quanto pare, ha scritto solo una volta, col dito e sulla polvere. Cosa? nessuno sa e il vento si è portato via tutto nel giro di poco. La tradizione ebraica, come sai, fino a oggi si è sempre avvalsa di due tradizioni, quella scritta e quella orale, e il cristianesimo primitivo ha compiuto la sua opera di potentissimo annuncio iniziale, subito dopo la morte e risurrezione del Signore, semplicemente camminando spediti e parlando con la gente che si incontrava per strada, o sulle navi, o nelle case, magari soltanto in due o tre attorno a un bicchiere di vino. Chissà cosa pagherei per sapere tutto ciò che usciva dalla bocca del Signore in quei "quaranta giorni" in cui si mostrò "vivo" agli apostoli, dopo la sua morte e risurrezione e prima della sua salita al cielo alla destra del Padre (Atti 1). Da quel che ci hanno tramandato i Vangeli sinottici, le parole uscite di bocca a Gesù possono essere pronunciate in una sola mezzoretta, anche se hanno segnato come null'altro già duemila anni di storia.
Lo scritto è arrivato dopo qualche decennio, nel tempo che passava e l'atteso non arrivava. A cominciare a scrivere fu forse l'apostolo Paolo, colui che mai incontrò il Signore se non cadendo a terra dopo averne perseguitato i seguaci e udendone misteriosamente la voce che lo sconvolse.
Lasciamo perdere le grandi difficoltà ormai discusse fino alla noia riguardanti traduzioni, interpretazioni, ermeneutica e via dicendo. Tutto sta e cade con la venuta del Cristo. Se Gesù, che ora siede alla destra del Padre, e ci vede e ci ascolta in ogni momento, non dovesse di nuovo venire nella gloria a giudicare i vivi e i morti, e i morti non dovessero risorgere come i credenti non solo credono, ma addirittura ogni giorno aspettano, se noi un giorno non staremo seduti alla tavola messianica con Gesù che ci serve a tavola e danza per noi con gioia, il resto è aria fritta, "mangiamo e beviamo perché domani moriremo” (1Corinzi 15:32), diceva il buon Paolo citando filosofie pagane.



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12/01/2010 17:35

Contributo di Guastafeste

Caro Fernando, (9/1/10)
In merito alla lettera di Bruno Burzi sulla “affidabilità delle traduzioni bibliche”, dato che “esistono alcune versioni della Bibbia e ciascuno di noi è affezionato alla propria, guardando con diffidenza le altre”, vorrei segnalare tre filmati ben documentati sulle traduzioni bibliche, purtroppo fruibili solo da chi conosce bene l’inglese. Cliccare amazingdiscoveries.org, poi cliccare
media, quindi AmazingDiscoveries.YV (media), poi in alto a destra nella casella search scrivere: battle of the bibles (è un video, 213), poi ripetere il search scrivendo changing the word (altri due video, 214b e 214c). Sono molto informativi. Narrano la storia delle traduzioni bibliche e li io ho trovati interessanti. Non so se occorre registrarsi per poter visionare i filmati, ma è tutto gratuito.
Mi fermo agli aspetti puramente tecnici, cioè linguistici, dato che degli altri ti sei occupato già tu. Vorrei citare la versione forse più clamorosa, quella gesuitica del Cinquecento, della quale nessuno parla … e nella quale è alterato il … decalogo. Questo per dare un esempio di “traduzioni”, o meglio “edizioni”, dove deliberatamente si alterano in modo grossolano dei testi di per sé non controversi.



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12/01/2010 17:39

Contributo di Anna Nuzzolo

Caro Fernando (9/1/10)
Sulla questione posta da Bruno Burzi («Parola inaffidabile?», 4/1/10) vorrei dire che sinceramente mi ha un po' sconcertato.
Sono d'accordo con te che non bisogna prescindere dalla presenza di Dio, cercando di fare a meno di lui e di quanto vuole dire a noi personalmente, pensando che tanto abbiamo la Bibbia. Questo lo condivido a tutto tondo, ma se Dio non ci avesse dato anche la Bibbia credo che sarebbe stato il caos più totale. Non pensi che ognuno avrebbe creduto e insegnato tutto ciò che gli fosse venuto in mente, spacciandolo per Parola di Dio? Come può un essere umano peccatore essere depositario obiettivo e sufficiente dei principi divini? Sono domande che emergono chiaramente in me al solo pensiero che Dio non ci avesse fatto pervenire nulla né di orale né di scritto. Anche perché noi non siamo Adamo, che aveva conosciuto Dio personalmente nel giardino di Eden, né i suoi immediati discendenti che hanno potuto sentire il racconto di questa esperienza di prima mano. Siamo discendenti troppo lontani e ben facili a traviarci.
Questo lo dico nonostante io, da tempo, non sopporti più molto di sentir definire la Bibbia come «il nostro manuale di istruzioni». Tutto ciò mi dà l'idea di qualcosa di freddo e meccanico, un po' uniformante - come se fossimo tutti uguali e le nostre vite fossero tutte uguali (fermo restando che i principi divini sono quelli pensati da Dio e non è che me li cambio io a mia immagine e somiglianza). Ma io non vedo Dio in questo modo, proprio perché ho sperimentato la sua presenza nella mia vita in maniera calorosa e personale. Lo ringrazio di cuore per la sua Parola scritta, che per me è fonte di insegnamento, di correzione, di incoraggiamento, di consolazione e tanto altro ancora, ma se io non potessi rivolgermi al Signore come una persona vivente, tutta la Bibbia non mi servirebbe a nulla.
C'è tanta gente che conosce la Bibbia, ma non conosce Dio, quindi evidentemente c'è una differenza fra le due cose, che necessitano obbligatoriamente di una sinergia che, quando manca, produce gravi problemi. Inutile conoscere la Bibbia, ma non sperimentare il Signore personalmente nella propria vita, ma mi sembra strano quando un cristiano dice appunto di credere nel Signore Gesù e non ha interesse a conoscere la Bibbia. In essa non ci sono delle fredde disposizioni divine, ma tutto un discorso di Dio, che mi spiega, mi racconta, mi corregge, mi ammonisce, mi istruisce, mi chiama, mi incoraggia, mi conforta... mi dice che lui c'è, è qui, nella mia vita, e vuole parlarmi e interagire con me. Per questo la Bibbia per me è molto preziosa, ma non sarebbe niente se Il Signore stesso non avesse mantenuto la promessa di essere con noi.



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