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PROFEZIE SU CRISTO: NOI CRISTIANI ESAGERIAMO

Ultimo Aggiornamento: 23/09/2009 22:11
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13/09/2009 23:49

5. ELENCHI INGANNEVOLI DELLE PROFEZIE SU CRISTO

Dispiace doverlo ammettere, però l’elenco che noi cristiani facciamo delle profezie dell’Antico Testamento riguardanti Cristo, spesso e in larga parte è un inganno. A volte è un inganno inconsapevole, ma quando a fare l’elenco sono persone esperte e che scrivono libri, c’è da temere che l’inganno sia sostanzialmente voluto, anche se fatto “a fin di bene”. Gesù ha forse bisogno dell’inganno e se ne giova? L’uso distorto di una parte della Parola di Dio, poi, ne ostacola l’uso per il quale ci è stata data e questo non è un danno secondario. Vediamo allora in che consiste l’inganno.
Quando diciamo “profezia”, chi ascolta intende qualcosa che è stato annunciato prima che si verificasse. Ci sono però due tipi di annunci, molto diversi tra loro: c’è quello che è comprensibile da subito (cioè “a priori”) e quello che si comprende solo dopo che si è realizzato (cioè “a posteriori”). Per esempio, la prima profezia citata da Pietro a Pentecoste (quella di Gioele 2:28-32, vedere Atti 2:16-21) era chiara anche prima, cioè quando Gioele la proclamò, seppure non fossero chiari i tempi ed i modi della sua realizzazione. Invece la profezia sulla risurrezione del Messia (Salmo 16:10) e quella sulla sua divinità (Salmo 110:1), citate nello stesso contesto da Pietro (Atti 2:24-36), divennero chiare solo dopo la venuta di Gesù; anzi, dopo la sua risurrezione.
È vero allora che la risurrezione era stata predetta da una profezia dell’Antico Testamento? NO, se si vuole usare la parola “profezia” in modo non ingannevole. SÌ, se si precisa che era una profezia “a posteriori”, cioè che i profeti avevano scritto prima ciò che si comprese dopo.
C’è però un inganno ancor più radicale, che non è semplice spiegare e che è dovuto alla difficoltà che abbiamo di comprendere la mentalità ebraica, la quale considera profetico ciò che per noi non lo è. Noi ragioniamo di solito contrapponendo il passato con il presente e con il futuro; in ebraico invece la declinazione del verbo è uguale in tutti e tre i casi, perciò solo il contesto può far capire se si sta parlando del passato o del futuro. Per la Bibbia la contrapposizione che più conta non è quella passato/futuro, ma quelle giusto/sbagliato, vero/falso, divino/diabolico. Cominciamo ad affrontare la questione, allora, con qualche citazione biblica.
«La Parola di Dio permane in eterno» (Isaia 40:8; 1Pietro 1:23-25), Dio non cambia, non si “evolve” (Salmo 102:27), anche oggi è lo stesso Dio che parlò ad Abramo (Esodo 3:6; Luca 1:54-55; Atti 3:13). «Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno» (Ebrei 13:8). Tutte le cose sono state create per mezzo di Cristo, in vista di Cristo e sussistono in Cristo (Colossesi 1:16-17): ne deriva che se qualcosa era in Cristo, è anche ora in Cristo e sarà anche alla fine in Cristo. Parallelamente, se qualcosa era nella Parola di Dio ieri, allora possiamo trovarla anche oggi e potrà essere presente anche domani.
I libri dell’Antico Testamento che noi chiamiamo storici (per esempio quelli dei Re), non a caso sono definiti dagli ebrei come profetici. Non solo perché solo i profeti sanno ciò che è veramente importante e ciò che durerà nel tempo, ma anche perché la storia raccontata, avendo come protagonista l’immutabile Dio, è anche un annuncio per il futuro. Ogni parola dell’Antico Testamento è perciò in qualche modo profetica e Gesù volle e vorrà adempierla fin nei dettagli (Matteo 5:17-18), non perché una volta adempiuta si possa poi mettere da parte, ma perché è sempre e tutta da adempiere continuamente.
Dopo le soprastanti precisazioni, dovrebbe essere chiaro che spesso dove l’ebreo Matteo vede delle profezie, quelle per noi in realtà non sono delle profezie. Per esempio, è evidente che per noi non c’era alcuna profezia che preannunciasse la cosiddetta “strage degli innocenti”, perché Geremia si riferisce chiaramente all’invasione ed alla deportazione d’Israele (Geremia 31:15). Per Matteo però (2:16-18), il fatto che qualcosa di simile fosse già successo, gli fa considerare la nuova strage come un riadempimento di quella precedente e perciò in qualche modo profetizzata. Secondo il nostro linguaggio, insomma, si tratta di un’applicazione profetica della storia, non di una vera profezia.
Se si vuol essere onesti, in conclusione, non si può mettere sotto una stessa etichetta realtà molto diverse, facendo credere che si tratti di una stessa categoria. Quelle che nel Nuovo Testamento, secondo una mentalità ebraica, sono considerate come profezie dell’Antico Testamento su Cristo, in base al nostro linguaggio vanno dunque suddivise in almeno quelle tre categorie che abbiamo sopra considerato:
1) profezie “a priori” (come quella sulla discesa dello Spirito Santo, vedere Atti 2:16-21 e Gioele 2:28-32).
2) profezie “a posteriori” (come quella sulla risurrezione, vedere Atti 2:24-32 e Salmo 16:10);
3) Applicazioni profetiche della storia biblica (come quella sulla “strage degli innocenti”, vedere Matteo 2:16-18 e Geremia 31:15).



Per contatti: roberto.carson@tiscali.it
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