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IL PREGIUDIZIO

Ultimo Aggiornamento: 17/03/2010 18:02
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17/03/2010 18:02

Di Umberto Polizzi

Un solo comune denominatore, il ‘ Pregiudizio’, riunisce a sé cinque vettori asociali dei più funesti per il genere umano: “ Violenza etnica, razzismo, discriminazione, segregazione ed infine, il genocidio. Ho ricercato, a monte del fenomeno, quali possono essere state le ragioni (se ragioni ve ne siano plausibili…) che abbiano potuto generare simili brutali tendenze.
Il pregiudizio è primariamente generato dalle opinioni che ci si forma senza prendersi il tempo o preoccuparsi di giudicare in modo imparziale.
In linea di massima ognuno di noi, almeno una volta nella vita, siamo stati oggetto di pregiudizio o promotori di pregiudizio verso altri. Questo è un fenomeno molto frequente in una società multiculturale come quella in cui si vive qui in Australia per cui il vivere la società comporta un alto rischio di “ possibile pregiudizio” ed è quindi necessario un gran senso di civile comportamento se non si vuole conoscere l’onta del fallimento ideologico e della comune morale per poi subire dannose conseguenze.
In molti casi questi pregiudizi possono dar luogo ad azioni ingiuste, vessatorie o addirittura sfociare nelle malsane azioni come quelle viste in TV a Los Angeles. La storia è colma di fatti funesti dove milioni di persone hanno perso la vita in inutili massacri, genocidi, stragi etniche ed altre forme di bieche attività criminali sospinte da questo macabro denominatore comune.
Ma come mai è così? Perché, anche in paesi dove le persone sembrano a non far caso alle differenze razziali manifestando tolleranza nei reciproci rapporti, in altre occasioni, invece, s’innescano forme di agitazioni incontrollate per cui si arriva a perpretare ingiustizie non certo edificanti promuovendo situazioni di instabilità etico-sociale, le quali, in ultima analisi, fornirebbero un’immagine deformata della realtà? Quali sono, dunque, i meccanismi innescati per rispondere del perché persone di razza diversa, ad un certo momento decidono di non andare più d’accordo? Non è facile argomentare sul soggetto e dare una risposta che possa soddisfare le innumerevoli domande ed essere specifici sul fenomeno.
Non è sufficiente sapere che cos’è la razza e quali differenze ci sono fra una razza e l’altra. Dobbiamo anche capire che molteplici razze hanno fatto vita separata in quelle cosiddette ‘ fosse genetiche’, vedi ad esempio coloro che vivono da sempre nel centro delle foreste dell’Amazzonia o da molti secoli nel centro Africa dove il ‘bianco’ era creduto il ‘dio’ che veniva a punire e dove il semplice vivere insieme era stato precluso primariamente dagli spazi e , inoltre, viziati da forme culturali con etiche diverse specialmente nel campo della religione.
I cinesi si credevano al centro dell’universo per cui quando missionari bianchi, con capelli rossi e occhi azzurri e carnagione rosea cominciarono a violare questi razziali isolamenti, credettero di trovarsi dinanzi a ‘demoni stranieri’ venuti dallo spazio.
Nelle medesime circostanze e allo stesso modo, la prima volta che gli orientali si affacciarono in Europa e nel Nordamerica, per le loro caratteristiche somatiche: occhi a mandorla e le loro ‘strane usanze’ divennero facile bersaglio di scherni e sberleffi. La cosa divenne più grave quando, a tutto questo, cominciarono ad avanzare sospetti.
Anche gli egizi prima di loro e i romani in seguito si sentivano superiori a tutti gli altri popoli. Da sempre il pensiero umano è stato dominato dall’idea di “loro” e “noi” per cui diviene facile crearsi una barriera razziale e convincersi di essere le uniche persone normali che fanno tutto in modo giusto. Questo è ciò che definiremo etnocentrismo riscontrabile sotto ogni bandiera, sotto ogni cultura e specialmente oggi nei campi dello sport.
“Si potrebbero tracciare altri aspetti negativi del fenomeno razziale dove molti si sono creata la convinzione che ‘caratteristiche mentali e somatiche’ siano legate fra loro, che le differenze somatiche corrispondano a differenze piuttosto marcate nelle capacità intellettive e, che queste differenze, siano misurabili con test di ‘QI’ e, infine, in base alle conquiste culturali di queste popolazioni ”.
