Testimoni di Geova: Storia, Sociologia, Teologia

Libri sulla cultura ebraica.

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    Roberto Carson
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    00 22/07/2009 01:15
    Chiedo ai nostri ospiti ebrei di citare in questa discussione alcuni libri per un buon approfondimento sulla cultura ebraica.
    [Modificato da Roberto Carson 04/10/2009 11:01]



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    Roberto Carson
    Post: 5.668
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    00 04/10/2009 11:07
    Naturalmente l'invito è rivolto anche agli utenti non ebrei che hanno qualche buon libro da consigliare.



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    .:mErA:.
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    00 04/10/2009 12:28
    Monoteismo Ebraico e dottrina Trinitaria Cristiana
    Pinchas Lapide e Jurgen Moltmann

    Bibbia tradotta Bibbia tradita
    Pinchas Lapide

    Il Talmud
    di Abraham Cohen (vi anticipo però che un non-Ebreo ci capisce poco)

    Genesi - Bereshit (Khumash)
    Un commento al libro di Genesi edito da Mamash

    In cosa credono gli ebrei?
    Kessler Edward
    [Modificato da .:mErA:. 04/10/2009 12:29]
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    http://www.ritornoallatorah.it
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    Roberto Carson
    Post: 5.668
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    00 04/10/2009 14:10
    Un libro che lessi tempo fa e che trovai molto interessante è il seguente:

    Gesù e Yahvè, Harold Bloom,
    EDITORE: RIZZOLI.

    Quando si parla delle radici della nostra civiltà, ci si imbatte regolarmente nella tradizione giudaico-cristiana. In questo saggio Harold Bloom intende dimostrare che quella tradizione in realtà non esiste, poiché Ebraismo e Cristianesimo sono di fatto incompatibili. Esaminando con il metodo della critica letteraria e storica la Torà ebraica, l'Antico e il Nuovo Testamento e i Vangeli gnostici contemporanei a quelli canonici, l'autore arriva alla conclusione che il Gesù ebraico di Marco, così umano, irascibile e incline all'ironia, potrebbe essere davvero figlio di quella divinità fin troppo umana che è lo Yahvè della Torà; mentre il Cristo degli altri libri del Nuovo Testamento proviene da una famiglia del tutto diversa; e lo Yahvè degli ebrei e il Dio Padre dei cristiani hanno ben poco in comune. Il risultato è una visione molto critica sulle possibilità di dialogo tra ebrei e cristiani; e allo stesso tempo un'esortazione a evitare le contrapposizioni tra religioni, perché nessuna fede può arrogarsi la pretesa di possedere la Verità assoluta. Una lettura illuminante, un'opera di critica letteraria capace di far riflettere tanto gli ebrei quanto i cristiani, un invito a rivedere tutto ciò che era ritenuto patrimonio comune alle due fedi.





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    Roberto Carson
    Post: 5.668
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    00 04/10/2009 14:14
    Consiglio anche questo:

    Massimo Introvigne - J. Gordon Melton, L’ebraismo moderno, Elledici, Leumann (Torino), 2004, pp. 240.

    Il volume di Introvigne, direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni (CESNUR) di Torino, e Melton, direttore dell’Institute for the Study of American Religion (ISAR) di Santa Barbara (California), rivela pagine poco conosciute dell’universo ebraico evolutosi dopo l’emancipazione, in seguito ai mutamenti politici e culturali accaduti in Occidente dalla seconda metà del secolo XVIII a tutto il secolo XIX.

    Il libro, nonostante l’agile mole, è uno strumento aggiornato e ricco di informazioni sul mondo ebraico, descritto – e questo è il dato più originale – anche nelle sue componenti più eterodosse. Correnti diversissime attraversano infatti l’ebraismo, inteso come sistema religioso e culturale che non deve affatto apparire monolitico, bensì notevolmente articolato (e talora diviso) attorno ai suoi assunti fideistici plurimillenari. Confessione religiosa demograficamente minoritaria (oggi nel mondo gli ebrei sono circa 13 milioni), l’ebraismo moderno non può essere presentato nella sua multiforme specificità culturale senza un’introduzione storica e teologica. Ed è quello che i due autori fanno rapidamente all’inizio del testo (pp. 5-41), accostandosi ai dati scritturali e storiografici con quella sensibilità sociologica che costituisce il tratto più caratterizzante la loro lezione interpretativa.

