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LA TRINITÀ FRA ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

Ultimo Aggiornamento: 10/02/2010 18:03
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08/02/2010 21:26

CAP. 8
ANTICO TESTAMENTO O EBRAISMO RABBINICO?


Ebrei e cristiani sono d’accordo: il Nuovo Testamento è “un’altra cosa” rispetto all’Antico Testamento. Così ognuno è rispettato nelle sue specifiche competenze e i pericoli di reciproche interferenze si riducono al minimo.
Interferenze possibili perché un pericoloso punto di attrito c’è ed è rappresentato dal rapporto fra Antico e Nuovo Testamento. Per gli Ebrei il problema non si pone, perché considerano il Nuovo Testamento come incompatibile con Mosè, mentre i cristiani sono d’accordo con gli Ebrei che l’Antico Testamento sia Parola di Dio: superata, sì, ma pur sempre Parola di Dio e nella quale era già “contenuto” il Nuovo Testamento.
L’Antico Testamento è spesso considerato dai cristiani come una specie di ostrica che contiene in sé la perla del Vangelo, arrivato il quale l’ostrica si conserva soprattutto per far risaltare quanto è bella la perla e come è stata lunga la sua preparazione (da ciò un Antico Testamento visto come “storia della salvezza”, avente ormai perso il suo valore normativo).
Noi invece riteniamo che, dalla Genesi all’Apocalisse, Dio è sempre lo stesso e porta avanti lo stesso disegno, per mezzo dello stesso Gesù, il quale ha cominciato la sua opera già alla creazione (Giovanni 1:3). Ci ritroviamo allora con un’opposizione generalizzata, cioè sia degli Ebrei che dei cristiani, sia dei cristiani filo-ebraici che di quelli anti-ebraici.
Mentre gli Ebrei fanno da 2000 anni una “lettura anticristiana” dell’Antico Testamento, i cristiani fanno una speculare “lettura antiebraica” del Nuovo Testamento da 1900 anni (perché Cristo e i primi cristiani erano Ebrei che rimasero tali). Sono queste due letture distorte ad essere incompatibili, mentre da una lettura del Nuovo Testamento fatta con semplicità e senza preconcetti antiebraici, si può constatare che è in piena continuità con l’Antico.
Già Cristo rimproverava la maggioranza dei Giudei di seguire particolari elaborazioni di loro “maestri” (Marco 8:13), ma poi un’ulteriore e profonda svolta c’è stata con le catastrofiche e ripetute ribellioni contro Roma, con la conseguente distruzione del secondo Tempio. Quella classe dirigente fallimentare, per giustificare se stessa e continuare a professarsi come depositaria della giusta interpretazione della Torà, ha dovuto fare salti logici, inventandosi storielle molto ingegnose, ma che hanno ormai poco a che fare con l’Antico Testamento.
Nella mia città fu invitato un quotato rabbino e, tra l’altro, ci disse che Mosè sul Sinai ricevette non solo la “Torà Scritta”, ma anche la “Torà Orale”: ambedue di pari dignità e ambedue custodite dal popolo Ebreo.
Ci illustrò poi l’atteggiamento ebraico con due scenette. In una Mosè chiede a Dio di tornare in Terra per veder come gli Ebrei stanno applicando la sua Legge. Mosè torna turbato, lamentandosi che ormai stavano facendo tutt’altro da come lui aveva disposto, ma Dio gli risponde che il popolo Ebreo ha tutto il diritto di aggiornare la Legge come riteneva più opportuno. In una seconda scenetta veniva illustrato come il dissidente ebreo ha sempre torto, mentre la maggioranza ha sempre ragione indipendentemente da ciò che decide, cioè per il solo fatto di essere la maggioranza del popolo eletto.
In un’altra occasione un ebreo praticante ci illustrò il suo “studio della Torà”, che si incentrava non sulla lettura dell’Antico Testamento, ma sullo studiare i commenti rabbinici alla Torà.
Prima di discutere con un ebreo di Nuovo Testamento e di Trinità, bisognerebbe analizzare quanto dei suoi attuali atteggiamenti siano compatibili con l’Antico Testamento. Gli apostoli chiamavano gli Ebrei del loro tempo ad essere fedeli alla Parola di Dio, che in quel momento era l’Antico Testamento, perciò anche noi dovremmo cominciare cercando di condividere il vero messaggio della Parola di Dio scritta prima di Cristo, ma essendo rispettosi del senso originario del testo, senza correre alle applicazioni cristiane che, in un primo momento, credo dovrebbero essere accantonate.
La storia d’Israele, raccontata da Dio nell’Antico Testamento, non è una storia di fedeltà nella quale la maggioranza del popolo ha sempre ragione (a partire dal famoso vitello d’oro, Esodo 32:1-14), ma una storia che – tappa dopo tappa – va avanti solo PER GRAZIA. Purtroppo fra noi cristiani si è radicata la falsa convinzione che l’Antico Testamento sia “il tempo della Legge” e non siamo in genere pronti a far vedere come, quando abbonda la Legge, abbonda anche il peccato e perciò è SEMPRE NECESSARIO che sovrabbondi la grazia (cf. Romani 5:20).

