Testimoni di Geova: Storia, Sociologia, Teologia

INCOMPRENSIBILITÀ DEI SACRIFCI ANIMALI

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    Roberto Carson
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    00 23/04/2010 17:39
    Dialogo fra Fernando De Angelis e Bruno Burzi

    Caro Fernando, (16/4/10)
    l’A.T. è caratterizzato dal ricorrente ricorso al sangue di animali, usato per l’espiazione dei peccati del popolo o delle singole persone, oltre che per ogni patto di alleanza tra Jahvè e gli uomini. Il primo che ricordo è quello di Abele, che i primogeniti del suo gregge. Anche Caino faceva delle offerte, ma si trattava di prodotti della terra che non spargevano sangue e perciò non furono graditi. Forse perché non erano offerti con l'animo giusto.
    La cultura ebraica era pienamente consapevole del significato religioso, culturale e sociale di questa prassi, perciò Gesù è in assoluta sintonia con il suo popolo quando esprime al massimo il significato del sacrificio e dell’offerta di se stesso a Dio. Il Nuovo Testamento non mi pare che parli di questo “sistema” dei sacrifici, anche perché sottolinea l’unicità e l’irripetibilità del sacrificio di Gesù, che ha reso di fatto inutili ulteriori offerte di questo tipo. Anche i popoli pagani offrivano sacrifici agli dei e in qualche cultura si offrivano perfino sacrifici umani. I “gentili”, corrispondenti grosso modo ai cittadini dell’impero, avevano cognizione dei sacrifici, che tuttavia praticavano in forma molto ritualizzata e simulata.
    A mio avviso oggi si è completamente persa (e rinnegata) questa cultura, poiché richiama significati estremamente negativi, legati a pratiche di stregoneria o sataniche, o comunque cruente e perciò disdicevoli, anche se coinvolgenti soltanto animali. Il rito cattolico, nel ricordare l’evento della morte e resurrezione di Gesù, ripropone il concetto del sacrificio e dell’offerta per l’espiazione dei peccati con il sangue dell’Agnello, riallaciandosi così al significato che anticamente era attribuito al sangue.
    Ecco il punto: come possiamo comprendere, noi gente di oggi che sostanzialmente ignoriamo l’antica cultura ebraica e quella biblica dell’Antico Testamento, il significato profondo di queste cose? E soprattutto, al di là della situazione di fatto riportata nel testo biblico, perché c’era bisogno di sangue? Forse perché l’uomo ritiene che Dio richieda sangue? Cosa significa il sangue? Significa forse la vita, che Dio ci ha dato e che dobbiamo essere pronti a restituirla? Come Giobbe che dice: Dio ha dato e Dio ha tolto?
    A volte ho l’impressione che noi “Gentili” ci siamo abusivamente appropriati di una cultura che non ci appartiene, o che comunque è stata travasata nel nostro sistema in modo non corretto, non sostenuta dai pilastri necessari. Cosicché molti hanno difficoltà a credere e fingono, o si adeguano, aggrappandosi a tradizioni o a teologie tanto raffinate quanto incredibili.

