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Il racconto del "ricco e Lazzaro" è da intendersi letteralmente o si tratta di una parabola?

Ultimo Aggiornamento: 18/06/2011 17:16
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25/05/2009 00:22

Nel Vangelo di Luca, al capito 16, versetti da 19 a 31, Gesù espone il famoso racconto “del ricco e Lazzaro”. Esso narra: “C'era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e di bisso, e ogni giorno si divertiva splendidamente; e c'era un mendicante, chiamato Lazzaro, che stava alla porta di lui, pieno di ulceri, e bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; e perfino i cani venivano a leccargli le ulceri. Avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abraamo; morì anche il ricco, e fu sepolto. E nel soggiorno dei morti, essendo nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abraamo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: "Padre Abraamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell'acqua per rinfrescarmi la lingua, perché sono tormentato in questa fiamma". Ma Abraamo disse: "Figlio, ricòrdati che tu nella tua vita hai ricevuto i tuoi beni e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato. Oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una grande voragine, perché quelli che vorrebbero passare di qui a voi non possano, né di là si passi da noi". Ed egli disse: "Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli, affinché attesti loro queste cose, e non vengano anche loro in questo luogo di tormento". Abraamo disse: "Hanno Mosè e i profeti; ascoltino quelli". Ed egli: "No, padre Abraamo; ma se qualcuno dai morti va a loro, si ravvedranno". Abraamo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscita." ’ ”
E’ idea diffusa, soprattutto nel mondo evangelico - protestante, che questo racconto attestasse all’infuori di qualsiasi dubbio, l’esistenza di un tremendo luogo di tormento infuocato chiamato inferno, abitato dai demoni, laddove verrebbero mandate le anime dei peccatori impenitenti per essere tormentate in eterno. Cosa ha da dire la Bibbia in merito a questo ipotetico inferno.
Il termine “inferno” si trova in parecchie traduzioni bibliche e viene inserito nel Vecchio Testamento come traduzione della parola ebraica “she’òhl”, mentre nel Nuovo Testamento come traduzione delle parole greche “hàides” e “gèenna”. E’ interessante comunque comprendere quale sia il vero significato di queste parole. La parola “she’òhl” in ebraico si riferisce alla comune tomba del genere umano, alla condizione di sepoltura in cui si trovano tutti coloro che sono morti. Si noti cosa dice la Scrittura di Ecclesiaste 9:10: “Tutto quello che la tua mano trova da fare, fallo con tutte le tue forze; poiché nel soggiorno dei morti dove vai, non c'è più né lavoro, né pensiero, né scienza, né saggezza.” Le parole “soggiorno dei morti” contenute nella Scrittura, traduco l’ebraico “she’òhl”, che altre traduzione bibliche rendono “inferno”. Da come si evince in questo versetto si sta facendo riferimento alla condizione dei defunti, non ad un inferno di fuoco. Inoltre la Bibbia dice che nello “she’òhl” (inferno) vanno anche le persone buone. Quando il sofferente Giobbe, tormentato dalle sue afflizioni non resisteva più, fece in preghiera la seguente richiesta a Dio: “Oh, volessi tu nascondermi nel soggiorno dei morti [she’òhl], tenermi occulto finché l'ira tua sia passata, fissarmi un termine, e poi ricordarti di me!” (Giobbe 14:13). Un’altra traduzione, quella di Marco Sales traduce: “Oh, ti piacesse nascondermi nell’inferno [she’òhl]”. Se il termine “she’òhl” fosse riferito all’inferno di fuoco, come sarebbe possibile che un uomo buono come Giobbe farebbe richiesta a Dio di essere nascosto in un luogo tale per avere sollievo dalle sue sofferenze? E’ invece logico pensare che Giobbe, disperato per le sue afflizioni, stesse chiedendo a Geova Dio di farlo morire affinché non soffrisse più. Da questo comprendiamo indubbiamente che il termine ebraico “she’òhl” non può riferirsi affatto all’inferno.
Ma che dire della parola greca “hàides” anch’essa tradotta in molte Bibbie “inferno”? Ebbene possiamo dire che questa parola ha lo stesso identico significato dell’ebraico “she’òhl”, infatti anch’essa fa riferimento alla comune tomba del genere umano. La Scrittura di Atti 2:27, facendo riferimento a Gesù dice: “perché tu non lascerai l'anima mia nel soggiorno dei morti,
e non permetterai che il tuo Santo subisca la decomposizione”. Qui “soggiorno dei morti” è la traduzione del greco “hàides”, che nello stesso versetto diverse altre traduzioni rendono “inferno” (vedi ad esempio la traduzione “Istituto Pontificio Biblico di Roma”; “Ricciotti”; “Sales”; “Tintori”. La “CEI - Conferenza Episcopale Italiana” traduce “inferi”). Come dice questa Scrittura, è possibile che Gesù sia andato nell’inferno di fuoco? Assolutamente no! Allora essa va intesa che “inferno” non significhi altro che tomba. Da ciò si denota che nemmeno la parola greca “hàides” nella Bibbia possa riferirsi ad un luogo di tormento infernale.