C’è una domanda che in genere non si fa ad un ebreo e forse è meglio così, perché è indispensabile farla piangendo e non mettendosi su un piedistallo: «Perché è stato distrutto il primo Tempio?». Il primo, non il secondo (che è quello frequentato da Gesù), perché è opportuno discutere sulla distruzione del secondo Tempio solo se un Ebreo accetta ciò che l’Antico Testamento dice sulle motivazioni della distruzione del primo Tempio:
«Al suo tempo, salì Nabucodonosor, re di Babilonia, e Ioiachim gli fu suo vassallo per tre anni; poi nuovamente si ribellò contro di lui. Jahvè inviò, allora, contro di lui bande di Caldei, bande di Aramei, bande di Moabiti e bande di figli di Ammon e li lanciò contro Giuda per distruggerla, secondo la parola che Jahvè aveva proferito per mezzo dei suoi servi, i profeti. Ciò avvenne contro Giuda, solamente secondo l’ordine di Jahvè, per toglierla dalla sua faccia, a motivo dei peccati di Manasse, per tutto ciò che aveva fatto, e anche per il sangue innocente che aveva sparso, riempiendo Gerusalemme di sangue innocente. Jahvè non volle perdonare» (Re 24:1-4).

Solo se è il caso e se ci viene spontaneo piangere si può procedere con altre domande: «Alla distruzione del primo Tempio e all’esilio collegato si cominciò a rimediare prima che fosse trascorso un secolo (2 Cronache 36:20-23; Geremia 29:10; Esdra 3:8-13), perché allora, dopo la distruzione del secondo Tempio, ci son voluti 20 secoli perché gli Ebrei facessero ritorno nella Terra a loro Promessa? E perché, dopo 20 secoli, non è nemmeno iniziata la ricostruzione del Tempio?
L’obiettivo di queste domande non è certo quello di umiliare il popolo Ebreo e devo costantemente aver presente che io e il mio popolo italiano non siamo certo migliori. Il nostro vero obiettivo è di contrastare l’ecumenismo degli orgogliosi, fatto da dignitari di varie religioni che si incensano a vicenda; promuovendo invece “l’ecumenismo di Dio” che è ben sintetizzato da Paolo: «Dio ha rinchiuso TUTTI nella disubbidienza per far misericordia a tutti» (Romani 11:32).

Giovanni Battista fu onorato da molti Ebrei, ma ostacolato dalla maggioranza, la quale però non ne invocò la morte, come invece fece poi per Gesù (Luca 23:20-23). Parallelamente, il messaggio di Pietro agli Ebrei fu accettato da molti e ostacolato da una maggioranza che si oppose, ma non con la violenza usata poi verso Stefano, che non a caso fu il primo martire (Atti 2:41; 4:1-3; 7:54-60). Credo che i motivi vadano ricercati nel fatto che le requisitorie di Giovanni Battista e di Pietro lasciavano aperto uno spiraglio di possibile salvezza per il popolo nel suo complesso (Luca 3:10-17; Atti 3:17-21), mentre nelle accuse di Gesù e di Stefano c’è una vena di disperazione (Matteo 23; Atti 7:51-53).
Quelle accuse di Gesù e di Stefano furono insopportabili alla maggioranza degli Ebrei di allora e sono le stesse che rendono insopportabile anche oggi il Nuovo (e l’Antico) Testamento. Gesù e Stefano non sfiorarono nemmeno la questione della divinità del Messia e della Trinità (come non fu sfiorata in nessuna delle predicazioni riportate negli Atti), perciò non sono questi i veri ostacoli per un’accettazione di Gesù da parte di un ebreo: il vero ostacolo è quello di riconoscere che lui e il suo popolo sono peccatori (anche se non più di me e del mio popolo) e che hanno (e abbiamo) bisogno di essere salvati per grazia, mediante la fede nel Messia Gesù.
Mentre per portare il rimprovero di Dio ad un Ebreo ci vogliono le lacrime agli occhi (Dio continua a non aver piacere che si disprezzi il suo popolo), per le parole durissime usate da Gesù e da Stefano bisognerebbe avere lo stesso amore che ebbero loro e che li spinse ad invocare il perdono proprio per quel popolo che stava dando loro un’orribile morte (Luca 23:34; Atti 7:60).



Per contatti: roberto.carson@tiscali.it
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