Nel 1870 l'antropologo Blumenbach individuò cinque razze principali (mongolica, caucasica, malese, americana ed etiopica), utilizzando parametri quali il colore della pelle, la forma e il colore di occhi e capelli, la morfologia del cranio, la costituzione e la statura.
Più tardi, nel 1889, De Quadrefages individuò tre razze pure, la gialla, la bianca e la nera, e due razze miste, l'americana e la oceanica, basandosi sul cranio e sulla pelle.
Un'altra classificazione è quella che si fonda su un criterio geografico, e identifica gruppi razziali in base alle caratteristiche climatiche: questo ne è un esempio.
Basandosi su questi dati “scientifici” filosofi del diciannovesimo secolo, come Gobineau, erano abbagliati dall’importanza di mantenere pura la razza, e totalmente convinti che il successo della razza bianca, nel loro caso, dovesse essere attribuito alla grande differenza dalle altre per i caratteri che riteneva ne fossero responsabili. Eugenetica e la relativa applicazione di Hitleriana memoria nell’Olocausto attestano l’impatto socialmente devastante che questa differenziazione dell’umanità in razze ha portato poche decine d’anni fa.
Eppure sembra proprio che le differenziazioni, specialmente somatiche, diano ad intendere che l’uomo è davvero diviso in razze: Chi di noi a colpo d’occhio non saprebbe distinguere un orientale da un’africano? O un europeo da quest’ultimi due? A cosa si deve l’apparente differenziazione?
All’inizio della storia umana, quando un gruppo di persone restava isolato dal resto della popolazione e gli individui si sposavano all’interno del gruppo, fra i discendenti si evidenziavano certe combinazioni genetiche caratteristiche, l’ambiente faceva il resto.
Facciamo degli esempi?
Il colore nero della pelle protegge dai dannosi raggi ultravioletti impedendo vere e proprie mortali infiammazioni cutanee mentre il naso camuso aiuta la respirazione senza filtrare un’aria già calda.
Il rachitismo sarebbe inevitabile per gli europei che si nutrono quasi esclusivamente a base di cereali, poveri di vitamina D, ma la loro pelle chiara, povera di melanina, consente la produzione di questa vitamina negli strati sottocutanei, grazie all’azione dei raggi solari sui precursori naturali contenuti proprio nei cereali.
La forma e la dimensione del corpo sono importanti in relazione alla temperatura e all’umidità; nei climi caldi e umidi, come nella foresta tropicale, conviene essere piccoli per aumentare la superficie rispetto al volume. Gli abitanti della foresta tropicale, e non soltanto i pigmei, sono dunque piccoli e i loro capelli crespi permettono al sudore di restare più a lungo e prolungare l’effetto raffreddante della traspirazione.
Al contrario, la faccia e il corpo mongolici sono costruiti in modo da proteggere contro il freddo intenso. La tendenza alla rotondità diminuisce la superficie in rapporto al volume corporeo, e riduce la perdita di calore verso l’esterno. Il naso è piccolo, con minore pericolo di congelamento, e così pure le narici, in modo che l’aria arrivi ai polmoni più lentamente e abbia il tempo di essere umidificata e scaldata. Gli occhi sono protetti dal freddo grazie alle palpebre, che sono vere e proprie borse di grasso (fornendo in tal modo un isolamento termico eccellente) e lasciano un’apertura molto sottile, dalla quale gli orientali riescono a vedere, pur restando protetti contro i venti freddissimi dell’inverno siberiano.
Non c’è dubbio che si tratti di adattamento ereditato biologicamente.
Basarsi esclusivamente su queste deduzioni ha portato a due conclusioni, ambedue false e con catastrofiche conseguenze: le razze sono pure, e le differenze fra razze sono forti: Falso!
Limitandosi ai caratteri visibili, come fecero scellerati filosofi e politici menzionati all’inizio, non è assurdo credere che possano esistere razze relativamente “pure”. Ma in questa conclusione si tralascia un fattore importantissimo, ciò che conferisce l’aspetto di queste differenze: il patrimonio genetico. In effetti ciascun gruppo di uomini appare esteriormente diverso, tuttavia al di sotto di queste differenze c’è una similarità fondamentale. La Scienza della genetica dimostra che esiste una grande eterogeneità genetica fra individui, qualunque sia la popolazione di origine. Ne consegue che la purezza della razza è inesistente oltre che impossibile.
In Matteo 23:8 Gesù scoraggiò la diversificazione in classi e affermò “…Voi siete tutti fratelli.” Oggi anche l’evidenza scientifica è d’accordo con quest’autorevole dichiarazione.
Possiamo infine affermare scientificamente che: “i geni propongono e gli ambienti dispongono”. Non esistono diverse razze umane, esiste la razza umana, con le splendide caratteristiche che, la costituzione ereditaria e l’influenza dell’ambiente su questo potenziale genetico, hanno portato in evidenza e che attestano, oggi più che mai, l’adattabilità conferitaci dal Grande Creatore e nostro incomparabile Dio: Geova!
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"Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore. E invano il ragionamento, che non vi ha parte, cerca d'impugnarne la certezza" - B. Pascal