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Ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani” (At 11:26). Già qui possiamo notare due aspetti: a) Luca li chiama “discepoli”; b) Luca dice che non furono i discepoli a darsi quel nome di “cristiani”, ma che essi “furono chiamati” così.   Evidentemente fu la gente di Antiochia che non apparteneva alla congregazione dei discepoli a dare quel nome. In tal modo, quella gente affibbiava loro un epìteto. Dato che “cristo” significa  “unto”, era come definirli “untuani” o “messianisti”. Accade anche oggi che vengano affibbiati dei nomi con un che di denigratorio, come ad esempio quando si definiscono “russelliti” gli Studenti Biblici oppure quando si definiscono “geovisti” i Testimoni di Geova. O, ancora, quando si definiscono “papisti” i cattolici. Quel nome di “cristiani” fu quindi un appellativo non molto cortese per classificare i discepoli di Yeshùa.   Che così sia avvenuto è testimoniato anche da Tacito, che sotto l’imperatore Traiano (117-138 E. V.) scrisse: “Nerone senza strepito sottopose a processo e a pene straordinarie, perché invisi per i loro misfatti, coloro che il volgo chiamava cristiani”. - Tacito, Annales 15,44; corsivo e grassetto aggiunti per enfasi.   In TNM si legge: “Fu ad Antiochia che per la prima volta i discepoli furono per divina provvidenza chiamati cristiani”. L’espressione “per divina provvidenza” è un’aggiunta (come tale dovrebbe essere messa tra quadre): non compare nel testo greco. Inoltre, il verbo greco è χρηματίζω (chrematìzo) che significa: “trattare, dare un nome”.