00 23/02/2010 14:42
Per quanto mi riguarda, la discussione è chiusa
Bruciolis, perché attacchi con frecciatine personali? Non darmi risposta: dalla a te stesso.   Tu scrivi: “Pietro non sta certo dicendo che il nome ‘cristiani’ sia infamante”, poi mi suggerisci di approfondire e mi  esorti: “Vai fino in fondo”. M’inviti a nozze.   Punto due. Tu affermi: “Non mi sembra proprio che furono . . . gli abitanti di Antiochia a chiamare cristiani i discepoli di Cristo, poiché non viene usato il suffisso eios, ma ianos (sarebbe ‘cristei’, non cristiani)”.    Bene. Iniziamo dal punto due. Non ho capito come un prefisso possa determinare chi fu a dare il nome di “cristiani” ai discepoli. Comunque, la parola è Χριστιανος (christianùs); il suffisso -ος (-us) è la desinenza dell’accusativo plurale. Vediamo At 11:26 nel testo biblico originale: χρηματσα τε πρτως ν ντιοχείᾳ τος μαθητς Χριστιανοςchrematìsài te pròtos en Antiochèia tus mathetàs chistianùsaver ricevuto nome per la prima volta in Antiochia i discepoli cristiani   Il verbo χρηματσα (chrematìsài) è all’aoristo infinito. Il tempo aoristo indica il greco un’azione subitanea; per capirci: improvvisamente, d’un tratto, ricevettero quel nome. Chi diede loro quel nome? Il testo non lo dice chiaramente, ma la specificazione “in Antiochia” fa presumere che fosse la gente del posto a dare il nome. La testimonianza storica lo conferma. Tacito, sotto l’imperatore Traiano (117-138 E. V.) scrisse: “Nerone senza strepito sottopose a processo e a pene straordinarie, perché invisi per i loro misfatti, coloro che il volgo chiamava cristiani”. - Tacito, Annales 15,44; corsivo, grassetto ed evidenziazione aggiunti per enfasi.   Da notare che subito dopo aver riportato questo evento, Luca (lo scrittore di Atti) al v. 29 dello stesso capitolo riprende a usare il nome consueto: “discepoli”. Né Luca né gli altri scrittori ispirati applicarono mai il nome “cristiani” ai discepoli. Questo nome lo troviamo solo qui, poi in bocca ad un pagano (Agrippa) e Paolo non lo ripete ma lo sostituisce. Infine, per l’ultima volta, lo troviamo in bocca a Pietro. E qui passiamo al punto uno.   Pietro inizia col dire: “Se siete biasimati [νειδζεσθε (oneidìzesthe), “oltraggiati”] per il nome di Cristo, felici voi” (1Pt 4:14). E questo stabilisce l’argomento del contesto: sono oltraggiati. Poi prosegue (v. 15) dicendo, non “comunque” (TNM), ma μ γρ (me gar), “non infatti”. E questo “infatti” dà la motivazione (con ciò che sta per dire) di quanto ha appena detto. “Non infatti [μ γρ (me gar)] qualcuno [τις (tis)] di voi soffra come assassino o ladro o malfattore”. Fin qui Pietro sta dicendo: Se vi oltraggiano a motivo del nome di Yeshùa, siatene felici, infatti non dovete soffrire perché siate assassini o ladri o malfattori. Poi prosegue: “Ma se [soffre] come cristiano, non provi vergogna”. Pietro aveva detto, poco prima, di non prendersela se sono oltraggiati “per il nome di Cristo”. Ora dice che se soffrono come “cristiani” devono considerarlo un vanto. Si noti la correlazione: “Come [ς (os)] assassino o ladro o malfattore”, “Come [ς (os)] cristiano”. Le posizioni sono equiparate, ma con una grande differenza: 1. Non devono soffrire perché siano assassini o ladri; 2. Soffrendo perché oltraggiati col nome di “cristiani”, non se ne vergognino. E conclude esortando a continuare “a glorificare Dio in questo nome”. Non con questo nome, ma “in [ν (en)] questo nome”.       Bruciolis, ora lasciamo cadere l’argomento. Di materiale ne ho esposto. Chi vuol capire, capisca. Chi vuol continuare a usare la parola “cristiano”, la usi. Ma sappia almeno che nella Bibbia compare solo tre volte e nelle modalità su esposte. Se fosse stata accettata, credo nelle Scritture Greche dovremmo trovarla in continuazione. Così non è.