00 10/03/2010 17:50
6. ANCORA SU EVOLUZIONE E CREAZIONE. CONCLUSIONE (MF)

Si dice, sostanzialmente, che non solo è importante il fatto che Dio abbia creato l'universo, come molti accettano, ma anche il modo in cui è avvenuta la creazione è quasi altrettanto importante: perché? Se capisco bene la ragione che adduci è che l'uso di un processo crudele, quale l'evoluzione mediante la selezione naturale del più adatto, non è degno di Dio e non si confà ai suoi caratteri. Cerchiamo di distinguere: se il processo fosse più gentile, ma comunque diverso da una creazione letterale di sei giorni, sarebbe più accettabile? Il modo è importante solo per i suoi aspetti morali? Se sì, capisco il problema. Ma vorrei farti osservare che stiamo portando ancora una volta la discussione su un piano diverso. Ammesso e non concesso che ci siano elementi probanti l'evoluzione, i nostri sentimenti non ci possono fare proprio nulla, sono ininfluenti. Solo qualora si dimostrasse che due ipotesi sono ugualmente valide e verificabili un criterio accessorio di giudizio pu• essere di carattere morale. Si potrebbe qui stabilire un parallelo con le due teorie della luce, corpuscolare ed ondulatoria, ma in questo caso si è preferito accettare di convivere con ambedue e non adottare un criterio arbitrario di scelta.
Il punto essenziale, comunque, a me pare che stia nel fatto che il problema venga radicalizzato tra due sole alternative: evoluzione cieca per mutazioni casuali e selezione naturale, oppure creazione letterale in 6 giorni di 24 ore, zero minuti e zero secondi, con in più, per buon prezzo, solo 4.000 anni fa.
Attaccarsi rigidamente a quest'ultima concezione ci fa essere anacronistici, ma questo non è necessariamente negativo: vivremmo nel 2.000 e useremmo tutti i suoi strumenti, ma quanto alla storia naturale della terra resteremmo fermi a quanto Mosè ricevette in proposito. Comunque non ci potremmo sottrarre alle evidenze della natura; dovremmo pur dire qualcosa dei fossili, del petrolio e di altro, ma qui per favore siamo seri, non arrampichiamoci sui vetri.
Non è nemmeno necessario attaccarsi all'alternativa evoluzionista, che è solo un'ipotesi, anzi qualcuno ha dimostrato che essa è statisticamente impossibile, a meno che non si introducano ipotesi aggiuntive non dimostrabili: spinta organizzatrice interna alla materia? Interventi creativi distinti e successivi? Pilotaggio di Dio a livello delle singole molecole nelle mutazioni? Quindi tutte le critiche alla teoria evoluzionista (lasciamo stare i ciarlatani dell'evoluzione) sono sante e necessarie.
Perché non possiamo fermarci a questo punto? Perché non cerchiamo di dare semmai anche noi il nostro umile, onesto contributo alla comprensione dei fenomeni e allo sviluppo della conoscenza, serbando in cuore un messaggio che ci viene dal profondo dei secoli, che ci è spiritualmente chiaro e tecnicamente da reinterpretare ogni giorno, alla luce di ciò che il Signore ci permette di capire della sua creazione? Il campo è aperto, lavoriamoci con fiducia, non facciamo battaglie di retroguardia, cerchiamo di adempiere al compito che il Signore ha affidato all'uomo!

Concludendo e riassumendo, secondo me la Bibbia ci trasmette un messaggio spirituale e globalmente storico; i fenomeni fisici, che non sono mai scopo primario del testo, vengono descritti con i limiti del linguaggio e della cultura dei suoi autori umani. Perciò l'informazione che questi testi ci possono trasferire viene attualizzata e resa leggibile oggi attraverso la conoscenza scientifica della natura. Quando ci sono contrasti tra le due letture si può solo sospendere il giudizio, in attesa che lo sviluppo della scienza e della comprensione dei testi ci porti qualche lume.
I problemi non ci devono comunque preoccupare, perché sono assolutamente marginali rispetto al messaggio di Dio.
È impegno dello scienziato credente controllare che ciò che viene proposto come conoscenza scientifica sia veramente tale e non mera ipotesi; è altresì suo impegno essere altrettanto serio nelle sue proposte di ipotesi alternative.
La conoscenza scientifica ha dei limiti che non può superare; l'uomo deve usare anche altre fonti ed altri strumenti per la complessità del suo sapere.
Il messaggio di Dio all'uomo è di tipo spirituale e morale, non informativo ed intelletuale; esso è rivolto a tutti, piccoli fanciulli ed ignoranti compresi.
La rivelazione è rivelazione del Vero, cioè Cristo, più che di una verità intellettuale, e la conoscenza a cui siamo chiamati è la conoscenza di Lui.

