LA TRINITÀ FRA ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

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Roberto Carson
00sabato 6 febbraio 2010 11:58
5. PASSI TRINITARI DEL NUOVO TESTAMENTO

A. Annunciazione e Battesimo di Gesù (Luca 1:32-35; 3:22).

Nel Nuovo Testamento, la Trinità si manifesta già all’annunciazione, perché Gesù sarà “figlio dell’Altissimo” e opera dello Spirito Santo (Luca 1:32-35).
Trinitario fu anche l’inizio dell’impegno pubblico di Gesù, cioè il suo battesimo, quando «Lo Spirito Santo scese su di lui in forma corporea, come una colomba; e venne una voce dal cielo: “Tu sei il mio diletto Figlio; in te mi sono compiaciuto”» (Luca 3:22).

B. Un solo Dio, un solo Signore, un medesimo Spirito (1Corinzi 8:6; 12:4-6; Efesini 4:4-6).

1Corinzi 8:6.
Prima di passare più velocemente ad altri versetti, ci soffermiamo su un’espressione dell’apostolo Paolo che è a volte presa come negazione della Trinità:
«Ci sono molti dèi e signori, tuttavia per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale son tutte le cose, e noi viviamo per lui, e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale son tutte le cose, e mediante il quale anche noi siamo» (1Corinzi 8:5-6).

Certo, se ci si limita a riportare «per noi c’è un solo Dio, il Padre», sembra che il passo neghi la divinità di Gesù, ma se si considera tutto il contesto, il discorso è più complesso. Prima di tutto “Padre” rivolto a Dio si riferisce in primo luogo a Gesù, Figlio di Dio per natura, mentre per noi uomini può essere “Padre” solo in senso adottivo e solo per mezzo di Gesù (chi non è “in Cristo” è creatura di Dio, amata sì, ma non figlio, cf. Giovanni 1:12).
Già indicare Dio come “Padre”, perciò, richiama la divinità di Gesù; la considerazione centrale è però un’altra e si riferisce alla struttura della poesia ebraica, che si basa non sulla rima, ma sul parallelismo dei versi, che non di rado esprimono lo stesso concetto con parole diverse. Andando a caso, per esempio, ho subito trovato due esempi:
A1. «Mettimi al riparo dalle trame dei malvagi,
B1. dagli intrighi dei malfattori.
A2. Hanno affilato la loro lingua come spada
B2. e hanno scagliato come frecce parole amare» (Salmo 64:2-3).
A3. «Ti lodino i popoli, o Dio,
B3. tutti quanti i popoli ti lodino!» (Salmo 67:3).

Si può constatare come il secondo rigo della coppia (B) ripeta il concetto del primo rigo (A) apportando qualche variante. Paolo sembra seguire lo stesso schema:
A4. «C’è un solo Dio, il Padre, dal quale son tutte le cose, e noi viviamo per lui,
B4. e un solo Signore, Gesù Cristo, mediante il quale son tutte le cose, e mediante il quale anche noi siamo»
Nelle due espressioni di Paolo (A4 e B4) c’è infatti un’assonanza di concetti, non un loro contrasto:
-“Padre” e “Signore” sono espressioni diverse ma “Signore” (come abbiamo più sopra evidenziato), nel Nuovo Testamento è usato anche per Dio Padre, specie nella versione greca dei Settanta in uso fra gli Ebrei di lingua greca e ampiamente utilizzata dagli apostoli. “Signore” rivolto a Gesù, perciò, afferma la sua divinità, anziché negarla.
-“Dal quale son tutte le cose” e “mediante il quale son tutte le cose” riprende la diffusa dottrina che l’autore della creazione è Dio Padre, che però l’ha realizzata per mezzo di Cristo (Giovanni 1:3; Colossesi 1:16; Ebrei 1:2). L’opera della creazione, insomma, non separa il Padre dal Figlio, che anzi appaiono come “co-creatori”, perché il Padre fa la sua opera fondamentale con la partecipazione del Figlio in tutto.
- A “Noi viviamo per lui” fa da parallelo “mediante il quale anche noi siamo”. In altre parole, la nostra condizione è il riflesso dell’essenza di Dio Padre e dell’essenza di Gesù; Dio Padre è la sorgente della vita ed è lui che ce l’ha trasmessa, ma noi ce ne appropriamo per mezzo di Gesù, che è mediatore sia nella creazione della vita naturale che nel trasmetterci la vita dello Spirito.
Per fare un imperfetto esempio umano, Dio Padre è come se svolgesse le funzioni del re, mentre Gesù mette in atto il programma come farebbe un primo ministro, con lo Spirito Santo che realizza concretamente l’opera. Dio ha amato il mondo (Giovanni 3:16), Gesù ha messo in atto la volontà del Padre morendo in Croce (Luca 22:42) e lo Spirito Santo ha concretizzato a Pentecoste (Atti 2) la nuova vita dei credenti.

