00 13/09/2009 23:41
4. CONCLUSIONE

Le questioni connesse a quanto espresso sopra non sono poche e di poco conto, ma queste riflessioni nascono in circostanze particolari e con un obiettivo semplice, che sarà bene chiarire.
Dal gennaio 2008 facciamo parte, con mia moglie, della Chiesa Evangelica “dei Fratelli” di Siena, dove ho iniziato ad esporre alcune considerazioni sul Vangelo di Matteo. Considerazioni subito impigliatesi nei molteplici aspetti di “Gesù Figlio di Davide” e “Figlio di Abramo”.
Gradualmente è emerso un disegno unitario della Parola di Dio, che collega la Genesi con l’Apocalisse in un’unità di fondo. Per approfondire il discorso e dar modo di fare domande, si è spostata l’esposizione dal culto domenicale allo studio biblico del giovedì, nel quale è presente un gruppo che ha dimestichezza con la Bibbia.
La Chiesa di Siena è concentrata sul testimoniare di Gesù con semplicità e sul fare, schivando le dispute dottrinali. È un atteggiamento che condivido pienamente, ma che potevo essere proprio io a minare, portando riflessioni suscettibili di contestazione. L’argomento “sana dottrina”, perciò, è stato affrontato con l’obiettivo di prevenire eventuali polemiche. A volte il dialogo può degenerare in disputa, mentre il mio desiderio era di continuare ad operare insieme agli altri con tranquillità e amicizia, al di là delle convinzioni che ciascuno ha maturato fino a quel momento. In fondo siamo tutti chiamati a continuare un percorso di approfondimento stimolato proprio da un pacato confronto fraterno, che deve rafforzare l’amicizia, senza cercare di stabilire chi abbia ragione (siamo tutti in difetto) e senza delineare un qualche tipo di gerarchia.
Le differenze dottrinali fra Gesù e la Samaritana erano molte (Giovanni 4), pure quelle fra Pietro e Cornelio (Atti 10), fra Paolo e il carceriere di Filippi (Atti 16:16-34). Per abbattere il muro delle differenze dottrinali e culturali bastò che quei pagani riconoscessero Gesù come loro Salvatore. Su quella semplice base si stabilì immediatamente una profonda condivisione, che aveva sì necessità di crescere (basta esaminare le Epistole di Paolo), ma in uno spirito di accoglienza e di amore fraterno, ben espressi da una nota frase di Paolo: «Accogliete colui che è debole nella fede, ma non per sentenziare sui suoi scrupoli» (Romani 14:1). In altre parole, chi aderisce ad una filosofia condivide una serie di concetti statici, ma la condivisione cristiana (comunione) è su altre basi, perché consiste nel guardare dinamicamente la persona di Gesù, verso il quale si sta camminando guidati dallo Spirito Santo. Era su questa base che Pietro e Cornelio si sentirono fratelli, nonostante le grandi differenze di conoscenza biblica e di provenienza culturale.
Se si è veramente forti – non a parole, ma come esempio di vita – e si è disponibili ad accogliere, non c’è bisogno di rincorrere i deboli per rimproverarli, perché sono loro stessi che desiderano star vicino a chi è in grado di sostenerli e farli crescere nella fede.
Nel passato è stato il cattolicesimo a fare grandi danni con l’Inquisizione ed i roghi. Oggi ci sono alcuni piccoli capi di piccole Chiese che sentenziano e scomunicano con un’incredibile pretesa di infallibilità, facendo danni piccoli come quantità, ma numerosi nel loro insieme e non certo piccoli per chi ne è vittima.
Confesso di essere stato influenzato anch’io, nei miei impeti giovanili, dallo zelo per una mal intesa “sana dottrina”, che però poi mi si è ritorta contro. Ne conosco perciò da vicino la pericolosità e per questo reputo necessario contrastarla… cercando di accogliere fraternamente e senza far polemica coloro che ne sono ancora vittime.



Per contatti: roberto.carson@tiscali.it