00 08/07/2011 17:16
Cosa vogliono i governi europei dalla religione? Che supplisca allo stato sociale in crisi, assistendo e confortando; e che fornisca identità e tradizione, contro la confusione di razze, mercati, costumi.
È l’ ora delle maggioranze religiose; l’ora di chiese socialmente efficienti, baluardo dei valori di un Paese. Perciò le minoranze religiose sono stigmatizzate. Minacciano l’ ordine e l’ unità; sono straniere, diverse. È lontano il tempo in cui ci siamo battuti per la differenza religiosa.

Sì, è vero, siamo diventati grandi, più potenti e più ricchi, facendoci multi-cristiani e multi-religiosi; riconoscendo i diritti degli altri credenti. Ma ora i tempi sono cambiati e molti governi vorrebbero tornare al passato.
Invece, giovedì scorso, la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha detto che indietro non si torna. Anzi, è andata oltre. Per la prima volta in cinquanta anni di storia, i giudici europei hanno condannato la Francia per violazione della libertà religiosa. La Corte ha accolto il ricorso dei Testimoni di Geova contro la politica fiscale con cui da anni Parigi perseguita le sectes.

Integrista, alternativa, autarchica, la diversità religiosa delle «sette» è indigesta alla République laïque. Il governo ha presentato ai Testimoni di Geova un conto di 57 milioni di euro per tasse evase sulle offerte dei fedeli. Nessun giudice francese ha avuto il coraggio di rilevare l’ovvio, cioè che quella applicazione della legge fiscale è arbitraria e su misura contro i 250.000 Testimoni di Geova transalpini. C’è voluta una corte europea unanime, giudice francese incluso, per ribadire che, salvo casi eccezionali, lo Stato non ha da giudicare «della legittimità delle credenze e delle loro manifestazioni».

Lo Stato prevenga e persegua reati, anche quando commessi in nome di Dio. Ma non decida per i cittadini quale fede e quale chiesa siano migliori delle altre. Contro governi nazionali protezionisti della fede, il diritto europeo costruisce una società dinamica, in cui la libertà religiosa vale per tutti. I tanti e i pochi, i vecchi e i nuovi. I comodi e gli scomodi.

Articolo di Marco Ventura pubblica sul Corriere della Sera del 2 luglio 2011, pag.50.

Fonte: www.tdgnews.it/portal/?p=4019



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