1Corinzi 12:4-6.
Più avanti l’apostolo Paolo torna sullo stesso tema introdotto in 8:6:
«Vi è diversità di carismi, ma vi è un medesimo Spirito.
Vi è diversità di ministeri, ma non v’è che un medesimo Signore.
Vi è varietà di operazioni, ma non vi è che un medesimo Dio,
il quale opera tutte le cose in tutti» (1Corinzi 12:4-6).

Il versetto che precede il passo indica che “Signore” si riferisce a Gesù. Anche in questo caso, come in Corinzi 8:6, colpisce il parallelismo. Senza la dottrina trinitaria, Dio sarebbe qui associato a qualcosa che non è Dio, ma che il tutto formi un’unità è ben espresso nelle ultime parole, nelle quali si precisa che Dio «opera tutte le cose in tutti». Più avanti (15:22-28), nell’esporre le tappe future dell’opera di Cristo, Paolo ricomporrà un’altra volta la varietà nell’unità, affermando che alla fine Cristo «consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre» ... «affinché Dio sia tutto in tutti». Dio è ed opera “tutto in tutti”, perciò l’opera dello Spirito e del Signore Gesù, date le loro caratteristiche, non possono che essere interne a Dio stesso, intendendosi per “Dio” sia il Padre che la Deità nel suo insieme.
D’altronde l’intreccio trinitario è presente anche nel versetto (12:3) che precede quelli sopra considerati: «Nessuno, parlando per lo Spirito di Dio, dice: “Gesù è anatema!” e nessuno può dire: “Gesù è il Signore!” se non per lo Spirito Santo». Dio, Gesù e Spirito Santo inseriti ancora una volta in un contesto di distinzione di persona, unità di sostanza e cooperazione nell’agire.


Efesini 4:4-6.
Concetti simili a quelli appena visti sono espressi in Efesini 4:4-6:
«Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati a una sola speranza, quella della vostra vocazione. V’è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti».
Anche in questo caso, la distinzione delle tre persone è accompagnata da chiare espressioni unitarie (“un solo” / “una sola”), con le ultime parole che possono considerarsi come un’espressione trinitaria condensata e che riporto intercalandole con il senso che mi pare abbiano: «è al di sopra di tutti [Dio Padre], fra tutti [il Signore Gesù, Matteo 18:20] e in tutti [Lo Spirito Santo, 2Timoteo 1:14]».

C. Altri passi trinitari.

Romani 8:9.
«Voi però non siete nella carne ma nello Spirito, se lo Spirito di Dio abita veramente in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, egli non appartiene a lui».
Se separiamo Cristo da Dio allora ci sarebbero due Spiriti, mentre più sopra (Efesini 4:4-6) abbiamo visto che ce n’è solo uno.

Romani 8:16.
«Lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio. Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se veramente soffriamo con lui, per essere anche glorificati con lui».

Romani 15:30.
«Ora, fratelli, vi esorto, per il Signore nostro Gesù Cristo e per l’amore dello Spirito, a combattere con me nelle preghiere che rivolgete a Dio in mio favore»

I tre soprastanti versetti di Romani confermano che nell’Epistola, pur non affrontandosi il tema della divinità di Cristo, la Trinità è un presupposto ritenuto da Paolo pacificamente condivisibile con l’uditorio.

Ebrei 9:14.
«Quanto più il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offrì se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente!»