Ma che dire delle terza parole che nella Bibbia viene anch’essa spesso tradotta “inferno”, ossia il greco “gèenna”? Questa parola compare nel Nuovo Testamento dodici volte e deriva dai termini ebraici “Ga´i” e “Hin•nom”, che significano valle di Innom. Questa valle si estende da sud a sud-ovest di Gerusalemme ed anticamente veniva utilizzata come luogo di scarico dei rifiuti che venivano bruciati in un fuoco che veniva costantemente alimentato. Tutto ciò che veniva gettato nella gèenna veniva distrutto per sempre, qualsiasi cosa gettata in quel fuoco non poteva mai più essere recuperata. Gesù utilizzava il termine “gèenna” come simbolo di giudizio e di distruzione eterna, ne è un esempio la Scrittura di Matteo 23:33 laddove Gesù condannava gli ipocriti farisei: “Serpenti, razza di vipere, come scamperete al giudizio della geenna?” Ma come facciamo a esser sicuri che la “gèenna” fosse un simbolo di distruzione eterna e invece non raffigurasse un tremendo luogo di tormento? Ne sono una prova le parole di Gesù pronunciate in Matteo 10:28: “E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete piuttosto colui che può far perire l'anima e il corpo nella geenna.” Si noti che Gesù qui dice che l’anima può perire nella gèenna, cioè morire, essere distrutta. Ma se l’inferno è un luogo di tormento eterno l’anima non dovrebbe morire, ma soffrire per sempre! Il significato di questa Scrittura invece è un esortazione per i cristiani a temere Dio e non gli uomini, perché gli uomini possono uccidere l’individuo, ma non possono negare la possibilità della resurrezione, mentre Dio potrebbe “far perire l’anima e il corpo nella geenna”, cioè negare la possibilità della resurrezione e quindi distruggere il malvagio impenitente per sempre.
Da questa analisi concludiamo che nemmeno la parola greca “gèenna” fa riferimento ad un ipotetico inferno infuocato, quindi possiamo concludere che la Bibbia non parli affatto di questa dottrina. Il motivo che ha generato tanta confusione in merito a questo falso insegnamento è il fatto che i traduttori non hanno spesso distinto il significato delle parole originali. A tal proposito un’enciclopedia dice: “Molta confusione e incomprensione è stata causata perché i primi traduttori della Bibbia resero persistentemente le parole ebraica Sceol e greche Ades e Geenna con la parola inferno. La semplice traslitterazione di queste parole da parte dei traduttori nelle edizioni rivedute della Bibbia non è stata sufficiente a chiarire apprezzabilmente questa confusione ed errata veduta”. — The Encyclopedia Americana (New York; 1942), Vol. 14, pag. 81.
Inoltre, ci sarebbe da chiedersi, come potrebbe un Dio d’amore, così come è descritto nella Bibbia, creare un luogo talmente terribile dove tormentare eternamente le anime dei defunti? Non sarebbe sadico un Dio del genere? E non andrebbe in contraddizione con il grande amore che manifesta ed è il suo principale attributo? In realtà, la dottrina dell’inferno di fuoco, come quella dell’immortalità dell’anima, affonda le sue origini nell’antico culto babilonese. Essa venne traslitterata fino ai nostri giorni venendo assorbita e sincretizzata dal cristianesimo tradizionale e da altre religioni moderne. Ma il vero ideatore di questa falsa dottrina è stato il calunniatore Satana il Diavolo (Diavolo significa “calunniatore”) il quale vorrebbe spacciare Dio per un essere crudele e spietato. Ma Gesù definì Satana “il padre della menzogna” (Giovanni 8:44).
Tornando al racconto “del ricco e Lazzaro” chiediamoci: Si tratta di un racconto letterale come vorrebbe lasciar intendere l’autore del volantino “Domande ai Testimoni di Geova”? Quale significato racchiude veramente?
Rispondendo alla prima domanda possiamo dire con somma certezza: no! Si noti a tal riguardo cosa dice il libro Ragioniamo facendo uso delle Scritture alla pagina 200: “Se presa letteralmente [la parabola del ricco e Lazzaro], significherebbe che coloro che godono del favore divino potrebbero tutti trovar posto nel seno di un uomo, Abraamo; che l’acqua sulla punta di un dito non evaporerebbe tra le fiamme dell’Ades; che una semplice goccia d’acqua potrebbe recare sollievo a chi vi patisce le pene. Vi sembra ragionevole? Se fosse letterale, sarebbe in contrasto con altre parti della Bibbia. Se la Bibbia si contraddicesse in tal modo, coloro che amano la verità edificherebbero la loro fede su di essa? Ma la Bibbia non si contraddice.” - Watchtower, 1989.
Credo che quanto appena riportato sopra dovrebbe essere condiviso da chiunque abbia un minimo di senso logico. Anche la “Bibbia di Gerusalemme” riconosce che si tratta di una “storia-parabola, senza nessun legame storico” (nota in calce di Luca 19:19-31).
Allora qual è il significato della parabola in questione? Il “ricco” raffigura gli ipocriti farisei che vivevano al tempo di Gesù, mentre “Lazzaro” simboleggiava le persone comuni fra gli ebrei che venivano disprezzate dalla classe sacerdotale farisaica, ma che col tempo si pentirono del loro peccati e divennero seguaci di Gesù (Vedi Luca 18:11; Giovanni 7:49; Matteo 21:31, 32). Le morti del ricco e di Lazzaro rappresentano i cambiamenti di circostanze in cui si vennero a trovare i farisei e i discepoli di Cristo: gli ebrei un tempo disprezzati dai farisei, accettando Cristo si vennero a trovare in una condizione di favore divino, mentre i farisei che rigettarono Gesù, che un tempo sembravano essere in una posizione favorevole adesso erano stati rigettati da Dio, che nella parabola è rappresentato dal padre Abraamo. Il luogo infuocato in cui il ricco si è trovato raffigura lo stato di tormento in cui i farisei si trovarono a causa dei messaggi di giudizio annunciati da coloro che prima essi disprezzavano (Atti 5:33; 7:54).



