Importanza dell'uso del nome di Dio

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Roberto Carson
00martedì 9 febbraio 2010 18:46
Domanda ricevuta in redazione

Esistono delle chiare motivazioni teologiche per il quale i testimoni di Geova fanno un ampio uso del nome "Geova"?

Micaela
barnabino
00mercoledì 10 febbraio 2010 18:22
Suppongo perché questo nome, nella forma YHWH, è ripetuto oltre 6000 volte nelle Scritture, di gran lunga la parola che compare con maggior frequenza nelle Scritture Ebraiche. Basterebbe questo a giustificarne un ampio impiego. I patriarchi lo usavano noi saluti e consoderavano un onore conoscere di "per nome".

Naturalmente ci sono anche precisi motivi teologici legati al significato di quel nome. Il libro di Gertoux Gèrard, Storia del nome di Dio (Azzurra7) amplia significativamente l'argomento.

Shalom
Roberto Carson
00mercoledì 10 febbraio 2010 18:45
Re: Domanda ricevuta in redazione
Roberto Carson, 09/02/2010 18.46:


Esistono delle chiare motivazioni teologiche per il quale i testimoni di Geova fanno un ampio uso del nome "Geova"?

Micaela



L'argomento è stato trattato in questa discussione:

tdgstoriasoctel.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd...

CieloSegreto
00venerdì 12 febbraio 2010 10:49
La conoscenza del nome come potere.
Presso gli ebrei (e, quindi, nella Bibbia) c’era il concetto che conoscendo il nome di qualcuno si poteva esercitare un certo potere su di lui. Ciò appare da subito. Dopo che il primo uomo fu creato, Dio gli fece passare in rassegna tutte le bestie: “Le conduceva all’uomo per vedere come avrebbe chiamato ciascuna; e in qualunque modo l’uomo la chiamasse - ciascun’anima vivente - quello era il suo nome. L’uomo dava dunque i nomi a tutti gli animali domestici e alle creature volatili dei cieli e a ogni bestia selvaggia del campo” (Gn 2:19,20). In questo modo Adamo poneva la sua autorità sugli animali, conformemente al piano divino: “Tenete sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e ogni creatura vivente che si muove sopra la terra”. - Gn 1:28.    Questo concetto risulta chiaro in Is 43:1, dove Dio dice ad Israele: “Non aver timore, poiché io ti ho ricomprato. [Ti] ho chiamato per nome. Sei mio”. Si noti il parallelismo: “[Ti] ho chiamato per nome” = “sei mio”.   Israele, orgogliosa della sua appartenenza a Dio, dice: “Ascoltatemi, o isole, e prestate attenzione, gruppi nazionali lontani. Geova [Yhvh] stesso mi ha chiamato fin dal ventre. Dalle parti interiori di mia madre ha menzionato il mio nome”. - Is 49:1.    Proprio perché c’era l’idea che conoscendo il nome di una persona si poteva in certo qual modo padroneggiarla, gli esseri spirituali nascondono il proprio nome. All’angelo che ha lottato con Giacobbe, costui chiede: “Dichiarami, ti prego, il tuo nome”. L’angelo capisce, e controbatte: “Perché domandi il mio nome?”. E non glielo rivela, limitandosi a benedirlo: “E lì lo benedisse”. - Gn 32:29. La donna di Gdc 13:6, che ha ricevuto la visita di un angelo, dice poi che l’angelo non le “ha dichiarato il suo nome”. Quando Manoa domanda il nome di un angelo, questi gli risponde: “Perché devi chiedere del mio nome, quando esso è meraviglioso?” (Gdc 13:18); più che “meraviglioso”, la Bibbia dice פלאי (fèly): “misterioso”. Ci sono solo due casi in tutta la Bibbia in cui si conosce il nome di un angelo.   L’angelo Gabriele apparve a Daniele (Dn 8:15-17;9:20-23), a Zaccaria (Lc 1:11-20) e a Miryàm (Lc 1:26,27). Si tratta di uno dei due soli angeli che dichiararono il loro nome. Il fatto è eccezionale. In Lc 1:19 Gabriele di identifica così: “Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio”. Lo stare in piedi davanti a un’autorità denotava favore e riconoscimento ufficiale, dato che per entrare alla presenza di un re ci voleva un permesso (Pr 22:29; cfr. Lc 21:36). Si tratta quindi di una figura speciale. Gabriele, va chiarito, è un angelo, non un arcangelo (come erroneamente denominato dai cattolici): “L'angelo [greco ἄγγελος (ànghelos)]Gabriele” (Lc 1:26, CEI, versione ufficiale della Chiesa Cattolica). Speciale è anche la posizione di Michele, l’altro solo angelo di cui si sa il nome. Si tratta di un arcangelo (Gda 9). Nelle parole rivolte a Daniele, Michele è chiamato “il vostro principe”, “il gran principe che sta a favore dei figli del tuo popolo” (Dn 1013,20,21;12:1). Dato questo titolo, c’è motivo di pensare che Michele fosse l’angelo che guidò gli israeliti nel deserto (Es 23:20,21,23;32:34;33:2). Questa conclusione sembra confermata dal fatto che “l’arcangelo Michele ebbe una controversia col Diavolo e disputava intorno al corpo di Mosè”. — Gda 9.       Se degli angeli reagirono così riguardo al proprio nome, come doveva – a maggior ragione – reagire Dio quando Mosè gli domandò il suo nome? Prendendola molto alla larga Mosè disse: “Supponiamo che ora io sia andato dai figli d’Israele e realmente dica loro: ‘L’Iddio dei vostri antenati mi ha mandato a voi’, ed essi realmente mi dicano: ‘Qual è il suo nome?’ Che dirò loro?”. - Es 3:13. 

