00 13/11/2009 18:18
Dialogo fra Fernando De Angelis e Luca Ciotta

Caro fratello Fernando, (30/10/09)
ti scrivo dopo aver letto e apprezzato il primo paragrafo su Gesù Figlio di Abramo e vorrei il tuo parere su alcune mie considerazioni.
1. Abramo è anche il “padre dei circoncisi (e degli incirconcisi) che credono, al quale la fede venne contata come giustizia” (Romani 4:11). É corretto affermare che Gesù, poiché figlio di Abramo, è parte della linea dei “graditi a Dio” in quanto credenti in Lui? Non so se Matteo aveva in mente specificamente quest’altro aspetto quando ne parlò evidenziando “Gesù quale figlio di Abramo” – in effetti ne parla l’apostolo Paolo, pur non facendo riferimento diretto a Gesù quale figlio di Abramo nel capitolo 4 di Romani (il brano vuole piuttosto dimostrare che tutti i credenti sono giustificati per grazia mediante la fede).
2. É corretto affermare che Gesù, a dodici anni, visse la sua Bar Mitzvah (Luca 2:41-52) e quindi la sua risposta è in questo senso “non arrogante” (“Perché mi cercate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?” – Luca 2:49)? In effetti nella Bar Mitzvah l’adolescente diveniva di fatto responsabile nei confronti della sua comunità e – in qualche maniera – passava dal padre terreno a Dio. In effetti, Luca ci dice che da quel tempo in poi – nel rapporto con i suoi genitori – “stava loro sottomesso” (v. 51), quindi non era ribelle, ma allo stesso tempo non “ubbidiva” a Giuseppe e Maria, come se fosse rimasto bambino. Ubbidiva a Dio ed era sottomesso ai suoi genitori.
3. Interessante affermazione su Isaia 61: il brano per i Giudei in effetti era da attendersi nella sua totalità. Mi viene da pensare – correggimi se sbaglio – che se Israele non avesse reietto il Messia Gesù probabilmente l’intera profezia del citato Isaia non avrebbe tardato ad adempiersi. Da “gentile” sono però grato a Dio, perché in questa maniera noi credenti, provenienti dal paganesimo, siamo stati innestati nell’ulivo “domestico”, che è e rimane Israele. Dobbiamo perciò, come ordina l’apostolo Paolo, esser riconoscenti a Dio per la sua bontà, non insuperbendoci (Romani 11:20-24). Attendiamo inoltre con impazienza la riammissione d’Israele che causerà la resurrezione dai morti (Romani 11:15). Tuo in Cristo. Luca Ciotta.


Risposta del Prof. Fernado De Angelis:

Caro Luca, (11/11/09)
Grazie per la tua partecipazione attiva al dialogo ed ho letto con attenzione il tuo scritto, al quale rispondo sinteticamente e suddividendo anch’io per punti.
1. Certo, il rapporto di Gesù col Padre dipendeva anche dal fatto che Gesù era “Figlio di Abramo” e doveva perciò realizzare le promesse fatte al progenitore. Evidentemente, però, gli aspetti più importanti della relazione fra Gesù e il Padre erano dovuti ad altro (per es. al fatto che il Padre aveva realizzato la stessa creazione per mezzo di Gesù, Giovanni 1:3; Colossesi 1:16).
2. Comincio con una considerazione sulla quale non sono documentato, ma quanto scrivi mi sembra improbabile perché la Bar Mitzvah (cioè il passaggio da bambino a “figlio della Legge”, cioè a persona adulta di religione ebraica) credo che fosse una cerimonia tipicamente famigliare. C’è però un’altra motivazione che ho già scritta da qualche parte e che penso spieghi meglio il comportamento di Gesù in quel caso ed è il particolare attaccamento di Gesù per il Tempio, un attaccamento così forte che per ben tre volte rende il suo comportamento incomprensibile a chi gli sta vicino: quando aveva 12 anni, quando rovescia i tavoli dei mercanti e quando afferma “distruggete questo Tempio ed in tre giorni lo farò risorgere” (Marco 11:15-18; Giov. 2:13-22).
3. Sulle profezie c’è un altro mio studio nel quale affermo che sostanzialmente l’AT non ha vere profezie su Gesù, nel senso che sono tutte chiare dopo ed a quello studio rimando.
Certo, da Cornelio in poi, l’ingresso dei pagani nel popolo di Dio è stato reso più facile e più sicuro, ma non è che prima ciò non fosse possibile o che i pagani non potessero rivolgere le loro preghiere al Dio d’Israele (vedere par. 4/B), perché anche i pagani erano figli di Noè (cfr. studio su Melchisedec); recentemente Sara Corazza mi ha fatto notare Amos 9:7, dove Dio arriva a dire: «Non siete forse per me come i figli degli Etiopi, o figli d’Israele?». Fernando.



Per contatti: roberto.carson@tiscali.it