I Testimoni di Geova: già e non ancora.

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Roberto Carson
00venerdì 29 maggio 2009 17:26
I Testimoni di Geova: già e non ancora.

Massimo Introvigne, Elledici, Leumann (Torino) 2002.
Roberto Carson
00venerdì 29 maggio 2009 17:27
A differenza di altre realtà religiose di origine più recente, i Testimoni di Geova ci sono familiari. Bussano alla nostra porta, e crediamo di conoscerli. Le loro origini e la loro storia, tuttavia, presentano numerosi aspetti poco noti. La loro dottrina e la vita quotidiana non sono sempre presentate correttamente. Soprattutto, una serie di modifiche dottrinali e organizzative degli anni 1990 - che hanno visto, tra l'altro, l'invito nel 1995 a non calcolare più date precise per la fine di questo mondo - rendono inevitabilmente «datati» molti studi pubblicati negli anni precedenti. Massimo Introvigne, la cui notorietà come esperto del pluralismo religioso internazionale non ha più bisogno di presentazioni, presenta qui il risultato di una lunga ricerca e di anni di continua osservazione dei Testimoni di Geova, in uno studio dove non mancano le novità e le sorprese. Introvigne mostra, inoltre, come la crescita internazionale dei Testimoni di Geova si situi al cuore del dibattito sugli scenari religiosi contemporanei - fra sostenitori e avversari delle teorie della secolarizzazione - e come l'interpretazione di questa crescita si riveli decisiva per rispondere alla domanda sul ruolo e sul futuro delle religioni nelle società occidentali del XXI secolo.
Roberto Carson
00venerdì 29 maggio 2009 17:28
Testimoni di Geova: col pluralismo religioso crescita in calo

SIR Servizio Informazione Religiosa n° 40 - 1119, 29 maggio 2002)
I "Testimoni di Geova" costituiscono una realtà piuttosto diffusa nel nostro paese: si calcola che siano circa 400 mila gli aderenti in Italia. La comunità cattolica è quindi interpellata sul piano dei rapporti interreligiosi e anche sotto il profilo del comportamento pratico, di fronte a un’azione di "annuncio" molto nota e svolta col sistema del passaggio di porta in porta. L’editrice Elledici ha annunciato l’uscita del volume "I Testimoni di Geova: già e non ancora", curato da Massimo Introvigne, direttore del Cesnur-Centro studi nuove religioni (www.cesnur.org). Il volume è il risultato di una lunga ricerca e di anni di continua osservazione dei Testimoni di Geova, a partire dalla loro dottrina e dalla vita quotidiana, che secondo l’autore non sempre sono presentate correttamente nelle opere divulgative correnti.

Soprattutto, una serie di modifiche dottrinali e organizzative degli anni ‘90 - che hanno visto, tra l’altro, l’invito nel 1995 a non calcolare più date precise per la fine di questo mondo - rendono secondo Introvigne - ‘datati’ molti studi pubblicati negli anni precedenti. Secondo l’autore, in Italia i Testimoni di Geova sono cresciuti nell’epoca in cui il nostro paese si trovava "in situazione di (pratico) monopolio della religione cattolica" e "sono cresciuti meno quando si è affermato un sia pur relativo pluralismo (intese, 8 per 1.000 anche ai non cattolici...)".

Roberto Carson
00venerdì 29 maggio 2009 17:30
Testimoni di Geova: già e non ancora

di Agostino Clerici (Il Settimanale della Diocesi di Como, anno XXVI, 29 giugno 2002, p. 7)
Bussano alla nostra porta, vogliono parlare con noi di Geova, ci portano le loro riviste. I Testimoni di Geova sono una realtà religiosa per così dire familiare, che crediamo di conoscere quel tanto che basta per non perdere il nostro tempo con loro. Opuscoli e libri sul tema del rapporto tra cattolici e Testimoni di Geova sono assai numerosi. Il taglio può variare dall’apologetico al comparativo. Chi ha accettato il dialogo con i "proclamatori" geovisti, a partire da una buona preparazione biblica e teologica, sa che difficilmente incontrerà le stesse persone una seconda volta... Eppure anche questa è opera di evangelizzazione che potrebbe dare a suo tempo un frutto inatteso (soprattutto se il dialogo viene attuato in modo fermo sui principi ma con grande apertura e senza acrimonia nei confronti delle persone).

Il libro che vogliamo presentare non fa parte, però, di questa pubblicistica e si situa su un piano di ricerca scientifica e sociologica, così come è nell’intento della pregevole collana in cui è inserito, Religioni e movimenti della casa editrice torinese Elledici. La prima serie - iniziata nel 1997 - ha visto la pubblicazione di venticinque volumetti, mentre la seconda serie si compone per ora di sei testi, l’ultimo dei quali raccoglie appunto il pluriennale lavoro di ricerca del direttore della collana stessa, il prof. Massimo Introvigne, grande esperto del pluralismo religioso internazionale che non ha bisogno di particolari presentazioni.

Il movimento religioso dei Testimoni di Geova - nato negli Stati Uniti nella seconda metà del diciannovesimo secolo - viene osservato nella sua crescita internazionale (5.587.003 proclamatori nel 2000, oltre 1 milione e 700 mila in più rispetto a dieci anni prima), nella sua storia, nei suoi contenuti dottrinali (una sintesi davvero utile, condensata in poche pagine) e nella sua organizzazione interna.

Abbiamo raggiunto il prof. Introvigne nello Utah, durante uno dei suoi frequenti viaggi negli Stati Uniti, e gli abbiamo rivolto alcune domande, cui ha prontamente e gentilmente risposto.

Prof. Introvigne, i Testimoni di Geova sono per il cattolico medio italiano sinonimo di "setta". Eppure essi rappresentano la religione alternativa al cristianesimo numericamente più forte sul territorio nazionale...

"Tutto sta a intendersi sul termine "setta". Nel senso originario della sociologia tedesca, di gruppo dove dominano i convertiti rispetto a coloro che sono nati nel movimento, l’espressione "setta" si adatta sempre meno bene ai Testimoni di Geova, dove i membri di seconda (e terza...) generazione sono sempre più numerosi. In altri sensi, l’etichetta "setta" non ha contenuto informativo: è semplicemente polemica e mostra solo che i Testimoni di Geova sono ancora in un certo stato di tensione con settori della società italiana (per esempio, con la Chiesa cattolica)".

