00 29/10/2009 17:46
1. FIGLIO DI ABRAMO, DAVIDE E GIUSEPPE: MA NON SOLO

A. Dettagli cruciali che tendono a sfuggire.

Sembra così semplice l’espressione che si trova all’inizio del Vangelo di Matteo: «Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abraamo» (“Abraamo” è la forma più corretta, ma noi preferiremo usare quella più comune di “Abramo”). Su “figlio di Davide” ci ho però scritto 16 pagine nella precedente raccolta – Gesù Cristo è lo stesso, dalla Genesi all’Apocalisse (fino 13/8/08) – ed anche ora si andrà un po’ per le lunghe. Anche perché via via si notano dettagli che sembravano trascurabili e che invece arricchiscono molto la comprensione: come quando abbiamo notato che “figlio di Davide, figlio di Abramo” non doveva farci pensare solo ai due progenitori, ma anche ai loro due figli principali, cioè Salomone ed Isacco.
Qui notiamo altri due dettagli rilevanti. Sul primo ci soffermeremo poco sotto e riguarda il fatto che Gesù, pur accettando di essere definito in base ai suoi progenitori umani, ci tiene anche a precisare che è non solo figlio degli uomini. L’altro dettaglio (sarà l’ultimo?) riguarda la virgola e lo affronteremo subito. Si sa che gli originali sono stati scritti con le sole maiuscole e senza punteggiatura. Se si mette la virgola dopo “Cristo” (Gesù Cristo, figlio di Davide) allora “Cristo” ha la funzione del cognome e “figlio di Davide” diviene una caratteristica aggiuntiva. Se invece la virgola viene posta dopo “Gesù” (Gesù, Cristo figlio di Davide) allora “Cristo figlio di Davide” diviene un tutt’uno. A noi moderni questo secondo modo non suona bene, ma è proprio quello che è più in sintonia col contesto ebraico, dove “Messia” (da cui deriva il greco “Cristo”) significa “unto” (sottointeso “col particolare olio a ciò destinato”). Insomma unto o messia o cristo era una connotazione generica, con la quale si indicava qualcuno o qualcosa che erano stati formalmente messi a parte per uno speciale servizio a Dio (Esodo 30:22-33; 1Samuele 16:12-13; 1Re 19:15-16; Salmo 2:1; Isaia 45:1). Dire “unto” in contesto ebraico, perciò, è come entrare in una scuola e cercare il professore: un’espressione che ha poco senso, essendocene tanti, e che perciò va specificata (il professor Tizio). Nel contesto greco-romano, invece, solo dell’unto Gesù se ne è avuta larga fama e allora non sono necessarie specificazioni.
Siccome Matteo è un ebreo che scrive per ebrei la storia dell’ebreo Gesù, svoltasi in contesto ebraico, allora la virgola credo che vada messa dopo “Gesù” (Gesù, messia figlio di Davide) e voleva significare che Gesù era quel particolare messia (cristo) che avrebbe ripreso possesso del Regno di Davide, come più volte e in più maniere era stato annunciato dai profeti e perciò atteso dagli Ebrei del tempo di Gesù (Salmo 45:6-7; Matteo 16:16; Luca 1:67,70; 2:11).
Affrontiamo ora l’altro “dettaglio”, più complesso e impegnativo, di Gesù non solo figlio degli uomini.



Per contatti: roberto.carson@tiscali.it