    Riformatori, conservatori, ortodossi (pp. 59-137): queste le prime tre grandi famiglie religiose in cui si divide l’ebraismo dei giorni nostri e che pur rifacendosi alla tradizione mosaica, mostrano verso i fondamenti della religione non tanto una propria interpretazione quanto un peculiare approccio (ad esse – ricordiamo – preesistono le due famiglie storico-etniche: i sefarditi, di origine mediterranea, e gli ashkenaziti, di origine centro-europea). Differenti sensibilità dei vari gruppi ebraici, culminanti in chiusure o aperture alle istanze del mondo moderno, sono in ogni caso il frutto della dispersione geografica dell’ebraismo sin dall’età antica, come del processo di distacco dall’aderenza ritualistica e talmudica, promosso per esempio in Prussia da Moses Mendelssohn (1729-1786) fondatore del movimento di riforma denominato Haskalah, e propugnatore di una “religione razionale” (in dialogo e contemporaneamente in opposizione coll’Illuminismo), dove Dio non rivela verità religiose – cui l’uomo è in grado di arrivare con la ragione – ma solamente morali (pp. 47-52). Nell’articolazione dell’ebraismo moderno e contemporaneo intervengono dunque fattori molteplici. Introvigne e Melton trattano ad esempio la grande questione dell’atteggiamento degli ebrei verso la corrente mistica chiamata hassidismo e della loro posizione favorevole o contraria al sionismo e allo Stato di Israele, terra ritrovata dopo 2 mila anni di doloroso esilio eppure avversata nella sua dimensione istituzionale da taluni ambienti ortodossi (p. 125 segg.). L’ortodossia antisionista – pur non rifiutando l’emigrazione (“ritorno”) in Israele – , rigetta infatti il sionismo come ideologia laicista e socialista. Ricordiamo ad esempio il gruppo ortodosso Neturei Karta (“Guardiani della Città”), che rifiuta qualsiasi partecipazione alla vita pubblica israeliana. Nell’opposizione alle leggi e alla sovranità dello Stato vanno colte in questi gruppi le espressioni di quel radicalismo ebraico che, presente sin dall’antico nel messianismo, a partire dall’età moderna assumerà tratti ideologici e implicazioni politiche ben precise (ad esso va ricondotta l’eresia di Shabbetay Tsevì, lo pseudo-messia che infervorò e poi deluse le masse ebraiche nella metà del Seicento, nonché la vicenda di un secolo successiva del “messia” polacco Jacob Frank).

    Gli autori passano poi in rassegna il mosaico dei movimenti neo-ebraici (pp. 139-182): dai black jews negli Stati Uniti e in Africa agli incroci contemporanei fra ebraismo e New Age, non dimenticando il singolare caso di “passaggio”all’ebraismo dei braccianti di Sannicandro nel Gargano, guidati dal profeta Donato Manduzio (1885-1948), episodio simile a quello dei cosiddetti “Figli di Mosè” in Perù, avvenuto negli anni ‘60. Questa sezione del volume, in sintesi frutto di una capillare indagine internazionale, contribuisce a tratteggiare l’attuale e per molti inattesa complessità dell’identità ebraica sul piano religioso-confessionale (quantunque l’antisemitismo tenda sempre a considerare gli ebrei un mondo unitario e compatto). Conseguente è la riflessione sull’identità etno-religiosa (pp. 183-233), alla luce di dati empirici, statistici e giuridici (come le sentenze della Corte Suprema di Israele sul tema spinoso della cittadinanza da accordarsi ad ogni ebreo del mondo in base alla nota “Legge del Ritorno”). Facendo propria la domanda “Chi è ebreo?”, gli autori evidenziano come la diaspora, l’emancipazione e gli scenari culturali del mondo contemporaneo rendano ancora oggi incerta una risposta: vi sono infatti ebrei che si considerano tali in base a un’identità nazionale ma non religiosa (e viceversa), come ci sono ebrei osservanti ed ebrei non religiosi. Rivolgendo la medesima domanda a possibili scenari futuri (“Chi sarà ebreo?”) colpisce il dato emerso dal National Jewish Population Survey 2000 secondo cui il 47% degli ebrei sposatosi dopo il 1996 ha coniugi non ebrei, e solo un terzo dei figli nati da questi matrimoni viene educato nell’ebraismo. Il numero di matrimoni misti è ovviamente assai più ridotto in Israele, ma non va dimenticato che la maggior parte degli ebrei vive ancora oggi fuori dai confini dello Stato nato del 1948.




