00 24/05/2011 19:43
Replica del Sig. Arturo Mosconi



“UNICUIQUE SUUM NON PRAEVALEBUNT”



Signori



Per ritenermi garbato nei vostri confronti, dirò che, non sono stato chiaro nell’esporvi la domanda e non, nel ritenere che, non avete voluta intenderla come nella logica dovevasi.



Le vostre elucubrazioni, sono encomiabili, specie sulla “dotta” e retorica disquisizione, dei primi due ed unici interventi, dove mi pare capire, che NON c’è niente di vero e meritevole nelle considerazioni di un apostata, anche in un SOLO di questi.



La statistica di Abrahamo con Geova mi pare non ha insegnato gran che, dato che è stata completamente ignorata da voi.



Mi trovo ampiamente d’ accordo con voi e con i Testimoni di Geova nel ritenere che un’alta percentuale di apostati non sono meritevoli di attenzione. E’ evidente ciò, com’è lo è per la Chiesa Cattolica Romana, che non avvalla a rigor di dottrina, le posizioni di apostati, quali: gay, pedofili, adulteri, impenitenti (?) e arroganti, i quali troppo soventemente rivendicano diritti non leciti in campo prettamente religioso.



Ecco così, che la statistica enunciata in Genesi 18, venie in soccorso..., ma ahimè voi l’avete completamente elusa, diciamo così, per “ragion di stato”.



Alla domanda posta dovevate semplicemente rispondere con un Si o un NO..., il di più è del malvagio, direbbe il “buon fedele cristiano testimone di Geova”.



Ma visto che così non è stato,voglio evidenziare una piccolissima percentuale di apostati oggetto di, molta, ma molta, riflessione.



Non disquisisco se è giusto chiamarli “apostati” (cercherò di adeguarmi alla “ragion di stato”) o più coerentemente “eretici”, so che quest’ ultimo aggettivo è molto amato e caro sulla vostra letteratura, dove si addita differenti “eretici” del periodo “rinascimentale” come esponenti di “sofferta ed eroica” religiosità...; ancora oggi leggo che, Russell, fu l’ ultimo di questi “eroici eretici”.



Nell’ambito attuale, la contestazione (apostasia o eresia), va collocato per particolari episodi differenti ed unici (non tutti gli apostati sono coerenti), una percentuale bassissima (Genesi 18) ma molto significativa e degna di estrema riflessione e quindi di approfondimento.



Un episodio singolare, di una persona testimone di Geova, che voglio descrivervi a mò di “parabola” (“Illustrazione”- Matteo 13:13) è riferito ad un: “monsignore”.



Questo monsignore “dissidente” non richiamò l’attenzione della grossa pubblica opinione sui forum o sui giornali e scrivendo libri (vi è sempre una bassissima percentuale di “onesti apostati” - Genesi 18) per lo stile della sua dignità di cui fu capace, ma la sua situazione TURBO’ ed AVVINSE e COMMOSSE quei POCHI dell’ambiente vaticano (?) che furono al corrente dei suoi antefatti.



Il fatto:

Era gloriosamente regnante da oltre due anni Giovanni XXIII (?). L’autunno romano volgeva al termine, punteggiato da fragorosi temporali notturni e da lunghi scrosci di pioggia pomeridiani che rinfrescavano sempre più l’aria.

Il traffico era mostruoso e tutto uccideva nella capitale, scorreva lento, ingolfato al mattino su tutte le strade che a raggiera, dalla periferia, collegava il centro e piazza San Pietro.

Ebbene alcuni automobilisti meno distratti, tra quanti solitamente transitavano ogni giorno lungo il colonnato del Bernini per recarsi in ufficio, notavano proprio al centro della rotonda all’ingresso della piazza, un attempato monsignore vestito di tutto punto da prete, in tempi già da clargymen, un prelato, col rigido cappello lucidissimo da monsignore di curia, occhiale a stanghetta e borsa di pelle nera nella mano sinistra, era immobile in mezzo a quel cerchio assediato dal traffico con lo sguardo fisso lassù, alla FINESTRA dello studio del papa.

Quegli stessi meno distratti automobilisti, tornando a casa dopo l’ufficio, ripassavano per la piazza e scorgevano ancora il vecchio monsignore al solito posto, immobile a fissare quella FINESTRA dello studio del palazzo apostolico.

Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, con qualsiasi tempo, l’ enigmatico monsignore era lì presente, lo stesso sguardo fisso alla finestra del papa.

In pieno inverno, con la pioggia sferzante, automobilisti attenti, potevano guardare, incuriositi, a pochi metri di distanza quello strano prete immobile, le scarpe sfondate nell’acqua, con un sdrucito impermeabile mero e una vecchia sciarpa, ritto sotto l’ombrello fradicio, con la solita borsa nera nella sinistra e gli occhi, da dietro le lenti rotonde, spalancati, febbricitanti a fissare ancora lassù sempre quella finestra.

Qualcuno oltremodo attento e sensibile, fra gli automobilisti, intuì il dramma, dietro la fissità spiritata di quegli occhi, nel volto devastato dalla febbre e dal gelo di quel vecchio prete, in quegli abiti severi indossati con disperata dignità e ormai consunti dalle intemperie e non si sbagliò.

