00 08/01/2011 21:12
2. COMMENTO
a) Premessa.
Questo confronto si potrebbe proporre come presentazione del libro di Fodor e Piattelli Palmarini. Le dichiarazioni di una personalità autorevole e riconosciuta nel campo della difesa dell’evoluzionismo, come lo è Telmo Pievani, rappresentano a mio parere il miglior biglietto da visita per accompagnare un libro dal titolo alquanto indigesto per gli affezionati sostenitori del darwinismo. Per chi si ostina a ritenere le tesi di Darwin assolutamente incontestabili sotto il profilo della dimostrabilità scientifica, questo dibattito dimostra che nella scienza si fa oggi sempre più pressante l’esigenza di una profonda revisione dell’impianto evoluzionistico tradizionale, che ha come principale perno l’ipotesi darwiniana. Una revisione che non si limita alla risoluzione di aspetti marginali, ma tocca i cardini stessi dell’evoluzionismo e alimenta l’esigenza di un superamento di quelle che si consideravano tesi scientifiche consolidate.
Per chi non segue da vicino gli sviluppi del dibattito sulla validità della teoria evolutiva di Darwin, questo confronto tra esperti del settore (tra l’altro molto breve rispetto alla vastità dell’argomento) non sembra aver portato un grosso contributo di chiarezza sull’argomento, perché il confronto in fondo si è svolto su toni piuttosto pacati e concilianti. In realtà gli elementi che sono emersi sono però molto significativi e vale la pena rimarcarli, cercando di fare un po’ il punto sulla questione.

b) Limiti alla variabilità.
Le ammissioni che sono state fatte sono davvero notevoli e paiono tanto più significative se si considera che, solo fino a poco tempo fa, questo genere di affermazioni erano liquidate come “non scientifiche”, ossia contrarie ai fatti osservati dalla scienza. Si è sentito ad esempio che esistono dei limiti di vario genere al processo di trasformazione graduale darwiniano, che è invece basato sulla variabilità illimitata: ciò scardina uno dei principali pilastri del darwinismo classico.
Il sentir dire che sono stati accertati limiti di vario genere a tale variabilità, equivale a trovare conferma di ciò che gli oppositori del darwinismo andavano da sempre affermando, cioè che una specie può certamente dare origine a tante sottospecie, ma da un coccodrillo non verrà mai fuori un rinoceronte. Un’ammissione di questo tipo rappresenta la smentita non di quella variabilità naturale da sempre conosciuta dagli allevatori di bestiame, ma di quella mai dimostrata che – secondo la teoria di Darwin – avrebbe prodotto sempre nuovi caratteri senza mai esaurirsi, fino a trasformare un rettile in mammifero. In altre parole, dopo un secolo e mezzo il darwinismo si ritrova al punto di partenza, cioè nella condizione di dover ancora dimostrare se stesso.

c) Superamento del neodarwinismo.
Altra notevole ammissione è il riconoscimento dell’insufficienza ed insostenibilità del neodarwinismo, che aveva inteso integrare il darwinismo della prima ora con le successive scoperte. La scialuppa del neodarwinismo, insomma, non si è rivelata adatta a portare in salvo una teoria che si era presto trovata a navigare in maniera molto precaria, ma su questo punto è utile approfondire un po’.
Senza farla troppo lunga, diremo che la teoria di Darwin è stata presa a base per interpretare le nuove scoperte, che hanno consentito di integrare e in alcuni casi superare alcuni grossi limiti della spiegazione darwiniana originaria, confluendo dapprima nella cosiddetta teoria sintetica dell’evoluzione e poi nel neodarwinismo. I sostenitori dell’evoluzionismo hanno sempre sostenuto che attaccare la teoria di Darwin, facendo leva sui suoi tradizionali limiti, significava non tenere conto dei successivi avanzamenti dell’indagine scientifica. Ebbene si apprende ora, da insigni esperti del settore, che è necessario ritornare alla teoria di Darwin nella sua formulazione originaria e ricominciare a mettere mano in maniera diversa alla soluzione dei problemi. La scienza dunque si interroga ancora sul valore vero del darwinismo le cui gravi lacune, a suo tempo individuate, rappresentano ancora oggi una problematica tutt’altro che risolta, nonostante le roboanti e dogmatiche affermazioni di certi evoluzionisti.

d) L’adattamento.
Per decenni abbiamo sentito parlare dell’adattamento come meccanismo attraverso cui le specie hanno assunto le caratteristiche attuali. L’adattamento ha sostituito nella mente di tutti noi il più tradizionale concetto di creazione e si è pensato di poter spiegare ogni aspetto di un vivente in termini di adattamento. Come non mettere in risalto l’ammissione che, per moltissime caratteristiche esibite dagli organismi viventi, non è possibile una spiegazione attraverso il meccanismo darwiniano dell’adattamento, che rappresenta da sempre uno dei fondamentali pilastri del darwinismo e del quale ben pochi scienziati hanno osato marcarne i limiti.
Su tale sacro pilastro apprendiamo oggi che non può più fondarsi completamente la spiegazione dell’evoluzione. Tutte quelle innumerevoli rappresentazioni scientifiche, nelle quali si portava come spiegazione inequivocabile l’adattamento, vanno dunque seriamente riconsiderate. Come vanno parallelamente rivalutate le dichiarazioni di coloro che rifiutavano l’adattamento come spiegazione della comparsa di organi e funzioni nuove.
Insomma, siamo di fronte ad una serie di dichiarazioni che solo fino a non molto tempo fa si riteneva potessero essere fatte solo in ambito non scientifico, ossia “creazionista”: e questo a mio parere è il dato di maggior rilievo che emerge da tale dibattito. In altre parole, non sono sempre e solo i soliti creazionisti, considerati tradizionalmente come nemici delle verità scientifiche, a marcare i limiti e le lacune dell’evoluzionismo darwiniano.