Siamo quindi di fronte al mito umano più pericoloso.
Poi, in periodi differenti della storia, abbiamo annotato un sempre più crescente esodo di folle da quelle cosiddette “ fosse genetiche”, promosso dalle sentite necessità espansionistiche, se non di miseria, per cui si è giunti ad una rinnovata cultura dove si è potuto trascrivere una promiscuità delle razze, nei costumi ed altro.
Il risultato fu subito evidente per cui si è andato a sviluppare sempre più il senso comune del ‘sociale’ mediante legislature speciali, diremo, a volte, anche forzate, onde ovviare possibili recrudescenze o rigurgiti del fenomeno razziale. É sempre stato un argomento ad alto potenziale esplosivo, non mai assopito o fuori pericolo fra le comune genti.
Fuori dal diciottesimo secolo, dove abbiamo visto imperare lo schiavismo dei più deleteri, ora si vive nella tolleranza precaria. A poco sono valsi gli sforzi dei governanti di stabilire leggi sul ‘diritto’ inviolabile alla libertà, alla sicurezza e all’uguaglianza delle persone in una società di diritto. La giurisprudenza sembrava poter soddisfare l’intero arco d’influenza del fenomeno; le costituzioni di ogni Paese civile contemplavano leggi fondamentali di diritto alla libertà in ogni campo di attività sociale dove tutti i cittadini, indipendentemente da sesso, religione o razza, potevano esprimersi liberamente e indiscriminatamente.
“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati uguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e la ricerca della Felicità”. (Dichiarazione d’indipendenza deli Stati Uniti, 1776.)
E nel Vecchio Continente dodici anni dopo:“ Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti”. (Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, adottati dall’Assemblea nazionale francese nel 1789.)
Poi, recentemente nell’anno 1948 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dichiarava:
“ Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti”.
Non c’è dubbio. Fra gli esseri umani il desiderio di uguaglianza è universale. Triste a dirsi, che chi a reclamarlo siano sempre coloro che non godono di tale uguaglianza e diritto, per cui il fatto stesso che così spesso sia necessario ribadire questo concetto fra gli uomini dimostra che finora per l’umanità l’uguaglianza è sia stata solo una chimera.
Qualcuno può seriamente affermare che oggi, all’inizio del XXI° secolo, le cose siano migliorate? Tutti i cittadini americani o francesi o quelli di ciascuno dei 185 paesi membri delle Nazioni Unite godono davvero dei medesimi diritti con cui si sostiene siano nati?
Benché il concetto di uguaglianza fra gli uomini possa essere ovvio, i diritti alla ‘Vita’, alla ‘Libertà’ e alla ricerca della ‘Felicità’ non sono affatto uguali per tutti.
Nonostante tutto questo apparato giurisprudenziale costantemente reclamato sotto ogni bandiera o portone di casa, i mass-media hanno avuto costante materiale da evidenziare, nelle pagine dei loro giornali, o da spiattellarci delle immagini crude e violente nei telegiornali.
É evidente che da queste situazione diviene conseguente un ulteriore passo verso l’ingiustizia per cui diviene inevitabile.
Per quanto riguarda, ad esempio, il diritto alla vita, si può parlare di uguaglianza quando una creaturina nata nel ‘Terzo Mondo’ deve condividere un medico con circa altre tremila persone, mentre una più fortunata europea la condivide con meno di trecento? Oppure che uguaglianza c’è in quanto al diritto alla libertà e alla felicità quando in India o nei ‘paesi’ sottosviluppati un terzo dei bambini maschi e due terzi delle femmine cresceranno analfabeti, mentre nel mondo a forte sviluppo industriale, cioè in quel mondo che conta di più è assicurata per tutti? Come si può parlare di uguaglianza quando una bambina africana ha alla nascita una probabilità di vita di 56 anni, mentre una bambina nordamericana o europea ha alla nascita una probabilità di vita di 78 anni?
La disuguaglianza ha molte facce, tutte negative e debilitanti. Le disparità dei tenori di vita, nell’assistenza medica e nell’istruzione sono soltanto alcune. A volte sono le differenze politiche, razziali o religiose che privano le persone della dignità e della libertà.
Nonostante tutti i discorsi sull’uguaglianza, viviamo in un mondo di disuguaglianza. Come un flagello, la cui definizione è “grave avversità, calamità pubblica”, la disuguaglianza è presente a ogni livello della società. Le sofferenze che provoca sotto forma di povertà, malattie, ignoranza, disoccupazione e discriminazione razziale e quella anti-sociale generata dalle differenze economiche creatasi nel mondo che possono insinuarsi negli animi degli innocenti, ancor prima che costoro abbiano avuto tempo di affacciarsi alla vita.