La fine del mondo annunciata più volte e mai avvenuta: questo è uno dei luoghi comuni più conosciuti dei Testimoni di Geova. Che cosa c’è di vero? E i Testimoni di Geova annunciano ancora una data per la fine del mondo?

"Nel 1995 i Testimoni di Geova hanno formalmente rinunciato ad annunciare date per la fine del mondo. Si tratta di una svolta fondamentale che ha determinato una serie di modifiche psicologiche e sociologiche di grande importanza. In precedenza avevano circolato - a vari livelli di "ufficialità" - diverse date. Sugli effetti delle previsioni smentite sulla crescita del movimento le opinioni in campo sociologico sono divergenti: alcuni pensano che gli annunci profetici e il desiderio di giustificarli ex post abbiano avuto anche effetti positivi, altri sottolineano la perdita di membri dopo ogni annuncio profetico smentito dai fatti".

Il "porta a porta" sembra essere lo strumento di missione privilegiato dai Testimoni di Geova, ma qual è l’indice reale di successo di questa pratica nel contesto dell’attuale società postmoderna segnata dall’individualismo?

"Il "porta a porta" ha una grande funzione interna di rafforzamento dell’identità dei membri. Quanto al successo esterno in termini di conversione, le statistiche mostrano che non va sopravvalutato e che molte conversioni avvengono ora attraverso le reti di relazioni interpersonali e non il "porta a porta"".

Ci può spiegare in due parole in che cosa consiste il fondamentalismo dei Testimoni di Geova?

"Personalmente, ho qualche dubbio sull’estensione ormai quasi universale del termine "fondamentalismo" al di fuori dell’ambito protestante di origine e delle prime analogie (come quella nell’islam). I Testimoni di Geova non sono protestanti. In comune con i fondamentalisti hanno un’interpretazione rigorosa delle prescrizioni morali e un generale conservatorismo dottrinale. La sociologia contemporanea tende a vedere in questi aspetti fattori di successo, in quanto esiste una diffusa "domanda di conservatorismo" nelle società moderne e postmoderne".

Nell’ottica di un riconoscimento del gruppo ai fini del beneficio dell’otto per mille delle tasse, si è forse modificata la modalità di rapporto con il mondo in generale e con lo Stato in particolare da parte dei Testimoni di Geova?

"I Testimoni di Geova, comunque, accetterebbero l’otto per mille solo di chi li sceglie esplicitamente, senza partecipare alla ripartizione dell’otto per mille di chi non compie alcuna scelta. Questo premesso, è vero che il problema dell’Intesa è di solito impostato come riconoscimento dei Testimoni di Geova da parte dello Stato (riconoscimento, aggiungo, già peraltro avvenuto in altre forme); mentre - come Lei dice - si tratta anche di una svolta interessante in termini di riconoscimento dello Stato da parte dei Testimoni di Geova".

Il Gesù Cristo dei Testimoni di Geova dà loro il permesso di chiamarsi "cristiani", oppure ci troviamo di fronte ad una religione in cui non c’è spazio per l’incarnazione e la redenzione?

"Il termine "cristiano" non è un marchio depositato, e su questi temi - con riferimento non solo ai Testimoni di Geova - gli studiosi di scienze sociali (ed è questo il taglio del mio libro) tendono a rimanere fuori da controversie terminologiche che hanno carattere piuttosto apologetico. È chiaro che la dottrina dei Testimoni di Geova è così irriducibilmente lontana da quella cattolica da non potersi neppure ipotizzare denominatori o categorie comuni che le comprendano entrambe. In altri ambiti - soprattutto protestanti liberali, o anche semplicemente storico-scientifici - il termine "cristiano" è usato in modo inclusivo, e certamente comprende (in questo uso) anche i Testimoni di Geova".

Da ultimo: secondo lei lo sviluppo futuro dei Testimoni di Geova va nell’ottica di una evoluzione o di una involuzione?

"Credo che la svolta del 1995 in tema di date profetiche apra la strada a una serie profonda di modifiche nel senso di una "routinizzazione del carisma" e di un maggiore adattamento alla società circostante, con conseguente riduzione delle tensioni. Resta da vedere se questo adattamento sarà compatibile con ritmi di crescita mondiale paragonabili a quelli di decenni precedenti: in fondo, un certo livello di tensione ha accompagnato per i Testimoni di Geova una grande espansione sul piano del numero di membri (per quanto in Italia negli ultimi anni il ritmo di crescita si sia molto ridotto)".

Roberto Carson
00venerdì 29 maggio 2009 17:31
I testimoni di Geova: già e non ancora

di Ivo Musajo Somma (Il nuovo giornale, settimanale della diocesi di Piacenza Bobbio, n. 25, 28 giugno 2002)
Suonano ai campanelli delle nostre case, li incontriamo per strada, in stazione, magari sul luogo di lavoro; immancabilmente ci offrono una copia de La Torre di Guardia. Tra le realtà in qualche modo classificabili nel numero dei nuovi movimenti religiosi, i Testimoni di Geova rappresentano senz’altro quella con la quale abbiamo una maggiore familiarità: in effetti, con una comunità di circa quattrocentomila persone, costituiscono la seconda religione in Italia (se si escludono gli immigrati regolari e clandestini).

Ma chi sono davvero i Testimoni di Geova? In cosa credono? Qual è stato il loro itinerario storico e dottrinale? Dare una risposta esaustiva e aggiornata a questi interrogativi è il fine del saggio di Massimo Introvigne: I Testimoni di Geova: già e non ancora, da poco apparso, nelle edizioni Elledici all’interno della collana Religioni e Movimenti (seconda serie). Seriamente documentato ma allo stesso tempo di scorrevole lettura, questo libro è una tra le più recenti pubblicazioni di Introvigne, direttore del CESNUR - il Centro Studi sulle Nuove Religioni -, autore di numerosi volumi e articoli apparsi in dodici diversi paesi, nonché curatore, con altri, della recente Enciclopedia delle Religioni in Italia (Elledici, 2001).

