Testimoni di Geova: Storia, Sociologia, Teologia

Concetto cattolico dell'autorità pontificia

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  • amedeo.modigliani
    00 14/10/2009 12:05
    www.britannica.com/EBchecked/topic/92808/Melchor-Cano

    Melchor Cano



    “Pietro non ha bisogno delle nostre bugie o della nostra adulazione. Coloro che difendono ciecamente e indiscriminatamente ogni decisione del Sommo Pontefice sono quelli che più minano l’autorità della Santa Sede: distruggono, invece di rafforzare le sue fondamenta“.



    Niente male non è vero?
    [Modificato da amedeo.modigliani 14/10/2009 12:51]
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    pavel43
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    00 14/10/2009 16:10
    La Storia della Teologia volume 3° di Battista Mondin riporta questo:

    Per Melchior Cano l’autorità del papa viene dimostrata collegandola col primato di Pietro di cui il romano pontefice è il legittimo successore. Come persona privata anche il papa è passibile di errore. In virtù dell’assistenza divina le sue definizioni in materia di dottrina e di morale hanno carattere infallibile.

    In ogni caso la citazione dell’enciclopedia britannica è interessante.
    Ma riguarda esclusivamente la religione cattolica?
  • amedeo.modigliani
    00 14/10/2009 16:43
    Re:
    pavel43, 14/10/2009 16.10:

    La Storia della Teologia volume 3° di Battista Mondin riporta questo:

    Per Melchior Cano l’autorità del papa viene dimostrata collegandola col primato di Pietro di cui il romano pontefice è il legittimo successore. Come persona privata anche il papa è passibile di errore. In virtù dell’assistenza divina le sue definizioni in materia di dottrina e di morale hanno carattere infallibile.

    In ogni caso la citazione dell’enciclopedia britannica è interessante.
    Ma riguarda esclusivamente la religione cattolica?




    Preciso: non ho citato dalla Britannica ma da un'altra pubblicazione.
  • amedeo.modigliani
    00 14/10/2009 18:23
    Ma il beatificato Rosmini sarà d'accordo?

    "Se si pone per motivo dell'obbedienza la ragionevolezza del comando, l'obbedienza è distrutta" [1]

    "La cecità dell'obbedienza è la cecità stessa della fede" [2]

    "Nell'ubbidienza ai superiori si conosce la volontà di Dio: questa si deve amare con tutto il cuore e compirla come ottima: dunque si deve ubbidire con semplicità, senza pensare se il comando è giusto o no, utile o disutile (lett. n. 1444 a suor Bonaventura Rosmini).



    [1][2] Epistolario ascetico, Roma 1913, vol.I-III
  • amedeo.modigliani
    00 14/10/2009 18:52
    Già, il Beato Rosmini in apparenza la pensa molto diversamente...


    "Debbo sommessamente seguire l'autorità della Chiesa, de' Sommi Pontefici, ed oltracciò il senso e per così dire, l'Istinto dei Santi.
    Il senso dei Santi e l'autorità della Chiesa mi dicono che l'ubbidienza ai superiori religiosi è una via sicura di salvezza e di perfezione. Io mi accorgo, che Iddio vi fa sentire profondamente al cuore questa verità. Che importa dunque che i miei superiori fallino? io sono sicuro. D'altra parte se fallano i miei superiori, come uomini che sono, non falla Iddio che permette il loro fallo, e son certo che lo permette pel mio massimo bene. I Superiori non sono che istromenti nelle mani di Dio: quel comando dunque che è sbagliato, se lo considero con una ragione secondaria e di bassa sfera, non è dunque sbagliato se lo considero con una ragione primaria e sublime: La ragione primaria mette tranquillità nel mio cuore; m'infonde l'affetto e il compatimento verso i miei Superiori; mi rende dolcissimo e sommamente meritorio l'ubbidire in quei casi appunto, nei quali le ragioni secondarie mi offuscano la mente, mi turbano ed amareggiano il cuore, mi rendono disamorevole verso i miei superiori, ritroso ad ubbidire, vacillante nella stessa vocazione. Periscano adunque queste ragioni secondarie, si scaccino, come le nubi d'innanzi al sole, si faccia sereno il cielo dell'animo nostro. Non conviene ragionare con esse, ma colla forza onnipotente delle ragioni primarie soffocarle appena nate, annientarle prima che nascano, senza misericordia."




