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Methatron
00sabato 11 giugno 2011 00:30
Una volta c'era il Faraone, la Piramide e gli Schiavi che la costruivano. Oggi c'è il capitalista, l'accumulazione degli interessi economici e il lavoratore salariato. Non è cambiato nulla tranne la prigione in cui gli schiavi si trovano. Una volta era chiara e l'autorità dei carcerieri veniva propugnata attraverso chiare manifestazioni di sopruso, di coercizione, di alienazione, di punizione, di terrore e paura. Gli operai e gli impiegati di oggi sono la stessa identica leva, la stessa ruota di un ingranaggio costruito solo per il benessere di pochi. L'autorità non è scomparsa, ha semplicemente cambiato vestigia trasformandosi da palese ad anonima, non più usando la frusta e la forca, ma la persuasione e la suggestione. Ogni cosa è pianificata, compresi i consumi che gli schiavi sono chiamati a perpetrare per il bene del sistema. Libertà e indipendenza sono gli slogan del potere d'acquisto, ma esso è pilotato e prevedibile dall'arte della persuasione in un processo di manipolazione che crea gusti e desideri standardizzati che si pieghino inconsciamente ai dettami del sistema, un consenso apparentemente libero e indipendente e per questo ancor più incatenante, alienante e schiavizzante perché strappato da un sottile processo di manipolazione sistemica. In questo meccanismo perverso l'essere è soverchiato dall'avere. Tu non vali per quello che sei, ma per quello che hai. Il tuo valore non è più misurato dalle tue qualità esistenziali, ma è misurato dal potere d'acquisto, dai tuoi averi. Il risultato è che se non possiedi nulla, non sei nessuno.

Per i teologi della Scolastica le teorie economiche venivano attuate in modo umano, ovvero l'economia era traducibile in un comportamento primariamente umano valutabile attraverso i criteri dell'etica umanistica. Ma nel XVIII secolo il capitalismo mutò gradualmente divenendo un sistema a sé stante, una macchina distruttiva, un organismo vivente e vorace, un sistema in evoluzione dotato di leggi proprie slegandosi dalla dipendenza dei bisogni umani e dall'umana volontà. Fagocitando nella sua marcia i più deboli (economicamente) ciò venne gradualmente accettato e il sacrificio dell'eliminazione delle piccole aziende in favore delle più grandi fu un atto dovuto poiché frutto di una legge di natura. Non era più importante cosa fosse bene per l'uomo, ma cosa fosse bene per lo sviluppo del sistema stesso.

Ciò ha portato alla compagine capitalistica odierna, alla strutturazione del sistema politico che è solo "un'ombra che il potere economico ha posto sulla società" (John Dewey). L'uomo è solo un ingranaggio in funzione del sistema disumanizzato e completamente economicizzato: sei un numero, un costo, una risorsa, ma non più un uomo. Questo ha portato profondi mutamenti di visione in virtù del sistema ed è avvertibile persino nella scambio idiomatico tra sostantivi e verbi. Il sostantivo designa un oggetto mentre un verbo connota un'attività o un processo. Sempre più spesso accade che vi sia una ingerenza di sostantivi per designare attività e processi il che è un uso erroneo del linguaggio: non possiamo possedere attività o processi, possiamo solo esperirli.

Facciamo un esempio:
- Ho un problema
- Ho l'insonnia
- Ho un matrimonio felice
- Ho molte preoccupazioni

- Sono (mi sento) agitato
- Non posso dormire
- Sono felicemente sposato
- Sono preoccupato

L'ingerenza del verbo avere denota tra l'altro il livello di alienazione a cui il sistema ci ha spinto: rileviamo l'esperienza soggettiva sostituendola dall'impersonalità del possesso. Non posso avere un problema poiché "problema" è un'espressione astratta né posso possederlo, viceversa il "problema" può possedere me. Trasformo me stesso in un problema e sono posseduto dalla mia stessa creazione. Un modo di esprimersi malsano che tradisce un'alienazione inconscia.

Cosa c'entra tutto questo con la foto che ho allegato?

Camminavo nel piccolo parco prospiciente la mia abitazione, mentre le risate di mio figlio echeggiavano facendo sorridere i passanti. Giocava con un bambino più grande. Lui tirava un supertele sgonfio, rosso, in una porta improvvisata con due involucri di estatè a fungere da pali e una siepe dietro le spalle a fungere da rete. Il bambino più grande in ginocchio s'improvvisava portiere e sceneggiava tuffi e parate. Mi avvicino ad un angolo del parco che dovrebbe essere curato alla memoria dei caduti. Come si vede il monumento con le chiare lettere è venato in quattro parti. Le corone d'alloro sono seccate, l'edera avanza e avidamente fagocita i nomi impressi nei listelli di marmo rosaceo, una panchina è posta irriverentemente a coprire le già vetuste corone d'alloro e a nascondere parte dei nomi come se l'avanzare dell'edera e del fogliame non fosse sufficiente a celare ciò che dovrebbe essere ricordato. Mi avvicino per leggere qualche nome, e scopro che nei listelli di marmo qualcuno è andato perduto o perché non impresso sufficientemente a fondo o perché gli agenti atmosferici hanno eroso e scolorito gli incavi.

Torno sui miei passi e medito quanto ho scritto. Se mio figlio gioca libero nel prato è perché qualcuno questa libertà l'ha pagata a caro prezzo. Ma se avessero saputo di barattare l'estremo loro sacrificio con quest'altra forma di schiavitù, forse più perversa e mefitica della prima, se vedessero quegli ideali di giustizia soffocati dalla disumanizzazione del sistema economico nel quale hanno creduto, se quelle risa che ora echeggiano si spegneranno sulle preoccupazioni del domani più prossimo e non vivranno quel futuro idealistico per il quale s'immolarono, se vedessero ora i loro nomi mal curati, semi cancellati, completamente ignorati da chi gli da le spalle sendendosi su quella panchina per riposarsi senza degnarli di uno sguardo... cosa farebbero delle loro vite?

Cosa farò io della mia? Quale futuro darò a mio figlio?

Spero tanto che il giorno di Geova non sia lontano...
Methatron
00sabato 11 giugno 2011 00:31
Non riesco ad allegare la foto perché troppo esosa in termini di allocazione memoria... [SM=g27995]
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