RIFORMA, INDULGENZE E BIBBIA

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Roberto Carson
00martedì 15 dicembre 2009 09:39
Dialogo fra Fernando De Angelis e “Guastafeste”

Caro Fernando, (6/12/09)
come tu sai le indulgenze furono il cardine della protesta luterana, cioè il motivo principale della Riforma protestante. Lo so bene che è paganesimo, ma hai mai pensato che forse hanno una "radice ebraica"? Infatti in Numeri 31:48-54 è scritto:
«I comandanti delle migliaia dell'esercito, capi di migliaia e capi di centinaia, si avvicinarono a Mosè e gli dissero: "I tuoi servi hanno fatto il computo dei soldati che erano sotto i nostri ordini e non ne manca neppure uno. Per questo portiamo, in offerta al Signore, ognuno quello che ha trovato di oggetti d'oro: bracciali, braccialetti, anelli, pendenti, collane, per compiere il rito espiatorio per le nostre persone davanti al Signore". Mosè e il sacerdote Eleazaro presero da loro quell'oro, tutti gli oggetti lavorati. Tutto l'oro del contributo che prelevarono per il Signore, da parte dei capi di migliaia e dei capi di centinaia, pesava sedicimilasettecentocinquanta sicli. Gli uomini dell'esercito si tennero il bottino che ognuno aveva fatto per conto suo. Mosè e il sacerdote Eleazaro presero l'oro dei capi di migliaia e di centinaia e lo portarono nella tenda del convegno come memoriale per gli Israeliti davanti al Signore».
Chissà perché non ci ho pensato prima, forse perché si associa il rito espiatorio al sangue degli animali che prefigurava quello di Cristo. Anche questa però è storia... e storia vera...
Guastafeste
Roberto Carson
00martedì 15 dicembre 2009 09:40
Risposta del Prof. Fernando De Angelis:

Caro Guastafeste, (13/12/09)
Non credo che le indulgenze siano state il cardine della Riforma (nel senso che tutto ruotasse intorno a quel punto), né credo che ne siano state il motivo principale, perché Lutero non intendeva certo accontentarsi del ritorno ad una prassi più sobria su quella questione. Mi pare invece evidente che quella gestione delle indulgenze sia stata la classica goccia che fece traboccare il vaso; infatti un “vaso” di opposizione a Roma e di desiderio di riforma si era andato riempiendo da ben 500 anni ed era ormai largamente condiviso da larghi strati della società occidentale, sia colti che popolari: questo è il motivo profondo del largo successo avuto dalla Riforma in vasti territori dell’Europa cattolico-romana. In Italia queste ragioni profonde non si capiscono o non si vogliono capire, in ogni caso si cerca non metterle in evidenza.
Prima dell’anno 1000 quasi nessuno contestava la leadership del vescovo di Roma e cominciò Pier Damiani (1007-1072) a parlare della necessità di una riforma della Chiesa, su una linea poi grossomodo seguita da Francesco d’Assisi (1182-1226). Gioacchino da Fiore (circa 1130-1202) annunciò addirittura la nuova epoca dello Spirito, epoca che sarebbe andata oltre quella di una Chiesa ormai superata, e Dante Alighieri (1265-1331) cominciò ben tre secoli prima di Lutero a mettere i papi del proprio tempo all’inferno. Lorenzo Valla (1405-1457) è sempre descritto come un raffinato umanista, invece non era solo quello perché, poco prima della Riforma protestante (1517), fece un’analisi della Chiesa cattolica che non fu certo più tenera di quella di Lutero. Ho fatta questa lista di contestatori italiani che erano e rimasero cattolici, tralasciando gli “eretici” nazionali ed esteri, quelli cioè che si opposero a Roma separandosene, dato che sono più noti.

