QUALCHE FLASH SUL RAPPORTO FRA ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Roberto Carson
00domenica 11 ottobre 2009 13:45
Prof. Fernando De Angelis

PARTE I: Lettera di Bruno Burzi.

Commento (molto libero e personale) sulla lettera ai Galati

di Bruno Burzi (28/9/09)

La lettera dell'apostolo Paolo ai Galati mi appare molto interessante, perché mi sembra faccia chiarezza su una questione importante: quella della continuità o meno della Sacra Scrittura tra il Vecchio e il Nuovo Testamento. Specialmente per quanto attiene l’argomento degli argomenti cioè la salvezza, ovvero la promessa dell'eredità fatta da Dio ad Abramo.
Le due raccolte di testi possono essere viste come in continuità fra di loro oppure separate da un solco profondo, costituito dall’evento fondamentale del Figlio di Dio fattosi uomo, Dio stesso che è "sceso" nel mondo.
Pur non sminuendo l'importanza della legge osservata dai Giudei, cioè la legge data da Dio agli israeliti per mezzo di Mosè (La Torah), Paolo si sforza in ogni modo di ricordare ai Galati che nessuna salvezza può venire da essa (e dalle opere della carne), ma soltanto dalla fede in Gesù Cristo e dallo Spirito Santo. Peraltro lo fa in un contesto di critica e rimproveri perché i Galati, dopo essere stati evangelizzati da lui stesso ed aver ricevuto i doni dello Spirito, cioè i carismi, sono ricaduti nei dubbi teologici e hanno ricominciato ad osservare i precetti giudaici come ad esempio la circoncisione; a ciò indotti ovviamente da predicatori intervenuti successivamente all'opera di Paolo e in qualche modo infiltratisi tra i fratelli. Paolo infatti dice: «Io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto inutilmente» (Galati 2:21). E ancora: «Le promesse furono fatte ad Abraamo e alla sua progenie. Non dice: “E alle progenie”, come se si trattasse di molte; ma, come parlando di una sola, dice: “E alla tua progenie”, che è Cristo. Ecco quello che voglio dire: un testamento che Dio ha stabilito anteriormente, non può essere annullato, in modo da render vana la promessa, dalla legge sopraggiunta quattrocentotrent'anni più tardi. Perché se l'eredità viene dalla legge, essa non viene più dalla promessa; Dio, invece, concesse questa grazia ad Abraamo, mediante la promessa». (Galati 3:16-18).
Paolo è dunque uno strenuo difensore della fede alla maniera di Abramo, di Melchisedec e di Cristo, definito sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec (Salmo 110:4). Paolo non intende ritornare ai riti, alle prescrizioni e alla schiavitù della legge, sebbene ne riconosca il valore e l'utilità, quanto meno propedeutica, per preparare il popolo agli eventi che l'avrebbero coinvolto. Scrive infatti: «Così la legge è stata come un precettore per condurci a Cristo, affinché noi fossimo giustificati per fede» (Galati 3:24).
Il Vangelo predicato da Paolo è perciò un Vangelo di libertà dalla legge e dalle sue formalità, da prescrizioni, divieti, caste sacerdotali e altro. Non libertà da sofferenza, privazione, rinuncia e perfino martirio – si badi bene – ma libertà da falsità, ipocrisia, idolatria, superstizioni e degrado umano, cioè da tutti quegli insani atteggiamenti tanto cari agli uomini per compiacersi gli uni degli altri, la cui denuncia gli costò a Paolo – come a tutti gli altri seguaci della nuova via – la persecuzione e il martirio.
E oggi come vanno le cose? Viviamo secondo la carne o secondo lo Spirito? Siamo saldi nella fede o preferiamo mimetizzarci nei comportamenti medi dell'umanità per non dare nell'occhio? Paolo descrisse il suo tempo come simile a quello antico: «E come allora colui che era nato secondo la carne perseguitava quello che era nato secondo lo Spirito, così succede anche ora» (Galati 4:29).
Oggi abbiamo Chiese di vario tipo e confessione (che per lo più si guardano tra loro con ostilità), abbiamo riti a profusione, divieti, precetti, sacramenti, indulgenze, caste sacerdotali, gerarchie ecclesiastiche, sommi pontefici (titolo peraltro di chiara origine romano pagana), magisteri, mediatori, assolutori e quant'altro; gente che ti garantisce la salvezza come fosse merce in vendita. Tutti questi si richiamano, oltretutto, agli antichi libri e a Cristo, agli apostoli e ai padri della fede. Paolo stesso è un pilastro di santità per costoro, i quali certamente ne hanno letto e riletto gli scritti.
