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L'Esperto Risponde - Domande sulla Teologia dei Testimoni di Geova
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Importanza dell'uso del nome di Dio
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CieloSegreto
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12/02/2010
10:49
La conoscenza del nome come potere.
Presso gli ebrei (e, quindi, nella Bibbia) c’era il concetto che conoscendo il nome di qualcuno si poteva esercitare un certo potere su di lui. Ciò appare da subito. Dopo che il primo uomo fu creato, Dio gli fece passare in rassegna tutte le bestie: “Le conduceva all’uomo per vedere come avrebbe chiamato ciascuna; e in qualunque modo l’uomo la chiamasse - ciascun’anima vivente - quello era il suo nome. L’uomo dava dunque i nomi a tutti gli animali domestici e alle creature volatili dei cieli e a ogni bestia selvaggia del campo” (
Gn
2:19,20). In questo modo Adamo poneva la sua autorità sugli animali, conformemente al piano divino: “Tenete
sottoposti
i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e ogni creatura vivente che si muove sopra la terra”. -
Gn
1:28.
Questo concetto risulta chiaro in
Is
43:1, dove Dio dice ad Israele: “Non aver timore, poiché io ti ho ricomprato. [Ti]
ho chiamato per nome
. Sei mio”. Si noti il parallelismo: “[Ti] ho chiamato per nome” = “sei mio”.
Israele, orgogliosa della sua appartenenza a Dio, dice: “Ascoltatemi, o isole, e prestate attenzione, gruppi nazionali lontani. Geova [Yhvh] stesso mi ha chiamato fin dal ventre. Dalle parti interiori di mia madre
ha menzionato il mio nome
”. -
Is
49:1.
Proprio perché c’era l’idea che conoscendo il nome di una persona si poteva in certo qual modo padroneggiarla, gli esseri spirituali nascondono il proprio nome. All’angelo che ha lottato con Giacobbe, costui chiede: “Dichiarami, ti prego, il tuo nome”. L’angelo capisce, e controbatte: “Perché domandi il mio nome?”. E non glielo rivela, limitandosi a benedirlo: “E lì lo benedisse”. -
Gn
32:29. La donna di
Gdc
13:6, che ha ricevuto la visita di un angelo, dice poi che l’angelo non le “ha dichiarato il suo nome”. Quando Manoa domanda il nome di un angelo, questi gli risponde: “Perché devi chiedere del mio nome, quando esso è meraviglioso?” (
Gdc
13:18); più che “meraviglioso”, la Bibbia dice
פלאי
(
fèly
): “misterioso”. Ci sono solo due casi in tutta la Bibbia in cui si conosce il nome di un angelo.
L’angelo Gabriele apparve a Daniele (
Dn
8:15-17;9:20-23), a Zaccaria (
Lc
1:11-20) e a Miryàm (
Lc
1:26,27). Si tratta di uno dei due soli angeli che dichiararono il loro nome. Il fatto è eccezionale. In
Lc
1:19 Gabriele di identifica così: “Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio”. Lo stare in piedi davanti a un’autorità denotava favore e riconoscimento ufficiale, dato che per entrare alla presenza di un re ci voleva un permesso (
Pr
22:29; cfr.
Lc
21:36). Si tratta quindi di una figura speciale. Gabriele, va chiarito, è un
angelo
, non un arcangelo (come erroneamente denominato dai cattolici): “L'
angelo
[greco ἄγγελος (
ànghelos
)]Gabriele” (
Lc
1:26,
CEI
, versione ufficiale della Chiesa Cattolica). Speciale è anche la posizione di Michele, l’altro solo angelo di cui si sa il nome. Si tratta di un arcangelo (
Gda
9). Nelle parole rivolte a Daniele, Michele è chiamato “il vostro principe”, “il gran principe che sta a favore dei figli del tuo popolo” (
Dn
1013,20,21;12:1). Dato questo titolo, c’è motivo di pensare che Michele fosse l’angelo che guidò gli israeliti nel deserto (
Es
23:20,21,23;32:34;33:2). Questa conclusione sembra confermata dal fatto che “l’arcangelo Michele ebbe una controversia col Diavolo e disputava intorno al corpo di Mosè”. —
Gda
9.
Se degli angeli reagirono così riguardo al proprio nome, come doveva – a maggior ragione – reagire Dio quando Mosè gli domandò il suo nome? Prendendola molto alla larga Mosè disse: “Supponiamo che ora io sia andato dai figli d’Israele e realmente dica loro: ‘L’Iddio dei vostri antenati mi ha mandato a voi’, ed essi realmente mi dicano: ‘Qual è il suo nome?’ Che dirò loro?”. -
Es
3:13.
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