Atti 20:28.
«Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata con il proprio sangue».
Abbiamo già considerato che il sangue versato è evidentemente quello di Cristo e come questo passo ribadisca la “unità genetica” fra il Padre e il Figlio (lo stesso sangue), d’altronde chiarita da come è stato concepito Gesù (Luca 1:35).

Matteo 28:19.
«Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».
Il Vangelo non è come il Corano e Gesù non è come Maometto, che pose un abisso fra qualsiasi uomo (anche se stesso) e un Dio “totalmente altro”. Qui non è un apostolo che esalta Gesù, ma è Gesù stesso che si pone al livello del Padre, insieme allo Spirito Santo. Se si interpreta il versetto inserendo i due punti, acquista una più chiara connotazione trinitaria, avendosi un nome (singolare) e tre persone.
Altri invece interpretano questo versetto come se intendesse «nel nome del Padre, [nel nome] del Figlio e [nel nome] dello Spirito Santo». Dato però che sono tre nomi distinti, allora sono anche tre persone, Spirito Santo compreso. Tre persone sullo stesso piano, senza la Trinità, sarebbero allora tre Dii e si cadrebbe nel politeismo. Insomma, la valenza trinitaria di questo versetto resta comunque.

2Corinzi 13:13.
«La grazia del Signore Gesù Cristo e l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi», cioè con tutti noi.
Roberto Carson
00lunedì 8 febbraio 2010 21:26
CAP. 8
ANTICO TESTAMENTO O EBRAISMO RABBINICO?


Ebrei e cristiani sono d’accordo: il Nuovo Testamento è “un’altra cosa” rispetto all’Antico Testamento. Così ognuno è rispettato nelle sue specifiche competenze e i pericoli di reciproche interferenze si riducono al minimo.
Interferenze possibili perché un pericoloso punto di attrito c’è ed è rappresentato dal rapporto fra Antico e Nuovo Testamento. Per gli Ebrei il problema non si pone, perché considerano il Nuovo Testamento come incompatibile con Mosè, mentre i cristiani sono d’accordo con gli Ebrei che l’Antico Testamento sia Parola di Dio: superata, sì, ma pur sempre Parola di Dio e nella quale era già “contenuto” il Nuovo Testamento.
L’Antico Testamento è spesso considerato dai cristiani come una specie di ostrica che contiene in sé la perla del Vangelo, arrivato il quale l’ostrica si conserva soprattutto per far risaltare quanto è bella la perla e come è stata lunga la sua preparazione (da ciò un Antico Testamento visto come “storia della salvezza”, avente ormai perso il suo valore normativo).
Noi invece riteniamo che, dalla Genesi all’Apocalisse, Dio è sempre lo stesso e porta avanti lo stesso disegno, per mezzo dello stesso Gesù, il quale ha cominciato la sua opera già alla creazione (Giovanni 1:3). Ci ritroviamo allora con un’opposizione generalizzata, cioè sia degli Ebrei che dei cristiani, sia dei cristiani filo-ebraici che di quelli anti-ebraici.
Mentre gli Ebrei fanno da 2000 anni una “lettura anticristiana” dell’Antico Testamento, i cristiani fanno una speculare “lettura antiebraica” del Nuovo Testamento da 1900 anni (perché Cristo e i primi cristiani erano Ebrei che rimasero tali). Sono queste due letture distorte ad essere incompatibili, mentre da una lettura del Nuovo Testamento fatta con semplicità e senza preconcetti antiebraici, si può constatare che è in piena continuità con l’Antico.
Già Cristo rimproverava la maggioranza dei Giudei di seguire particolari elaborazioni di loro “maestri” (Marco 8:13), ma poi un’ulteriore e profonda svolta c’è stata con le catastrofiche e ripetute ribellioni contro Roma, con la conseguente distruzione del secondo Tempio. Quella classe dirigente fallimentare, per giustificare se stessa e continuare a professarsi come depositaria della giusta interpretazione della Torà, ha dovuto fare salti logici, inventandosi storielle molto ingegnose, ma che hanno ormai poco a che fare con l’Antico Testamento.
Nella mia città fu invitato un quotato rabbino e, tra l’altro, ci disse che Mosè sul Sinai ricevette non solo la “Torà Scritta”, ma anche la “Torà Orale”: ambedue di pari dignità e ambedue custodite dal popolo Ebreo.
Ci illustrò poi l’atteggiamento ebraico con due scenette. In una Mosè chiede a Dio di tornare in Terra per veder come gli Ebrei stanno applicando la sua Legge. Mosè torna turbato, lamentandosi che ormai stavano facendo tutt’altro da come lui aveva disposto, ma Dio gli risponde che il popolo Ebreo ha tutto il diritto di aggiornare la Legge come riteneva più opportuno. In una seconda scenetta veniva illustrato come il dissidente ebreo ha sempre torto, mentre la maggioranza ha sempre ragione indipendentemente da ciò che decide, cioè per il solo fatto di essere la maggioranza del popolo eletto.
In un’altra occasione un ebreo praticante ci illustrò il suo “studio della Torà”, che si incentrava non sulla lettura dell’Antico Testamento, ma sullo studiare i commenti rabbinici alla Torà.
Prima di discutere con un ebreo di Nuovo Testamento e di Trinità, bisognerebbe analizzare quanto dei suoi attuali atteggiamenti siano compatibili con l’Antico Testamento. Gli apostoli chiamavano gli Ebrei del loro tempo ad essere fedeli alla Parola di Dio, che in quel momento era l’Antico Testamento, perciò anche noi dovremmo cominciare cercando di condividere il vero messaggio della Parola di Dio scritta prima di Cristo, ma essendo rispettosi del senso originario del testo, senza correre alle applicazioni cristiane che, in un primo momento, credo dovrebbero essere accantonate.
La storia d’Israele, raccontata da Dio nell’Antico Testamento, non è una storia di fedeltà nella quale la maggioranza del popolo ha sempre ragione (a partire dal famoso vitello d’oro, Esodo 32:1-14), ma una storia che – tappa dopo tappa – va avanti solo PER GRAZIA. Purtroppo fra noi cristiani si è radicata la falsa convinzione che l’Antico Testamento sia “il tempo della Legge” e non siamo in genere pronti a far vedere come, quando abbonda la Legge, abbonda anche il peccato e perciò è SEMPRE NECESSARIO che sovrabbondi la grazia (cf. Romani 5:20).