L’ingiustizia legalizzata priva milioni di persone dei diritti fondamentali. Praticamente tutti i giorni in qualche parte del mondo, il pregiudizio che genera ingiustizia, vengono perpretate atroci violazioni dei diritti umani.
Il grande fisico tedesco Albert Einstein avrebbe detto, ad un congresso di studiosi, che in ‘questo sistema di cose’ resta più improbabile vincere il pregiudizio che dividere l’atomo.
Nell’ annotare alcuni di questi aspetti relativi al pregiudizio, non posso esimermi dall’essere senza colpa. Perché?
Nel 1952 alcuni ufficiali piloti della R.A.F. (inglesi) si addestravano con noi negli aeroporti italiani, sotto l’egida NATO. Venivano in “mensa” Ufficiali, con il frustino sotto l’ascella sinistra.
A cosa poteva servire quel frustino a dei piloti, è una faccenda ancora da scoprire. Sarebbe stato tollerabile, forse anche giustificabile se fossero stati Ufficiali di cavalleria o altro, per cui molte volte il frustino poteva essere sciorinato a monito per alcuni animali…; ma ufficiali piloti, solo perché inglesi, non avevano alcun motivo di esibirsi nelle vesti di cavallerizzi o di negrieri! Altri tempi, amici d’oltr’alpe. Il frustino sarebbe stato più utile deporlo in luoghi oscuri della vostra memoria perché in esso vi è il ricordo di tante barbarie poco edificanti da riesumare. Un’immagine da dimenticare quindi! Quei giovani piloti, non erano figure di persone certamente disponibili con cui doversi associare, i quali, traevano spunto da quelle immagini di antichi padroni coloniali, per stabilire fra noi e loro un netto distacco razziale.
Eravamo giovani e molto spesso e volentieri sedie e tavolini del circolo ufficiali venivano mandati in frantumi sulle groppe dei contendenti. Non potevamo socializzare con costoro anche perché, benché in Italia, dovevamo essere noi ad imparare la loro lingua.
A tutti noi fa piacere essere trattati con dignità e rispetto. Per questo essere vittime del pregiudizio resta una prova difficile da sopportare.
Per esempio, a causa del pregiudizio, alcuni credono veramente che una persona possa essere di razza inferiore o avida, poltrona, forse anche stupida o altezzosa solo perché appartiene ad un contesto sociale differente dal nostro; forse a un determinato gruppo che non la pensa come noi specialmente nei campi della religione. C’è più odio e intolleranza nei differenti ‘credi religiosi’ che in altri contesti. Ma non solo fra gli ‘islamici’ che si sono alquanto evidenziati in questi ultimi tempi. Provate a non essere protestante o cattolico nell’Irlanda del Nord- Oppure adepto a qualche credo emergente di minoranza…! Facilmente vi ritroverete discriminati e esorcizzati brutalmente! . Si può perdonare e sopportare tutto ma mai ‘il differente’ nei campi della religione. Non esiste sopportazione o uguaglianza. Vi è odio marcato ed emarginazione della più crudele; non ci sono attenuanti che tengono. Non occorre commentare oltre! Esiste la ‘storia’ a testimoniare di quanto sangue è stato sparso in ogni tempo ed in ogni luogo di questo mondo della… spiritualità. L’Italiano non conosce tanto il problema in quanto in Italia vi è praticamente una sola religione in gestione, anche se, nell’ultimo dopoguerra, se ne sono affacciate alcune per cui è immediatamente scattato un sciovinismo di carattere prettamente religioso che ha turbato non pochi. Questa è una mera realtà e tutti, chi poco e chi molto, abbiamo una parte di colpa.
É nel tracciato storico di ogni tempo, per cui anche moderno, che alcuni di questi casi hanno portato agli eccessi con azioni criminose e violente.