 

barnabino
00sabato 13 febbraio 2010 13:41
Caro Spirito,


Presso gli ebrei (e, quindi, nella Bibbia) c’era il concetto che conoscendo il nome di qualcuno si poteva esercitare un certo potere su di lui



L'equazione presso gli ebrei (e quindi) nella Bibbia mi pare un pò forzata. L'idea che conoscere il nome di qualcuno significasse esercitare un potere su di lui non mi pare che traspaia così chiaramente dalle Scritture, gli esempi che posti indicano piuttosto che "portare" il nome di qualcuno o "invocare" il proprio nome su qualcuno indicava metterlo sotto la propria autorità o protezione, ma è una situazione diversa rispetto all'uso apotropaico dei nomi divini o all'idea ellenistica che Dio non avesse un nome perché conoscendo il nome di una persona si poteva in certo qual modo padroneggiarla. Tanto è vero che Dio rivela il suo Nome all'umanità senza problemi, e solo in seguito si cominciò a non pronunciarlo più, forse a partire dal III secolo a.C. anche se in certe circostanze è dimostrato che fosse conosciuto ed usato.

Sul significato del nome (in generale, non solo di Dio) nelle scritture e nella letteratura e sullo sviluppo storico e filosofico di questo concetto che portò, appunto, al risultato di smettere di usarlo, ti rimando comunque all'erudito saggio di Gerard Gertoux, Storia del Nome di Dio, Azzurra7.

Precisato ciò, non è certo questo il motivo per cui i testimoni di Geova fanno uso del Nome Divino. Per i TdG il Nome Divino non ha alcun significato magico o apotropaico (tanto è vero che usiamo una forma italianizzata) e conoscerlo non significa esercitare un potere su Dio, semmai il contrario: invocare il suo Nome significa riconoscerne l'autorità assoluta, e sottomettersi sotto tale autorità, rappresentata dal Nome.

Shalom

(SimonLeBon)
00sabato 13 febbraio 2010 15:23
Re: Domanda ricevuta in redazione
Roberto Carson, 2/9/2010 6:46 PM:


Esistono delle chiare motivazioni teologiche per il quale i testimoni di Geova fanno un ampio uso del nome "Geova"?

Micaela



Le motivazioni sono essenzialmente scritturali. Citando un passo molto noto:

"Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. Rom
10,11 Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano Rom 10,12 Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Rom 10,13 Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? Rom 10,14 E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene!" [CEI 2008]

Penso che il discorso sia chiaro e si commenti da sé.

Simon

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