È veramente inquietante constatare come sia facile perdere di vista l’obiettivo, ricadere e restare negli antichi vizi, quelli cioè di far credere che con dei riti speciali e qualche formuletta l'uomo possa, da sé, rendersi accetto a Dio. Paolo ci fa vedere che non è così che funziona. Perfino Pietro fu colto in errore quando, per riguardo ai circoncisi, smise di mangiare con i non giudei, come invece faceva prima che alcuni di loro, inviati da Giacomo, fossero giunti ad Antiochia. Paolo si oppose fermamente a questo atteggiamento di Pietro, facendogli notare l'ipocrisia che vi era intrinseca e il pericolo di sviare dalla giustizia e dalla rettitudine quanti vi indugiavano. Pietro comprese. (Galati 2:11-14; 2Pietro 3:15-16).
Paolo, par di capire, da parte delle nuove chiese si attendeva un cambiamento radicale rispetto all'ebraismo – culto che aveva professato con molto zelo – e cambiamento effettivamente ci fu. Anzi, proprio il cambiamento proposto dalla nuova Via suscitò l'odio e la persecuzione, prima di Gesù, poi degli apostoli e dell'intera comunità cristiana. Se dunque pensiamo alla legge data da Mosè al popolo eletto (che strumentalmente la travisava) e alla radicale innovazione portata da Gesù, sembra proprio che non vi sia continuità, bensì netta separazione, almeno tra una parte dell'A. T. e il N. T.
L’editto di Costantino (313) riportò il cristianesimo (fino ad allora perseguitato) ad una forma di religione simile a quella antica, seppure portatrice delle verità nuove e nettamente separata dalla Torah. Cioè il cristianesimo si trasformò gradualmente in una religione formale e di stato, sempre più piena di regole e precetti, sempre più monopolio di nuove caste sacerdotali. Il solco di separazione si determinò molto netto: i Giudei dell'antica legge furono bollati e accusati di deicidio dai cristiani della nuova Via, i quali tuttavia, nel metodo, somigliavano ai Giudei più di quanto volessero apparire.
Paolo già si accorgeva, nel suo tempo, del pericolo di ricaduta e richiamava i Galati al vangelo da lui predicato, scongiurandoli di non ascoltare alcun altro Vangelo che quello: «Voi osservate giorni, mesi, stagioni e anni! Io temo di essermi affaticato invano per voi» (Galati 4:10-11).
C’è quindi una continuità tra giudaismo e cristianesimo, ma si tratta di una continuità negativa in quanto perpetuazione di vizi (e peccati) contro i quali Gesù stesso si era scagliato. Ma c'è anche una continuità senza difetti, questa volta tra l'intero Antico Testamento e il Nuovo Testamento. Continuità che si ritrova in primo luogo nell'idea di un Dio unico, eterno, immutabile, onnipotente ed onnisciente, che amorevolmente e misericordiosamente soccorre e guida l'uomo attraverso i secoli. Continuità testimoniata dalla religiosità senza religione e dalla fede pura e semplice di certi personaggi quali Abele, Enoc, Noè, Abramo, Sarà, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Mosè e altri. (Ebrei 11). Da una fede come anche quella di Giobbe, che non era ebreo. O da una fede come quella di Melchisedec, che non era levita e non era ebreo, del quale poco è detto, ma che è figura di riferimento e raffronto addirittura per Gesù, dichiarato sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec e non secondo l'ordine d'Aronne.
Questa è secondo me la continuità che va ricercata e che da millenni si scontra con l'altra continuità, quella delle regole, delle religioni istituzionali, delle caste sacerdotali e dei formalismi senza sostanza. Quella di chi dice «Signore, Signore», ma poi non fa le opere del Padre (Luca 6:46). Quella che carica di pesi insopportabili il popolo perché "loro" non li vogliono portare. Credo che anche oggi, com'è sempre stato, ci siano da qualche parte nel mondo dei Melchisedec: se li incontriamo, li sapremo riconoscere?
Durante la Messa di domenica scorsa furono letti i brani di Numeri 11:25-29 e Marco 9:38-41; il sacerdote dovette ammettere (credo fra la disattenzione di molti) che la salvezza non è ad esclusivo appannaggio di chi appartiene ad un raggruppamento strutturato e ne osserva le regole e gli insegnamenti, ma è anche di tutti coloro nei quali abita lo Spirito di Dio, sottolineando la seguente frase di Mosè: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».