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25/05/2009 17:02

Con questa parabola, Gesù desiderava comunicare con la gente, ponendosi al loro stesso livello. Egli parte così da ciò che è per loro familiare, per insegnare un'importante lezione spirituale. Utilizza, probabilmente, un racconto popolare del suo tempo, circa la condizione dei morti nell'Ades, ma non fa questo perchè ne approva la tradizione, ma per sottolineare l'importanza di dare ascolto agli insegnamenti di Mosè e dei profeti, perchè da ciò può dipendere la vita o la distruzione eterna. In ogni caso si tratterebbe di un linguaggio figurato, simbolico, dove il fuoco assume il significato di distruzione eterna, definitiva, e il seno d'Abramo rappresenta la posizione di favore di colui che vi si trova.

Gesù ha usato un'immagine comune, semplicemente per comunicare meglio il suo insegnamento. Non vuol dire che condividesse questo racconto dalle origini pagane, risalenti alla Grecia di quel tempo, nè che Egli credesse nel suo contenuto.
Quella di Gesù era solo una parabola, proposta per insegnare una verità fondamentale, per cui i dettagli d'essa non hanno affatto un significato letterale!

Perchè non è possibile che si debba interpretare letteralmente?
Un'interpretazione letterale viene a crollare sotto il peso delle sue stesse assurdità e contraddizioni. I sostenitori del letteralismo asseriscono che il ricco e Lazzaro siano spiriti senza corpo. Eppure il ricco è descritto come una persona che ha "occhi" che vedono, una "lingua" che parla e che cerca sollievo dal "dito" di Lazzaro: tutte parti concrete di un corpo. Vengono descritti come individui esistenti fisicamente, malgrado il fatto che il corpo del ricco fosse già seppellito nella tomba.

Se la parabola va letta letteralmente, allora Lazzaro ha ricevuto il suo premio e l'uomo ricco la sua punizione, immediatamente dopo la morte e prima del giorno del giudizio. Ma le Scritture dicono che tali ricompense sono state riservate per la fine degli 'ultimi giorni', quando il Signore verrà con giudizio per separare le simboliche pecore dalle simboliche capre. (Mt 25:31,32)

Un'interpretazione letterale della parabola contraddice anche la testimonianza concorde dell'Antico e del Nuovo Testamento, secondo la quale i morti, giusti ed empi, giacciano nel silenzio e nell'incoerenza della morte fino al giorno della risurrezione. (Eccl. 9:5,6)

Cosa intendeva insegnare Gesù con questa parabola?

Il contesto del brano in questione, lo rivela! Hai notato cosa dice il verso 14? In esso si legge: "Ora i farisei, che erano amanti del denaro, ascoltavano tutte queste cose..." .
Credo sia alquanto chiaro che il famoso "ricco" della parabola, fosse la classe farisaica del suo tempo. Questi erano infatti "amanti del denaro". Appropriatamente vengono descritti come al "ricco".
Ma se il ricco rappresenta la classe dei farisei, chi potrebbe rappresenterebbe il povero Lazzaro, accolto nel seno di Abramo?
Ebbene, Lazzaro rappresentava la gente comune di quel tempo, considerata dai farisei come gente di basso livello, priva di istruzione, e incapaci di accedere al meraviglioso messaggio delle Scritture.

Gesù, con questa parabola, volle dare ai farisei una chiara lezione: non sarebbe stato a motivo della loro sapienza, della conoscenza o della loro cultura teologica, che avrebbero ottenuto l'approvazione di Dio, il più grande Abramo, ma solo gli umili, i semplici, coloro che si erano cibati delle briciole cadute dalle tavole imbandite e sfarzose dei ricchi farisei, coloro avrebbero ottenuto accoglienza nel Regno di Dio.

