Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

QUALCHE FLASH SUL RAPPORTO FRA ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

Ultimo Aggiornamento: 17/11/2009 18:46
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 5.668
Città: AGORDO
Età: 47
Sesso: Maschile
11/10/2009 13:45

Prof. Fernando De Angelis

PARTE I: Lettera di Bruno Burzi.

Commento (molto libero e personale) sulla lettera ai Galati

di Bruno Burzi (28/9/09)

La lettera dell'apostolo Paolo ai Galati mi appare molto interessante, perché mi sembra faccia chiarezza su una questione importante: quella della continuità o meno della Sacra Scrittura tra il Vecchio e il Nuovo Testamento. Specialmente per quanto attiene l’argomento degli argomenti cioè la salvezza, ovvero la promessa dell'eredità fatta da Dio ad Abramo.
Le due raccolte di testi possono essere viste come in continuità fra di loro oppure separate da un solco profondo, costituito dall’evento fondamentale del Figlio di Dio fattosi uomo, Dio stesso che è "sceso" nel mondo.
Pur non sminuendo l'importanza della legge osservata dai Giudei, cioè la legge data da Dio agli israeliti per mezzo di Mosè (La Torah), Paolo si sforza in ogni modo di ricordare ai Galati che nessuna salvezza può venire da essa (e dalle opere della carne), ma soltanto dalla fede in Gesù Cristo e dallo Spirito Santo. Peraltro lo fa in un contesto di critica e rimproveri perché i Galati, dopo essere stati evangelizzati da lui stesso ed aver ricevuto i doni dello Spirito, cioè i carismi, sono ricaduti nei dubbi teologici e hanno ricominciato ad osservare i precetti giudaici come ad esempio la circoncisione; a ciò indotti ovviamente da predicatori intervenuti successivamente all'opera di Paolo e in qualche modo infiltratisi tra i fratelli. Paolo infatti dice: «Io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottenesse per mezzo della legge, Cristo sarebbe dunque morto inutilmente» (Galati 2:21). E ancora: «Le promesse furono fatte ad Abraamo e alla sua progenie. Non dice: “E alle progenie”, come se si trattasse di molte; ma, come parlando di una sola, dice: “E alla tua progenie”, che è Cristo. Ecco quello che voglio dire: un testamento che Dio ha stabilito anteriormente, non può essere annullato, in modo da render vana la promessa, dalla legge sopraggiunta quattrocentotrent'anni più tardi. Perché se l'eredità viene dalla legge, essa non viene più dalla promessa; Dio, invece, concesse questa grazia ad Abraamo, mediante la promessa». (Galati 3:16-18).
Paolo è dunque uno strenuo difensore della fede alla maniera di Abramo, di Melchisedec e di Cristo, definito sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec (Salmo 110:4). Paolo non intende ritornare ai riti, alle prescrizioni e alla schiavitù della legge, sebbene ne riconosca il valore e l'utilità, quanto meno propedeutica, per preparare il popolo agli eventi che l'avrebbero coinvolto. Scrive infatti: «Così la legge è stata come un precettore per condurci a Cristo, affinché noi fossimo giustificati per fede» (Galati 3:24).
Il Vangelo predicato da Paolo è perciò un Vangelo di libertà dalla legge e dalle sue formalità, da prescrizioni, divieti, caste sacerdotali e altro. Non libertà da sofferenza, privazione, rinuncia e perfino martirio – si badi bene – ma libertà da falsità, ipocrisia, idolatria, superstizioni e degrado umano, cioè da tutti quegli insani atteggiamenti tanto cari agli uomini per compiacersi gli uni degli altri, la cui denuncia gli costò a Paolo – come a tutti gli altri seguaci della nuova via – la persecuzione e il martirio.
E oggi come vanno le cose? Viviamo secondo la carne o secondo lo Spirito? Siamo saldi nella fede o preferiamo mimetizzarci nei comportamenti medi dell'umanità per non dare nell'occhio? Paolo descrisse il suo tempo come simile a quello antico: «E come allora colui che era nato secondo la carne perseguitava quello che era nato secondo lo Spirito, così succede anche ora» (Galati 4:29).
Oggi abbiamo Chiese di vario tipo e confessione (che per lo più si guardano tra loro con ostilità), abbiamo riti a profusione, divieti, precetti, sacramenti, indulgenze, caste sacerdotali, gerarchie ecclesiastiche, sommi pontefici (titolo peraltro di chiara origine romano pagana), magisteri, mediatori, assolutori e quant'altro; gente che ti garantisce la salvezza come fosse merce in vendita. Tutti questi si richiamano, oltretutto, agli antichi libri e a Cristo, agli apostoli e ai padri della fede. Paolo stesso è un pilastro di santità per costoro, i quali certamente ne hanno letto e riletto gli scritti.