C’è una domanda che in genere non si fa ad un ebreo e forse è meglio così, perché è indispensabile farla piangendo e non mettendosi su un piedistallo: «Perché è stato distrutto il primo Tempio?». Il primo, non il secondo (che è quello frequentato da Gesù), perché è opportuno discutere sulla distruzione del secondo Tempio solo se un Ebreo accetta ciò che l’Antico Testamento dice sulle motivazioni della distruzione del primo Tempio:
«Al suo tempo, salì Nabucodonosor, re di Babilonia, e Ioiachim gli fu suo vassallo per tre anni; poi nuovamente si ribellò contro di lui. Jahvè inviò, allora, contro di lui bande di Caldei, bande di Aramei, bande di Moabiti e bande di figli di Ammon e li lanciò contro Giuda per distruggerla, secondo la parola che Jahvè aveva proferito per mezzo dei suoi servi, i profeti. Ciò avvenne contro Giuda, solamente secondo l’ordine di Jahvè, per toglierla dalla sua faccia, a motivo dei peccati di Manasse, per tutto ciò che aveva fatto, e anche per il sangue innocente che aveva sparso, riempiendo Gerusalemme di sangue innocente. Jahvè non volle perdonare» (Re 24:1-4).

Solo se è il caso e se ci viene spontaneo piangere si può procedere con altre domande: «Alla distruzione del primo Tempio e all’esilio collegato si cominciò a rimediare prima che fosse trascorso un secolo (2 Cronache 36:20-23; Geremia 29:10; Esdra 3:8-13), perché allora, dopo la distruzione del secondo Tempio, ci son voluti 20 secoli perché gli Ebrei facessero ritorno nella Terra a loro Promessa? E perché, dopo 20 secoli, non è nemmeno iniziata la ricostruzione del Tempio?
L’obiettivo di queste domande non è certo quello di umiliare il popolo Ebreo e devo costantemente aver presente che io e il mio popolo italiano non siamo certo migliori. Il nostro vero obiettivo è di contrastare l’ecumenismo degli orgogliosi, fatto da dignitari di varie religioni che si incensano a vicenda; promuovendo invece “l’ecumenismo di Dio” che è ben sintetizzato da Paolo: «Dio ha rinchiuso TUTTI nella disubbidienza per far misericordia a tutti» (Romani 11:32).