I simbolici tormenti, dunque, non avevano a che fare con fiamme di fuoco letterali, che avrebbero arrostito, senza mai farli morire, coloro che vi erano gettati dentro. Ma erano i tormenti causati ai farisei, da quei semplici e umili cristiani che, con la loro predicazione, smascheravano il comportamento materialistico e carnale di quei sacerdoti irriverenti.
Il salmista dice: "L'empio lo vede e si irrita; digrigna i denti e si consuma; il desiderio degli empi non potrà mai avverarsi" (Sal 112:10)
I tormenti, che causano lo stridor dei denti, non sono altro che la conseguenza della disapprovazione di Dio e la consapevolezza del giudizio che riceveranno. Una rabbia struggente, che non servirà a salvarli.

Nessun inferno di fuoco, dnq! Ma una semplice lezione cristiana, spiegata da Gesù con l'uso di un'illustrazione dal linguaggio comune per l'uditorio al quale Egli si rivolgeva!
(tratto dal blog Apologia del cristianesimo)
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03/07/2009 15:25

Benedetto XVI in Gesù di Nazaret offre diverse chiavi di lettura della parabola di Lazzaro e aggiunge:
"Gesù utilizza gli elementi immaginifici preesistenti senza con questo elevarli formalmente ad un suo insegnamento sull'aldilà...tuttavia...riprende qui le idee dello stato intermedio tra morte e risurrezione che erano diventate patrimonio del giudaismo"
Concetti rilevati anche dal citato Ricciotti.
[Modificato da Roberto Carson 29/05/2011 13:12]
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03/07/2009 18:39

Re:
pavel43, 03/07/2009 15.25:

Benedetto XVI in Gesù di Nazaret offre diverse chiavi di lettura della parabola di Lazzaro e aggiunge:
"Gesù utilizza gli elementi immaginifici preesistenti senza con questo elevarli formalmente ad un suo insegnamento sull'aldilà...tuttavia...riprende qui le idee dello stato intermedio tra morte e risurrezione che erano diventate patrimonio del giudaismo"
Concetti rilevati anche dal citato Ricciotti.



Posso anche trovarmi d'accordo con Benedetto XVI sull'affermazione sopra riportata, che egli face nel libro "Gesù di Nazaret", libro fra l'altro che personalmente ho letto e che ritengo molto interessante.
Tuttavia il fatto che Gesù abbia ripreso "le idee dello stato intermedio tra morte e risurrezione che erano diventate patrimonio del giudaismo" non dimostra affatto che Gesù ci credesse. Infatti tali idee, come Cristo sapeva bene, non erano altro che l'acquisizione sincretistica di concetti ampiamenti diffusi nel mondo pagano contemporaneo e pre-contemporaneo dalla teologia giudaica. La Bibbia non parla affatto di inferno infuocato o di dannazione eterna (in senso letterale), tuttavia Gesù, in qualità di eccellente oratore e uomo dal grande carisma, nell'elaborazione della sua parabola, per far ben comprendere il punto, fece riferimento a dei concetti che facevano parte del patrimonio giudaico e quindi che erano familiari agli ascoltatori.





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29/05/2011 17:15


il fatto che Gesù abbia ripreso "le idee dello stato intermedio tra morte e risurrezione che erano diventate patrimonio del giudaismo" non dimostra affatto che Gesù ci credesse.


Non riesco ad immaginare che Gesù abbia fatto una cosa simile.

Se io dovessi spiegare in modo semplice e metaforico ad un gruppo di cattolici in cosa consiste il Giudizio di Dio, non gli parlerei mica della Madonna, del Limbo o dell'Inferno (cose nelle quali io non credo) solo perchè tali concetti appartengono al loro patrimonio culturale.
Allo stesso modo dubito che Gesù si sia servito di dottrine in cui egli stesso non credeva.
Trovo più ragionevole pensare che l'autore del Vangelo di Luca credesse nell'escatologia essena secondo cui esisteva un luogo di punizione eterna per le anime.

Per capire invece qual era la posizione ebraica più antica sull'oltretomba e sul giudizio finale bisogna scavare nelle tradizioni giudaiche e nei discorsi delle prime accademie rabbiniche messi in seguito per iscritto nel Talmud.
Le fonti talmudiche più antiche (riferite a Shammai e Hillel) definiscono il GeHinnom (Geenna) come un luogo infuocato dove verranno puniti sia l'anima che il corpo, e ciò avverrà solo al momento della Resurrezione.
Alcuni di quelli che scenderanno nel GeHinnom risaliranno e vivranno, altri invece verranno annientati per sempre e saranno ricordati con infamia.
Ben presto però nacquero anche dottrine diverse che anticipavano la punizione a subito dopo la morte, ed evidentemente queste erano già diffuse al tempo di Gesù.
[Modificato da .:mErA:. 29/05/2011 17:17]
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30/05/2011 12:03


Non riesco ad immaginare che Gesù abbia fatto una cosa simile.