Roberto Carson
00domenica 11 ottobre 2009 13:46
ALCUNE INCOMPRENSIONI E DISTORSIONI
SUL RAPPORTO FRA ANTICO E NUOVO TESTAMENTO
Risposta alla lettera di Bruno Burzi


di Fernando De Angelis (10/10/09)

1. PREMESSA.
Questa lettera capita proprio quando mi sono proposto di affrontare problematiche simili ed allora la prendo come un’occasione per fare una breve ricognizione delle questione che intendo affrontare in seguito. Più che una risposta particolare a quello che Burzi scrive, perciò, terrò presente ciò che pensa la maggioranza dei cristiani.

2. IL “VECCHIO TESTAMENTO” ESISTE?
È stato un prete a consigliarmi di non usare l’espressione “Vecchio Testamento”, perché conteneva l’idea di un qualcosa di superato e di negativo, mentre “Antico” dava più un senso di nobiltà.
La definizione più diffusa e accettabile di “Antico Testamento” è quella temporale, che lo indica come “la Parola di Dio prima di Cristo”. Questa definizione, però, non dice niente sul contenuto di quegli scritti, perciò non è lecito usare “Antico Testamento” attribuendogli un significato di sostanza, a meno che non si sia precedentemente definito quale sia questa sostanza.
A qualcuno apparirà esagerato, ma sono convinto che non ci sia un contenuto che unisca tutto l’AT e che lo ponga in contrasto col Nuovo. Se qualcuno però pensa il contrario, proponga una definizione di AT e forse mi convincerà. Non si può dire che l’AT si caratterizza per la santità di Dio, per esempio, perché essa vale anche per il NT. Non si può neppure identificare l’AT con la Legge di Mosè (anche se lo si fa sistematicamente!), altrimenti bisognerebbe escludere tutta la Genesi (e chiamarla “Antichissimo Testamento”). Identificare l’AT con l’opera di Mosè, poi, non fa cogliere l’ambiguità della condizione di Israele nei periodi senza Tempio e senza piena autonomia politica, elementi questi essenziali per una piena osservanza della Legge di Mosè e la cui assenza favorì il cosiddetto “ebraismo delle Sinagoghe”, sul quale si modelleranno poi le Chiese. Non fa nemmeno cogliere pienamente l’opera dei profeti, i quali accompagnarono il disfarsi del sistema di Mosè con l’intravederne i successivi sviluppi.