Vittima del pregiudizio razziale è stata, recentemente, una giovane donna laureata di pelle nera. Rispondendo telefonicamente ad un’offerta di lavoro contabile in una azienda commerciale, si è vista negata la possibilità d’impiego quando si è presentata di persona al datore di lavoro. Certo questo increscioso atteggiamento è comune, purtroppo quando la società è costituita da presenze di etnia diversa, per cui il problema è costante. Sono tante le persone che hanno perduto un posto di lavoro perché è stato favorito qualcun’altro, oppure di non essere stato ammesso a una scuola perché prettamente a indirizzo razziale. Un famoso attore americano, di pelle nera, si è visto discriminare in un negozio di pelleteria da una giovane commessa. La reazione di quest’ultimo è stata quella di licenziarla in tronco dal momento che il negozio era di sua proprietà.
In precedenza mi ero confessato di essere stato soggetto anch’io di questo poco edificante fenomeno relativamente agli inglesi. Il fatto si era accentuato quando venni in Australia. Ero appena giunto in questa meravigliosa terra, che tanto è riuscita a insegnarmi relativamente a questo fenomeno del pregiudizio, quando un buon mattino mi recai in un “ Shoe - Shop” ( negozio di calzature) di Footscray – contrada nel circondario di Melbourne - con mio figlio Michele allora tredicenne che anche lui, a quel tempo, non spiccicava una sola parola d’inglese.
“ God morning”, dissi appena sull’uscio della bottega all’incantato signore il quale mi venne incontro non certo con eccessivo entusiasmo. Aveva un paio di baffetti stringati sotto quel suo appuntito nasino all’insù e con il piumino per spolverare sotto ‘l’ascella sinistra’ e, con fare distaccato, forse anche scocciato, mi disse:
“ Beg your pardon ?”
Per un attimo tornai ai tempi della mia giovinezza alla mensa aeroportuale. Era una frase usuale dei piloti inglesi quando venivano apostrafati da noi di ‘meschina razza latina…’. Di per sé la domanda potrebbe anche essere tollerata se non espressa con quel tipico distacco flemmatico inglese: scostante e impertinente. Fantasmi di un tempo antico tornarono prepotentemente alla mia memoria quasi violenti, con quella rabbia promossa da quei stupidi atteggiamenti di pregiudizio inglese su tutto ciò che differisce da loro. Mi sentii snobbato da quel nasino impertinente sotto due occhietti celesti pieni di distaccato disprezzo. Pensate: “ Un inglese che debba servire uno con caratteristiche somatiche di una razza non sua...
quale disonore!”
“Io ho i soldi e tu hai bisogno di vendere…”, ribattei in perfetta lingua italiana terribilmente infastidito da quell’atteggiamento insolente . “Tu caro ‘Beg your pardon?’ … se non ti dai da fare e levarti quel piumino da sotto le ascelle, oggi con me vai in bianco…”
“Beg your pardon?”, ripetè nuovamente con il disincantato nasino scarno rivolto all’insù.
Il tapino non capì o non volle capire il mio idioma, per cui, quel giorno, dovette marcare una perdita di guadagno anche se effimero. Resta il fatto, a motivo forse di un mio ingiustificato pregiudizio, che una perdita c’è stata da entrambi le parti. E questo non è civile e non promuove certamente il quieto vivere di persone di razza diversa in un Continente dove si è fatto tanto e di tutto per appianare questo fenomeno.
Potremo dire che qui in Australia, vi è stata tanta collaborazione da ogni settore razziale, per cui, il problema è ora solo marginale.
Chi è oggetto di un’osservazione offensiva che ha a che fare con la razza o di una “dose di umorismo” a sfondo razziale di cattivo gusto, può sentirsi molto amareggiato. Può esserci qualcuno che sia veramente un “trouble maker” ( che vuol dire fucinatore di problemi) che vuol infastidire continuamente con dei goffi tentativi di fare dell’umorismo a sfondo razziale, come abbiamo appena accennato; forse non si rende neanche conto di quanto possono essere odiosi i suoi discorsi, per cui si auto punisce. Basta non spalleggiarlo o riderci su; forse, con il tempo capirà quanto sia stato banale!
É vero! Non sempre si è disposti alla tolleranza; qualcuno può essere tentato di rendere pan per focaccia, come molte volte è avvenuto, ma credetemi, non ci si guadagna niente se non a creare divari sempre più profondi fino a conseguenze terribilmente negative come quelle registrate nelle cronache nere di tutti i tempi.
Alla base del pregiudizio vi è la stupidità per cui il buon giudizio della vittima potrebbe essere risolutivo, in quanto, non raccogliendo l’insulto, si dimostrerà, quindi, persona civile e di buon senso.
