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Anno XII - N 36 5-11-2009
Le dichiarazioni infuocate sul crocifisso ignorano le coordinate del problema
Tiziano Rimoldi - “Attacco mortale all’Europa dei valori e dei diritti”, “negazione, propria del laicismo più deteriore, del ruolo del cristianesimo nella società e nell’identità italiana”, “queste decisioni ci allontanano dall’idea di Europa di De Gasperi, Adenauer e Schuman. Di questo passo il fallimento politico è inevitabile”. Queste e altre ancora le reazioni di molti leader politici, quasi che davvero l’esposizione del crocifisso sui campanili, sulle vetrate e sugli altari delle chiese, agli angoli delle strade, nelle classi delle scuole cattoliche, nei chiostri dei conventi, sulle montagne, nei santuari, al collo dei fedeli, ecc., fosse stata messa al bando!
Nelle dichiarazioni infiammate che si leggono in questi giorni sulla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sul crocifisso emerge una sostanziale mancanza di conoscenza o la deliberata volontà di ignorare le coordinate del problema, che a mio modesto avviso sono le seguenti:
1. L’esposizione del crocifisso è prescritta da disposizioni di carattere amministrativo, non da leggi. In particolare l’art. 118 del Regio Decreto n. 965 del 1924 prevede per le scuole medie che “Ogni istituto ha la bandiera nazionale; ogni aula, l’immagine del Crocifisso e il ritratto del Re”, mentre per le scuole elementari l’allegato C del Regio Decreto n. 1297 del 1928 prevede tra gli arredi delle classi “1. Il Crocifisso. 2. Il ritratto di S. M. il Re”. Queste disposizioni sono state confermate da una circolare ministeriale del 1967 sugli arredi scolastici.
2. Le disposizioni amministrative sopra citate sono state emanate in un periodo nel quale era vigente il principio della confessionalità dello Stato. Infatti lo Statuto albertino, al suo articolo 1, recitava: “Art. 1. La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi”. È di tutta evidenza che uno Stato che adotta come sua sola religione quella cattolica si faccia carico di esporne i simboli accanto a quelli dell’autorità regia, in questo caso il ritratto del Re.
3. Le disposizioni suddette sono state emanate da governi presieduti da Benito Mussolini, Duce del fascismo, che aveva interesse ad accattivarsi le simpatie della Chiesa cattolica e che sarà l’artefice, per parte italiana, della Conciliazione e della firma dei Patti lateranensi nel 1929. In particolare il Trattato fra la Santa Sede e l’Italia ribadisce all’art. 1 che “L’Italia riconosce e riafferma il principio consacrato nell’art. 1 dello Statuto del Regno 4 marzo 1848, nel quale la religione cattolica, apostolica e romana è la sola religione dello Stato”.
4. L’Accordo di Villa Madama del 1984 che ha modificato i Patti lateranensi, nel suo protocollo addizionale, stabilisce “In relazione all’articolo 1…Si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano”. Dal 1984 quindi l’Italia non è più uno Stato confessionale.
5. La Corte costituzionale, con sentenza 12 aprile 1989, n. 203, ha affermato che la laicità rientra tra i principi supremi dell’ordinamento costituzionale. Tale sentenza è stata resa nell’ambito della valutazione della costituzionalità dell’insegnamento della religione cattolica e ha stabilito che gli alunni che frequentano la scuola dell’obbligo si trovano, rispetto alla frequenza dei corsi di religione cattolica impartiti a spese dello Stato per effetto delle disposizioni concordatarie (che sono leggi, non provvedimenti amministrativi), nello stato di non-obbligo, cioè innanzitutto non vi è l’obbligo di assistere a tali lezioni: “Il principio di laicità, quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di relig ione, in regime di pluralismo confessionale e culturale”.
Per concludere: l’Italia non è più uno Stato confessionale. Al contrario, l’Italia è uno Stato laico, che tutela il pluralismo religioso. Anche quando impartisce l’insegnamento della religione cattolica, garantisce però, in nome del pluralismo e della libertà religiosa, la possibilità di non essere costretti ad assistervi. Ecco perché, al di là di chi si offende o di chi non si offende (è molto antipatico etichettare la sensibilità degli altri come “eccessiva” o “ideologica” quando si parte da posizioni dominanti), lo Stato garantirebbe meglio la laicità delle istituzioni smettendo di prescrivere che ogni aula sia dotata di un crocifisso (per il ritratto di Sua Maestà il Re per fortuna si è già provveduto in tal senso).