    Opere Edite e inedite di Antonio Rosmini, Torino, 1857, VOL XXXII p. 43
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    pavel43
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    00 14/10/2009 20:47
    Fa piacere tanto interessamento per Antonio Rosmini, certamente una delle migliori intelligenze del nostro ’800 in ambito cattolico ma anche in quello culturale generale.
    Rosmini è pure colui che scrisse “Delle cinque piaghe della Chiesa” che fu messo all’indice per alcune sue idee sulla riforma della Chiesa precorrendo il Concilio Vaticano II.
    Ora tutte le citazioni vanno considerati in diversi contesti e esprimono diversi intenti anche se hanno in comune il concetto dell’autorità papale.
    Quindi parlare di “pareri diversi” in questo modo è un’ovvietà che non si capisce cosa serva a dimostrare.
    [Modificato da pavel43 14/10/2009 20:50]
  • amedeo.modigliani
    00 14/10/2009 21:06
    pavel43, 14/10/2009 20.47:

    Fa piacere tanto interessamento per Antonio Rosmini, certamente una delle migliori intelligenze del nostro ’800 in ambito cattolico ma anche in quello culturale generale.
    Rosmini è pure colui che scrisse “Delle cinque piaghe della Chiesa” che fu messo all’indice per alcune sue idee sulla riforma della Chiesa precorrendo il Concilio Vaticano II.
    Ora tutte le citazioni vanno considerati in diversi contesti e esprimono diversi intenti anche se hanno in comune il concetto dell’autorità papale.
    Quindi parlare di “pareri diversi” in questo modo è un’ovvietà che non dimostra nulla.



    Non sentirti attaccato, non volevo dimostrare nulla ma solo riportare pensieri di autorevoli teologi. Per un cattolico se il Papa sta "sbagliando" può virtualmente considerarlo nulla disobbedendogli (ma sarà vero?), ma per un altro cattolico lo stesso Papa rappresenta lo "strumento di Dio" da seguire senza indugio. E' questa duplice anima del cattolicesimo che mi interessa capire meglio, perché mi sembra che abbiamo di fronte uno stato di cose tra loro apparentemente inconciliabili, ma sicuramente mi sbaglierò...


    Chiedo a te che sei cattolico praticante, è possibile essere buoni cattolici e allo stesso tempo disubbidire al Papa?
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    pavel43
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    00 14/10/2009 22:44


    è possibile essere buoni cattolici e allo stesso tempo disubbidire al Papa?


    Se la domanda significa una scelta di disubbidienza certamente non ci si può considerare buoni cattolici, forse neppure ci si può considerare cattolici.
    Un cattolico ha il dovere di ascoltare e mettere in pratica gli insegnamenti del papa specie se tratta materia grave: dogmi, morale sessuale e altro.
    Dopodichè le risposte possono essere diverse e fra i due atteggiamenti estremi (le due anime) vedo la maggioranza del popolo (cattolico) che ne segue gli insegnamenti.
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    (Gladio)
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    00 14/10/2009 23:52
    Re:
    pavel43, 14/10/2009 22.44:



    è possibile essere buoni cattolici e allo stesso tempo disubbidire al Papa?


    Se la domanda significa una scelta di disubbidienza certamente non ci si può considerare buoni cattolici, forse neppure ci si può considerare cattolici.
    Un cattolico ha il dovere di ascoltare e mettere in pratica gli insegnamenti del papa specie se tratta materia grave: dogmi, morale sessuale e altro.
    Dopodichè le risposte possono essere diverse e fra i due atteggiamenti estremi (le due anime) vedo la maggioranza del popolo (cattolico) che ne segue gli insegnamenti.




