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5. LA “RISURREZIONE” DI GIOBBE.

«Jahvè benedì gli ultimi anni di Giobbe più dei primi … Poi Giobbe morì vecchio e sazio di giorni» (42:12,17).
Attraverso la prova Giobbe capì che non poteva atteggiarsi a giudice di Dio, perché Dio era molto più grande di lui e degli schemi che si era fatti (42:1-6). Quello che più ci interessa, però, è che attraverso la prova Giobbe divenne uno strumento di luce e di salvezza per i suoi amici, perciò di riflesso per l’intera società (42:7-11).
Suppongo che Giobbe cambiò atteggiamento anche verso quella «gente da nulla … cacciata via dal paese a bastonate», perché chi ha sofferto si sente facilmente solidale con i sofferenti, anche quando si meritano la sofferenza. Alle vecchie virtù di Giobbe (operosità, rettitudine, giustizia, soccorso ai deboli) se ne aggiunse allora probabilmente un’altra: la capacità di far risalire la china anche agli uomini abbrutiti dal peccato. Insomma, Giobbe fece altri passi su quel percorso che lo portò ad essere (in qualche misura) un anticipatore di Gesù, del quale ora è bene riconsiderare l’ultimo periodo e proprio alla luce della storia di Giobbe.



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