Caro Barnabino, per quanto riguarda le sue argomentazioni, ne prendo atto, ma non mi sembrano dire nulla di sostanzialmente nuovo a quanto aveva sin qui scritto, passerò perciò ad alcuni commenti prima di affrontare l’analisi degli articoli da lei proposti di Pierro e Gertoux, che seguiranno a breve.
Tutte le sue ripetute illazioni iniziali non mi toccano minimamente, perché sarebbe come dire a chi ha citato, per riferirmi al mio precedente esempio, gli abitanti o la lunghezza di una città o di un fiume, ecc., di non sapere di cosa stia parlando. In questi casi si tratta di semplici citazioni di cose, località ecc. ben conosciute, con l’intento di evidenziare, non di spiegare. Anche nel nostro caso mi limito ad evidenziare gli effetti di tale comportamento sul Testo Sacro. Ogni ulteriore spiegazione la chieda direttamente alla fonte perché, ripeto, non ho minimamente intenzione di entrare nella mente dei signori di Brooklyn. Affronto solo il tema del soggetto esponendo i fatti che saranno poi singolarmente giudicati da ognuno senza la mia influenza. Ho ritenuto opportuno citare quella dichiarazione, per il semplice motivo che non è stata più riportata nelle successive edizioni alla TNM del 1967, a fronte di un testo pressoché identico. Ripeto, logicamente ho i miei pareri e le mie convinzioni, ma è una notizia che ognuno deve sentirsi libero di leggere senza l’influenza di nessuno. Ad ogni modo, per risponderle, continuo a vedere molto strano riportare note in un testo, e ancora di più nel Testo Sacro.
Preciso poi che non è mia intenzione prenderla in giro, se fosse come dice lei, gli Interlineari non avrebbero ragione di essere e, nel nostro caso, anche nelle due KIT edite dalla WTS, si può vedere benissimo come “panta” trovi la sua naturale traduzione solo in “tutti” e non in “ogni sorta”, che oltretutto non ha mai nessun nesso col contesto generale. Conseguentemente e logicamente, nella KIT della WTS il termine greco viene sempre tradotto con “all” che significa chiaramente “tutti”. Se fosse come dice lei e si potesse dare una traduzione alternativa, perché non è stato fatto nel testo della KIT della WTS nella lingua moderna inglese? “Panta” significa “tutti” e né Westcott & Hort, né nessun altro si sognerebbe di dargli un’altra traduzione alternativa. Tutti gli Interlineari e le più note e diffuse Bibbie del mondo traducono sempre e solo “tutti”. Il fatto che siano possibili significati alternativi non vuol dire niente, la lingua greca è molto precisa e raramente usa termini secondari quando ha a disposizione quello principale. Perchè dunque attingere così copiosamente a termini secondari?
Di questo stesso parere sembra essere il Prof. J. R. Mantey, l’eminente studioso citato anche nelle pubblicazioni della WTS e non in termini negativi: “Non ho mai trovato nessun’altra cosiddetta traduzione che si discosti da quello che insegnano effettivamente le Scritture quanto questi libri pubblicati dai Testimoni di Geova. Sono molto lontani dai testi originali ebraico e greco … Non riesco a seguire la loro traduzione, è parziale ed ingannevole perché hanno deliberatamente cambiato delle parole che si trovano in alcuni passi della Scrittura affinchè si accordino con la loro dottrina. Hanno distorto la Scrittura in parecchi punti, specialmente in molti passi del Nuovo Testamento che parlano della divinità di Cristo.” Questa dichiarazione può essere vista da chiunque e ascoltata dalla viva voce dello stesso prof. Mantey andando su
www.google.it e nel sito “Risultati Google video per Testimoni di Geova”, aprire il video “La vera storia dei Testimoni di Geova 3”.
Per quanto riguarda I Tim. 4,1 e Giov. 4,2, non mi sembra di avere fatto nessun parallelismo con I Giov. 4,1 ma, dato che lo ha fatto lei, è strano che non abbia notato che il plurale è proprio in riferimento a spiriti diversi dallo Spirito Santo, da qui le giuste minuscole. Ma rimanendo ai due versetti in questione, la cosa è totalmente diversa in quanto, come in molte altre occasioni, lo Spirito parla e non può conseguentemente essere lo stesso spirito di I Giov. 4,1, che io non ho infatti citato non ritenendolo pertinente. Anche qui del resto tutte le più conosciute Bibbie si comportano allo stesso modo. Perciò, sino a prova “concreta” contraria, e per le stesse ragioni addotte prima, appare chiaro che nei due versetti in questione è lo Spirito il “soggetto parlante”.
Per quanto riguarda Giov. 16,27, l’aggiunta “come rappresentante” è così evidente che nessun ragionamento umano può giustificarla. Consultando le due KIT della WTS, leggendo l’inglese oltre che il greco, e in linea con quanto sin qui detto, si capisce benissimo.