Se io dovessi spiegare in modo semplice e metaforico ad un gruppo di cattolici in cosa consiste il Giudizio di Dio, non gli parlerei mica della Madonna, del Limbo o dell'Inferno (cose nelle quali io non credo) solo perchè tali concetti appartengono al loro patrimonio culturale.
Allo stesso modo dubito che Gesù si sia servito di dottrine in cui egli stesso non credeva.
Trovo più ragionevole pensare che l'autore del Vangelo di Luca credesse nell'escatologia essena secondo cui esisteva un luogo di punizione eterna per le anime.



Caro mErA, perchè la cosa ti sembra così improbabile?

Ricorda che Gesù era un abile illustratore e spesso faceva ricorso al linguaggio del popolo per formulare le sue parabole. Io personalmente non ritengo affatto strano che Gesù possa aver fatto ricorso ad una credenza popolare per spiegare un determinato principio.

Riporto nuovamente la spiegazione data nel libro Ragioniamo:

“Se presa letteralmente [la parabola del ricco e Lazzaro], significherebbe che coloro che godono del favore divino potrebbero tutti trovar posto nel seno di un uomo, Abraamo; che l’acqua sulla punta di un dito non evaporerebbe tra le fiamme dell’Ades; che una semplice goccia d’acqua potrebbe recare sollievo a chi vi patisce le pene. Vi sembra ragionevole? Se fosse letterale, sarebbe in contrasto con altre parti della Bibbia. Se la Bibbia si contraddicesse in tal modo, coloro che amano la verità edificherebbero la loro fede su di essa? Ma la Bibbia non si contraddice.” - Watchtower, 1989.

Davvero credi che Gesù credesse in queste cose?

Che dice della possibilità che questo racconto sia spurio, aggiunto da Luca per avvallare una sua credenza?

Anche questa mi sembra una possibilità assai remota, considerando che è accertato che il discepolo per compilare il suo Vangelo abbia fatto delle attente ricerche e si sia ben documentato. Mi sembra assurdo che poi, ad un lavoro tanto meticoloso abbia potuto aggiungere degli episodi partoriti dalla sua fantasia.



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30/05/2011 12:25

A questo riguardo va notato che le illustrazioni, pur traendo spunto da elementi naturali e dalla vita reale, non sono necessariamente fatti realmente accaduti. Anche se certe illustrazioni iniziano con “Una volta”, “Un uomo aveva”, “C’era ...un uomo”, “Un uomo era”, o frasi simili, furono ideate da chi parlava sotto l’influsso dello spirito di Dio e, come dice il loro nome, non sono che illustrazioni o parabole. (Gdc 9:8; Mt 21:28, 33; Lu 16:1, 19) Di Gesù Cristo è detto: “Gesù disse tutte queste cose alle folle mediante illustrazioni. Realmente, senza illustrazioni non parlava loro”. — Mt 13:34; Mr 4:33, 34.
Nella parabola, Lazzaro, un mendicante pieno di ulcere, se ne stava alla porta del ricco, desideroso di sfamarsi con ciò che cadeva dalla sua sontuosa mensa. In seguito Lazzaro morì e fu portato da angeli nella posizione del seno di Abraamo (posto paragonabile a quello occupato da chi nell’antichità, durante un pasto, stava reclinato davanti a un altro sullo stesso divano). Abraamo ebbe una conversazione col ricco che, morto anche lui, era stato sepolto e si trovava nell’Ades, nei tormenti. Una “grande voragine” invalicabile separava il ricco da Abraamo e Lazzaro. La richiesta del ricco che Abraamo mandasse Lazzaro dai suoi cinque fratelli ‘per dare loro una completa testimonianza’, nella speranza di risparmiare loro la stessa esperienza, fu respinta per la ragione che avevano “Mosè e i Profeti”, e se non avevano ascoltato quelli ‘non sarebbero stati persuasi nemmeno se qualcuno fosse sorto dai morti”. —

*Per l’illustrazione del ricco e di Lazzaro, Gesù attinse da insegnamenti rabbinici circa i morti?*

Alcuni studiosi e docenti di religione comparata hanno avanzato l’ipotesi che nel fare questa illustrazione Gesù Cristo abbia attinto dall’antico concetto e insegnamento rabbinico relativo all’aldilà. Giuseppe Flavio fornisce le seguenti informazioni circa l’opinione dei farisei dell’epoca: “Essi credono che le anime abbiano il potere di sopravvivere alla morte e che sottoterra ci saranno premi o punizioni per quelle che hanno vissuto vita virtuosa o viziosa: prigionia eterna è la sorte delle anime malvage, mentre le anime buone passeranno facilmente a nuova vita”. (Antichità giudaiche, XVIII, 14 [i, 3]) Gesù però respinse categoricamente i falsi insegnamenti, inclusi quelli dei farisei. (Mt 23) Quindi sarebbe stato incoerente da parte sua impostare l’illustrazione del ricco e di Lazzaro secondo gli schemi propri della falsa concezione rabbinica dell’aldilà. Si deve perciò concludere che Gesù aveva in mente l’adempimento dell’illustrazione e ne aveva formulato i particolari e lo svolgimento in armonia con i fatti dell’adempimento piuttosto che con qualche dottrina non scritturale.

