Una scelta importante: Fare carriera e avere successo o servire pienamente Geova?

Tutti noi siamo convinti che servire Geova a tempo pieno sia un grande privilegio, ma a volte potremmo pensare che se rallentassimo un po’ per conseguire qualche meta materialistica ciò non influirebbe sulla nostra relazione con Geova. Ma è davvero così? L’esperienza che segue ci aiuta ricordare che non c’è niente di più soddisfacente che dare il nostro meglio a Geova.

“Ho avuto il privilegio di nascere in una famiglia cristiana circondata dall’affetto dei miei genitori e dei miei fratelli. Da bambina avevo un sogno: volevo fare la missionaria. All’età di dodici anni mi sono dedicata e battezzata. Mi piaceva studiare, così intrapresi il ministero a tempo pieno pur continuando ad andare a scuola. Terminati gli studi mi venne offerta la possibilità di fare uno stage presso uno studio molto noto nella mia città che mi avrebbe però impegnata per otto ore al giorno. Dovevo scegliere: il lavoro o rimanere nelle file dei pionieri. Pensai che in fondo si sarebbe trattato solo di un anno e che dopo quell’esperienza avrei potuto lavorare in proprio e dedicare al ministero tutto il tempo che volevo. Ma mi stavo ingannando. Quella fu solo la prima di una serie di scelte che mi avrebbero portata molto lontana dal mio obiettivo di servire Geova a tempo pieno.
“L’ambiente lavorativo era diverso da quello che mi aspettavo. Ero circondata da persone che avevano in mente solo soldi e successo. Persone senza scrupoli, pronte a danneggiare gli altri per raggiungere i loro scopi; e questo mi disgustava. Man mano che il tempo passava però, triste a dirsi, anch’io cominciai a pensare come loro. Iniziai a provare ammirazione per quelle persone e per il loro modo di vivere. Volevo diventare una di loro. “In fondo”, ragionavo dentro di me, “posso continuare ad essere una testimone di Geova, e una buona posizione sociale non farà altro che agevolare le mie mete teocratiche”. Ormai, nel mio cuore “avevo determinato di arricchire”.
“All’età di 25 anni mi venne offerta la possibilità di dirigere un’azienda che si occupava di appalti pubblici. In brevissimo tempo mi aggiudicai importanti commesse di lavoro sia in Italia che all’estero, guadagnando il rispetto e la fiducia di importanti imprenditori.
“Avevo potere e questo mi dava una piacevole sensazione. Ma il successo mi costò molto: ero diventata molto cinica, non c’era spazio per i sentimenti, così, senza rendermene conto, ero diventata davvero una di loro, l’essenza di tutto quello che prima mi disgustava.
“Presto l’euforia cominciò a svanire. All’apparenza sembravo molto felice. Avevo tutto quello che la maggioranza dei miei coetanei poteva solo sognare. Ma un senso di vuoto e frustrazione cominciò ad assalirmi. Anche se non avevo smesso di andare alle adunanze e consegnavo ogni mese un rapporto di servizio, per quanto formale, sentivo Geova lontano da me. Ormai non pregavo più e cercavo di lavare la mia coscienza facendo cospicue contribuzioni. Ero così presa dal lavoro che pur guadagnando tanti soldi non riuscivo neanche a godermeli. Ero profondamente infelice.
“Cominciai a ripensare sempre più spesso ai giorni in cui svolgevo il servizio di pioniera regolare e a quel senso di appagamento e soddisfazione che ormai non provavo più. Fu in quel periodo che ad un’adunanza annunciarono le Assemblee Internazionali per l’anno 2003. Così decisi di fare richiesta. Con mia grande sorpresa fui accettata come delegata all’assemblea di Barcellona.
“Quell’assemblea cambiò completamente la mia vita. In quello stadio gremito di persone mi resi conto per la prima volta di appartenere ad un popolo meraviglioso, il popolo di Geova. Provai dei sentimenti contrastanti: un forte senso di indegnità e di vergogna perché non meritavo di essere lì, e nello stesso tempo una gioia nel cuore che ormai non provavo più da non so quanto tempo. Tra le tante persone che mi diedero il benvenuto mi rimase impressa una sorella che mi chiese di scambiarci i libretti dei cantici. Mi abbracciò forte e mi disse “Ti cercherò nel nuovo mondo per restituirtelo!” Ebbi un sussulto al cuore. Pensai “Anche se mi cercherà, non mi troverà, perché non sto facendo nulla per esserci...” In quel momento feci a Geova una promessa. “Quando tornerò, costi quel che costi, dedicherò la mia vita al tuo servizio”.
“Mantenere quella promessa significò rinunciare completamente alla mia carriera, alla mia posizione sociale e al mio patrimonio personale, rimanendo letteralmente senza il becco di un quattrino. Subii il disprezzo da parte di chi un tempo mi ammirava, e sperimentai in prima persona che il mondo ti usa e quando non gli servi più ti getta via. In quelle circostanze supplicai Geova di aiutarmi a mantenere la promessa che gli avevo fatto e ad affrontare le conseguenze delle mie scelte errate.
“Il 1° marzo del 2004 ricominciai il servizio di pioniera regolare. Pian piano imparai a vivere senza più contare solo sulle mie forze, affidandomi a Geova. Nonostante le difficoltà di natura economica ed emotiva la mia gioia crebbe giorno dopo giorno. In questi anni di servizio a tempo pieno Geova ha riempito la mia vita di vero significato e si è mostrato buono e generoso con me oltre tutte le mie aspettative e in un certo senso ha realizzato perfino il desiderio che avevo da bambina. Anche se non all’estero, servo in un campo in cui le entusiasmanti esperienze di servizio mi fanno sentire un po’ missionaria anche qui in Italia!
“Ho imparato e ne sono fermamente convinta che il vero successo consiste nel piacere a Geova Dio. Solo questo può dare vera soddisfazione e felicità!”