3. MOSÈ ERA UN FARISEO?
Molti cristiani trasferiscono alla Legge di Mosè le critiche che il NT rivolge a chi ne aveva corrotto l’interpretazione. Quando Gesù, nel famoso discorso sul Monte (Matteo 5-7), contrappone quello che avevano udito dai Farisei col suo insegnamento, si pone come un maestro di ebraismo che dà la corretta interpretazione della Legge, non vuole certo delegittimare la Parola di Dio mettendosene al di sopra. Non giova che Gesù premetta: “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti” (Matteo 5:17), perché poi per i teologi è facile convincere l’uditorio che quelle parole vanno intese al contrario e così la generalità dei cristiani pensa che Gesù sostituisca Mosè e ne abolisca la Legge. Non giova neppure che Gesù premetta come la giustizia dei suoi discepoli debba superare quella degli scribi e dei farisei (Matteo 5:20), perché la generalità dei cristiani pensa poi che è la giustizia di Mosè che bisogna superare; immaginando un AT esteriore, formalista, senza misericordia e nazionalista, mentre Gesù fa appello proprio all’AT per combattere quelle interpretazioni degenerate presenti nel suo tempo. In alcuni casi il richiamo al vero insegnamento dell’AT è evidente (per esempio sul sabato e sull’internazionalismo, vedere Matteo 12:1-7 e Luca 4:23-30), altre volte era chiaro agli uditori ebrei e noi, non rendendocene conto, pensiamo che Gesù stia introducendo delle novità.
Sono convinto che il NT proponga applicazioni nuove per circostanze nuove e sviluppi alcune parti già presenti nell’AT, ma se qualcuno è convinto che nel NT ci sia qualche novità assoluta la faccia presente e se ne può discutere.

4. DIO IN FORMA UMANA: UNA NOVITÀ ASSOLUTA?
Il “Dio di Abramo di Isacco e di Giacobbe” (Esodo 3:6) è stato dai più trasformato in un “Puro Spirito” e così, dopo il radicamento di un concetto filosofico-teologico di Dio, l’incarnazione diventa qualcosa di molto difficile da comprendere; anche quando si professa di Credere in Gesù quale “vero uomo e vero Dio”, di fatto la sua natura umana tende ad essere negata (o, viceversa, quelli che ne accettano pienamente l’umanità ne negano poi la divinità).
La Bibbia invece comincia con Dio e Adamo che sembrano stare insieme come due amici, con Dio che addirittura insegna l’agricoltura ad Adamo (piantando un giardino, Genesi 2:8). “Immagine di Dio” è un’espressione che la Bibbia riferisce: ad Adamo (Genesi 1:26-27), agli uomini in generale (1Corinzi 11:7) e a Gesù, che viene non a caso indicato come “secondo Adamo” e del quale Adamo era prefigurazione (Romani 5:14).
Non si vuol negare la novità di un Gesù che è Figlio di Dio per natura essendo stato partorito da una vergine, ma solo ribadire che nel NT troviamo sviluppi dell’AT, non contrasti. D’altronde, se l’idea di una incarnazione di Dio fosse stata totalmente in contrasto con l’AT, com’è che Maria, gli apostoli e i primi cristiani (tutti di stretta osservanza ebraica) l’hanno potuta accettare senza eccessive difficoltà?

