00 03/12/2009 12:15
La spiegazione che ha postato Oreste mi pare tirata davvero per i capelli (e tra l'altro non è un'analisi ma una critica dove si parla di pregiudizio teologico...) e l'autore dimostra una fenomenale (o voluta?) ignoranza sulla differente utilità e destinazione d'uso tra una traduzione interlineare e una traduzione letterale... mah!


Ricordiamoci che Giovanni chiamò Cristo "la vita eterna" al versetto 11 e al primo capitolo:

IEP 1 Giovanni 1:2 "Poiché la vita si è manifestata e noi l'abbiamo veduta e ne diamo testimonianza e vi annunziamo questa vita eterna che era presso il Padre e che si è manifestata a noi "

Inoltre il solo titolo "vero" è attribuito anche a Cristo in Apocalisse 3,7: "Queste cose dice il Santo, il Vero ( ho alêthinos), colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre."



tipico esempio di prova che non prova nulla: se ragiono così devo pensare che il giudice Eud, che viene chiamato "salvatore" in Giudici 3:15, sia coeguale a Cristo e a Geova, cui pure viene attribuito tale titolo.


Alla luce di questi paralleli, dove Gesù è stato definito sia “il vero” sia “la vita eterna”,torniamo a rileggere il versetto 20 di 1 Giovanni 5: “Sappiamo anche che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere Colui che è il Vero. E noi siamo in Colui che è il Vero, nel[greco: en] Figlio suo Gesù Cristo: Egli [outos] è il vero Dio e la vita eterna.”

Se noi traducessimo "en" con "nel" Figlio suo, come fanno la maggioranza delle traduzioni rispettando il significato base di en, allora "il vero" sarebbe Gesù Cristo e non il Padre (in questo contesto ovviamente). Se fosse così allora sarebbe molto improbabile che outos (egli) si possa applicare al Padre, perché dovremmo andare addirittura al v. 18 per trovarlo come soggetto!



Qui, doppio errore. Il primo consiste nel pensare che outos non si possa riferire al Padre se c'è en. Una tesi del genere non concorda con la costruzione della frase di, ad es., Riv. 20:1. Il secondo è che nell'originale non si deve ovviamente "risalire" ad un versetto o due precedenti: i versetti semplicemente non ci sono!


Se invece traducessimo en con "per mezzo" come fa la TNM allora il vero è il Padre e il soggetto si avvicina:

TNM: "e noi siamo in colui che è il vero per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo".

Bisogna dire che il greco koinê attribuisce ad "en" i più svariati significati, e talvolta lo usa nel senso che ne hanno dato i TdG, tuttavia, non v’è alcun motivo, se non il pregiudizio teologico, per usare un significato secondario anziché quello basilare.



Bisognerebbe provare che il pregiudizio teologico consiste nel non accettare un'interpretazione trinitaria, cosa che non può fare per motivi di mero ordine storico: non posso tradurre "prima guerra mondiale" in un libro del 1925... e altrettanto non posso mettere in bocca a Giovanni, Ebreo contemporaneo di Gesù, una dottrina che la storia prova essere nata in tempi di molto posteriori.


Studiando Metzger ho imparato a tener conto delle varianti nel testo e qui ce ne sono proprio riguardo a ciò che precede en:

-Il Codice Vaticano riporta "e siamo nel vero" (maschile)
-Il Codice Alessandrino riporta "e siamo nel vero Dio"
-Il Sinaitico riporta "e siamo nel vero" (neutro)

Ora il vaticano e il sinaitico precedono l'alessandrino di quasi un secolo e di solito sono considerati più autorevoli, questo fatto unito alla regola della filologia in base alla quale la forma più difficile (lectio difficilior) è generalmente quella autentica, mi porta a considerare che la frase senza "dio" sia quello che Giovanni scrisse. Se egli avesse scritto "il vero Dio", ai copisti degli altri manoscritti non sarebbe mai venuto il pensiero di cancellare "Dio" nel testo, mentre è più probabile che lo abbiano aggiunto per rendere più comprensibile il testo.



Se Dio dopo Vero è un'aggiunta, il problema non si pone e il nostro amico si dà la zappa sui piedi da solo e conferma che la lezione è posteriore.... pregiudizio teologico?


La nuova CEI anche se ha mantenuto la tradizione alessandrina e della Vulgata ha corretto il tiro:

"E noi siamo nel vero Dio, nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna."

In questo modo il Figlio viene chiamato "vero Dio" per ben due volte.



Mi venga spiegato perchè la nuova Cei o la "tradizione" del codice alessandrino (peggio, della Vulgata) dovrebbero essere normative!


La TNM nella sua versione interlineare che ha il WHO come testo critico base è costretta a tradurre senza "Dio" e rende "en" con "nel" proprio come fanno la maggioranza delle traduzioni, ma poi i traduttori rendono il passo nel testo a fronte come sappiamo.



Già commentato. Un errore così banale può invalidare tutto il copia incolla fatto dall'amico...