Un fabbro emigrato da Roma, risaliamo agli inizi dell’emigrazione, subito dopo la seconda guerra mondiale qui a Melbourne, una sera volle recarsi in una sala da ballo. In verità quelli erano tempi alquanto precari per quanto riguardava il ‘pregiudizio’. Vi erano forme accese nei settori di contatto fra le diverse etnie, per cui, la maggioranza indigena cercava di prevalere sui nuovi venuti con manifestazioni spesso criminose. urinare sulle spalle del nostro malcapitato.
“ That’s OK. ? Yes? Good luck dago! ”, disse il bodggee circondato da altri due energumeni. ( dago è una forma dispregiativa per tutti coloro non australiani)
“ Oh! OK. Very, very good, my friend. That’s OK. ”, fu la risposta del romano tutto inzuppo di pipì.
Cosa poteva fare il nostro uomo? Solo contro tre giganteschi ragazzoni male intenzionati? Fece buon viso a cattivo gioco ma non potè mai più dimenticare né il viso né lo sgarbo ricevuto da quello stupito ragazzaccio. Lo attese pazientemente ogni sabato sera fuori da quella sala da ballo. Attese l’opportunità di rivalersi anche con gli interessi. Egli, in qualità di fabbro, si costruì un manganello di gomma con l’anima di ferro e attese pazientemente il suo ‘uomo’. Passarono sei lunghi mesi. L’occasione venne. Verso le tre del mattino… ‘l’amico tanto atteso’ uscì dalla sala completamente ubriaco di birra e per giunta tutto solo. Finalmente era giunto il fatidico momento della vendetta. Quando questi cercò d’inforcare la bicicletta, fu raggiunto, come da un ariete, dal nostro ‘fabbro romano’. Il luogo era buio, adatto all’impresa criminale. Gli dette una strattone, lo fece cadere pesantemente per terra e con quel manganello gli ruppe due costole, una gamba e tutte e due le braccia. Poi, dopo aver compiuto tanto disastro, si sbottonò la braghetta e gli urinò in faccia.
I giornali fecero un gran parlare della faccenda anche perché il giovanottone era un famoso giocatore di “ Foot Ball ” australiano. Non fu più visto sui campi di gioco.
Perché tutto questo?
Tutto questo può sembrare sconcertante, ma all’origine c’è la disinformazione, il pregiudizio razziale e soprattutto l’educazione dei padri, dove nelle famiglie non si parla in maniera confidenziale per un’educazione di base onde ovviare le tristi conseguenze di un atteggiamento antisociale. Ci sono stati dei lutti! Sempre in quei periodi i giovani australiani si coalizzavano e compivano delle spedizioni punitive contro i nostri connazionali. Di sera le strade erano pattugliate da costoro sbronzi e male intenzionati. Molti nostri giovani, specialmente siciliani e calabresi, furono mutilati dalle terribili percosse ricevute. Questi, però, fecero presto a passare al contrattacco andandoli a scovare persino nelle loro case. Furono castigati uno per uno con sfregi di coltello e ventri con gli intestini di fuori. Famiglie hanno dovuto pagare e piangere pesantemente lo scotto di un’etica sbagliata. Non si può colpire senza il pericolo della rappresaglia. ‘Chi di spada ferisce di spada perisce…’ Un gruppo etnico lo si può aggiogare fino ad una nuova eventualità di sviluppo come avvenne in effetti nel caso dei nostri immigrati. Man mano che avveniva il ricongiungimento familiare e i nuclei si rafforzavano, venivano organizzate le rappresaglie. Abbiamo registrato nella storia dei tempi, la rabbia e il guasto delle etnie che hanno raggiunto l’emancipazione per cui tremenda è stata la ritorsione sugli antichi oppressori.
Un gruppo islamico ha rivendicato l’esplosione in volo di un Jumbo 747 della TWA di bandiera americana al largo della costa di NewYork. 230 innocenti hanno perduto la vita a motivo di rappresaglia.
Possiamo esprimere condanne, recriminare sugli atteggiamenti dell’una o dell’altra parte, ma alla base vi è sempre una grave perdita di dignità di tutta la razza umana.