5. AD ABRAMO FU PROMESSO IL PARADISO?
Un vizio diffusissimo e applicato in vari modi è quello della “retroproiezione”, cioè dello spostare indietro ciò che invece è detto più avanti: come se la Parola di Dio avesse effetti retroattivi! Così Abramo viene tranquillamente posto sotto la Legge di Mosè ed i Vangeli vengono letti come se si riferissero a dopo la Pentecoste, come se contenessero già gli insegnamenti trasmessi poi da Paolo.
Il problema centrale dei cristiani è la salvezza eterna concepita come “Paradiso” e perciò viene loro spontaneo pensare che sia stato sempre così. Già il concetto cristiano di Paradiso – dove ci sarebbe una “beatitudine senza corpo” – è più platonico che biblico, perché nel NT si pone al centro la risurrezione, non il Paradiso. Gesù è presentato come “il Risorto”, che al suo ritorno realizzerà la risurrezione di quelli che hanno creduto in lui (Luca 14:14; Giovanni 5:29; Atti 1:22; 2:32; 3:15; 4:2,33; 17:18; 24:14-21; 1Corinzi 15; Romani 6:5; 8:11; 1Tessalonicesi 4:13-18; Apocalisse 20:4-6).
Gesù riuscì a trovare la rivelazione implicita della risurrezione già all’inizio della Bibbia (Matteo 22:31-32), ma Mosè non parla mai esplicitamente di una possibilità di vita successiva alla morte, né come Paradiso, né come risurrezione. Enoc ed Elia salirono in cielo con tutto il corpo (evidentemente trasformato con una specie di risurrezione) e furono senz’altro dei segnali importanti (Genesi 5:24; Ebrei 11:5; 2 Re 2:11), ma solo alla fine dell’AT c’è una rivelazione esplicita di una risurrezione su larga scala (Isaia 26:19 e, più chiaramente, Daniele 12:2,13).
L’essere amici di Dio o no, nell’AT, si rifletteva nell’arco della vita della persona e nei suoi discendenti, perciò chiederci se i vari personaggi che vi compaiono siano “salvati” o no è porre alla Bibbia un problema che non si pone e la cui risposta perciò non può essere “biblica”. Ad Abramo, insomma, non fu promesso il Paradiso, ma di sperimentare la benedizione nella sua vita e di avere una discendenza benedetta che avrebbe posseduto la “Terra Promessa” (Genesi 12:1-3,17).

6. IL NUOVO TESTAMENTO NON RACCONTA LA “CONVERSIONE DI DIO”.
I cristiani dichiarano giustamente che tutta la Bibbia è Parola di Dio, poi però è facile che considerino l’AT come un adattamento per un popolo ancora più o meno barbaro, “perdonando” a Dio la sua eccessiva severità soprattutto perché poi con Gesù sarebbe diventato buono! Come se l’Apocalisse non avesse Gesù al centro (per esempio, Apocalisse 1:44-17; 5:4-5; 21:22-24) e come se quel libro facesse parte dell’AT! Come se l’episodio di Anania e Saffira (Atti 5:1-11) non fosse del tempo apostolico! Come se il NT non fosse esplicitamente definito, proprio in un confronto su questo punto, più severo dell’AT (Ebrei 10:26:31; 12:25).
Ormai la cultura umana si è drammaticamente allontanata dalla Bibbia, che perciò risulta sempre meno comprensibile e ancor meno digeribile. È perciò inevitabile che la Bibbia oggi ci metta in crisi ma, piuttosto che far finta che dica altro, è meglio rifiutarla e litigarci, chiedendo a Dio di illuminarcela col suo Spirito.

7. IL NUOVO TESTAMENTO NON È IL “PIANO B” DI DIO.
Il “piano B”, in linguaggio militare, delinea una strategia nel caso fallisca l’obiettivo iniziale che ci si è proposti (che sarebbe il “piano A”). Qualcuno, di fatto, interpreta il NT come la descrizione del fallimento del “piano A” di Dio incentrato su Israele, con il conseguente ripiegamento su un “piano B” incentrato su tutti i popoli. Dio può essere quello i cui piani falliscono?
Pietro si affrettò subito a chiarire che gli Ebrei avevano potuto crocifiggere Gesù solo perché gli era stato “dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di Dio” (Atti 2:23) e Gesù stesso aveva chiarito agli apostoli che, nella sua crocifissione, si sarebbero adempiute “tutte le cose scritte dai profeti” (Luca 18:31).
È però l’Epistola ai Colossesi che traccia un quadro unitario di tutto il tempo biblico, incentrandolo su Cristo: perché nel passato sono state create tutte le cose per mezzo di lui e in vista di lui, perché nel presente è Cristo che sorregge tutte le cose, perché nel futuro egli avrà il primato ed il dominio su tutte le cose (Colossesi 1:15-20; 1Corinzi 15:25; Filippesi 2:9-10; Ebrei 1:2-3; 10:12-13).

