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Alberto Mieli

Ultimo Aggiornamento: 06/02/2011 19:01
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06/02/2011 19:01

Ad Auschwitz era la matricola 180060
Alberto Mieli
Zi Pucchio', romano 'de Roma' ed ebreo, fu catturato a 17 anni e portato ad Auschwitz: era la matricola 180060

di Massimo Lomonaco

(ANSA) ROMA - Una legge contro il negazionismo? ''La farei subito! Eppoi li porterei su quei luoghi, glieli farei vedere. Ma la legge va fatta subito''. Alberto Mieli, matricola numero 180060, tatuata sul braccio ad Auschwitz, lo dice all'ANSA senza esitazioni ma anche senza odio o desiderio di vendetta. 'Zi Pucchio', romano 'de Roma' ed ebreo, e' stato catturato a 17 anni, nel novembre del 1943, da militi fascisti e della Gestapo. Era scampato alla razzia del Ghetto, un mese prima. Il racconto della 'sua' Shoah lo ripete da anni nelle scuole agli studenti e a tutti quelli che vogliono sapere. Un racconto commovente, durissimo da ascoltare, senza appello. Ma Zi Pucchio ha sempre ammonito: ''non portate mai rancore, desiderio di vendetta o odio: sono tre fattori che formano un circolo vizioso capace solo di generare morte e lutto''.

Lui che per ''migliaia di notti'', tornato a Roma, ha vissuto con un tarlo lancinante: aver picchiato ad Auschwitz un altro ebreo che pregava: ''ero di pulizia nella baracca. Significava essere al riparo dalle botte e dal freddo. Potevi vivere un giorno in piu', grazie a quella fortuna. Pensavo di essere da solo, quando ad un tratto mi accorsi che in fondo nel buio si muoveva qualche cosa. Ho sperato fosse un gatto, cosi' avevamo qualcosa da mangiare. Ma non era cosi: nel buio - racconta piano senza cambiare tono di voce - ho intravisto un ebreo polacco, forse un rabbino, con i teffilin avvolti intorno al braccio e in mano un piccolo libro della Torah. Non so come li avesse nascosti. Non ci ho visto piu', l'ho aggredito e gli ho sbattuto la testa contro il legno. Sanguinava ed io continuavo urlando: 'Sei pazzo? Vuoi farci uccidere, tutti? Siamo in 70 qui dentro!''. ''Lui - continua - non obietto' nulla, non oppose resistenza, piangeva in silenzio''.

''Non mi sono mai pentito per quelle botte: ad Auschwitz alle percosse c'eri abituato - dice ancora come se raccontasse la normalita' - ma quello che mi ha tormentato negli anni successivi e' stato non capire perche' piangesse''. ''Poi una notte, forse l'Onnipotente mi ha illuminato, ed ho compreso: quell'uomo piangeva perche' un suo correligionario, giovane, aveva osato alzare la mano su di lui mentre pregava. Aveva avuto coscienza - spiega, e la voce si abbassa e lo sguardo vaga nel vuoto - che i nazisti avevano raggiunto uno dei loro obiettivi: farci diventare bestie, cosi' come mi ero comportato io''.

Soltanto una volta Alberto Mieli piange: quando racconta il rientro a Roma. ''Era sera, avevamo fatto un viaggio lunghissimo in treno. Corremmo al Ghetto, avevo promesso ad uno come me che avremmo fatto la serenata a sua moglie per farle capire che era ritornato, che ce l'aveva fatta. Mentre cantavamo con un filo di voce, mia nonna si affaccio' alla finestra vicina e mi vide...''. La voce si incrina e non va avanti. C'e' ancora una cosa che Zi Pucchio vuole raccontare: ''ad Auschwitz ho capito che esiste un Dio solo, anche se a lungo ho dubitato dell'Onnipotente vedendo uccidere tanti innocenti. Durante i bombardamenti o quando arrivano le SS, io cominciavo a recitare lo 'Shema' Israel' mentre accanto a me c'era chi si raccomandava alla Madonna o S.Antonio. Eravamo eguali''. ''Cosi' come non dimentichero' mai quel prete belga che si era fatto un crocifisso che teneva nascosto sotto il petto.

Le SS lo hanno torturato selvaggiamente proprio con quel crocifisso, fino ad ucciderlo. Noi gli 'Scheissemenschen', gli 'uomini di merda' come ci chiamavano, non potemmo fare niente''. A Zi Pucchio, pero', una cosa brucia ancora: gli sputi di due giovani polacchi durante la 'marcia della morte', oltre 600 chilometri da Auschwitz al freddo e senza mangiare: ''I tedeschi ci fecero fermare in un paesino, eravamo stremati. Piano piano la gente ci si avvicino'. Eravamo sporchi, luridi, inerti. Speravamo in un tozzo di pane. Ma non fu cosi': due giovani mi si fecero incontro e senza dire una parola mi sputarono in faccia. Dopo 60 anni, sento ancora quel viscidume sul viso...'' Oggi Zi Pucchio, in occasione del Giorno della Memoria, sara' a pranzo al Quirinale con il presidente Napolitano. Se glielo chiederanno, forse dira' quello che pensa della legge sul negazionismo.
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