00 26/02/2010 12:00
Risposte a W. Simoni e a Delemme
CaroWalter Simoni, comprendo la tua difficoltà – da occidentale - a comprendere il linguaggio concreto ebraico in sostituzione delle astrazioni. Vediamo se possiamo ragionare da un altro punto di vista su Gv 17:5: “Ora, Padre, glorificami presso te stesso con la gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse” (TNM). Intanto, riferiamoci al testo biblico che dice, parola per parola: “Ora glorifica me tu, Padre, presso te stesso con la gloria che avevo prima che il mondo fosse presso di te”. Non so perché TNM eviti di tradurre il secondo “presso di te”, ma questo nel testo c’è ed è nella stessa identica costruzione: παρ σεαυτ (parà seautò), “presso te stesso”; παρ σο (parà sòi), “presso di te”.   Ora, si noti che esattamente come la gloria (la gloria, e non Yeshùa) era presso Dio, nello stesso modo anche il mondo era presso Dio. Che vuol dire che il mondo era presso Dio? La preposizione parà (παρ) seguita dal dativo (come nel nostro caso) la troviamo in Lc 2:52 che TNM traduce “nel favore di Dio” (greco: παρ θε, parà theò). Ora attenzione a Rm 12:16, che TNM traduce così: “Non divenite discreti ai vostri propri occhi”. Il testo biblico ha qui παρ' αυτος (par’autòis), “presso voi stessi”. Inizi a capire? Ora sarà più chiaro con 2Cor 1:17: “In me ci sia il ‘Sì, Sì’ e il ‘No, No’” (TNM). Ciò che TNM rende “in me” è nella Bibbia παρ' μο (par’emòi), “presso di me”. Meglio di così! Ora, se vogliamo mettere in occidentale Gv 17:5, conformemente al senso di parà seguito dal dativo che ho esposto, si ha: “Ora glorificami tu, Padre, con la gloria che avevo in te prima che il mondo fosse in te”. - Dia. F. Delemme, dici cose corrette ma nel contempo confondi. Tu scrivi : “Non dimentichiamoci che tutti o quasi tutti i concetti biblici hanno come punto di partenza la realtà”. Io mi permetto di correggere: Tutti i segni biblici hanno come punto di partenza la realtà. Per non occidentali un simbolo è un simbolo e basta, per i semiti il simbolo presupponeva la realtà. Compiendo il simbolo si compie la realtà. Ma nella questione della gloria che era presso Dio (in Dio, come abbiamo visto) il simbolo non c’entra. Qui si tratta di astrazione, non di simbolo. L’occidentale dice: Ho questo in mente (astrazione); il semita diceva: Questo era presso di me (concretezza). Il rischio per l’occidentale è di leggere alla lettera e capire che “questo” fosse materialmente preesistente.   Mi chiedi di spiegare cos’è la “parola” di Gv 1:1,2. L’ho fatto altrove in altre discussioni, ma ripeto: la “parola” è ciò che è in tutto il resto del vangelo giovanneo, ovvero la parola di Dio, quella che Dio usò nel creare ogni cosa, come detto in Sl 33:6: “Mediante la parola di Geova furono fatti gli stessi cieli, E mediante lo spirito della sua bocca tutto il loro esercito” (TNM). Questa stessa parola divina scese nell’uomo Yeshùa che quindi non disse parole sue, ma di Dio. Qui non c’entra l’astrazione. Gn 1 afferma che Dio creò usando la sua parola; Gv 1:1, richiamandosi a ciò, spiega che quella parola divina che appartiene e a Dio si è fatta carne “ponendo la tenda” fra noi. – 1:14.