8. LEGGE E GRAZIA SONO ALTERNATIVE?
In Galati si parla molto di legge e grazia, non possiamo però addentrarci nei dettagli, proponendoci solo di contrastare certe evidenti distorzioni.
C’è chi vede nella Bibbia un “tempo della legge” separato da un “tempo della grazia” e certamente sono due vie alternative che l’uomo può percorrere per cercare la salvezza: una sempre efficace, quella per grazia mediante la fede (Romani 3:23-24; 4:6,13); l’altra sempre inefficace, quella mediante propri sforzi morali (Romani 3:20; Galati 5:4).
Legge e grazia, però, come realtà, sono sempre presenti in tutta la Bibbia. Perché la legge riflette il carattere di Dio ed è costitutiva della natura umana, essendo in qualche misura scritta nella coscienza di ognuno (Romani 1:18ss; 2:15): non si può dunque avere una positiva relazione con Dio senza disporsi a rispettare la sua legge. Ma essendo l’uomo peccatore, appena Dio manifesta una sua qualsiasi legge, finisce che l’uomo la infrange e allora, se non si manifestasse subito la grazia di Dio, tutto finirebbe. Viceversa, una grazia senza legge non ha senso, perché senza legge non c’è neppure il peccato (Romani 4:15) e perciò non c’è neppure necessità della grazia.
La dinamica legge-peccato-grazia è presente fin dall’inizio della Bibbia e proprio quando si manifestò il massimo della legge (Sinai), divenne necessaria una sovrabbondanza di grazia verso un popolo che, nel frattempo, si era fatto come idolo un vitello d’oro. Non a caso è in quel contesto che troviamo forse i versetti nei quali compare più spesso la parola “grazia” (Esodo 33:12-18, sette volte in sette versetti).
Forse Cristo non parlò dei suoi “comandamenti” ed è forse facoltativo osservarli? (Giovanni 14:15-24). C’è poi da considerare che, seppure cambiano via via i modi nei quali vengono espressi, i fondamenti della legge di Dio sono molto semplici e costanti: amare Dio con tutto noi stessi, amare il prossimo come se stessi e fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi. Questa essenza della legge di Dio è presente dalla Genesi all’Apocalisse e certo non va presa come “scala da percorrere per la salvezza”, ma è stato sempre necessario specchiarsi in essa (Giacomo 1:22-25) per guardarci con gli occhi di Dio e farci da lui modellare.
Roberto Carson
00martedì 17 novembre 2009 18:44
PARTE II: Lettera di Bruno Burzi

Caro Fernando, (15/11/09)
ho letto con interesse e condivisione quanto hai scritto su Gesù Cristo Figlio di Abramo e credo che tu abbia ragione a vedere l'intero excursus biblico come un processo unitario, talvolta apparentemente in contraddizione ma sostanzialmente coerente. Ciò che mi rimane difficoltoso, nel leggere la Scrittura, è il mantenere una visione d'insieme; infatti è facile smarrirsi non conoscendo (e quindi non potendo fare) tutti i collegamenti che legano la storia biblica. Tu ci riesci benissimo e ciò dimostra non solo che sei un credente, ma anche uno studioso che ha lavorato e lavora molto per comprendere e far comprendere.
Quando ti ho inviato il commento su Galati non intendevo imbarcarmi in uno studio approfondito, impresa per me impossibile, ma volevo soltanto sottoporre alla tua critica quanto percepisco nelle mie sporadiche e distratte letture. Certo, tutto è avvenuto sulla scia delle tue valutazioni circa la famosa "pagina bianca" posta prima del NT che hai strappato, ma anche per come Paolo si rivolge agli ebrei (e non) del suo tempo, ricordando loro ciò che era accaduto (Gesù) e come questo avesse radici così profonde da oltrepassare la storia ebraica e giungere alle radici dell'umanità.
Con lo stesso spirito ti invio ora qualche riga di commento in seguito alla tua risposta. Non ce ne sarebbe nemmeno bisogno, in quanto tu stesso affermi di non rispondere direttamente a me, ma colgo l'occasione per fermare alcuni pensieri circa i vizi interpretativi da te evidenziati e nei quali cadono numerosi cristiani. Del tuo testo riporto solo il titolo che intendo commentare.