I Testimoni di Geova prende innanzitutto in esame la nascita del movimento e il suo contesto storico-culturale, a partire dalle figure dei fondatori Charles Taze Russell (1852-1916) e Joseph F. Rutherford (1869-1942), delineandone poi sinteticamente la storia fino ai nostri giorni. Di grande interesse è l’ampio capitolo dedicato alla dottrina, nel quale l’autore si sofferma, ad esempio, su temi quali il ruolo di Gesù Cristo (i Testimoni rifiutano il concetto di un Dio trinitario, quindi Gesù è per loro solo la prima delle creature), l’Organizzazione di Geova, Babilonia, la distinzione tra gli "unti" e le "altre pecore", nonché l’elemento escatologico-millenaristico. Riguardo a quest’ultimo punto bisogna segnalare che, nel corso degli anni 1990, il movimento ha ridimensionato la necessità di calcolare date precise sulla fine del mondo (una sensibile novità rispetto al passato), pur senza attenuare, evidentemente, l’attesa escatologica, elemento fondante della propria fede. Il quadro è completato dall’analisi delle modalità di conversione e socializzazione, della vita di congregazione e del ruolo di responsabili e autorità. Dei sette capitoli che compongono il libro, il primo e l’ultimo sono finalizzati a inserire le ricerche sui Testimoni di Geova nell’ambito dei più recenti studi di sociologia delle religioni.

Tengo a sottolineare che il libro di Introvigne non è un’opera con fini polemici.

Sarà forse anche il caso di chiedersi se il successo di questo movimento non dipenda pure da certe carenze presenti in ambito cattolico: la ricchezza e la bellezza della tradizione bimillenaria della Chiesa sono difficilmente paragonabili a un movimento di radice avventista nato in Nordamerica alla fine del XIX secolo. Ma allora?

Non è questa la sede per entrare nel merito del problema, ma forse si può ugualmente formulare qualche ipotesi. In piena rinascita postmoderna del "sacro", elementi di debolezza potrebbero essere individuati, ad esempio, in una certa prassi ecclesiale piuttosto secolarizzata e appiattita sulla dimensione "sociale" (chi sente mai parlare di escatologia?), in una liturgia che ha perso molto in bellezza e senso del mistero, nel rifiuto della religiosità popolare. Si tratta del resto di temi ben presenti nel magistero recente.

Roberto Carson
00venerdì 29 maggio 2009 17:32
I Testimoni di Geova oggi

di Fabrizio Canosa (Il Corriere del Sud, anno XI, n. 13, 1-15 luglio 2002)
Un attualissimo studio di Introvigne per la Elledici. Uno strumento utile per comprendere una realtà religiosa diffusa

Un utilissimo strumento per conoscere e comprendere, così com’è al giorno d’oggi, una realtà religiosa diffusa - circa 400mila aderenti in Italia secondo alcune stime -, fonte di interrogativi e problemi per le comunità cattoliche sia per quanto concerne la pratica dell’ecumenismo che della Nuova Evangelizzazione. "I Testimoni di Geova: già e non ancora" che Massimo Introvigne, direttore del CESNUR (www.cesnur.org) ha curato per la Elledici Leumann (Torino) 2002 (pagine 144, euro 9,00), è il risultato di una lunga ricerca e di anni di continua osservazione dei Testimoni di Geova, in uno studio dove non mancano le novità e le sorprese: la dottrina e la vita quotidiana non sempre sono presentate correttamente nelle opere divulgative correnti, e Introvigne apporta utili correttivi. Soprattutto, una serie di modifiche dottrinali e organizzative degli anni 1990 - che hanno visto, tra l’altro, l’invito nel 1995 a non calcolare più date precise per la fine di questo mondo - rendono "datati" molti studi pubblicati negli anni precedenti. Introvigne mostra, inoltre, come la crescita internazionale dei TdG si situi al cuore del dibattito sugli scenari religiosi contemporanei - fra sostenitori e avversari delle teorie della secolarizzazione - e, come l’interpretazione di questa crescita si riveli decisiva per rispondere alla domanda su ruolo e futuro delle religioni nelle società occidentali del XXI secolo.

Per Introvigne che, ricordiamo, è uno dei maggiori specialisti a livello internazionale di religioni e nuove forme di religiosità "Lo scopo del libro (trentunesimo titolo della collana "Religioni e Movimenti") è quello di esaminare - prendendo spunto da un caso concreto, i TdG anche in Italia -, il dibattito fra modello della ‘rational choice’ e modello della secolarizzazione, in sociologia delle religioni. Il successo dei TdG - ma anche la diminuzione della crescita in Italia in anni recenti - conferma che il modello della ‘rational choice’ è uno strumento di previsione più affidabile rispetto a quello della secolarizzazione. In effetti, esso prevede che: - movimenti ‘stretti’ dal punto di vista soprattutto morale, ma non ‘troppo’, hanno maggiori possibilità di successo rispetto a movimenti lassisti o liberal nella società contemporanea; - il monopolio legale, di diritto o di fatto, di una religione favorisce la crescita di movimenti ‘stretti’ considerati marginali, di frangia o ‘settari’; - il pluralismo legale rende più difficile per i movimenti considerati marginali continuare a crescere. In effetti, in Italia i TdG sono cresciuti in modo spettacolare in situazione di (pratico) monopolio della religione cattolica e sono cresciuti meno quando si è affermato un sia pur relativo pluralismo: intese, 8 per 1000 anche ai non cattolici".

Clero e laicato cattolico hanno dunque di che meditare (e studiare) per adeguare alla realtà odierna una risposta pastorale ormai datata.

Roberto Carson
00venerdì 29 maggio 2009 17:33
I Testimoni di Geova: già e non ancora

di Giandomenico Mucci S.I. (La Civiltà Cattolica, anno 153, volume III, quaderno 3653, 7 settembre 2002, p. 448)
Ci sono tre buone ragioni per leggere questo libro. I Testimoni di Geova (TdG) italiani sono circa 400.000, esclusi gli immigrati e i clandestini; non esiste quasi sui TdG una vera letteratura storica e sociologica, al di fuori degli opuscoli apologetici o polemici; l’autore è un esperto di riconosciuto valore delle cosiddette nuove religioni. In Italia, l’espansione numerica dei TdG è andata di pari passo con la loro marcia attraverso le istituzioni. Nel 1976, l’ente americano che rappresenta i TdG nel nostro Paese ha acquistato personalità giuridica. Successivamente, ai ministri del culto dei TdG è stato concesso di celebrare matrimoni validi agli effetti civili e di visitare i detenuti nelle carceri. Nel 1986, la "Congregazione cristiana dei TdG" ha ottenuto il riconoscimento giuridico perfezionato, nel novembre del 1999, con la Bozza di Intesa con la Repubblica, approvata dal Presidente del Consiglio nel marzo del 2000, ma non ancora ratificata dal Parlamento. Intanto, nella discussione che da quasi due decenni si svolge nell’ambito delle scienze sociali delle religioni sulla secolarizzazione, il pluralismo religioso e il futuro della religione in Occidente, i TdG sono studiati come il caso emblematico sul quale sono vagliate le varie teorie sul ruolo della religione.

