La dottrina della giustificazione

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Walter.Simoni
00mercoledì 3 giugno 2009 00:13
Nel mondo protestante la dottrina della giustificazione ha un'importanza primaria: esalta la misericordia di Dio, il quale, grazie al sacrificio di Gesù, ci ha giustificati, ci ha dichiarati "giusti", indipendentemente dalle nostre opere.

La Bibbia, in taluni passi sembra sostenere tale dottrina, altrove sembra contraddirsi, sostenendo che le opere sono altrettanto importanti, a volte tanto quanto la fede, altre volte addirittura anche più importanti di questa.

Come si colloca tale dottrina nel credo dei tdG? Credono essi, come i protestanti alla sola salvezza per fede, oppure la loro dottrina ha altre sfumature? Eventualmente, quale excursus biblico presentate?
Spener
00sabato 3 aprile 2010 16:31
Cosa deve fare il credente per essere giustificato dinanzi a Dio?
Non esiste nessuna opera che l’uomo possa fare per meritare la giustificazione che Dio concede solo per Sua immeritata benignità nei confronti del genere umano. Le opere buone non sono mezzi per ottenere la giustificazione ma sono da considerarsi il frutto, la conseguenza, che rende evidente l’aver ottenuto la giustificazione.

Fin qui, il tutto è condivisibile anche dai TdG.

Ma Lutero si spinge troppo oltre (a mio parere). Secondo la teologia di Lutero, la giustificazione è un processo che vede l’uomo in completo stato passivo: ogni iniziativa è presa da Dio. Persino la fede è condizione per ricevere, non mezzo per ottenere la giustificazione.

Quale fosse l'insegnamento che ne derivava, è ben chiarito dal cap.1 del Decreto sulla Giustificazione (“contro la vana fiducia degli eretici”) dove si afferma che i riformatori ''errano grandemente quando insegnano che sia assolto dai peccati e giustificato solo colui che crede fermamente di essere stato assolto e giustificato e che l’assoluzione e giustificazione sia opera soltanto di questa fede''

E' chiaro quindi che la "percezione" che si aveva dalla comprensione luterana sulla "giustificazione", dava origine a conclusioni che sembravano (e sembrano) più tautologiche che teologiche!

I TdG concordano sulle conclusioni alle quali giungeva già il suddetto Decreto.

Se il processo di giustificazione è totalmente esterno alla volontà del giustificato ed indipendente dalle sue opere, che senso hanno le parole di Paolo in Romani 2:6-7 (“[Dio] renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità”) o quelle di Giovanni in Apocalisse 22:12 (“Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, per rendere a ciascuno secondo le sue opere”)?

I TdG credono che l'immeritata benignità di Dio sia tale proprio perché non è possibile fare nulla al fine di ottenerla. Credono anche che le opere siano sì il frutto di tale immeritata benignità, ma al contempo siano anche condizione per il mantenimento di uno status di approvazione divina.

Shalom


Roberto Carson
00sabato 3 aprile 2010 16:39
Grazie Spener per questa tua eccellente trattazione.
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