Sulla grandissima quantità di parentesi quadre nel testo biblico non sono assolutamente d’accordo che sia corretto farlo quando stravolgono, e ribadisco stravolgono, il testo. Nelle Bibbie più note se ne fa un uso molto limitato e solo quando è strettamente necessario, e appaiono sempre ininfluenti al senso del versetto. Nessuno può affermare che, ad esempio, l’aggiunta di quattro [altre] nei due versetti di Col. 1, 16-17, non cambi totalmente il senso del concetto. Senza quelle aggiunte si capirebbe tutt’altra cosa. Ed è così pressochè in tutti i casi. Non mi ha inoltre risposto come mai, quando tali versetti vengono riportati fra virgolette nelle pubblicazioni della WTS, le parentesi quadre spesso spariscono. Le virgolette “obbligano” a riportare qualsiasi testo nella sua forma integrale.
“Spezzare il pane” aveva ed ha un ben preciso significato e anche qui, senza quella lunga parentesi quadra, il versetto, così come è stato tradotto nella TNM, risulterebbe incomprensibile. Perché quell’intervento quando anche nelle due KIT, sia in greco che in inglese (e così in italiano, ecc.), il versetto scorre che è una bellezza per la sua facile comprensione?
Ribadisco poi che non esiste nessuna possibilità di poter tradurre KURIOS con GEOVA e che non si possa fare nessun parallelismo, così come lo intende lei, sui NOMI DI DIO fra l’AT e il NT, perché, pur riconoscendo non corretto il comportamento di molte Bibbie sia Cattoliche che Protestanti nel tradurre il Tetragramma con Signore, bisogna convenire che la cosa, pur non sminuendo la sua gravità, può semplicemente portare ad una confusione nei termini, ma non incide minimamente sulla sostanza teologica. Leggiamo infatti cosa dice BeDuhn nel suo libro “Truth in Translation” alle pagg. 169-170, a proposito dell’AT: “In questo caso la TNM è la sola e più accurata traduzione delle nove che stiamo confrontando, poiché tutte le altre traduzioni sostituiscono il nome personale di Dio, in più di seimila passaggi, con l’eufemistico titolo Signore (riportato in molte di queste traduzioni con tutte lettere maiuscole, la cosa portava invariabilmente a confondere i miei studenti come fosse una qualche sorta di enfasi) … Entrambe le pratiche violano l’accuratezza in favore di una denominazione preferita per indicare Dio”. BeDuhn parla quindi chiaramente di “confusione” per quanto riguarda l’AT ma, come vedremo tra poco, diverse sono invece le sue conclusioni per quanto riguarda il NT. La prova più evidente è, come al solito, data dai fatti. Inserendo Geova nell’AT al posto di Signore, non cambia assolutamente nulla dal punto di vista della sostanza teologica, al contrario, inserendo Geova al posto di Kurios, come accennerà poi anche BeDuhn, si rischia di cambiare il messaggio degli autori del NT, che a me risulta chiaro riguardare la sostanza teologica di Gesù-Dio. È perciò tenendo bene a mente questa basilare differenza teologica che bisogna leggere il parere di studiosi come BeDuhn, ecc. In linea con questi eminenti pareri, ho personalmente sempre considerato estremamente corretto il comportamento de La Nuova Diodati, Revisione (1991), edizione La Buona Novella – Brindisi, che chiarisce nell’introduzione:
“I nomi di "Dio" e "Iddio" nella Diodati sono usati alternativamente più per ragioni di assonanza che per ragioni inerenti al testo originale. Abbiamo perciò ritenuto opportuno adottare un criterio di maggiore chiarezza tanto per l'Antico che per il Nuovo Testamento. In questo modo, ogni volta che in italiano viene usato un nome di Dio, è perché vi è una corrispondenza di un particolare nome di Dio tanto nel testo ebraico che greco.
Così per l'Antico Testamento abbiamo usato i seguenti nomi:
• DIO, che rende il termine ebraico Elohîm.
• Dio rende invece i termini ebraici Elôah, Êl e Êlahh (aramaico, in Esdra e in Daniele).
• Eterno rende i termini ebraici Jehôvâh e Yah.
• Signore rende il termine ebraico Adônâi, che letteralmente significa mio Signore.
Per il Nuovo Testamento, i nomi più importanti di Dio sono tre:
• Dio che rende il termine greco Theos.
• Signore rende il termine greco Kyrios.
• Gesù rende il termine greco Iesous, che letteralmente significa Jehôvâh o Dio salva.
Nell’AT i NOMI DI DIO erano molti ed è una cosa conosciuta da tutti.