Perciò l’autore si sofferma innanzitutto sulle relazioni tra i TdG e le teorie sociologiche della religione e insiste particolarmente sulla teoria della rational choice. I capitoli seguenti trattano della storia, della dottrina e dell’organizzazione dei TdG e accennano alle controversie di cui essi sono stati e sono oggetto e protagonisti. Il capitolo conclusivo formula ipotesi sul probabile futuro dei TdG alla luce dell’analisi dei loro diversi contesti sociali e del modello della rational choice.

Il saggio è di carattere strettamente sociologico-culturale e non concede spazio alla valutazione teologica in senso cattolico. Tuttavia, chi leggerà attentamente il V capitolo comprenderà quanto larga e insanabile sia la frattura tra la dottrina della vera Chiesa di Cristo e quella dei TdG.

Roberto Carson
00venerdì 29 maggio 2009 17:34
Anche i Testimoni di Geova cambiano

di Filippo Salatino (Il Quotidiano della Calabria, anno 8, n. 271, 3 ottobre 2002)
L’analisi sociologica di Massimo Introvigne ripercorre il movimento religioso dalle origini negli Usa. Un saggio ricostruisce aspetti misconosciuti e "smonta" elementi superati

Un caso paradigmatico e una pietra di paragone per le diverse teorie scientifiche ed accademiche sul ruolo della religione. Questo sono i Testimoni di Geova per la loro composizione interna, la pervasività dell’impegno richiesto ai "fedeli", la rilevanza numerica (almeno in certi paesi come l’Italia), le polemiche che accompagnano la loro presenza pubblica. È per questo che il nuovo volumetto di Massimo Introvigne, I testimoni di Geova: già e non ancora, della fortunata collana "Religioni e movimenti" (Elledici), si rivela strumento indispensabile per una conoscenza non superficiale ed aggiornata. Non solo nell’immaginario collettivo ma nella ricerca sociologica e persino nel dibattito politico (in aggiunta ovviamente a quello interreligioso) i TdG fin dal loro sorgere nell’Ottocento negli Stati Uniti, si sono trovati al centro dell’attenzione e delle controversie. Le loro origini e storia, tuttavia, presentano numerosi aspetti poco noti. La loro dottrina e la vita quotidiana, non sono sempre presentate correttamente. Soprattutto, i cambiamenti dottrinali e organizzativi nel decennio 1990 - tra l'altro, l’invito, nel 1995, a non calcolare più date precise per la fine di questo mondo - rendono "superati" molti studi esistenti. Il direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (www.cesnur.org) espone i frutti di una lunga ricerca ed anni di continuo monitoraggio dei TdG, evidenziandone aspetti misconosciuti. Introvigne documenta come la crescita internazionale di questo gruppo religioso sia cruciale nel dibattito sugli scenari religiosi contemporanei - fra sostenitori e avversari delle teorie della secolarizzazione - e come i giudizi e le valutazioni di tale crescita siano decisivi per rispondere alla domanda su ruolo e futuro delle religioni, in quest’inizio di XXI secolo, soprattutto nelle società occidentali. Introvigne, rifacendosi ai maggiori e più recenti lavori accademici, fornisce anche una panoramica della querelle scientifica fra modello della "rational choice" e modello della "secolarizzazione", nella sociologia. L’applicazione del primo approccio proprio ai TdG in Italia - con l’ampia espansione degli anni passati, sino a circa 400mila fedeli, con la diminuzione della crescita più di recente - dà empirica conferma che la "rational choice" è strumento più affidabile rispetto a quello della "secolarizzazione". In base a tale teoria, supportata appunto dai fatti concreti, movimenti religiosi "stretti" sul versante morale, ma non "troppo", hanno maggiore successo nei confronti di gruppi lassisti o liberal nel tipo di società attualmente esistente (almeno in Occidente); e che inoltre il monopolio legislativo o di fatto, di una religione, favorisce la crescita di movimenti considerati marginali, di frangia o "settari", mentre il pluralismo religioso rende più difficile per tali movimenti continuare a crescere quantomeno in termini numerici. L’influenza sul resto della società e sul panorama religioso è naturalmente una questione ben più complessa.

Roberto Carson
00venerdì 29 maggio 2009 17:35
I testimoni di Geova: già e non ancora

di Alberto Castaldini (Popoli. Mensile internazionale della Compagnia di Gesù, n. 10, ottobre 2002, p. 57)
L’Autore, direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni di Torino, con la nota competenza affronta un tema di forte impatto quotidiano. A differenza di altre realtà religiose, infatti, i Testimoni di Geova ci sono decisamente familiari, poiché spesso bussano alle nostre porte suscitando curiosità e disapprovazione. Il saggio riempie l’assenza di analisi aggiornate sul fenomeno, poiché nel corso degli anni Novanta la loro dottrina ha subito mutamenti, come per esempio l’uso di fissare la data della fine del mondo.

Roberto Carson
00venerdì 29 maggio 2009 17:37
Che cosa non sono le scienze sociali: una breve replica alla recensione del mio I Testimoni di Geova: già e non ancora di don Antonio Contri

di Massimo Introvigne
Ho letto con interesse la recensione di don Antonio Contri al mio I Testimoni di Geova: già e non ancora. L’amicizia e la stima per il recensore mi inducono ad alcune precisazioni, che sarebbero di scarso interesse se si riferissero solo al mio testo e non coinvolgessero problemi metodologici di interesse generale. Solo la considerazione di questi problemi - ripeto - mi induce a tali precisazioni, non certo l’intentio di svolgere una contro-recensione, dal momento che ogni recensione in quanto tale è comunque occasione di gratitudine verso il recensore, perché costringe l’autore a riflettere e manifesta attenzione da parte del recensore stesso.

1. Il volume è inserito in una collana, Religioni e Movimenti, di cui costituisce il trentunesimo titolo. Tutti i titoli della collana precisano, in un riquadro collocato nella prima pagina, di avere natura esclusivamente storica o sociologica, e di prescindere quindi da qualunque giudizio di valore. Costituisce forse una conferma delle particolari sensibilità che una parte del mondo cattolico italiano ha in tema di Testimoni di Geova il fatto che questa impostazione abbia provocato al volume n. 31 della collana critiche mai formulate nei confronti dei trenta precedenti. Il metodo, peraltro, è rimasto lo stesso fin dal primo volume.