Giovanni Battista fu onorato da molti Ebrei, ma ostacolato dalla maggioranza, la quale però non ne invocò la morte, come invece fece poi per Gesù (Luca 23:20-23). Parallelamente, il messaggio di Pietro agli Ebrei fu accettato da molti e ostacolato da una maggioranza che si oppose, ma non con la violenza usata poi verso Stefano, che non a caso fu il primo martire (Atti 2:41; 4:1-3; 7:54-60). Credo che i motivi vadano ricercati nel fatto che le requisitorie di Giovanni Battista e di Pietro lasciavano aperto uno spiraglio di possibile salvezza per il popolo nel suo complesso (Luca 3:10-17; Atti 3:17-21), mentre nelle accuse di Gesù e di Stefano c’è una vena di disperazione (Matteo 23; Atti 7:51-53).
Quelle accuse di Gesù e di Stefano furono insopportabili alla maggioranza degli Ebrei di allora e sono le stesse che rendono insopportabile anche oggi il Nuovo (e l’Antico) Testamento. Gesù e Stefano non sfiorarono nemmeno la questione della divinità del Messia e della Trinità (come non fu sfiorata in nessuna delle predicazioni riportate negli Atti), perciò non sono questi i veri ostacoli per un’accettazione di Gesù da parte di un ebreo: il vero ostacolo è quello di riconoscere che lui e il suo popolo sono peccatori (anche se non più di me e del mio popolo) e che hanno (e abbiamo) bisogno di essere salvati per grazia, mediante la fede nel Messia Gesù.
Mentre per portare il rimprovero di Dio ad un Ebreo ci vogliono le lacrime agli occhi (Dio continua a non aver piacere che si disprezzi il suo popolo), per le parole durissime usate da Gesù e da Stefano bisognerebbe avere lo stesso amore che ebbero loro e che li spinse ad invocare il perdono proprio per quel popolo che stava dando loro un’orribile morte (Luca 23:34; Atti 7:60).
Roberto Carson
00mercoledì 10 febbraio 2010 18:01
CAP. 9
LA DIMENSIONE “QUADRIUNITARIA” DELLA FEDE CRISTIANA


1. LA RIVELAZIONE “QUADRIUNITARIA” IN GIOVANNI 17:20-26.

Riportiamo subito il testo che sta alla base delle riflessioni di questo capitolo.
Gesù disse: «Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io in te, anch’essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell’unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me. Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu mi hai dati, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai data; poiché mi hai amato prima della fondazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato; e io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l’amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro» (Giovanni 17:20-26).

Con “Quadriunità” non vogliamo proporre qualche strana dottrina, ma solo indicare l’applicazione della Trinità ai credenti, i quali saranno “uno” in Cristo e pienamente integrati nella Trinità. La dinamica allora diviene fra quattro polarità, perciò abbiamo pensato di dare il nome di “Quadri-unità” a questa realtà descritta da Gesù stesso.
La piena comunione col Padre, per Gesù, ha comportato un’ubbidienza «fino alla morte, e alla morte di croce» (Filippesi 2:8), ma proprio per questo è stato innalzato alla destra del Padre, aspettando che i suoi nemici siano ridotti ad essere lo sgabello dei suoi piedi (Ebrei 1:13).
La comunione con Cristo, per Paolo, ha avuto un significato simile e Paolo è stato sempre pronto a dare la vita per Gesù (Atti 20:23; 2Corinzi 11:23-27). Insieme a dure prove, però, ha anche sperimentato straordinarie benedizioni (2Corinzi 12:2-4; Atti 16:25-34) e una sintonia unica con Cristo, che si rifletteva in tutto ciò che Paolo faceva (Filippesi 4:9).
Vogliamo anche noi essere inseriti in questo coro? Il prezzo da pagare non è leggero:
-sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita (Apocalisse 2:10);
-«dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli» (1Giovanni 3:16, cf. 1Tessalonicesi 2:8);
-e dare la vita anche per i nemici, come ha fatto Cristo (Romani 5:6-8).
Dio rimarrà forse in debito? Non è lui stesso a metterci in grado di fare per lui ciò che siamo incapaci di fare? Si può comunque sempre cominciare con poco, iniziando a sperimentare quella sua semplice promessa: «Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi» (Luca 6:38).
Roberto Carson
00mercoledì 10 febbraio 2010 18:02
2. POPOLI DI OGNI LINGUA SARANNO “UNO” IN CRISTO