Il contesto e la forma della narrazione indicano chiaramente che si tratta di una parabola e non di una storia vera. Non viene esaltata la povertà, né condannata la ricchezza, ma piuttosto sono messi in risalto la condotta, il premio finale e il capovolgimento della situazione o condizione spirituale di coloro che sono rappresentati da Lazzaro e dal ricco. Il fatto che i fratelli del ricco avessero rigettato Mosè e i profeti indica inoltre che l’illustrazione aveva un significato e un obiettivo più profondi del semplice contrasto fra povertà e ricchezza.

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30/05/2011 12:45


Io personalmente non ritengo affatto strano che Gesù possa aver fatto ricorso ad una credenza popolare per spiegare un determinato principio.


Ma allora se Gesù fosse nato ai giorni nostri farebbe riferimento all'oltretomba cattolico? Parlerebbe di San Pietro e di Maria che stanno alle porte del cielo?
Per me è molto strano che qualcuno si serva di credenze che egli stesso non condivide, specie se è consapevole che si tratta di dottrine prese dal mondo pagano.


“Se presa letteralmente [la parabola del ricco e Lazzaro], significherebbe che coloro che godono del favore divino potrebbero tutti trovar posto nel seno di un uomo, Abraamo; che l’acqua sulla punta di un dito non evaporerebbe tra le fiamme dell’Ades; che una semplice goccia d’acqua potrebbe recare sollievo a chi vi patisce le pene. Vi sembra ragionevole? Se fosse letterale, sarebbe in contrasto con altre parti della Bibbia. Se la Bibbia si contraddicesse in tal modo, coloro che amano la verità edificherebbero la loro fede su di essa? Ma la Bibbia non si contraddice.” - Watchtower, 1989.


Non bisogna necessariamente prendere alla lettera ogni elemento del racconto. Anche quando si parla della Geenna vengono menzionati elementi metaforici, e non per questo diciamo che la Geenna non esiste ed è solo una parabola.
Per quanto riguarda il seno di Abraamo, questo termine è sconosciuto alla tradizione ebraica, ma l'idea che Abramo svolga un importante ruolo nell'oltretomba è attestata in alcune credenze riportate nel Talmud dove il patriarca sta alle porte del luogo delle anime in pena.


Davvero credi che Gesù credesse in queste cose?
Che dice della possibilità che questo racconto sia spurio, aggiunto da Luca per avvallare una sua credenza?


Sinceramente non so in cosa credeva davvero Gesù, ma non escludo che il racconto di Lazzaro e il ricco non sia mai stato pronunciato dal Nazareno. In fondo se tutto ciò che i quattro evangelisti riportano sulla vita di Gesù fosse vero allora ci sarebbero molte contraddizioni (come nelle cronache della Resurrezione nei vari Vangeli).
[Modificato da .:mErA:. 30/05/2011 12:45]
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30/05/2011 12:54


Per me è molto strano che qualcuno si serva di credenze che egli stesso non condivide, specie se è consapevole che si tratta di dottrine prese dal mondo pagano.



Non è insolito che nelle Sale del Regno dei TdG vengano pronunciati discorsi biblici in cui per illustrare determinati principi si faccia riferimento a racconti della mitologia greca, a famose fiabe, ecc.



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30/05/2011 12:57


Sinceramente non so in cosa credeva davvero Gesù, ma non escludo che il racconto di Lazzaro e il ricco non sia mai stato pronunciato dal Nazareno. In fondo se tutto ciò che i quattro evangelisti riportano sulla vita di Gesù fosse vero allora ci sarebbero molte contraddizioni (come nelle cronache della Resurrezione nei vari Vangeli).



Che si tratti di un racconto spurio, come ti dicevo, mi sembra poco probabile, tenedo conto che il Vangelo di Luca è frutto di un'attento lavoro di ricerca durato probabilmente anni. Rovinare il tutto aggiungendo fantasie non mi sembra possibile.

In merito ai quattro Vangeli, non ritengo vi siano contraddizioni. Piuttosto credo siano complementari gli uni agli altri.



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30/05/2011 13:15

Quando parlò del ricco e di Lazzaro, Gesù stava insegnando che i malvagi vengono tormentati dopo la morte?

Il racconto di Luca 16:19-31 è letterale o è solo un’illustrazione di qualcos’altro? In una nota a questi versetti, La Bibbia di Gerus...alemme riconosce che è una “storia-parabola, senza nessun legame storico”.

SE PRESA LETTERALMENTE, SIGNIFICHEREBBE CHE COLORO CHE GODONO DEL FAVORE DIVINO POTREBBERO TUTTI TROVAR POSTO NEL SENO DI UN UOMO, ABRAAMO; CHE L’ACQUA SULLA PUNTA DI UN DITO NON EVAPOREREBBE TRA LE FIAMME DELL’ADES; CHE UNA SEMPLICE GOCCIA D’ACQUA POTREBBE RECARE SOLLIEVO A CHI VI PATISCE LE PENE. VI SEMBRA RAGIONEVOLE?