2. Il lavoro principale dei redattori della collana Religioni e Movimenti consiste nell’eliminare sistematicamente quanto eventualmente nei manoscritti degli autori costituisce giudizio di valore. Questo metodo – come si è accennato non occulto, anzi dichiarato in bella evidenza a partire dalla prima pagina – non è stato inventato dalla collana Religioni e Movimenti, ma è tipico dello studio della religione da parte delle scienze sociali. Si troverà una presentazione semplice dei vari modi di accostarsi ai nuovi movimenti religiosi (ma lo stesso vale per le “vecchie” religioni) in un articolo di una delle maggiori sociologhe della religione viventi, Eileen Barker, pubblicato sul sito del CESNUR (http://www.cesnur.org/2001/london2001/barker.htm). Da questo articolo si ricavano le differenze, tra l’altro, fra le analisi “orientate alla ricerca” tipiche della sociologia, quelle “contro le sette” che partono da una prospettiva religiosa e apologetica, e quelle dei gruppi anti-sette laicisti. Eileen Barker spiega che le analisi sociologiche, e quelle che in genere fanno parte delle scienze sociali, si caratterizzano in quanto “non si occupano della verità delle credenze e omettono completamente i giudizi di valore”. Gli altri due accostamenti, invece, si occupano della verità delle credenze e formulano giudizi di valore in base ai rispettivi parametri: la fede cattolica, o protestante, o buddhista, o ebraica, o così via per chi parte da una prospettiva apologetica; la prospettiva razionalista ostile alla religione (e su questo punto don Contri è d’accordo) per i movimenti anti-sette laicisti. E’ importante notare che la Barker non afferma affatto – né ricordo di averlo mai affermato io – che l’apologetica è un’attività meno nobile, “figlia di un Dio minore”, rispetto alle scienze sociali: si tratta di una attività degna e utile nel suo ambito, semplicemente diversa dall’accostamento sociologico. Evidentemente, affermare che la prospettiva sociologica sia “più vera” o “più valida” della prospettiva apologetica sarebbe già di per sé un giudizio sulla verità e sui valori: cioè, precisamente, il tipo di giudizio che le scienze sociali intendono astenersi dal formulare. Di fronte ai Testimoni di Geova (o, che so, alla Religione Raeliana) ci si può porre adottando (per semplificare il quadro, e mettendo per il momento fra parentesi la prospettiva laicista), un accostamento ispirato alle scienze sociali ovvero uno teologico e apologetico. Entrambi sono assolutamente legittimi, a patto però di saperli distinguere e di non confonderli. E non solo legittimi, da distinguere e da non confondere, intendendoli necessariamente come separati, ma piuttosto da mettere in sequenza logica: infatti, come emettere un giudizio corretto e in coscienza liberatorio se non su un fatto in scienza ben noto? Molte osservazioni di don Contri ruotano intorno alla critica secondo cui il volume non contiene critiche: si accontenta, scrive, di “descrivere e non prescrivere”, non definisce “deviante” la dottrina dei Testimoni di Geova, non ne rileva le “contraddizioni”, non esprime “scandalo” per le recenti modifiche. Dal mio punto di vista, tutte queste sono precisamente conferme del fatto che lo studio rimane nell’ambito che si è assegnato, evitando le valutazioni di verità e i giudizi di valore.

Don Contri in una nota “si augura” pure che “non corrisponda a verità” la voce secondo cui il mio volume avrebbe ricevuto valutazioni positive dagli stessi Testimoni di Geova, che ne promuoverebbero la diffusione. Don Contri allude qui a un documento fatto circolare da mesi da oppositori del CESNUR, che si presenta come una “circolare” dei Testimoni di Geova. Non sono in grado di valutare l’autenticità di questo documento. Ove lo fosse, si tratterebbe di una circolare in cui la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova afferma in esplicito di non avere intenzione di “promuovere la diffusione di questo libro”, ma di considerarlo “un utile fonte di informazioni” (inoltre, constatato che i libri della Elledici notoriamente si trovano in un numero ridotto di librerie, informa su come ordinarlo direttamente presso il CESNUR). Ancora una volta, il problema non si riduce a un semplice pettegolezzo, di per sé non meritevole di particolare attenzione, ma ha una dimensione metodologica che invece merita un breve cenno. Se si trattasse di un’opera di apologetica cattolica, un giudizio positivo da parte dei Testimoni di Geova giustificherebbe certo, per dire il meno, qualche commento malizioso: come minimo, l’autore dovrebbe essere accusato di avere totalmente fallito il suo scopo, che dovrebbe essere quello di parlare male dei Testimoni di Geova. Se invece siamo di fronte a un testo di scienza sociale, il metro di giudizio si rovescia. Il testo vuole essere una semplice fotografia dei Testimoni di Geova, senza dire se i Testimoni sono belli o brutti (cioè, fuor di metafora e ancora una volta, sperando che de hoc satis, senza giudizi di valore). Il fatto che – eventualmente – gli stessi Testimoni di Geova si ritengano bene descritti, e fotografati senza trucchi (“belli come siamo”, dirà un Testimone di Geova, per cui quindi il profilo, come dice la presunta circolare, sarà “basilarmente positivo”), per un’opera con intenti “fotografici” e descrittivi costituirebbe semmai un importante riconoscimento di avere raggiunto il suo scopo. Idealmente, un’opera descrittiva ben fatta, e in armonia con le buone regole delle scienze sociali, dovrebbe presentare una “fotografia” dei Testimoni di Geova che sia giudicata somigliante all’originale sia dagli stessi Testimoni di Geova sia dai loro oppositori (“belli come siamo”, dirà un Testimone di Geova, che troverà la descrizione, in quanto fedele, “positiva”; “brutti come sono”, dirà un contraddittore). E’ uno scopo perseguito dai volumi della collana Religioni e movimenti in generale, molti dei quali hanno ricevuto simili riconoscimenti. Sembrerebbe che sia così anche per il testo sui Testimoni di Geova: ove la “circolare” fosse autentica, avrebbe in comune con la recensione del mio volume apparsa su La Civiltà Cattolica (anno 153, volume III, quaderno 3653, 7 settembre 2002, p. 448) un’analoga valutazione quanto alla fedeltà della fotografia all’originale. Salvo – beninteso – che dalla stessa somiglianza all’originale i Testimoni di Geova ricavano, aggiungendo un giudizio di valore, che il profilo è “positivo” (come potrebbero dire diversamente?), mentre La Civiltà Cattolica esprime sui Testimoni un giudizio negativo di incompatibilità assoluta con la fede cattolica (anch’essa, come potrebbe dire diversamente?). Ed è proprio così che deve essere: una buona opera di sociologia offre la “materia prima” separata dai giudizi di valore a un gran numero di interlocutori diversi, che hanno titolo per aggiungere giudizi di valore diversissimi tra loro senza che si modifichino né l’oggetto di tale giudizio né la valutazione (empirica) di conformità della descrizione sociologica alla realtà descritta. A ben vedere, lo stesso don Contri non mette in discussione la sostanziale fedeltà della descrizione.