e) La selezione naturale non è il motore della comparsa di nuove specie.
Il meccanismo darwiniano della selezione naturale al massimo spiega l’origine in natura di “sottospecie”. Ciò ancora una volta consente di ribadire ciò che gli oppositori del darwinismo andavano dicendo da sempre, che cioè la selezione naturale non dice nulla sui passaggi da un ordine tassonomico ad un altro, come può essere ad esempio quello da pesce a uccello, o da coccodrillo a elefante. Questa è senz’altro la più notevole delle questioni che sono emerse.
La cosa oltremodo significativa di questa ammissione è che a farla è una personalità scientifica, come quella di Piattelli Palmarini, che evidentemente ha ben letto e compreso le opere di Darwin, qualifiche strumentalmente negate agli antidarwinisti. Questo ci consente di ribadire che negli scritti del naturalista inglese non vi sono sufficienti ed esaustive argomentazioni per provare inequivocabilmente l’ipotesi esposta. Allo stesso tempo ci offre l’opportunità di chiarire che, contrariamente a quanto si fa credere, l’opposizione all’evoluzionismo non scaturisce dall’ignoranza delle opere di Darwin, bensì dal fatto che esse non sono formulate in termini scientificamente convincenti.
In questo senso, le risposte vaghe e generiche di Pievani non sono altro che la ripetizione delle tipiche formule evasive neodarwiniane, a cui l’evoluzionismo da sempre ricorre quando si tratta di giustificare gli ipotizzati e mai provati passaggi da una specie ad un’altra: insomma, formule verbali e non prove, dichiarazioni ipotetiche e non dimostrazioni inequivocabili.
Pievani continua a recitare il credo in una cosiddetta “divergenza evolutiva” che inizierebbe laddove le specie, a causa dell’isolamento geografico o di altro fattore, perdono la capacità di accoppiarsi con la specie originaria e intraprendono, da quel momento in poi, il cammino verso qualcosa che bisogna “immaginare” come la storia di una nuova specie. Da quel momento in poi inizia per l’evoluzionismo la miracolosa e inimmaginabile fase di formazione di una specie del tutto nuova: ma come? Questa è la domanda a cui l’evoluzionismo non riesce a rispondere, né nella sua tradizionale formulazione darwiniana, né in quella neodarwiniana. Siamo allora riconoscenti a Pievani per avercelo ribadito, chiarendo che con la divergenza evolutiva non può essere spiegato come, dopo milioni di anni, da un cavallo sia venuto fuori un bovino. Pievani cioè ci conduce proprio dove la teoria di Darwin esaurisce le sue dimostrazioni-spiegazioni e dove inizia il baratro dell’evoluzionismo, che non può dare nessuna spiegazione scientifica soddisfacente.
La trasformazione di una sottospecie in una specie del tutto diversa da quella originaria resta un mistero, che costituisce il vero errore di Darwin e allo stesso tempo la sicura fede di Pievani: stupisce con quanta larghezza un filosofo della scienza si conceda di utilizzare formule esplicative di dubbia scientificità, per “saltare i fossi” in mancanza di ponti scientifici ben fatti.
La realtà risuona bene nelle parole non contraddette di Piattelli Palmarini: “Oggi non c’è una teoria alternativa”. Come a dire che non c’è alternativa a una teoria che pure si è rivelata del tutto insufficiente. Il fatto non detto in questo dibattito è che l’evoluzionismo scientifico è legato indissolubilmente alla figura di Darwin, perciò il riconoscimento dell’insufficienza delle sue ipotesi comporta necessariamente il riconoscimento dell’inconsistenza di tutto il paradigma evoluzionistico e questo si evita in tutti i modi di farlo rilevare. Il binomio evoluzione-Darwin è indissolubile, come sa bene anche chi sente parlare di sfuggita di temi legati all’evoluzionismo, allora il tramonto del darwinismo coincide inevitabilmente col tramonto dell’evoluzionismo, o perlomeno con il tentativo di spiegare scientificamente la formazione delle specie per mezzo dell’evoluzione.
Concludiamo facendo notare come sia anomalo, per la scienza, il tentativo ideologico di voler salvare a tutti i costi una teoria che, nei suoi aspetti fondamentali, è stata tanto revisionata e riconsiderata da risultare praticamente azzerata, senza che questo abbia portato al suo definitivo superamento. Si dice cioè che quei due o tre fattori non sono più da considerare determinanti, ma si sorvola sul fatto che essi erano determinanti nel sostenere quella teoria, perciò è come riconoscere che il darwinismo non ha più un valore esplicativo. Insomma, per il darwinismo stanno suonando le campane a morto: la speranza è che questa volta ci ponga attenzione anche chi non le ha mai volute ascoltare, semplicemente perché a suonarle era un “non autorizzato”.



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