    Bruno Burzi



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    Roberto Carson
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    00 23/04/2010 17:40
    Caro Bruno, (22/4/10)
    le questioni che poni sono numerose e complesse, ma io posso ora toccare solo alcuni punti. Scrivi che «la cultura ebraica era pienamente consapevole», ma non si tratta solo di cultura, bensì di un cammino educativo predisposto da Dio per il popolo d’Israele, rispetto al quale noi Gentili abbiamo progressivamente disimparato anche quello che sapevamo (Romani 1:18-32). Siamo però così orgogliosi della nostra ignoranza, da pensare che erano gli Ebrei a sbagliare, facendo sacrifici “barbari e inutili”!
    Ti pare che nel Nuovo Testamento sia stato abolito il sistema dei sacrifici, perché noi Gentili sono quasi 2.000 anni che accumuliamo ragionamenti per avvalorare una lettura antiebraica del Nuovo Testamento, all’inizio del quale troviamo invece che Gesù venne circonciso l’ottavo giorno e, dopo appena 40 giorni, fecero fare a lui e alla madre un centinaio di chilometri a dorso di asino per andare da Nazaret a Gerusalemme, con lo scopo di adempiere i riti di purificazione prescritti da Mosè, fra i quali il sacrificio di due volatili (Luca 2:21-24). Verso la fine del Nuovo Testamento la situazione non era cambiata, perché è scritto che «tutti» (sottolineo «tutti») i Giudei che avevano creduto in Gesù erano «zelanti per la legge» (sottinteso di Mosè) e Paolo, per far vedere che anche lui era un “osservante”, si predispose a compiere pubblicamente gli “orribili” riti di purificazione! (Atti 21:20-26).
    Quando scrivi «l’unicità e l’irripetibilità del sacrificio di Gesù, che ha reso di fatto inutili ulteriori offerte di questo tipo», ti associ ad una lettura antiebraica dell’Epistola agli Ebrei che ritengo insostenibile e sulla quale spero di produrre uno scritto entro la fine di quest’anno. Ora anticipo solo che i sacrifici animali erano “inutili” anche prima di Cristo, se venivano presi come “riti magici” e non come simboli: di ciò era ben consapevole sia Davide che i profeti (Salmo 50:12-15; 51:14-17; Isaia 1:11-18; Osea 6:6).
    È vero che oggi, in una società sempre più animalista e vegetariana, ci sono enormi difficoltà a comprendere l’Antico Testamento, anche all’interno delle Chiese. Viene allora la tentazione di considerare il tutto come “superato”, così finisce che tagliamo la grassa radice ebraica, anziché innestarci in essa, come è indispensabile per ogni vero cristiano (Romani 11:17-18). Non ci vuole molta conoscenza biblica per capire che Dio non segue i sondaggi: basta pensare al Diluvio (solo una famiglia si salvò), all’Esodo (solo due entrarono nella Terra Promessa) ed a Gesù, che proseguì per la sua strada anche sapendo che sarebbe rimasto solo (Giovanni 6:60-67; 16:32). Meglio allora dissociarsi dalla nostra “perversa generazione” (Atti 2:40) e seguire le istruzioni di Dio per risalire la china, ma senza tentare di fare i furbi, prendendo scorciatoie che non portano da nessuna parte. A me sembra che il primo non Ebreo ad essere battezzato ci sia stato descritto proprio per essere un modello per tutti i Gentili che vogliono appartenere all’Ebreo Gesù, perciò concludo riassumendo “il modello Cornelio” (Atti 10).
    1.Se siamo onesti, non ci vuole molto a percepire l’esistenza di Dio da ciò che ci circonda (il creato) e da ciò che sentiamo dentro di noi (la coscienza), come ribadisce Paolo (Romani ).
    2.Di fronte alla grandezza di Dio (creato) ed alla sua santità (coscienza) non possiamo sentirci “a posto” e perciò dobbiamo tentare di fare qualcosa, sia confessando la nostra inadeguatezza con la preghiera, sia cercando di mettere in pratica un comportamento corretto (Cornelio aveva “timore di Dio”, faceva “molte elemosine” e “pregava assiduamente”, Atti 10:2).
    3.Il paradosso di chi vuole “mettersi a posto”, però, è che più cerca di essere santo e più si accorge di quanto non lo sia: ecco perché Cornelio fu pronto ad uscire dal sistema che aveva faticosamente messo a punto, quando Dio gliene offre l’opportunità (vv. 7-8).
    4.Quando Pietro dice a Cornelio che «chiunque crede in Cristo riceve il perdono dei peccati» (v. 43), Cornelio non obietta che lui “non ha fatto niente di male”, ma accoglie il messaggio.
    5.Dio dimostra di approvare il pentimento di Cornelio, donandogli lo Spirito Santo (v. 44). Ci sono modi di credere che Dio non solo non approva, ma che giudica severamente (Matteo 3:7-9; Giovanni 2:23-25; 8:30-44). Finché uno non ha ricevuto lo Spirito Santo, perciò, deve scoprire dove sta sbagliando, rispetto ai punti 1-4.
    6.Lo Spirito Santo ci assicura al nostro interno che siamo stati perdonati e accolti da Dio, divenuto così nostro Padre per mezzo di Gesù, dandoci la luce e la forza per iniziare un nuovo percorso (Romani 8:9-17).
    7.Il centurione Romano Cornelio si rese conto di avere tutto da imparare dall’Ebreo Pietro e perciò, dopo essere stato accolto nella “casa d’Israele” è naturale che si predispose a comprendere sempre più quel mondo nel quale aveva avuto il privilegio di essere accolto (1Pietro 2:2; 1Corinzi 3:1-2; 14:20).
    8.Solo dopo il percorso di rinnovamento intellettuale ed etico abbozzato sopra, credo che possiamo cominciare a capire la Legge di Mosè, tentare di farlo prima a me pare un “mettere il carro davanti ai buoi”.
    Grazie comunque dei tuoi stimoli.