    Ovviamente per maggioranza del popolo cattolico intendi quelli praticanti.......non i milioni di cattolici nominali.......giusto??
    °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
    forum Testimoni di Geova




    Nella vita non ci sono problemi ma.....soluzioni.
  • amedeo.modigliani
    00 15/10/2009 00:50
    Re: Re:
    (Gladio), 14/10/2009 23.52:




    Ovviamente per maggioranza del popolo cattolico intendi quelli praticanti.......non i milioni di cattolici nominali.......giusto??




    Sul forum "cattolici romani" qualche tempo fa mi dissero che tecnicamente parlando è possibile persino finire dannati all'Inferno e continuare ad essere cattolici, questo perché l'essere cattolici e l'essere salvati sono due concetti che non necessariamente coincidono.

    "Cattolico" significa semplicemente essere stati battezzati cristianamente in un contesto cattolico-canonico, che generalmente è quello classico del sacerdote che battezza i neonati, non saprei essere più preciso in tecnicismi ma da quanto comprendo è una semplice questione di diritto, in questo caso appunto canonico.

    Persino la pratica dello "sbattezzo" è di valore nullo rispetto al diritto canonico, figuriamoci se non sono considerati cattolici i comuni aderenti, anche quelli più mangiapreti, visto che persino il peccato di apostasia (e la relativa scomunica) a quanto pare non fa cessare l'individuo dall'essere "cattolico", seppur scomunicato.
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    Roberto Carson
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    00 15/10/2009 01:09

    "Cattolico" significa semplicemente essere stati battezzati cristianamente in un contesto cattolico-canonico, che generalmente è quello classico del sacerdote che battezza i neonati, non saprei essere più preciso in tecnicismi ma da quanto comprendo è una semplice questione di diritto, in questo caso appunto canonico.



    Quindi, tecnicamente, anche io sarei cattolico, visto che quando ero neonato sono stato battezzato! Giusto?



    Per contatti: roberto.carson@tiscali.it
  • amedeo.modigliani
    00 15/10/2009 01:20
    Re:
    Roberto Carson, 15/10/2009 1.09:


    "Cattolico" significa semplicemente essere stati battezzati cristianamente in un contesto cattolico-canonico, che generalmente è quello classico del sacerdote che battezza i neonati, non saprei essere più preciso in tecnicismi ma da quanto comprendo è una semplice questione di diritto, in questo caso appunto canonico.



    Quindi, tecnicamente, anche io sarei cattolico, visto che quando ero neonato sono stato battezzato! Giusto?



    Dal loro punto di vista sì, sei scomunicato ma giuridicamente parlando rimani un cattolico.
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    pavel43
    Post: 482
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    00 15/10/2009 13:17


    Ovviamente per maggioranza del popolo cattolico intendi quelli praticanti.......non i milioni di cattolici nominali.......giusto??


    Questi in primis, ma, secondo la materia trattata, anche fra quelli “nominali” c’è un buon consenso, come, se pure in forma minoritaria, fra chi apertamente professa di non essere cattolico.
    Naturalmente il “consenso” è un’opzione, l’”obbedienza” è dovuta.

    Per Amedeo

    Le verità di fede a cui bisogna aderire sono sostanzialmente quelle espresse nel Credo.
    Chi ritiene di non aderire a queste verità in tutto o solo in parte si mette fuori dalla “comunione” della Chiesa .
    La Chiesa indica la via della salvezza, se sia meritevole dell’inferno chi si pone volontariamente fuori da tale comunione, a mio parer non si può dire, mi risulta che la Chiesa riconosce i santi ma non i dannati.
    Vorrei però aggiungere che se la fede senza le opere è morta, occorrerà oltre che professarla perseverare nella carità. Non basta rivestirsi di “perbenismo”
  • amedeo.modigliani
    00 16/10/2009 14:45
    Mi rendo conto che può sembrare che io stia facendo un minestrone assurdo tra argomenti abbastanza eterogenei ma nonostante le apparenze scorgo un "filo rosso" che dà ragione del tutto

    Copio dal CIC




    Can. 333 - §1. Il Romano Pontefice, in forza del suo ufficio, ha potestà non solo sulla Chiesa universale, ma ottiene anche il primato della potestà ordinaria su tutte le Chiese particolari e i loro raggruppamenti; con tale primato viene contemporaneamente rafforzata e garantita la potestà propria, ordinaria e immediata che i Vescovi hanno sulle Chiese particolari affidate alla loro cura.