Se fosse letterale, sarebbe in contrasto con altre parti della Bibbia. Se la Bibbia si contraddicesse in tal modo, coloro che amano la verità edificherebbero la loro fede su di essa? Ma la Bibbia non si contraddice.
Qual è il significato della parabola? Il “ricco” rappresenta i farisei. (Vedi il versetto 14). Il mendicante Lazzaro rappresenta le persone comuni fra gli ebrei che erano disprezzate dai farisei ma che si pentirono e divennero seguaci di Gesù. (Vedi Luca 18:11; Giovanni 7:49; Matteo 21:31, 32). Anche la loro morte fu simbolica, rappresentando un cambiamento di circostanze. Pertanto quelli un tempo disprezzati vennero a trovarsi in una posizione di favore divino, mentre quelli che prima sembravano essere i favoriti vennero rigettati da Dio, essendo contemporaneamente tormentati dai messaggi di giudizio annunciati da coloro che prima essi disprezzavano. — Atti 5:33; 7:54.
[Modificato da Roberto Carson 30/05/2011 13:18]

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30/05/2011 17:20

@Faxino

Qual è il significato della parabola? Il “ricco” rappresenta i farisei. (Vedi il versetto 14). Il mendicante Lazzaro rappresenta le persone comuni fra gli ebrei che erano disprezzate dai farisei ma che si pentirono e divennero seguaci di Gesù. (Vedi Luca 18:11; Giovanni 7:49; Matteo 21:31, 32). Anche la loro morte fu simbolica, rappresentando un cambiamento di circostanze. Pertanto quelli un tempo disprezzati vennero a trovarsi in una posizione di favore divino, mentre quelli che prima sembravano essere i favoriti vennero rigettati da Dio, essendo contemporaneamente tormentati dai messaggi di giudizio annunciati da coloro che prima essi disprezzavano. — Atti 5:33; 7:54.


Con tutto il possibile rispetto per quanto riportato nelle vostre pubblicazioni non posso fare a meno di esprimere il mio parere sull'interpretazione citata.
Se il ricco rappresenta i Farisei allora sorgono le seguenti problematiche:
- I Farisei non erano ricchi
- I Farisei avevano il favore del popolo che li sosteneva e di cui essi stessi erano parte.
- I Farisei non sono stati annientati. Essi furono l'unico gruppo ebraico a sopravvivere alla catastrofe del 70 grazie a Yochanan Ben Zakkai.
- I Farisei fiorirono nel Medioevo e fino ai nostri giorni.

La contrapposizione Lazzaro-ricco mi sembra piuttosto rispecchiare la polemica contro l'aristocrazia corrotta (in gran parte formata da Sadducei) e contro quegli Ebrei che vivevano secondo l'edonismo greco-romano. Non a caso il ricco afferma che non era a conoscenza di una simile punizione, e questo si addice molto bene ad entrambe le categorie che ho menzionato, mentre non si applicherebbe ai Farisei che invece in quegli anni elaboravano grandi riflessioni e teorie sul giudizio Divino.


[Modificato da .:mErA:. 30/05/2011 17:23]
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31/05/2011 22:52

Re:
.:mErA:., 30.05.2011 17:20:

@Faxino

Qual è il significato della parabola? Il “ricco” rappresenta i farisei. (Vedi il versetto 14). Il mendicante Lazzaro rappresenta le persone comuni fra gli ebrei che erano disprezzate dai farisei ma che si pentirono e divennero seguaci di Gesù. (Vedi Luca 18:11; Giovanni 7:49; Matteo 21:31, 32). Anche la loro morte fu simbolica, rappresentando un cambiamento di circostanze. Pertanto quelli un tempo disprezzati vennero a trovarsi in una posizione di favore divino, mentre quelli che prima sembravano essere i favoriti vennero rigettati da Dio, essendo contemporaneamente tormentati dai messaggi di giudizio annunciati da coloro che prima essi disprezzavano. — Atti 5:33; 7:54.


Con tutto il possibile rispetto per quanto riportato nelle vostre pubblicazioni non posso fare a meno di esprimere il mio parere sull'interpretazione citata.
Se il ricco rappresenta i Farisei allora sorgono le seguenti problematiche:
- I Farisei non erano ricchi
- I Farisei avevano il favore del popolo che li sosteneva e di cui essi stessi erano parte.
- I Farisei non sono stati annientati. Essi furono l'unico gruppo ebraico a sopravvivere alla catastrofe del 70 grazie a Yochanan Ben Zakkai.
- I Farisei fiorirono nel Medioevo e fino ai nostri giorni.

La contrapposizione Lazzaro-ricco mi sembra piuttosto rispecchiare la polemica contro l'aristocrazia corrotta (in gran parte formata da Sadducei) e contro quegli Ebrei che vivevano secondo l'edonismo greco-romano. Non a caso il ricco afferma che non era a conoscenza di una simile punizione, e questo si addice molto bene ad entrambe le categorie che ho menzionato, mentre non si applicherebbe ai Farisei che invece in quegli anni elaboravano grandi riflessioni e teorie sul giudizio Divino.