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    barnabino
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    00 05/10/2009 21:54


    Storia del pensiero ebraico nell'età antica di Laras Giuseppe, Giuntina, 2006.

    Nel libro viene esposto a grandi linee il pensiero di Israele così come è venuto manifestandosi ed esprimendosi in un arco di tempo che va dal periodo biblico al IX secolo. Un pensiero, mai esclusivamente teoretico, che, partendo dall'idea monoteistica e attraverso l'esperienza della profezia, conosce momenti di contatto con realtà culturali esterne che, anziché snaturarlo, lo arricchiscono di spunti e contenuti senza mutarne l'originalità e l'identità di fondo. Vengono analizzati ed esposti, in sequenza cronologica, i contenuti del pensiero biblico, ellenistico, apocalittico, talmudico, mistico in un arco temporale di oltre duemila anni.
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    Sijmadicandhapajiee, gente per cui le arti stan nei musei - Paolo Conte

    FORUM TESTIMONI DI GEOVA
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    Roberto Carson
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    00 05/10/2009 22:05
    Re:
    barnabino, 05/10/2009 21.54:



    Storia del pensiero ebraico nell'età antica di Laras Giuseppe, Giuntina, 2006.

    Nel libro viene esposto a grandi linee il pensiero di Israele così come è venuto manifestandosi ed esprimendosi in un arco di tempo che va dal periodo biblico al IX secolo. Un pensiero, mai esclusivamente teoretico, che, partendo dall'idea monoteistica e attraverso l'esperienza della profezia, conosce momenti di contatto con realtà culturali esterne che, anziché snaturarlo, lo arricchiscono di spunti e contenuti senza mutarne l'originalità e l'identità di fondo. Vengono analizzati ed esposti, in sequenza cronologica, i contenuti del pensiero biblico, ellenistico, apocalittico, talmudico, mistico in un arco temporale di oltre duemila anni.



    Quanto prima entrerà a far parte della mia biblioteca!!!





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    Topsy
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    00 25/11/2009 01:58

    Tempo fa (almeno due anni) acquistai questo volumetto dalla Casa Editrice la Giuntina:
    "La meditazione ebraica. Una guida pratica" Di Aryeh Kaplan.


    Ebbene, non ho mai terminato di leggerlo. Anzi, mi sono fermata alla prefazione. L'autore, rabbino ortodosso molto famoso, scomparso prematuramente a soli 48 anni, aveva dedicato la vita alla riscoperta dei significati mistici dei testi ebraici, tra i quali il Libro di Ezechiele. Siccome egli nel testo si richiama costantemente a questo profeta e alle sue visioni, per proseguire la lettura e capirci qualcosa di più, dovevo necessariamente prendermi una pausa ed approfondire il Libro di Ezechiele, il quale, letto in "italiano" è piuttosto complicato, mentre in "ebraico" lo è invece molto di più!

    Tutto dipende dalla circostanza che il profeta utilizza un linguaggio fortemente simbolico e visionario, e si concede parecchie licenze poetiche in lingua ebraica che rendono meno immediata la comprensione del suo messaggio il quale, resta sempre a tratti piuttosto ambiguo.
    Non a caso, i maestri di Israele, discussero lungamente se includere Ezechiele nel canone, essi temevano che il libro potesse scuotere il sentimento religioso di un popolo disperso, in quanto affrontava argomenti mistici in maniera troppo astrusa.


    Tornando al libro sopra menzionato, mi sento di consigliarlo solo a chi desidera conoscere pratiche meditative autenticamente ebraiche, concernenti un versetto biblico, lo Shemà (confessione di fede ebraica) o persino il Nome Divino (YHWH).

    Spesso la gente è sorpresa dal sentire parlare di meditazione ebraica, ma effettivamente l'ebraismo è una religione orientale che si è poi in parte occidentalizzata, e non di rado l'ebreo ha volutamente ignorato questo suo patrimonio spirituale, andando magari a curiosare tra le pratiche meditative non ebraiche, appartenenti ad altre realtà religiose, come quelle buddiste ad esempio.
    [Modificato da Topsy 25/11/2009 02:24]