E’ proprio dell’accostamento delle scienze sociali alla religione in genere “descrivere e non prescrivere”, e rilevare “deviazioni”, “contraddizioni” e “scandali” significa precisamente esprimere giudizi di valore. Talora – ma si tratta certo di un’impressione fallace – sembra che la recensione di don Contri cada nella fallacia metodologica nota come shooting the messenger (“sparare al messaggero”), o – come diceva Antonio Gramsci – rompere il barometro sperando di eliminare il cattivo tempo: si cita una affermazione dei Testimoni di Geova, la si dichiara (alla luce della fede cattolica) deviante o scandalosa, e… si critica il sottoscritto per averla riportata senza giudizi di valore. Per esempio, a proposito del principio epistemologico secondo cui il Corpo Direttivo può precisare e anche modificare dottrine, si cita la mia ricostruzione di quanto pensano i Testimoni di Geova e si conclude: “Questo rappresenta un’affermazione gravissima”. Critica perfettamente legittima, dal punto di vista da cui si pone don Contri, ma da girare ai Testimoni di Geova. La critica andrebbe rivolta a me se avessi male riferito la dottrina dei Testimoni di Geova: apparentemente, anche secondo don Contri, non è così. A prescindere da questi infortuni sul piano della logica, la critica di don Contri si riduce a una manifestazione di antipatia verso il metodo “avalutativo” (cioè privo di giudizi di valore) delle scienze sociali in genere, non è chiaro se da rifiutarsi solo in quanto applicato ai Testimoni di Geova oppure a qualunque altro oggetto (nel qual caso, saremmo di fronte a una semplice riproposizione del rifiuto delle scienze sociali diffuso in un certo neo-tomismo pre–conciliare).

3. Alla critica oggettiva don Contri ne aggiunge un’altra soggettiva: dal momento che l’autore è cattolico, non gli sarebbe lecito accostarsi a un oggetto che fa parte del campo religioso dal punto di vista delle scienze sociali, ma dovrebbe farlo obbligatoriamente dal punto di vista della teologia e dell’apologetica. L’affermazione è interessante, ma paradossale: se la si prendesse alla lettera, si lascerebbero le scienze sociali ai soli atei. In effetti, un ministro di culto metodista come J. Gordon Melton non potrebbe pubblicare (come fa) apprezzate descrizioni (senza prescrizioni) delle religioni del mondo utilizzando il metodo storico-sociale: dovrebbe confrontarle tutte e sempre con la dottrina metodista; un ministro della Chiesa Riformata olandese come Reender Kranenborg non potrebbe scrivere (come fa) opere accademiche senza giudizi di valore sulla storia dell’induismo: potrebbe solo valutare l’induismo alla luce delle dottrine calviniste della sua Chiesa; e così via. Vuole forse sostenere don Contri che al cattolico è vietata l’attività di sociologo e storico delle religioni, a meno di esercitare queste attività in una prospettiva “confessionale”, così tagliandosi fuori dal circuito accademico internazionale? Naturalmente, non sarebbe neppure corretto affermare il contrario, e cioè che al sociologo e allo storico è vietato – ma sotto altro cappello, in altro ambito, e distinguendo chiaramente i due ruoli – testimoniare la sua fede. Sarebbe inopportuno e anche bizzarro che J. Gordon Melton trasformasse i suoi interventi a convegni scientifici o le voci delle sue celebri enciclopedie delle religioni in sermoni apologetici in difesa della fede metodista. Ma nulla gli vieta di tenere sermoni nella sua comunità o per i gruppi giovanili della sua parrocchia (cosa che non manca di fare). Diversi sociologi italiani sono sacerdoti cattolici: per fortuna, non li ho mai sentiti tenere prediche sul Vangelo domenicale all’università né lezioni di sociologia nell’omelia domenicale in parrocchia. Così, non solo non mi vergogno ma sono ben lieto di scrivere articoli di apologetica su pubblicazioni cattoliche, anche in relazione a nuovi movimenti religiosi (alcuni dei quali, in tema di Testimoni di Geova, pubblicati sui settimanali cattolici torinesi La Voce del Popolo e Il Nostro Tempo, furono poi raccolti nel volume con cui don Contri vorrebbe ora paragonare I Testimoni di Geova: già e non ancora; il genere letterario è ovviamente diverso). Semplicemente, quando scrivo per riviste scientifiche o per collane come Religioni e Movimenti che dichiarano di astenersi da giudizi di valore… mi astengo dai giudizi di valore, e non cerco di imbrogliare le carte travestendo l’apologetica da “ricerca socio-religiosa”; quando invece scrivo di apologetica enuncio in tutta chiarezza i miei obiettivi e il mio metodo.

