00 08/02/2010 18:40
l'unione sarda del 4-2-2010

Si è chiusa dopo 11 anni la causa intentata da un emofiliaco di Nuoro che aveva contratto il virus Hcv al San Francesco
Trasfusione infetta, risarcito da morto
Lo Stato dovrà pagare ai familiari ottocentomila euro
Venerdì 05 febbraio 2010
L'uomo è deceduto pochi mesi prima della sentenza. Si era ammalato di cirrosi nel 1993 dopo che in ospedale gli erano stati trasfusi emoderivati inquinati dal germe che provoca l'epatite C.
I tempi della giustizia quasi mai coincidono con quelli della vita. E per lui - stimato impiegato nuorese che nel 1993 venne infettato dal terribile virus Hcv durante una trasfusione di emoderivati eseguita al San Francesco - il destino non ha fatto eccezioni.
MAXI RISARCIMENTO Quando lo scorso ottobre il giudice civile di Cagliari ha condannato il ministero della Salute a pagargli un maxi risarcimento di quasi ottocentomila euro, se n'era infatti già andato da qualche mese, stroncato da una epatite cronica di tipo C. Morto proprio a causa di quel terribile male che aveva contratto in ospedale e che gli aveva rovinato per sempre l'esistenza, riducendolo poco a poco a una larva, in una lenta e inesorabile corsa verso la fine. Ora quel mucchio di soldi, che non potrà comunque mai ripagare il prezzo di una vita umana, andrà ai suoi familiari, ma di certo sui loro volti non ci saranno sorrisi, né si farà festa nelle loro case. Alla moglie e ai figli resta infatti solo la soddisfazione di avere avuto finalmente giustizia, di aver vinto quella battaglia che anche in punto di morte lui gli aveva chiesto di portare avanti.
LA STORIA Stefano (il nome è di fantasia) è emofiliaco dalla nascita. E per questo, da adulto, è costretto a sottoporsi a periodiche trasfusioni di emoderivati Kcriboliun N Immuno all'ospedale San Francesco. Una via crucis che inizia sin dagli anni Ottanta, con scadenze sempre più ravvicinate. Ma è all'inizio del decennio successivo che accade l'irreparabile. Quando, non si sa esattamente. L'unica certezza è che durante una di queste trasfusioni gli viene somministrato il contenuto di una sacca infetta. Il virus entra nel suo sangue, attacca il suo fegato. Stefano scopre di essere stato contagiato nel 1993. La diagnosi è terribile: epatite cronica causata dall'Hcv. Due anni dopo, nel maggio del 1995, il ministero della Salute lo informa che un'apposita commissione ha accertato che la sua malattia è stata provocata da una trasfusione di emoderivati infetti. Gli anni successivi sono un lento calvario: la situazione peggiora di mese in mese, l'epatite si trasforma in cirrosi, compare anche il diabete. Stefano è costretto a fare tre iniezioni di insulina al giorno, non è più in grado di lavorare, si aggrappa alla vita con tutte le sue forze ma è una lotta impari.
LA CAUSA Lo Stato gli riconosce l'indennità introdotta da una legge del 1992, adottata proprio per risarcire le migliaia di persone che in quegli anni erano state contagiate in tutta Italia dall'Hcv (ma anche dall'Hiv) dopo trasfusioni di sangue o emoderivati. Sono settantamila euro, ma a Stefano sembrano quasi un insulto, un modo per lavarsene le mani. La sua esistenza è distrutta e lui non si accontenta di così poco, il prezzo della dabbenaggine di chi poteva e doveva evitare che accadesse non può essere quello. Così nel 1999 si rivolge all'avvocato Angelo Manconi, che subito iscrive la causa di risarcimento danni al ruolo del Tribunale civile di Cagliari. Il ministero della Salute non sta a guardare e si costituisce in giudizio attraverso l'avvocatura dello Stato, i cui legali chiedono di respingere la richiesta sul presupposto che Stefano ha già beneficiato dell'indenizzo previsto dalla legge del 1992. Per loro insomma la partita è chiusa, che si accontenti di quello che ha avuto.
LA SENTENZA Il processo dura tantissimo: undici anni. Così a lungo che Stefano non riesce a vederne la fine. Muore infatti qualche mese prima che il giudice Vincenzo Amato, lo scorso ottobre, emetta la sentenza. Un verdetto che accoglie in pieno le richieste del suo legale, censurando pesantemente la posizione del ministero: non solo lo Stato dovrà pagare ai familiari del defunto 560.309 euro per i danni causati dalla trasfusione infetta, ma dovrà versare loro anche 229.295 euro come risarcimento per la «mancata disponibilità delle somme dovute dal momento del fatto sino alla sentenza». La ragione il giudice la spiega in poche righe, laddove ritiene «ravvisabile un comportamento omissivo colposo del ministero che, in violazione dei doveri istituzionali e legislativi di direzione, autorizzazione e sorveglianza in merito al sangue importato o prodotto per emotrasfusione o emoderivati, ha reso possibile la circolazione di sangue infetto e le trasfusioni o assunzioni di emoderivati capaci di causare i danni verificatisi». Chiaro e conciso.
MASSIMO LEDDA



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