    Fernando De Angelis



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    .:mErA:.
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    Città: NAPOLI
    Età: 33
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    00 23/04/2010 23:28
    Interessante discussione. Ne approfitto per dire la mia.


    Anche Caino faceva delle offerte, ma si trattava di prodotti della terra che non spargevano sangue e perciò non furono graditi.


    Non c'è scritto che non furono graditi perchè non comportavano lo spargimento di sangue.
    Anche nella Legge Mosaica erano previsti delle offerte vegetali, ed esse erano normalmente accettate.
    L'idea secondo cui "non c'è perdono dei peccati senza spargimento di sangue" non è conforme all'Ebraismo e alla Bibbia Ebraica.


    Ecco il punto: come possiamo comprendere, noi gente di oggi che sostanzialmente ignoriamo l’antica cultura ebraica e quella biblica dell’Antico Testamento, il significato profondo di queste cose?


    Ottima osservazione. Per molti secoli i Gentili hanno creduto di sapere tutto delle Scritture pur senza conoscere il contesto culturale in cui furono composte.


    Il Nuovo Testamento non mi pare che parli di questo “sistema” dei sacrifici


    Ne parla eccome.
    Anche Gesù diede un buon consiglio ai suoi discepoli per quanto riguarda i sacrifici:
    "Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono." (Matteo 5:23-24).
    Il Gesù descritto nel Vangelo di Matteo non è contrario ai sacrifici o al sistema religioso Mosaico, ma è un Rabbi che crede fermamente nell'importanza del Tempio e istruisce i suoi discepoli su come offrire i sacrifici sull'altare.


    . I “gentili”, corrispondenti grosso modo ai cittadini dell’impero, avevano cognizione dei sacrifici, che tuttavia praticavano in forma molto ritualizzata e simulata.


    I popoli pagani credevano che i sacrifici animali fossero il modo migliore per placare l'ira delle divinità.
    Nell'antico Israele invece il sacrificio era una multa da pagare per una colpa commessa, e biblicamente ogni cosa deve essere santificata, anche le multe e le tasse.
    I peccati volontari non vengono espiati tramite il sacrificio, ma attraverso la teshuvah, cioè il ravvedimento, il ritorno a Dio.

    Shalom.
    [Modificato da .:mErA:. 23/04/2010 23:29]
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    (SimonLeBon)
    Post: 861
    Città: PINEROLO
    Età: 53
    Sesso: Maschile
    00 24/04/2010 21:25
    Re:
    .:mErA:., 4/23/2010 11:28 PM:

    Interessante discussione. Ne approfitto per dire la mia.



    Aggiungo anch'io il mio piccolo contributo, nello spirito del forum...


    Anche Caino faceva delle offerte, ma si trattava di prodotti della terra che non spargevano sangue e perciò non furono graditi.


    :mErA:

    Non c'è scritto che non furono graditi perchè non comportavano lo spargimento di sangue.
    Anche nella Legge Mosaica erano previsti delle offerte vegetali, ed esse erano normalmente accettate.



    Tutto verissimo. Noi tdG siamo invece convinti che si sia trattato di una differenza di atteggiamento, piu' che di valore dell'offerta. Mentre l'uno offriva il meglio di quello che aveva con lo spirito giusto, l'altro possibilmente offriva prodotti di qualità scadente e comunque con atteggiamento errato e geloso verso il fratello.

    :mErA:

    L'idea secondo cui "non c'è perdono dei peccati senza spargimento di sangue" non è conforme all'Ebraismo e alla Bibbia Ebraica.



    E' vero che non è richiesto per forza lo spargimento di sangue per poter avere il perdono, ma certamente è richiesto il sacrificio.
    Di piu', dal momento che il peccatore torna a ripetere i suoi comportamenti e quindi di suoi peccati, ne deriva la necessità di ripetere il sacrificio in eterno.
    La Legge, in questo senso, non "salva" il credente, ma lo "condanna" in continuità a rendersi conto dei suoi peccati, e al sacrificio.

    Allargando il discorso, il sacrificio cruento ricordava anche al peccatore che Dio è santo, mentre lui non lo è. Al posto della vittima avrebbe potuto comparire lui stesso, per i peccati del quale veniva invece sacrificato un animale "innocente".

    Simon