4. Infine, don Contri attribuisce forse alla teoria detta della rational choice, e certamente al sottoscritto, la tesi secondo cui “se una religione si afferma, vuol dire che è vera”. La tesi non è contenuta, da nessuna parte, ne I Testimoni di Geova: già e non ancora, né (che io sappia) nei testi fondatori della rational choice, per il buon motivo che sono tutti testi di sociologia, da cui quindi è escluso per definizione il problema se una religione sia “vera” o “falsa”. Se una religione si afferma vuol dire semplicemente che si sono verificate determinate dinamiche sociali che la teoria della secolarizzazione e quella della rational choice interpretano in modi opposti, entrambe peraltro prescindendo dalla questione della “verità” di un credo religioso. Confesso poi di non capire bene in che senso la tesi che mi viene (impropriamente) attribuita saprebbe “molto di calvinismo americano sulla scia di Weber”. A parte il fatto che Weber (ahimè, così spesso più citato che letto) non era calvinista, e collegava semmai il successo del capitalismo alle variazioni presbiteriane post-calviniste piuttosto che al calvinismo in sé, anche Weber faceva della sociologia e si dichiarava incompetente a giudicare della verità di una religione: per questo tipo di musica, soleva dire, non aveva orecchio. Vero è, invece, che il mio libro si presenta come un “banco di prova” per testare alcune tesi della rational choice attraverso l’esempio dei Testimoni di Geova: come dichiaro all’inizio del libro, gli aspetti della storia e della dottrina dei Testimoni di Geova che scelgo di analizzare sono scelti in funzione dello scopo dichiarato, che è quello di mettere alla prova certi aspetti della rational choice (cfr. p. 20). Per esempio, in che cosa una discussione delle eventuali violazioni di leggi italiane o di altri paesi da parte di questo o quel dirigente dei Testimoni di Geova (che don Contri mi rimprovera di non avere citato) avrebbe aiutato a confermare o smentire le tesi della rational choice? Così, la scelta delle vicende storiche da esaminare più in dettaglio è avvenuta in funzione dello scopo dichiarato del volume. Mi si consenta però di sorridere quando si considera il mio testo, nella parte storica, ispirato o comunque analogo agli Annuari dei Testimoni di Geova, che sono stati per me una fonte del tutto secondaria: per ricostruire, per esempio, le vicende del “grano miracoloso” ho dovuto (letteralmente) rivoltare le pietre e le lapidi del cimitero di Fincastle, in Virginia, e sulle vicende familiari di Russell ho intrattenuto una corrispondenza con gli attuali discendenti della moglie, ricavandone particolari inediti e certamente ignoti agli attuali Testimoni di Geova. Giudicherà qualunque lettore se si tratti di un plaidoyer a favore di Russell o di Rutherford: a proposito di quest’ultimo, si sarebbe facilmente potuta notare la mia insistenza sull’importanza della sua formazione negli ambienti del populismo americano, un dato puntualmente negato dagli autori che fanno parte dei Testimoni di Geova. Quanto poi alla “sindrome di Festinger” il recensore è incorso, certo involontariamente, in un equivoco: io cito la teoria di Festinger, fin dall’introduzione, per valutarla criticamente, non per utilizzarla come spiegazione buona per tutti gli usi capace di giustificare qualunque scacco profetico. Infine, immaginare che modifiche che hanno determinato profonde conseguenze nella vita quotidiana dei Testimoni di Geova in tutto il mondo, e che sono state oggetto di ampi studi sociologici per esempio da parte di James Richardson e Pauline Côté (senza che nessuno di questi due autori citi l’Italia), siano state concepite soltanto in funzione della ratifica dell’Intesa da parte del Parlamento italiano, mi sembra – francamente – un po’ provinciale.

5. In conclusione, io credo che il dialogo con una persona intelligente e preparata come don Contri non sia impossibile, e possa proseguire attraverso un reciproco chiarimento di importanti problemi metodologici. Sono convinto che l’accostamento ispirato alle scienze sociali (che prescinde dai giudizi di valore) e quello ispirato a una fede religiosa, nella specie cattolica (che mette, giustamente, i giudizi di valore al centro del suo operare) possano coesistere, e ho perfino la presunzione che un lavoro come il mio possa offrire materiale a chi intenda utilizzarlo in chiave apologetica (in questo confortato dalla citata recensione a suo tempo apparsa su La Civiltà Cattolica). L’importante, come sempre, è non mescolare i pani e i pesci, e non chiedere a ciascuno dei due accostamenti di seguire il metodo dell’altro, il che creerebbe solamente confusione.
Roberto Carson
00venerdì 29 maggio 2009 17:38
Tutte le recensioni sopra riportate sono state tratte dal sito uffiale del CESNUR.
(SimonLeBon)
00sabato 22 agosto 2009 22:42
L'ho cominciato oggi (con qualche anno di ritardo...) e già mi sorprende:

"... I due sociologi americani [Stark e Iannaccone ndr] affermano polemicamente che ci sono probabilmente piu' sociologi a studiare 'una singola congrega di tredici streghe olandesi' di quanti non si occupino di 'un movimento che sta cambiando milioni di vite' come quello dei Testimoni di Geova."

L'approccio sociologico è coraggioso, l'argomento (noi) interessante! [SM=g27988]

Simon
Roberto Carson
00domenica 23 agosto 2009 01:43
Re:
(SimonLeBon), 22/08/2009 22.42:

L'ho cominciato oggi (con qualche anno di ritardo...) e già mi sorprende:

"... I due sociologi americani [Stark e Iannaccone ndr] affermano polemicamente che ci sono probabilmente piu' sociologi a studiare 'una singola congrega di tredici streghe olandesi' di quanti non si occupino di 'un movimento che sta cambiando milioni di vite' come quello dei Testimoni di Geova."

L'approccio sociologico è coraggioso, l'argomento (noi) interessante! [SM=g27988]

Simon



Dopo tutti questi anni hai iniziato solo ora a leggerlo? Avresti dovuto farlo prima... fino ad ora l'ho letto tre volte!

Ti assicuro che di sorprese ne troverai parecchie!
Comunque si tratta di un bellissimo lavoro.

(SimonLeBon)
00domenica 23 agosto 2009 09:45
Re:
Roberto Carson, 8/23/2009 1:43 AM:


Dopo tutti questi anni hai iniziato solo ora a leggerlo? Avresti dovuto farlo prima... fino ad ora l'ho letto tre volte!

Ti assicuro che di sorprese ne troverai parecchie!
Comunque si tratta di un bellissimo lavoro.



Beh, devi avere pazienza: io son uno, non trino, e in questo mi sento in buona compagnia... [SM=g27986]

Comincio la lista delle sorpresa con la recensione di parte cattolica:

"Vuole forse sostenere don Contri che al cattolico è vietata l’attività di sociologo e storico delle religioni, a meno di esercitare queste attività in una prospettiva “confessionale”, così tagliandosi fuori dal circuito accademico internazionale? Naturalmente, non sarebbe neppure corretto affermare il contrario, e cioè che al sociologo e allo storico è vietato – ma sotto altro cappello, in altro ambito, e distinguendo chiaramente i due ruoli – testimoniare la sua fede. Sarebbe inopportuno e anche bizzarro che J. Gordon Melton trasformasse i suoi interventi a convegni scientifici o le voci delle sue celebri enciclopedie delle religioni in sermoni apologetici in difesa della fede metodista. Ma nulla gli vieta di tenere sermoni nella sua comunità o per i gruppi giovanili della sua parrocchia (cosa che non manca di fare). Diversi sociologi italiani sono sacerdoti cattolici: per fortuna, non li ho mai sentiti tenere prediche sul Vangelo domenicale all’università né lezioni di sociologia nell’omelia domenicale in parrocchia."