L’ “apostata contestatore” era un monsignore che da età immemorabile prestava la sua attività in un antico dicastero ecclesiastico (?), lavorando con scrupolosa, cocciuta precisione nel mare di scartoffie della sua sezione, dalle otto e trenta alle quattordici e trenta di ogni giorno e pretendendo dai suoi collaboratori quella stessa precisione, quella stessa pedante scrupolosità nel lavoro che era diventata in anni ed anni di permanenza in quell’ ufficio tanto che vi si era invecchiato) una norma fondamentale della sua vita.

Probabilmente, dopo aver servito ben tre pontefici (?) in tempi così diversi dagli attuali, sentì, suo malgrado, qualche contraccolpo (apostasia-eresia) nel deciso cambiamento di rotta dei migliori intendimenti e raffinamenti spirituali (?) della chiesa, e nell’incalzante metamorfosi delle strutture sotto i soffi impetuosi delle migliori stravolgenti (letteralmente) direttive (?).

Certamente la sua “arcaica” persona divenne facile e preferito bersaglio degli “ULTIMI ARRIVATI” (alcuni gli diedero persino i nomi di: ...; preferisco non scriverli) sulla cresta dell’onda dei migliori intendimenti e raffinamenti dottrinali e organizzativi, fatto è che un brutto giorno di inizio settembre (?), al monsignore fu notificato l’esonero dal suo incarico.

Il provvedimento del “comitato giudiziario” (come ben conoscete essere tra i TDG) fu irrevocabile (lo capì subito il vecchio prete-funzionario) che in tanti anni di devoto lavoro aveva imparato a soppesare a colpo d’ occhio l’ importanza di una “sentenza” di un comitato giudiziario.

Ma non volle darsi per vinto.

Così tutte le mattine, ben rasato e in ordine, con la sua borsa di pelle nera in mano, lasciava la sua abitazione come per recarsi in ufficio (?) e per andare in realtà a trascorrere le sue ore di lavoro, con la puntualità di un cronometro, ritto, in piazza San Pietro (?) a fissare la finestra del papa, per protestare, in dignitoso rispetto, contro un provvedimento da lui ritenuto INGIUSTO, e sperando con accorta convinzione che un giorno il papa (?) si sarebbe accostato ai vetri della finestra e avrebbe visto laggiù nella pioggia o nel sole, la piccolissima figura nera di quel prete rivolto a lui.

Ma il papa, non si avvide del monsignore, le settimane e i mesi trascorsero lenti, infuocati, gelidi, piovosi, prostrando la salute del vecchio e fedele prelato, fedele suddito “Regno”, ma: dimenticato dal suo sovrano.

Fu che, quel meraviglioso congegno su cui oscilla in equilibrio la ragione umana, si spezzò d’un tratto nell’intelletto consunto del vecchio prete, che improvvisamente e irreparabilmente impazzi.

I soliti più attenti automobilisti bloccati nella marea di traffico intorno alla rotonda davanti piazza San Pietro, notarono un giorno qualche cosa di nuovo in quel circolo disegnato dal cemento: il vecchio, stravagante, assurdo monsignore, NON c’era più.

Forse furono i soli ad accorgersene.

Lassù dietro quella FINESTRA (?) la vita di tutti i giorni continuava, sempre, come da sempre.

Trascorrerà un buon ventennio e la sentenza del “comitato giudiziario” sarà rammaricata in pubblico dal CO di turno e dagli anziani di terza generazione, anch’essi “ULTIMI ARRIVATI” davanti a molti astanti ..., “come eccessiva” e, si dirà ancora che: “...quel comitato esagerò nel giudizio”, affermando ancora che: “... se fosse oggi (??) certamente non sarebbe stato giudicato così...(??)..., perché oggi l’organizzazione è...?; preferisco non scriverlo perché avvilente)”; ma del povero monsignore Testimone di Geova, dopo oltre venti anni, non si seppe più nulla, inghiottito nella notte della propria follia.

Spesse volte tra alcuni Testimoni di Geova, entrando nella sala del regno (o se desiderate, per rimanere nella storiella: attraversando piazza San Pietro) a quei pochi ai quali fu nota la triste vicenda, parrà rivedere seduto nelle ultime file in congregazione, la nera figura di un prete monsignore, immobile, fisso e silenzioso a con la sua borsa di pelle nera egli occhiali tondi, ascoltare attento, quegli oratori sulla FINESTRA del podio.

Ci conobbe, tra i fratelli in sala, e visse la tristissima vicenda del monsignore, solo per “ragion di stato” tirarono dritto e allungarono il passo..., ma con un brivido sottile, profondo, nella loro schiena e una improvvisa tristezza nel cuore.

Matteo 11: 15.

Ripropongo la statistica di Genesi 18, chiedendo: MA GLI APOSTATI IN CIO’ CHE ASSERISCONO ED AFFERMANO DICONO “UNA SOLA” VERITA’ ? O HANNO SEMPRE TORTO AFFERMANDO SOLO BUGIE ?

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Cordialità




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