2. IL “VECCHIO TESTAMENTO” ESISTE?

Sono pienamente d’accordo: Antico Testamento invece di Vecchio Testamento; la discriminante mi pare sostanzialmente riassumibile come la relazione uomo Dio prima di Gesù (AT) e la rivelazione di Gesù (NT). É una divisione di comodo, sicuramente con significato temporale. Primo perché Dio è sempre lo stesso, altrimenti non sarebbe "l'Eterno" o "Colui che è" ecc. Secondo perché i Vangeli e gli altri scritti del NT sono orientati a correggere le storture dell'ebraismo del tempo e i difetti da sempre presenti nell'uomo carnale, invitandolo alla conversione verso l'uomo spirituale.

3. MOSÈ ERA UN FARISEO?

No certamente, ma molti fra il popolo lo erano e a questi Gesù dedica grande attenzione, additandoli come i veri ingannatori e nemici di Dio.Ho una grande stima di Paolo; i suoi scritti attestano e descrivono efficacemente la grande novità scaturita dalla vicenda terrena di Gesù ed aiutano a comprendere come dovrebbe essere la vita personale e sociale di un cristiano.
Paolo sostiene che la legge antica non va abolita ma superata; dato però che nessuno è in grado di osservarla fedelmente e pienamente, è maledetto dalla legge stessa: «Infatti tutti quelli che si basano sulle opere della legge sono sotto maledizione; perché è scritto: “Maledetto chiunque non si attiene a tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica”»; e ancora: «Così la legge è stata come un precettore per condurci a Cristo, affinché noi fossimo giustificati per fede» (Galati 3:10,24). Credo, come Paolo, che Mosè non fosse un fariseo, che la legge fosse giusta e che non sia stata inutile: aveva semplicemente esaurito la sua funzione sopra un popolo "di dura cervice", ribelle e incline a disubbidire.
Che fosse proprio questa la novità recata dal NT: IL SUPERAMENTO DELLA LEGGE in quanto anziché salvare poneva sotto condanna, per se stessa, la maggior parte delle persone? Paolo infatti scrive: «Egli ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e l'ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce» (Colossesi 2:14).

4. DIO IN FORMA UMANA: UNA NOVITÀ ASSOLUTA?

Sono d’accordo con quanto scrivi e faccio solo una piccola aggiunta. Credo che Gesù Cristo sia comunque la più alta ed esplicita manifestazione di Dio di tutti i tempi. Nessuno infatti aveva potuto affermare prima «chi ha visto me, ha visto il Padre» (Giovanni 14:9) e per nessuno Dio aveva pubblicamente attestato «questi è mio Figlio, colui che io ho scelto: ascoltatelo» (Luca 9:35).

5. AD ABRAMO FU PROMESSO IL PARADISO?

É vero, nell'AT il concetto di Paradiso (com'è inteso dai cristiani e specialmente dai cattolici) pare non esistere, mentre in primo piano vi sono i concetti di genealogia, di eredità, di benedizioni nella discendenza, ecc. E c'è anche un altro concetto, quello della risurrezione, di una nuova vita con un corpo incorruttibile, concetto fortemente sviluppato poi nel NT. Il luogo "magico" tanto caro ai cattolici, dove le anime leggere si involano subito dopo il decesso del corpo e lì rimangono in attesa della risurrezione della carne, è citato soltanto tre volte nel NT (Luca 23:43; 2Corinzi 12:4; Apocalisse 2:7) e forse questo termine può essere stato utilizzato per rivolgersi ad ascoltatori di cultura greca. Il sostantivo "Paradiso", come traduzione greca dell'ebraico "Eden", ha inglobato anche significati propri di questa cultura e forse più che ad un luogo può riferirsi ad una condizione: quella dell'uomo riconciliato.