Su questa piattaforma di ‘razzisti esaltati’ la ragione non regge. Non è umana. E’ bestiale, demonica. Credere nella propria superiorità razziale è una cosa; cercare di dimostrarla, usando il potere, l’egemonia e la crudeltà sotto forma di persecuzione, razziando sui sentimenti e la dignità altrui, comporta sicuramente un alto rischio di ripercursione che quasi sempre sfocia nel completo disastro. L’idea che esistano razze umane naturali o biologiche che differiscono fra loro mentalmente oltre che fisicamente è un concetto che è stato sviluppato solo alla fine del diciottesimo secolo per giustificare la vergognosa tratta degli schiavi di pelle nera, per cui, migliaia di questi infelici furono oggetto di materia prima per gli antichi colonizzatori inglesi, olandesi e spagnoli, da smerciare ai compiacenti mercanti americani e alcuni europei, bisognosi di mano d’opera negli sterminati campi di cotone del basso Sud americano.
Spesso le famiglie venivano smembrate e i loro componenti inviati in diverse parti del mondo, per non rivedersi mai più. Come potevano i mercanti e i proprietari di schiavi, che si professavano quasi tutti cristiani, giustificare questi atti disumani?
Tutto questo è stato confortato dal ‘pregiudizio religioso’, ancora più funesto, per cui è stato fomentato uno dei più degradanti fenomeni dei nostri tempi.
Alcune filiosofie del tempo ritenevano che qualsiasi razza e di qualsiasi colore della specie umana, erano biologicamente inferiore a quella bianca. Nondimeno, i trafficanti di schiavi fecero presto ad adottare il punto di vista di filosofi come Hume secondo cui la razza nera era inferiore a quella bianca, o addirittura subumana.
Come abbiamo appena accennato, a confortare le teorie del filosofo Hume, ci furono gli editti della Santa Sede a partire dagli anni 1450 agli anni 1460 i quali approvavano che “pagani” e “ infedeli” venissero sottomessi e ridotti in schiavitù affinché le loro “anime” si potessero salvare per il “ Regno di Dio”.
Forti della benedizione ecclesiastica, i primi esploratori e mercanti di schiavi europei non ebbero scrupoli di coscienza per il modo brutale in cui trattarono le popolazioni indigene. Nel decennio successivo al 1700, e per molti decenni ancora, la schiavitù dei neri ebbe il beneplacido di ecclesiastici e teologi cattolici, anglicani, luterani, presbiteriani e riformati (Tratto dal libro Slaver and Human Progress ).
“Nessuna chiesa o setta moderna aveva cercato di scoraggiare tra i propri aderenti il possesso e nemmeno il traffico di schiavi neri.”
L’idea era quella di salvare le anime di questi indigeni convertendoli al cristianesimo, poco importava come questi venissero trattati fisicamente.
L’idea era che, finché si “salvavano” le “anime” di questi indigeni convertendoli al cristianesimo, non importava come questi venivano trattati fisicamente. E in quanto neri, molti capi religiosi lo attribuivano ad una maledizione di Dio.
É pregiudizio religioso, o che cosa?
Di certo è una vergogna!
Ho imparato ad essere più comprensivo e forse anche più umano dalle innumerevoli esperienze in questa meravigliosa terra dove il crogiulo razziale, dopo il primo negativo impatto, è stato affrontato e superato con etica civile a beneficio di tutta la comunità, abolendo, nella quasi totalità, il ‘ pregiudizio’.
Voglio godere di una fratellanza internazionale che superi tutti i confini nazionalistici, etnici e razziali di questo mondo.
Voglio smettere di giudicare dall’aspetto esteriore, ma giudicare con giusto giudizio;
Voglio amare il mio simile perché è stato creato a immagine e somiglianza del mio Dio.
Voglio essere uno come tutti i sei miliardi di persone oggi viventi sulla terra.
Il pregiudizio, infine, è una bestia cattiva e spregiudicata ma a volte un po’ miope per impeto e precipitazione. Sbagliando la mira, il pregiudizio ci insegna che nessuno è immune dalla possibilità di diventare il bersaglio.
In alcune zone del mondo il fenomeno è celato dall’esperienza e dal grado di civilizzazione del sistema. L’Australia è una di questi!
Se vi capiterà di rimanere in ‘panne’ con la vostra auto, ovunque vi troviate sulle strade di questo meraviglioso Continente, troverete sempre un australiano gentile che verrà in vostro soccorso.

L’Australia è sicuramente all’avanguardia nel multiculturalismo, nel rispetto delle diverse etnie e nei campi più minati della religione, specialmente nel contesto giovanile i quali hanno dimostrato di aver capito responsabilmente il modo di venire a capo dell’annoso problema in maniera edificante e, soprattutto civile.



Per contatti: roberto.carson@tiscali.it
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