Sacra sindone e religiosità popolare

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Roberto Carson
00sabato 17 aprile 2010 18:54
Dora Bognandi - L’ostensione della sacra sindone a Torino, dal 10 aprile al 23 maggio, mobilita milioni di pellegrini, oltre a parecchie migliaia di volontari, religiosi, operatori turistici, commercianti, albergatori, forze dell’ordine, istituti bancari, istituzioni pubbliche e private.
Dopo il mito del santo Graal, coppa che sarebbe stata utilizzata nell’Ultima Cena da Gesù e successivamente da Giuseppe d’Arimatea per raccogliervi il suo sangue, probabilmente la sacra sindone è la reliquia più venerata. Reliquia è una parola latina che significa “resto” e si riferisce a una salma degna di venerazione, a parte di essa, o a un oggetto che ha avuto una relazione con il santo, vivo o morto. Il culto di tali resti si è diffuso, soprattutto, nel Cristianesimo cattolico e ortodosso.
I protestanti, fin dai primordi della Riforma, hanno preso le distanze da questa forma di religiosità popolare. Martin Lutero, negli articoli cosiddetti di Smalcalda (1537), definì le reliquie una cosa “senza fondamento nella Parola di Dio, non […] comandata, né consigliata”. Giovanni Calvino, nel suo Trattato sulle reliquie, evidenziando molti resti sacri clamorosamente falsi o la cui origine era del tutto fantasiosa, condannava duramente le forme di idolatria di cui erano oggetto.
Ancora oggi resta incomprensibile agli evangelici la venerazione delle reliquie, tra cui la sindone, perché l’accento della loro fede si pone sulla potenza dello Spirito Santo, sull’azione vivificante della fede in Cristo, sulla certezza della grazia immeritata che dà la gioia di vivere.
Alla sensibilità evangelica rimangono assolutamente incomprensibili i tanti contributi messi a disposizione per questa ostensione: oltre due milioni di euro da Comune e Provincia di Torino e dalla Regione Piemonte (quindi, da fondi pubblici), altrettanti da fondazioni bancarie, e cospicui contributi da Automobil club, Poste italiane, Ferrovie dello Stato, ecc.
Non vogliamo mettere in dubbio la sincerità dei sentimenti di così tanti credenti, né sminuire l’importanza che per loro riveste questo pellegrinaggio, ma, con tutto il rispetto, crediamo che si possa entrare in contatto con Gesù Cristo in maniera più diretta ed efficace attraverso la lettura delle Sacre Scritture, lo studio personale e comunitario del testo, la preghiera.
Alla creazione Dio non decretò nessun luogo od oggetto sacri perché nessun individuo fosse discriminato se non poteva entrarvi in contatto, creò invece un tempo sacro, il sabato, e in tal modo era lui a raggiungere tutti gli esseri umani, ovunque si trovassero.
Se Dio avesse voluto dare valore a oggetti o ad elementi biografici di Gesù Cristo o di altri personaggi biblici, non gli sarebbero certo mancati i mezzi per farlo. Invece, ritengo che volutamente abbia lasciato indefiniti oggetti, dati storici e geografici perché i credenti si concentrassero sul contenuto più che sulla forma del messaggio cristiano.

Tratto da: Notizie Avventiste - Anno XIII - N. 14 - 15.4.2010
(SimonLeBon)
00martedì 20 aprile 2010 23:11
Re:
Purtroppo questo tipo di "ausili" per l'adorazione sono certamente tipici del cattolicesimo, che li usa alla stessa stregua degli idoli del paganesimo antico (e moderno!).

Un ulteriore esempio sono le spoglie del povero "padre" Pio, ancora oggi propinate come oggetto di adorazione, prevalentemente per l'affezionatissimo popolo pugliese.

Naturalmente non sono da sottovalutare nemmeno i riscontri economici di questo tipo di affari. I pellegrinaggi e le ostensioni hanno sempre riempito le casse degli sponsor...

Simon
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