    §2. Il Romano Pontefice, nell'adempimento dell'ufficio di supremo Pastore della Chiesa, è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e anzi con tutta la Chiesa; tuttavia egli ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare tale ufficio.

    §3. Non si dà appello né ricorso contro la sentenza o il decreto del Romano Pontefice.



    Abbandoniamo il piano soteriologico e chiediamoci fino a che punto le leggi ecclesiastiche permettono ai cattolici di disubbidire al Papa... onestamente non vedo nessuna ma proprio nessuna possibilità di questo tipo.
    Il Codice di Diritto Canonico è la legge della Chiesa e in questa legge il Papa ha autorità suprema.
  • amedeo.modigliani
    00 25/10/2009 14:30
    "L'obbedienza non è punto una ricerca dialogale della volontà a cui sottomettersi, bensì una sottomissione alla volontà del Superiore. Essa non importa un riesame del comando del Superiore da parte dell' obbediente. L'obbedienza cattolica non ammette quindi di fondarsi sopra l'esame del comando o della qualità del Superiore. E' falsa la sentenza del Delegato apostolico in Inghilterra che 'l'autorità ha solo il valore dei suoi argomenti'(OR,24-5 ottobre 1966). Questo è vero nella disputa, dove prevale la forza logica, ma non già nell'autorità di governo. Si noti inoltre che la teoria dell'obbedienza assoluta è propria del dispotismo e non è dottrina cattolica. La religione fa obbligo di disobbedire a chi comanda opera manifestamente illecita. Questo obbligo di disobbedire è alla base del martirio. L'obbedienza inoltre non ricerca affatto una coincidenza di volontà tra suddito e Superiore.

    ...
    ...

    L'obbedienza consiste nell'abdicare liberamente semel pro semper la volontà propria nella volontà del Superiore e quindi rinunziare all'esame del comando. Certo l'obbedienza è atto sommamente razionale, perché è fondato sopra una persuasione ragionata, non però sulla persuasione che la particolare opera comandata sia buona (questa era la dottrina del Lamennais), ma nella persuasione che il Superiore ha autorità legittima per comandare. La filosofia dei vocaboli soccorre all'ascetica. Il verbo greco peìthomai, che significa 'obbedisco', primordialmente e per sé significa 'io sono persuaso', non però dalla bontà dell'atto, che dunque porrei io stesso per autonoma elezione, bensì del diritto di comandare in chi comanda. Se si revoca l'obbedienza alla persuasione soggettiva della bontà della cosa comandata, la virtù dell'obbedienza dilegua. L'obbedienza diventa autoobbedienza."


    ROMANO AMERIO, IOTA UNUM, Studio delle variazioni della Chiesa Cattolica nel secolo XX, pp309-11



    Inutile dirvi che sono sempre più confuso. Da una parte si dice che l'obbedienza assoluta al superiore non è dottrina cattolica ("si deve disubbidire di fronte all'illecito comando") e dall'altra si dice che del comando è necessario sospendere il giudizio, pena confluire in una sorta di "autoobbedienza".

    Cosa mi sfugge?
  • amedeo.modigliani
    00 12/11/2009 16:33
    Sempre nel forum "cattolici romani" trovo anche questa interessante discussione inerente all'autorità pontificia.

    www.cattoliciromani.com/forum/showthread.php/poteri_papato-28...

    Pare quindi che sia assoluta, mi sfugge invece ancora quale sia il limite oltre al quale il fedele può scegliere di disubbidire, perché se è vero che primariamente il cattolico deve rispondere alla propria coscienza è anche vero che l'ubbidienza cattolica non dovrebbe essere quel tipo d'ubbidienza che s'interroga sulla bontà del comando impartito (Rosmini docet).