Un po' mi sorprendo, un po' no. Da un lato sono ovvi le intenzioni e gli intenti dei gruppi antisette. Non reclutano mica storici, sociologi o psicologi tra le loro file. Se cosi' fosse, allora compirebbero probabilmente un lavoro egregio, rispettabile e rispettoso del metodo e della forma.
Al contrario, spesso mettono insieme un gruppetto di ex-tdG col dente avvelenato, di cattolicissimi ipercritici (verso gli altri) e qualche prete o suora impegnata fervidamente nella crociata. Il risultato e la sua qualità sono immaginabili e, come fa notare Introvigne, cosi' facendo si finirebbe "tagliati fuori dal circuito internazionale".

Da che pulpito parte l'accusa di ignoranza verso i tdG? [SM=g27991]

Simon
Roberto Carson
00domenica 23 agosto 2009 12:43

Don Contri in una nota “si augura” pure che “non corrisponda a verità” la voce secondo cui il mio volume avrebbe ricevuto valutazioni positive dagli stessi Testimoni di Geova, che ne promuoverebbero la diffusione.



Per Don Contri è uno scandalo che Introvigne abbia realizzato un'opera obiettiva che è stata apprezzata anche dai TdG.
Secondo la mentalità di questo sacerdote, un buon cattolico dovrebbe scrivere solo opere denigratorie contro il suddetto movimento religioso.
(SimonLeBon)
00giovedì 27 agosto 2009 21:21
Re:
Roberto Carson, 8/23/2009 12:43 PM:


Don Contri in una nota “si augura” pure che “non corrisponda a verità” la voce secondo cui il mio volume avrebbe ricevuto valutazioni positive dagli stessi Testimoni di Geova, che ne promuoverebbero la diffusione.



Per Don Contri è uno scandalo che Introvigne abbia realizzato un'opera obiettiva che è stata apprezzata anche dai TdG.
Secondo la mentalità di questo sacerdote, un buon cattolico dovrebbe scrivere solo opere denigratorie contro il suddetto movimento religioso.



Sto' leggendo e lo trovo interessante ma non sconvolgente.
La teoria della "porta aperta" si scontra un po' col "mostrare amore" ma non con il "tener pulita la congregazione". Lo trovo un concetto interessante ma, come tutte le teorie commerciali, un po' limitato.
Di solito si postula la crescita continua come unico sinonimo di successo, ma il bacino dei "clienti" non è infinito: prima o poi si arriva comunque alla saturazione.

Simon
Asgardiano
00domenica 30 agosto 2009 16:14

La teoria della "porta aperta" si scontra un po' col "mostrare amore" ma non con il "tener pulita la congregazione". Lo trovo un concetto interessante ma, come tutte le teorie commerciali, un po' limitato.
Di solito si postula la crescita continua come unico sinonimo di successo, ma il bacino dei "clienti" non è infinito: prima o poi si arriva comunque alla saturazione.



Sicuramente una teoria sociologico-commerciale non può trasmettere in modo perfetto il concetto implicato in un principio cristiano, sarebbe troppo riduttivo. Tuttavia credo, che in linea di massima, l'idea venga trasmessa bene. Il principio della "porta aperta" dimostra come nella nostra organizzazione non siano importanti i numeri, ma la qualità, la purezza. Anche questo è un aspetto che contraddistingue il vero cristianesimo.
(SimonLeBon)
00domenica 30 agosto 2009 19:56
Re:
Asgardiano, 8/30/2009 4:14 PM:


Sicuramente una teoria sociologico-commerciale non può trasmettere in modo perfetto il concetto implicato in un principio cristiano, sarebbe troppo riduttivo. Tuttavia credo, che in linea di massima, l'idea venga trasmessa bene. Il principio della "porta aperta" dimostra come nella nostra organizzazione non siano importanti i numeri, ma la qualità, la purezza. Anche questo è un aspetto che contraddistingue il vero cristianesimo.




Si, ma...
Per come la presentano sarebbe una ricetta per mantenere alta la crescita: per paradosso una religione piu' "comoda" continuerebbe ad accogliere i dissidenti, ma incontrerebbe meno favore tra i simpatizzanti.

Sono d'accordo anch'io che non si puo' applicare una teoria commerciale al nostro fenomeno religioso. D'altra parte siamo un po' anche noi che insistiamo con le statistiche e questo puo' lasciar pensare che gestiamo tutto a mo' di economia aziendale.
Come invece riconosce Introvigne, i "capi" dei tdG vivono in un modesto trilocale, per nulla lussuoso, concedendosi meno di quello che si puo' permettere una famiglia normale del ceto medio.

Simon
Onesimo
00martedì 1 settembre 2009 13:05
Tutte le teorie sociologiche odierne (quella che presenta Introvigne è una, secondo me la più utile) partono dal presupposto che non si può incasellare l'esperienza umana in una scienza esatta (tanto che la Sociologia, pur essendo scienza, dibatte di continuo il suo status di scienza). Ora, è chiaro che una teoria, partendo da questo presupposto, deve più che altro "funzionare" se testata su una ricerca sul campo. E la Rational Choice Theory soddisfa proprio questo bisogno: funziona...


D'altra parte siamo un po' anche noi che insistiamo con le statistiche e questo puo' lasciar pensare che gestiamo tutto a mo' di economia aziendale.



Non è questa la considerazione di fondo nè di Stark e Iannacone, nè di Introvigne. La stessa teoria la applicano a diversi movimenti religiosi (tra l'altro, molti Rational Choice Theorists sono mormoni...).

Nota personale: io non riesco a vedere nulla di scandaloso nell'insistere con le statistiche. E' un modo come un altro per rendersi conto della realtà internazionale dei TdG, specie a favore di chi (per formazione culturale limitata) non riesce proprio a immaginarsi una fratellanza internazionale...
Roberto Carson
00domenica 14 febbraio 2010 14:02
Nel seguente sito è possibile pubblicare una recensione del libro:

www.ibs.it/code/9788801023756/introvigne-massimo/testimoni-geova:-...
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