Nell’AT si nota una particolare e costante cura per evitare qualsiasi confusione nell’uso delle parole per indicare Dio. Ogni qualvolta che un brano biblico poteva sembrare ambiguo (parola utilizzata per Dio confusa per un essere inferiore a Lui), gli scrittori biblici davano sempre una descrizione complementare per indicare l’unico vero Dio. Quando una delle parole indicanti Dio è accompagnata da un titolo complementare, ci si vuole riferire sempre al vero Dio. Quando una di queste parole usate per Dio si riferisce chiaramente ad un essere inferiore al vero Dio, vediamo che non è accompagnata da alcun attributo complementare. Ogni qualvolta nella Bibbia si vuole indicare un dio falso, il contesto ci fa vedere che il dio è:
creato - in contrasto al Dio creatore
limitato - in contrasto al Dio supremo e potente
straniero - in contrasto al Dio di Abraamo, Isacco e Giacobbe
un dio falso - inventato o che assume il nome di Dio in contrasto con il vero Dio
A questo punto e su questo argomento, spero mi perdonerà se mi permetto di portare un’altra interessante citazione dalla KIT del 1969, p. 15 che, essendo poi sparita nella successiva edizione della KIT del 1985, presenta sotto questo aspetto sorprendenti analogie con la precedente citazione. Anche con questa mi comporterò nella stessa per non giudicare, né andare fuori tema. Semmai, sempre che si possa, lo farò in seguito. Citando Girolamo che scrive da Roma nella sua 25 ª lettera a Marcella nell’anno 384 A.D., parla dei 10 nomi di Dio e scrive: “Il nono (nome di Dio) è un tetragramma che essi considerano.. che è non pronunciabile, è scritto con queste quattro lettere: Iod, He, Vav, He.....” Riporto solo una parte di p. 15, ma se vuole sono pronto a tradurla tutta. Qui si parla di nomi (10) di Dio e il Tetragramma è addirittura il nono. Anche nel libro “Ricchezza” si legge: “Il significato dei suoi nomi, ossia dei suoi titoli, è altamente significativo. Il nome Iddio significa Il Potente, il Creatore di tutte le cose. Il nome Geova contiene il significato del suo proposito verso le sue creature. Il nome Onnipotente Iddio significa che la sua potenza è infinita. Il nome Altissimo significa ch’Egli è l’Essere supremo, al di sopra di tutti. Il nome Padre significa ch’Egli è il Datore della vita.” (Pubblicato dai TdG nel 1936 (in italiano) pag. 134.)
Per il NT il discorso è completamente diverso e i primi traduttori greci dell’AT si sono trovati, in relazione alla trascrizione del tetragramma, di fronte a diverse scelte possibili:
1) riprodurre il Nome con caratteri dell’alfabeto ebraico quadrato (P. Fuad 266: Deut 18,5);
2) riprodurlo con caratteri paleoebraici (Sal 91,2 nella versione di Aquila, Sal 69,13.30-31 in quella di Simmaco)
3) abbreviare il tetragramma coll’uso di due jod con un trattino in mezzo (P. Ossirinco 1007 di Genesi);
4) sostituire il tetragramma col termine Kyrios (P. Chester Beatty).
È notorio che all’epoca di Gesù la pronuncia del tetragramma era consentita probabilmente solo al sommo sacerdote e nel tempio. In quel periodo, il nome divino lo si pensava “anecfòneton”, cioè ineffabile (letteralmente impronunziabile); tale nome non veniva quindi pronunziato, si accennava prima che lo poteva fare a voce alta, una volta l’anno e in segreto, soltanto il Sommo Sacerdote nel Santo dei Santi ma, com’è noto, sostituito con altre espressioni (la Potenza, il Nome, il Benedetto, il Cielo, ecc.); comunemente, quando era presente in un testo scritto, il Tetragramma, come ben sappiamo, veniva letto “Adonay”, Signore, e quindi in greco “Kyrios”. La trasgressione di tale regola era considerata, come vedremo meglio tra poco, una bestemmia. La stessa WTS scrive a questo proposito: “…quando Gesù era sulla terra, se ne conosceva la pronuncia, anche se forse non era estesamente usata”. (Il Nome Divino che durerà per sempre, p. 14) e ancora: “Ma fu evidentissima l’assenza di benedizioni divine su quella nazione nel suo insieme ai giorni di Gesù Cristo e del suo ministero terreno, quando il nome di Dio era ormai caduto in disuso a causa delle tradizioni religiose degli ebrei. I capi religiosi ebrei di quel tempo si erano così allontanati da Dio e dai suoi princìpi che non solo tenevano nascosto il suo nome, ma furono anche colpevoli della morte del suo diletto Figlio. Non molti anni dopo, nel 70 E.V., gli ebrei ne pagarono in modo terribile le conseguenze quando il tempio e la città santa di Gerusalemme furono distrutti dagli eserciti romani … Dobbiamo quindi supporre che Gesù e i suoi discepoli usassero liberamente il nome di Dio? Senz’altro sì, perché di frequente citavano versetti delle Scritture che contenevano il nome di Geova.” (La Torre di Guardia, 15/7/1980, pagg 8-10).
Contrariamente a quanto appena letto, sorvolando sulle evidenti contraddizioni e alla luce dei fatti presentati, è più logico pensare che Gesù e gli Apostoli si adeguarono alla tradizione ebraica, come fecero in altre circostanze (cfr. Atti 3,1; Luca 4,16), e leggendo o citando le Scritture Ebraiche seguivano l’usanza di pronunciare, invece del tetragramma, le parole corrispondenti a “Signore” o “Dio”.
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