Qualcuno dice che “siamo tutti figli di Dio”, ma non è vero che è un diritto che si acquisisce con la nascita, perché lo si diventa ricevendo Cristo (Giovanni 1:12). La preghiera di Gesù «Che siano tutti uno» riguardava perciò solo chi l’avrebbe ricevuto, cioè gli apostoli e quelli che avrebbero in seguito creduto «per mezzo della loro parola».
L’unità dei cristiani, però, non è né automatica né iniziale, ma progressiva e finale. In altre parole, chi riceve Cristo comincia una nuova vita e, come per quella naturale, c’è poi un processo di crescita, attraverso il quale si passa da «bambini in Cristo» a «uomini fatti» (1Corinzi 3:1; Efesini 4:11-15; Ebrei 5:12-14; 1Pietro 2:2). Il nostro dovere e il nostro privilegio è perciò di “crescere”, ma l’opera si completerà quando vedremo Cristo «faccia a faccia» (1Corinzi 13:12) e quando Dio sarà “tutto in tutti” (1Corinzi 15:28).
Prima di allora l’unità dei cristiani non potrà che essere parziale e a poco serviranno gli incontri di gerarchie religiose che a volte si illudono di avere il destino della Chiesa e di Dio nelle loro mani. L’unità dei cristiani ci sarà perché è Gesù a volerla, ma la realizzerà a suo tempo e a suo modo. Anzi, ne sta gettando le basi da 2000 anni, perché non è rimasto nella tomba, ma è risorto e ora vive.
Non dobbiamo perciò perdere tempo cercando di anticipare i piani di Gesù, ma seguirne la scia in ciò che ora sta operando: ed ora sta soprattutto allargando la base dei popoli che lo riconosceranno come Signore, a mano a mano che il Vangelo si propaga ad ogni nazione.
Comunque, per non dilungarci, l’importante per noi è sapere che un giorno TUTTI I CREDENTI SARANNO “UNO” IN CRISTO, ciò però non significherà la perdita delle nostre individualità, perché l’immagine che ce ne viene fornita è quella di un corpo dove Cristo è il capo e dove noi siamo le varie membra. Il solito discorso, insomma, cioè un’unità di natura, di scopi e di spirito, ma fatta da una pluralità di persone. Solo allora realizzeremo pienamente la “Quadriunità”.
Roberto Carson
00mercoledì 10 febbraio 2010 18:03
3. IL TRAGUARDO FINALE DI UNA “QUADRIUNITÀ ARMONICA”

Sul mensile “il Cristiano”, in una precedente grafica, c’erano tre circonferenze disposte a triangolo, con una quarta circonferenza che era in via di inserimento e che poi avrebbe completato una disposizione a quadrato. Chi l’ha realizzata non aveva certo in mente la parola “Quadriunità”, ma forse voleva esprimere significati simili. In ogni caso, quella figura la vedo come un’ottima rappresentazione di quello che desidero comunicare.
La sintonia fra Gesù e il Padre è totale: «Tu, o Padre, sei in me e io sono in te» (Giovanni 17:21). Noi ci stiamo inserendo in questo duetto con una preghiera suggeritaci dallo Spirito Santo (Romani 8:26), anche se qualche volta stoniamo. Un giorno però la nostra voce si inserirà nel coro perfettamente: «Come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi» (Giovanni 17:21). «Io in loro e tu in me», perciò IL PADRE IN NOI! (Giovanni 17:23).
È una luce abbagliante che ho scoperto solo di recente e che posso guardare solo per poco tempo. Sembra però che all’abbaglio, piano piano, si sostituisca lo splendore.

Fernando De Angelis


FINE DELLO STUDIO: LA TRINITÀ FRA ANTICO E NUOVO TESTAMENTO
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