Venendo all’episodio di Numeri 31 che riporti, c’è subito da dire che quel contesto non ha NIENTE a che fare con le indulgenze contro le quali si scagliò Lutero: di considerazioni da fare ce ne sarebbero molte, ma mi limito a qualcuna.
Il clero medioevale terrorizzava le folle facendogli balenare le pene del Purgatorio e le fiamme dell’Inferno: nessuno poteva essere sicuro di scamparle, ma i sacerdoti qualcosa potevano farlo, specie se ricevevano denaro. All’opposto, Mosè non accenna nemmeno – in modo esplicito – ad un “al di là”, collegando l’osservanza della Legge ad una benedizione in questa vita e sulla propria discendenza.
Non era certo un’abitudine dell’israelita il farsi settimanalmente un approfondito esame di coscienza e poi, se individuava qualche peccato, correre al Tempio (che poteva essere lontano anche centinaia di chilometri) per offrire sacrifici animali. Dio amava l’israelita a motivo dei suoi padri (Abramo, Isacco e Giacobbe), c’erano poi i sacerdoti che ogni giorno facevano i sacrifici espiatori a nome di tutto il popolo; all’israelita perciò di solito bastava andare a Gerusalemme nelle tre feste annuali comandate e, in quell’occasione, presentare un sacrificio animale, che in qualche caso assomigliava ad un festoso banchetto “alla brace” da farsi con gli amici (tale era il sacrificio di ringraziamento, Levitico 7:11-18).
L’insegnamento di dare un contributo materiale per sostenere il culto a Dio pervade tutta la Bibbia (decime e offerte varie), ma non è mai visto come un comprarsi i suoi favori, ma come l’onore fattoci di poter partecipare alla sua opera; nello spirito poi di chi dà a Dio non qualcosa di suo, ma di chi per ringraziamento restituisce a Dio parte di ciò che ha ricevuto, come ben esprime Davide: «Tutto viene da te; e noi ti abbiamo dato quello che dalla tua mano abbiamo ricevuto» (1Cronache 2914). I comandanti dell’esercito d’Israele si accorsero di aver già ricevuto da Dio il dono immenso della protezione di tutti i loro soldati e allora, in segno di riconoscenza, non vogliono prendere quell’oro che spettava loro come bottino. Si sentirono indegni di essere stati così grandemente beneficati e vollero confessare non qualche specifico peccato sul quale volevano che Dio chiudesse un occhio, ma piuttosto riconoscere che erano peccatori per natura. Non fu poi un dono ai sacerdoti, ma una deposito da custodire nel tempio come memoriale della benedizione ricevuta (anche se poi qualche sacerdote potrebbe averne abusato).
Sui sacrifici di animali nell’Antico Testamento abbiamo tutti delle idee a dir poco “approssimate”, perché nessuno di noi li ha vissuti. A me comunque sembra chiaro come i sacrifici fossero considerati delle forme, efficaci solo se esprimevano una sostanza fatta di rettitudine. Dio stesso ha permesso per due volte che venisse distrutto il suo Tempio, perché i riti che vi avvenivano non erano più un’educazione alla santità, ma con essi si cercava di coprire la malvagità (vedere, per esempio, Isaia 1:11-18).
Nel passo di Numeri 31 c’è la parola “espiazione” e riconosco che io non so darne una spiegazione pienamente soddisfacente, ma può darsi che per un rabbino non sia difficile armonizzarla col resto della Legge di Mosè. Concludo con un argomento che può apparire pretestuoso, ma che a me convince abbastanza: sono i donatori ad esprimere il desiderio che quei gioielli facessero “espiazione”, non è un’affermazione di Dio. È vero che Dio non la contesta, ma non contesta nemmeno Nabucodonosor quando – nel voler onorare il Dio Altissimo e Dio di Daniele di fronte ai suoi popoli – definisce Daniele in modo pagano, cioè come uno nel quale è presente «lo spirito degli dèi santi» (Daniele 4:8-18).
In ogni caso, quello di Numeri 31 è un episodio particolare, avvenuto in circostanze particolari e che non costituì certo una legge; c’è allora da considerare che quando un’eccezione contrasta la regola – se l’eccezione resta eccezione – non contraddice la regola, ma la rafforza.
Grazie, comunque, di averci dato occasione di riflettere sulla Bibbia.

Fernando
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