00 13/02/2010 13:41
Caro Spirito,


Presso gli ebrei (e, quindi, nella Bibbia) c’era il concetto che conoscendo il nome di qualcuno si poteva esercitare un certo potere su di lui



L'equazione presso gli ebrei (e quindi) nella Bibbia mi pare un pò forzata. L'idea che conoscere il nome di qualcuno significasse esercitare un potere su di lui non mi pare che traspaia così chiaramente dalle Scritture, gli esempi che posti indicano piuttosto che "portare" il nome di qualcuno o "invocare" il proprio nome su qualcuno indicava metterlo sotto la propria autorità o protezione, ma è una situazione diversa rispetto all'uso apotropaico dei nomi divini o all'idea ellenistica che Dio non avesse un nome perché conoscendo il nome di una persona si poteva in certo qual modo padroneggiarla. Tanto è vero che Dio rivela il suo Nome all'umanità senza problemi, e solo in seguito si cominciò a non pronunciarlo più, forse a partire dal III secolo a.C. anche se in certe circostanze è dimostrato che fosse conosciuto ed usato.

Sul significato del nome (in generale, non solo di Dio) nelle scritture e nella letteratura e sullo sviluppo storico e filosofico di questo concetto che portò, appunto, al risultato di smettere di usarlo, ti rimando comunque all'erudito saggio di Gerard Gertoux, Storia del Nome di Dio, Azzurra7.

Precisato ciò, non è certo questo il motivo per cui i testimoni di Geova fanno uso del Nome Divino. Per i TdG il Nome Divino non ha alcun significato magico o apotropaico (tanto è vero che usiamo una forma italianizzata) e conoscerlo non significa esercitare un potere su Dio, semmai il contrario: invocare il suo Nome significa riconoscerne l'autorità assoluta, e sottomettersi sotto tale autorità, rappresentata dal Nome.

Shalom

[Modificato da barnabino 13/02/2010 14:10]
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