È veramente inquietante constatare come sia facile perdere di vista l’obiettivo, ricadere e restare negli antichi vizi, quelli cioè di far credere che con dei riti speciali e qualche formuletta l'uomo possa, da sé, rendersi accetto a Dio. Paolo ci fa vedere che non è così che funziona. Perfino Pietro fu colto in errore quando, per riguardo ai circoncisi, smise di mangiare con i non giudei, come invece faceva prima che alcuni di loro, inviati da Giacomo, fossero giunti ad Antiochia. Paolo si oppose fermamente a questo atteggiamento di Pietro, facendogli notare l'ipocrisia che vi era intrinseca e il pericolo di sviare dalla giustizia e dalla rettitudine quanti vi indugiavano. Pietro comprese. (Galati 2:11-14; 2Pietro 3:15-16).
Paolo, par di capire, da parte delle nuove chiese si attendeva un cambiamento radicale rispetto all'ebraismo – culto che aveva professato con molto zelo – e cambiamento effettivamente ci fu. Anzi, proprio il cambiamento proposto dalla nuova Via suscitò l'odio e la persecuzione, prima di Gesù, poi degli apostoli e dell'intera comunità cristiana. Se dunque pensiamo alla legge data da Mosè al popolo eletto (che strumentalmente la travisava) e alla radicale innovazione portata da Gesù, sembra proprio che non vi sia continuità, bensì netta separazione, almeno tra una parte dell'A. T. e il N. T.
L’editto di Costantino (313) riportò il cristianesimo (fino ad allora perseguitato) ad una forma di religione simile a quella antica, seppure portatrice delle verità nuove e nettamente separata dalla Torah. Cioè il cristianesimo si trasformò gradualmente in una religione formale e di stato, sempre più piena di regole e precetti, sempre più monopolio di nuove caste sacerdotali. Il solco di separazione si determinò molto netto: i Giudei dell'antica legge furono bollati e accusati di deicidio dai cristiani della nuova Via, i quali tuttavia, nel metodo, somigliavano ai Giudei più di quanto volessero apparire.
Paolo già si accorgeva, nel suo tempo, del pericolo di ricaduta e richiamava i Galati al vangelo da lui predicato, scongiurandoli di non ascoltare alcun altro Vangelo che quello: «Voi osservate giorni, mesi, stagioni e anni! Io temo di essermi affaticato invano per voi» (Galati 4:10-11).
C’è quindi una continuità tra giudaismo e cristianesimo, ma si tratta di una continuità negativa in quanto perpetuazione di vizi (e peccati) contro i quali Gesù stesso si era scagliato. Ma c'è anche una continuità senza difetti, questa volta tra l'intero Antico Testamento e il Nuovo Testamento. Continuità che si ritrova in primo luogo nell'idea di un Dio unico, eterno, immutabile, onnipotente ed onnisciente, che amorevolmente e misericordiosamente soccorre e guida l'uomo attraverso i secoli. Continuità testimoniata dalla religiosità senza religione e dalla fede pura e semplice di certi personaggi quali Abele, Enoc, Noè, Abramo, Sarà, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Mosè e altri. (Ebrei 11). Da una fede come anche quella di Giobbe, che non era ebreo. O da una fede come quella di Melchisedec, che non era levita e non era ebreo, del quale poco è detto, ma che è figura di riferimento e raffronto addirittura per Gesù, dichiarato sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec e non secondo l'ordine d'Aronne.
Questa è secondo me la continuità che va ricercata e che da millenni si scontra con l'altra continuità, quella delle regole, delle religioni istituzionali, delle caste sacerdotali e dei formalismi senza sostanza. Quella di chi dice «Signore, Signore», ma poi non fa le opere del Padre (Luca 6:46). Quella che carica di pesi insopportabili il popolo perché "loro" non li vogliono portare. Credo che anche oggi, com'è sempre stato, ci siano da qualche parte nel mondo dei Melchisedec: se li incontriamo, li sapremo riconoscere?
Durante la Messa di domenica scorsa furono letti i brani di Numeri 11:25-29 e Marco 9:38-41; il sacerdote dovette ammettere (credo fra la disattenzione di molti) che la salvezza non è ad esclusivo appannaggio di chi appartiene ad un raggruppamento strutturato e ne osserva le regole e gli insegnamenti, ma è anche di tutti coloro nei quali abita lo Spirito di Dio, sottolineando la seguente frase di Mosè: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!».




Per contatti: roberto.carson@tiscali.it
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 03:36. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com