Marcello Favareto

RISPOSTA AL PUNTO 6. CONCLUSIONE (FDA)

Non me la prendo con i concordisti, ma col Golia evoluzionismo. Di fronte alla forza della sua propaganda e alla mancanza di strumenti da parte dei credenti, molti hanno dovuto subire. Perché ce l'ho tanto con l'evoluzionismo? Semplice, perché quando mi proposero di prendere sul serio la Bibbia, mi rifiutai dicendo che l'evoluzione dimostrava che la Scrittura andava presa in modo molto elastico.
Alfredo Terino, che essendo americano aveva evidentemente beneficiato del lavoro dei creazionisti di quel paese, mi mostrò logicamente che l'evoluzionismo aveva poca consistenza. Certo, la cosa più importante e difficile fu quella di superare, con l'aiuto dei credenti, gli ostacoli spirituali e morali, ma la grossa pietra di sbarramento dell'evoluzionismo non c'era più. Anzi, si era trasformata in un trampolino di lancio. Da allora il prendere alla lettera la Bibbia per me è stato un percorso obbligato ed una scommessa continua, ma anche una bella avventura.
Il Golia evoluzione ha costretto i credenti a rifugiarsi nelle caverne di un'interpretazione della Bibbia elastica, anzi elasticissima. Quando il campo di battaglia è signoreggiato da Golia (1Sam. 17), si può credere solo "spiritualmente" nella sovranità di Dio e in certe sue promesse. Golia fa subito pensare alla vittoria di Davide, ma nella Scrittura ci sono anche esempi di uomini retti che vengono uccisi (Abele, Gionathan, per non dire di Cristo stesso). Naturalmente onore anche a quelli! Certi eserciti superano i fossati riempiendoli con i primi che arrivano: anche quelli sono vincitori da onorare. Forse anche più.
Anche quelli che si rifugiarono nelle caverne per sfuggire a Golia e che nelle caverne conservarono in fondo al cuore il pensiero della sovranità di Dio e della verità totale della sua Parola, sono da onorare, perché non si sono arresi e perché hanno salvato il salvabile.
Tutto questo era vero finché il Golia Darwin signoreggiava, ma ora che è ferito a morte, come reagiamo? Vogliamo essere fra quelli che gli danno l'ultimo colpo? Vogliamo essere fra quelli che inseguono il suo spaurito esercito? O, avendo elaborato quella che chiamo una teologia delle caverne, vogliamo continuare a rimanere dentro, sulla difensiva? Il mio invito è di uscire fuori e dare battaglia, ma qualcuno teme che si possa anche questa volta perdere inutilmente la vita; teme che Golia non sia veramente moribondo. Chiedo che almeno simpatizzi per chi sta combattendo.
Alcuni però si sono affezionati alle caverne, altri nel passato hanno esortato alla prudenza ed a restare dentro, perciò continuano in quell’insegnamento per forza d’inerzia e per non essere sconfessati come "maestri". Si può comprendere, ma la vergogna vera non è aver esortato a stare rinchiusi, ma continuare a farlo quando è tempo di uscire! Ciascuno valuti e ciascuno rischi a suo modo, avrà tutta la mia simpatia e comprensione, ma fino a quando non supera il limite di Kore (cf. Num. 16). Si possono avere timori e dubbi nel cammino di fede e chi non ne ha? Ma quando si prendono i propri timori ed i propri dubbi e se ne fa una bandiera, ponendosi alla testa del popolo di Dio ed invitando ad essere seguiti per la strada che riporta indietro, non è più possibile essere trattati gentilmente. "Non siate in molti a far da maestri, sapendo che ne subiremo un più severo giudizio", questo ammonimento di Giacomo (Giac. 3:1) non possiamo prenderlo sottogamba. In Israele non era obbligatorio combattere: chi non se la sentiva poteva starsene a casa (Deuteronomio 20:8); ma nemmeno era lecito aiutare il nemico.
