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PROFEZIE SU CRISTO: NOI CRISTIANI ESAGERIAMO

Ultimo Aggiornamento: 23/09/2009 22:11
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13/09/2009 23:48

2. L’ESEGESI DEL SALMO 16 FATTA DA PIETRO A PENTECOSTE

Nel Salmo 16 Davide aveva usato un’espressione che, facendo un’analisi interna al testo, portava a pensare che egli si ritenesse immortale o che sarebbe stato rapito in cielo con tutto il corpo, com’era successo ad Enoc (Genesi 5:24). Infatti c’è scritto: «Anche la mia carne dimorerà al sicuro; poiché tu non abbandonerai l’anima mia in potere della morte, né permetterai che il tuo santo subisca la decomposizione» (Salmo 16:9-10). Il contesto è già preciso in sé, ma è rafforzato dal fatto che, nella mentalità ebraica, “anima” significa “persona nel suo complesso”: non ha cioè il significato greco di “parte incorporea”. Davide invece era poi normalmente morto e così il Salmo 16 metteva un po’ in crisi: perché bisognava tener fermo che quella era Parola di Dio, perciò era vera anche quando andava al di là della comprensione umana, ma i fatti sembravano smentirla. Una mezza via d’uscita poteva essere quella di ritenere che Davide pensò di essere risparmiato dalla morte in quel momento, ma non per sempre.
Un bel problema per i “dottori della Legge”, i quali ritenevano di saper bene cosa la Scrittura insegnasse “nel complesso”. Essi disprezzavano i semplici popolani che venivano attratti da Gesù, i quali secondo loro non conoscevano la Legge ed erano perciò maledetti (Giovanni 7:48). Un popolano come Pietro era invece riuscito a capire il Salmo 16, perché aveva intuito subito che Gesù era il Messia (Giovanni 1:40-42), cosa che il molto istruito Nicodemo fece fatica a comprendere (Giovanni 3:10) e che il gran maestro Gamaliele cominciò a sospettare solo quando Gesù se n’era già andato (Atti 5:33-40). Un altro punto di forza di Pietro era l’essere stato 40 giorni insieme a Gesù risorto (Atti 1:3), con l’indimenticabile incontro sulle rive del Mar di Galilea (Giovanni 21:1-18).
Insomma, la capacità esegetica di Pietro stava nel suo percorso esistenziale, che gli permetteva di guardare alla Parola scritta alla luce della Parola incarnata; mentre a Gamaliele il foglio della Parola scritta, sulla quale stava sempre curvo, gli aveva fino allora impedito di vedere una Parola incarnata che per tre anni gli era girata intorno.
Nella sua interpretazione (Atti 2:25-31), Pietro tiene presente il senso di identificazione fra capostipite e discendenti, che era comune nella mentalità ebraica: per Abramo non c’era infatti molta differenza se la Terra Promessa l’avrebbe ricevuta lui direttamente o la sua discendenza qualche secolo dopo (Genesi 13:14-15; 15:13-21). A volte anche l’apostolo Paolo ha tenuto presente questo senso di solidarietà fra il capostipite e la discendenza: per esempio identificando la “progenie di Abramo” con Cristo (Galati 3:16); oppure considerando come blocchi unici sia i discendenti di Adamo che quelli legati a Cristo (Romani 5:12-19).
Pietro, opportunamente, prima di affrontare l’interpretazione più opinabile del Salmo 16, rompe il ghiaccio iniziando il suo discorso con una profezia dal significato molto più chiaro, quella di Gioele 2:28-32 (Atti 2:15ss.). Anzi era stato Dio a rompere il ghiaccio in tre modi: 1) facendo udire un suono innaturale che chiamò a raccolta una moltitudine (vv. 2 e 6); 2) riempiendo di Spirito Santo gli apostoli e l’altro centinaio di persone che erano con essi (Atti 1:15; 2:4), con ciò dando loro un’esuberanza che li rendeva testimoni più credibili della risurrezione di Gesù; 3) infine facendo constatare il miracolo di sentire la Parola di Dio a ciascuno secondo la sua lingua (2:6ss.).
L’efficacia dell’esegesi di Pietro, insomma, non stava solo nel suo ragionamento, ma nel fatto che le sue parole erano in armonia con un’esplicita azione di Dio. L’esegesi di Pietro, perciò, non era una “formula magica” avente forza in sé, perché l’efficacia dell’evangelizzazione sta in una sinergia fra ciò che dice l’evangelista e ciò che Dio opera, come appare chiaramente in tutto il libro degli Atti degli Apostoli, che qualcuno non a caso chiama Atti dello Spirito Santo, essendo esso al centro del racconto fin dall’inizio (1:2,5,8,16; 2:4 e così via).
Pietro considera che Davide era un profeta e che perciò c’era in lui l’azione dello Spirito, azione che poteva manifestarsi anche senza che Davide ne fosse pienamente consapevole: proprio lo Spirito, allora, poteva aver inserito dei significati nascosti sotto quelli più letterali e apparenti. Qualcuno troverà disdicevole che Dio usi questi modi complicati per rivelarsi ma, quando c’è da comunicare qualcosa di lontano dalla comune esperienza umana, un’espressione chiara ed esplicita diviene incomprensibile, perciò inutile, o addirittura dannosa. Che il Messia doveva essere crocifisso e poi sarebbe risorto, per esempio, per gli apostoli risultò incomprensibile anche quando fu Gesù stesso a spiegarglielo (Luca 18:31-34): allora come Dio poteva dirlo chiaramente a Davide ed ai suoi contemporanei, senza metterli in gran confusione?
Il commento alla Scrittura di Pietro non va preso come se stesse facendo una teorica lezione di esegesi in una scuola biblica, ma come un discorso adatto ad un uditorio particolare: così adatto che ben tremila persone ne rimasero convinte (Atti 2:41). Riportiamo ora le parti essenziali di questo discorso di Pietro, il quale prima fa una lunga citazione del Salmo 16 comprendente «tu non lascerai l’anima mia nell’Ades e non permetterai che il tuo Santo subisca la decomposizione», poi ne dà la seguente interpretazione (Atti 2):
29 Fratelli, si può ben dire liberamente riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto; e la sua tomba è ancora al giorno d’oggi tra di noi. 30 Egli dunque, essendo profeta e sapendo che Dio gli aveva promesso con giuramento che sul suo trono avrebbe fatto sedere uno dei suoi discendenti, 31 previde la risurrezione di Cristo e ne parlò dicendo che non sarebbe stato lasciato nel soggiorno dei morti, e che la sua carne non avrebbe subito la decomposizione. 32 Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato; di ciò, noi tutti siamo testimoni.
Pietro prosegue poi citando il Salmo 110, applicandoci i principi interpretativi che ha già chiarito e che perciò dà ormai per scontati, concludendo infine con grande sicurezza:
33 Egli dunque [Gesù], essendo stato esaltato dalla destra di Dio e avendo ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, ha sparso quello che ora vedete e udite. 34 Davide infatti non è salito in cielo; eppure egli stesso dice: “Il Signore ha detto al mio Signore: ‘Siedi alla mia destra, 35 finché io abbia posto i tuoi nemici per sgabello dei tuoi piedi’”. 36 Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso.



Per contatti: roberto.carson@tiscali.it
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