:mErA noi diamo un'interpretazione simbolica, mentre tu e i cattolici tendete a dare un'interpretazione letterale.

Se dici il "ricco" è simbolico, rappresenta i "ricchi", è evidentemente un simbolismo molto debole e praticamente letterale: un ricco sta semplicemente per la classe dei ricchi.

Cosi' tu applichi il "ricco" ai sadducei perché erano materialmente "ricchi".

Noi tdG pensiamo che la "ricchezza" di cui parlava Gesu' non poteva essere materiale, ma doveva necessariamente essere spirituale.
Sotto questo aspetto le guide spirituali del tempo, i "ricchi", erano per forza gli scribi e i farisei, i maestri della legge.
Allo stesso modo la "morte" non è da intendersi come letterale, cosa possibile solo se il "ricco" fosse una persona letterale o simbolo per una classe di ricchi letterali.
La "morte" che intendiamo noi è "spirituale" cioè un cambiamento, un ribaltamento della situazione in cui chi aveva le ricchezze spirituali perde improvvisamente la sua posizione di privilegio, mentre il popolo che veniva disprezzato e lasciato senza guida spirituale accede all'approvazione e al favore di Dio.

Non so se mi sono spiegato.

Simon
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08/06/2011 17:43

Sono sempre più convinto che Luca credeva nell'aldilà per le anime dopo la morte, mentre Matteo non ci credeva.
Ho notato la differenza tra questi due passi paralleli:

Matteo 10:28: "E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna".


Luca 12:4-5: "Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla. Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna"

Secondo Matteo nel Gehinnom vengono distrutti sia il corpo che l'anima (contemporaneamente). Secondo Luca invece prima muore il corpo, poi si viene gettati nel Gehinnom.

Non a caso è proprio nel Vangelo di Luca che troviamo la famosa frase controversa: "In verità ti dico oggi sarai con me nel giardino".

Shalom.


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Re:
.:mErA:., 08.06.2011 17:43:

Sono sempre più convinto che Luca credeva nell'aldilà per le anime dopo la morte, mentre Matteo non ci credeva.
Ho notato la differenza tra questi due passi paralleli:

Matteo 10:28: "E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna".


Luca 12:4-5: "Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla. Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna"

Secondo Matteo nel Gehinnom vengono distrutti sia il corpo che l'anima (contemporaneamente). Secondo Luca invece prima muore il corpo, poi si viene gettati nel Gehinnom.

Non a caso è proprio nel Vangelo di Luca che troviamo la famosa frase controversa: "In verità ti dico oggi sarai con me nel giardino".

Shalom.




Anche qui noi tdG diamo una spiegazione biblica diversa, che personalmente mi soddisfa pienamente.

Ci sono due tipi di morte: una reversibile, tramite la resurrezione, l'altra irreversibile, perché Dio non ti risorgerà.

Se il corpo muore, Dio lo puo' risorgere, come ha fatto fare ad esempio con Lazzaro.

Se muore l'anima, in quel caso muore la persona per intero, Dio non la richiamerà piu' in vita, perché ha già pronunciato il suo giudizio definitivo. La Geenna in questo modo diventa il simbolo della distruzione completa ed irreversibile.

Introdurre un "anima" in senso greco-platonico non solo falsa questo semplice quadro, ma ti obbliga a cercare molte altre giustificazioni ai quesiti collegati.
Te ne propongo alcuni:

1) Se muore il corpo, la persona è morta davvero oppure continua a vivere senza il corpo?
2) Se Adamo pecco' e Dio gli aveva detto "tornerai alla terra", intendeva semplicemente dirgli che avrebbe continuato la sua vita altrove?
3) Dove vanno a finire queste "anime" dopo la morte?

Essenzialmente stiamo cominciando a muoverci al di fuori della semplicità biblica e a fare quello che la mentalità ebraica tradizionale odiava: filosofare!

Simon
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18/06/2011 17:16


Introdurre un "anima" in senso greco-platonico non solo falsa questo semplice quadro, ma ti obbliga a cercare molte altre giustificazioni ai quesiti collegati.
Te ne propongo alcuni:

1) Se muore il corpo, la persona è morta davvero oppure continua a vivere senza il corpo?
2) Se Adamo pecco' e Dio gli aveva detto "tornerai alla terra", intendeva semplicemente dirgli che avrebbe continuato la sua vita altrove?
3) Dove vanno a finire queste "anime" dopo la morte?


Queste sono problematiche importanti ma non c'entrano con il discorso che stavo facendo. A me interessa sapere cosa credevano gli autori del Nuovo Testamento sull'anima e sulla morte, non cosa dice Genesi o Qhoelet.
Naturalmente secondo la vostra fede le due cose coincidono perchè tutta la Bibbia deve avere la stessa visione su ogni dottrina, ma per me non è così e anzi accetto che ci possano essere discordanze tra i vari libri che ritengo sacri e ispirati e a maggior ragione tra quelli che non accetto come canonici (il NT). Sono sicuro perciò che Luca credesse nell'oltretomba come ci credevano alcuni Ebrei a quell'epoca.

Shalom.
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