Dici che se ci attacchiamo rigidamente ad intendere 6 giorni di 24 ore "resteremmo fermi a quanto Mosè ricevette". Tu non gli dai il significato che ha la frase presa isolatamente, ma mi chiedo se ti sei reso conto dell'enormità dell'espressione. Resteremmo?! Dobbiamo!! Anche se poi giustamente si deve anche dire qualcosa sui fossili e altro con serietà e senza arrampicarci sui vetri (e riconosco che noi creazionisti potremmo, dopo essere usciti da certe caverne, rifugiarci in altre). È vero, la scienza potrebbe mettere in crisi questa posizione. Se, per fare un esempio, Mosè avesse ordinato di mettere sulle ferite un po' di sterco equino (ricco di tetano!) come insegnavano i sacerdoti egiziani, avremmo serie difficoltà a credere che Mosè fosse ispirato da Dio. Ma il Levitico fa vedere la modernità e la scientificità delle disposizioni igieniche di Mosè ed allora la promessa "Io sono Javè che ti guarisce" (Es. 15:26) non è miracolistica, né irrazionale, anche se va oltre l'igiene e la ragione.
La fede biblica non è mai stata senza rischi. Se il Diluvio non fosse venuto (Gen.7), Noè... Se Abramo (Gen. 14) fosse stato ucciso quando fece guerra a quei diversi re... Se le acque del mar Rosso (Es. 14) si fossero chiuse un po' prima, o un po' dopo... Se il popolo d'Israele fosse morto tutto di sete nel deserto... Si potrebbe continuare all'infinito, ma concludiamo l'elenco con un'ultima domanda: "E se Pietro non avesse trovato i soldi nella bocca del pesce?" (Matt.17:27). Certo, dobbiamo correre i "rischi di Dio", non i nostri, ma una fede che non può essere smentita dai fatti, una fede eterea e disincarnata, non è quella biblica: assomiglia ad una superstizione, è fideismo, credulità, religione.
A scanso di equivoci, non credo che la tua fede sia credulità, tu e tanti altri avete una fede reale, ma potete non rendervi conto che, riducendo i rischi del vostro credere, vi avvicinate progressivamente alla religiosità che, come ben sai, è il contrario della fede. Confermo, affrettandomi a chiudere questa lunga lettera, che il modo che Dio ha usato nel creare, riflettendo il suo carattere, ha delle notevoli ripercussioni spirituali e morali. Un modo "più gentile" della selezione naturale rifletterebbe un Dio "più gentile" dei tardi imperatori romani, ma noi non dobbiamo immaginarci un Dio "più gentile", bensì pensare a Jahwèh, il Dio che non possiamo plasmare. La difficoltà di accettare lunghi periodi di tempo (al posto di 6 giorni di 24 ore e qualche migliaio di anni) sta nel fatto che, per farlo, dovrei alterare il significato delle parole della Scrittura ed introdurre criteri interpretativi micidiali. Se poi rifletto che lo sto facendo perché spinto da esigenze scientifiche, allora avallo il criterio che la Bibbia ha un'autorità inferiore alla scienza.
È assolutamente inconcepibile pensare ad una creazione che prosegua oltre la nascita di Adamo ed Eva: Dio finì di creare e vide che tutto era molto buono; da questo deriva che il male non viene da Lui. Le alternative sono essenzialmente due (evoluzionismo per mutazioni cieche, o creazionismo letteralista) perché ciascuna ha una sua logica interna che ne fa un sistema coerente. Il concordismo è una mescolanza di criteri contrapposti che tenta invano di salvare capre e cavoli, sciupando tutte e due.
Concludo proponendo una modifica ad una tua frase riassuntiva. Dici che il messaggio biblico "è spiritualmente chiaro e tecnicamente da reinterpretare ogni giorno alla luce di ciò che il Signore ci permette di capire". Potrei accettarla così modificata: "Ci è spiritualmente chiaro, tecnicamente chiaro solo su alcune questioni basilari e da reinterpretare ogni giorno alla luce di ciò che il Signore ci permette di capire.

Le tue osservazioni non sono state superficiali e sono, come dici, il frutto di un travaglio di una coscienza che non si è adagiata in facili soluzioni; il confrontarmi con esse è stato piacevole, utile e costruttivo.

Fernando De Angelis



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