7. IL NUOVO TESTAMENTO NON È IL “PIANO B” DI DIO.

No, non è il piano B, però il pentimento non è neppure un sentimento estraneo a Dio. Nella Scrittura (AT) infatti si legge spesso che Dio si pentì del male che aveva intenzione di fare (Genesi 6:6; Esodo 32:14; 2Samuele 24:16; 1Cronache 21:15; Salmo 106:45; Geremia 26:19; Amos 7:3; Amos 7:6 e Giona 3:10). Nel NT questo non accade mai e ciò fa pensare.

8. LEGGE E GRAZIA SONO ALTERNATIVE?

Vorrei precisare meglio il significato che attribuisco ai sostantivi legge, peccato e grazia. La prima legge di Dio per l'uomo fu quella di Genesi 1:28-29 e Genesi 2:16-17 ed era una legge molto semplice, fatta di un solo articolo; dopo vi fu la disubbidienza e le conseguenze, tra cui la cacciata da Eden. In Gen 4:26 si cominciò a invocare il nome del SIGNORE.
Non so se Noè osservasse una qualche "legge di Dio", ma probabilmente qualcosa faceva perché di lui la Scrittura dice: «Ma Noè trovò grazia agli occhi del SIGNORE»; e ancora: «Noè fu uomo giusto, integro, ai suoi tempi; Noè camminò con Dio» (Genesi 6:8-9). Evidentemente camminare con Dio vuol dire essere in armonia con lui e implica il significato di un comportamento apprezzabile secondo la Sua volontà. Dopo questo, e per molti secoli, non si sa se gli uomini giusti osservassero particolari raccolte normative per trovar grazia presso Dio.
Quella che Mosè diede al popolo uscito dalla schiavitù d'Egitto è invece un vero e proprio codice di norme, strutturato e onnicomprensivo, riguardante sia gli spetti religiosi che sociali. Una specie di costituzione corredata di norme e procedure di dettaglio. Questa "Legge", di per sé giusta e buona, ha evidenziato ancor più il peccato dell'uomo che scaturisce dalla sua natura ribelle e disubbidiente. In Romani 4:3 Paolo scrive: «Infatti, che dice la Scrittura? “Abraamo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia”». Credere in Dio non è una prescrizione normativa, caso mai è un aderire a ciò che si ritiene essere la volontà di Dio.
Perciò è vero, uno non può dire di credere in Dio se non osserva i suoi comandamenti, ma una cosa è se li osserva per evitare il castigo (pur non amando Dio), altra cosa è se li osserva perché ama Dio. Nel primo caso anche una sola trasgressione provoca le conseguenze previste, nel secondo caso può sperare nel perdono (la grazia), perché a chi ha molto amato molto sarà perdonato («Perciò, io ti dico: i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato», Luca 7:47). Gesù non è venuto ad abolire la Legge di Mosè, ma di fatto l'ha posta sotto un'unica superiore norma: la super Legge dell'Amore, lasciando poca speranza a chi non ama (Mar 10:21).
Roberto Carson
00martedì 17 novembre 2009 18:46
Risposta del Prof. Fernando De Angelis:

Caro Bruno, (17/11/09)
ti ringrazio per questo tuo nuovo intervento, fatto con un atteggiamento che definirei “convergente” e frutto di una impegnativa ricerca biblica: questo stimolo alla lettura biblica è per me un obiettivo prioritario e perciò mi fa molto piacere. Su alcune questioni sarebbe utile un approfondimento, ma è meglio non frammentare la trattazione dei problemi e rinviarli ad occasioni più sistematiche. Chiudiamo allora qui questo primo ciclo e spero che in seguito se ne possa aprire un altro.

Fernando De Angelis
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 12:02.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com