Risposta del Prof. Fernando De Angelis:
Caro Bruno, (9/1/10)
dopo una prima veloce lettura, mi sembrava più semplice e rapido risponderti, facendo invece più attenzione mi sono accorto che sollevi questioni importanti, sulle quali ci sarebbe da dilungarsi non poco e forse farci anche degli articoli a parte, cosa che ora non posso fare e perciò, più che darti una risposta adeguata, ti accenno ciò che – a tua volta – mi hai “stuzzicato”.
Quella derivante dalla Bibbia è anche definita come “cultura della parola” e le tavole della Legge furono addirittura scritte “col dito di Dio” (Esodo 31:18), con molte parti della Bibbia riportate come fossero un “resoconto stenografico” di esplicite parole dette da Dio stesso. Mosè scrisse perché fu Dio a comandarglielo (Esodo 17:14; 24:4), i profeti hanno scritto (Isaia 30:8; Geremia 30:2) e Gesù avallò pienamente questo metodo, dando piena autorità alla Parola scritta (Luca 16:29).
È perciò infondato che il Dio biblico non usi la parola, ma forse la tua domanda è giustificata dal fatto che si è data troppa importanza al testo scritto, trascurando il fatto che Dio ci ha dato le sue parole non inviandocele “per posta”, ma accompagnandole con la sua presenza: sia nel momento della rivelazione (Eden, Esodo, Vangeli e non solo), sia poi con l’applicazione alla nostra vita che ne fa il suo Spirito (anche nell’Antico Testamento, vedere per esempio Numeri 11:16-17).
I passi biblici che tu porti sono pertinenti, ma vanno visti nel loro contesto generale e “incastrati” con altri passi biblici che sembrano contraddirli. Proverò a farne un telegrafico commento.
Ebrei 8:10-11 ed Ezechiele 36:26-27. Credo che la visione che ha la cristianità sul “Nuovo Patto” sia alla base di gran parte delle distorsioni dell’Antico e del Nuovo Testamento. I profeti dell’Antico Testamento avevano annunciato la venuta di un Messia che avrebbe instaurato un Regno di Dio politico, che avrebbe rimesso a posto perfino la natura (leoni ridiventati erbivori e vipere non più velenose, Isaia 11:5-10) e con credenti che avrebbero avuto le leggi di Dio scritte nei loro cuori. È noto che i leoni non sono ancora diventati erbivori, che le vipere non sono ora innocue e che la politica di oggi non è gestita direttamente da Gesù. Le chiese fatte di credenti che hanno le leggi di Dio scritte nei loro cuori e che perciò non hanno bisogno di istruzione sono invece ben presenti nella mente dei teologi, ma nessuno le ha mai viste! Eppure su questa illusione si basa non poca della teologia che si definisce “cristiana”. Gesù ha avviato molte cose, ma un conto è la caparra che ci ha lasciata, un altro conto è il pieno adempimento del suo piano.
Romani 2:15. Dal contesto di Romani mi sembra evidente che la legge di Dio scritta nella coscienza è sufficiente per produrre una condanna anche dei non Ebrei, mentre per la salvezza è necessaria quella predicazione della “pazzia di Dio” che non sale spontaneamente dal cuore dell’uomo (Romani 10:14-17; 1Corinzi 1:23; 2:9).
2Corinzi 3:3. Hai ragione nel rilevare che non possono essere le parole in sé a scrivere nei cuori; le parole di Paolo avevano un grande significato per la vita che Paolo mostrava e dall’essere stato a suo tempo lì presente: ciò però non toglie che Paolo a Corinto parlò molto e poi scrisse pure. Insomma, nel valorizzare un aspetto, non bisogna dimenticarsi degli altri.
Marco 12:28-34 e Luca 10:25-28. «Ama il prossimo tuo come te stesso» è una citazione che Gesù trae dall’Antico Testamento (Levitico 19:18). È una legge che sembra essere intuitiva, scontata e semplice, ma non credo che in effetti lo sia. Molto più popolare è una sua “traduzione” più facile: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Ci sono tanti modi di amare il prossimo e ci vuole tanta forza per farlo, credo perciò che senza la guida e la forza di Dio, l’amore per il prossimo resti per lo più un “pio desiderio”.
Grazie per gli stimoli e la partecipazione.
Fernando De Angelis
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