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QUALCHE FLASH SUL RAPPORTO FRA ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

Ultimo Aggiornamento: 17/11/2009 18:46
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11/10/2009 13:46

ALCUNE INCOMPRENSIONI E DISTORSIONI
SUL RAPPORTO FRA ANTICO E NUOVO TESTAMENTO
Risposta alla lettera di Bruno Burzi


di Fernando De Angelis (10/10/09)

1. PREMESSA.
Questa lettera capita proprio quando mi sono proposto di affrontare problematiche simili ed allora la prendo come un’occasione per fare una breve ricognizione delle questione che intendo affrontare in seguito. Più che una risposta particolare a quello che Burzi scrive, perciò, terrò presente ciò che pensa la maggioranza dei cristiani.

2. IL “VECCHIO TESTAMENTO” ESISTE?
È stato un prete a consigliarmi di non usare l’espressione “Vecchio Testamento”, perché conteneva l’idea di un qualcosa di superato e di negativo, mentre “Antico” dava più un senso di nobiltà.
La definizione più diffusa e accettabile di “Antico Testamento” è quella temporale, che lo indica come “la Parola di Dio prima di Cristo”. Questa definizione, però, non dice niente sul contenuto di quegli scritti, perciò non è lecito usare “Antico Testamento” attribuendogli un significato di sostanza, a meno che non si sia precedentemente definito quale sia questa sostanza.
A qualcuno apparirà esagerato, ma sono convinto che non ci sia un contenuto che unisca tutto l’AT e che lo ponga in contrasto col Nuovo. Se qualcuno però pensa il contrario, proponga una definizione di AT e forse mi convincerà. Non si può dire che l’AT si caratterizza per la santità di Dio, per esempio, perché essa vale anche per il NT. Non si può neppure identificare l’AT con la Legge di Mosè (anche se lo si fa sistematicamente!), altrimenti bisognerebbe escludere tutta la Genesi (e chiamarla “Antichissimo Testamento”). Identificare l’AT con l’opera di Mosè, poi, non fa cogliere l’ambiguità della condizione di Israele nei periodi senza Tempio e senza piena autonomia politica, elementi questi essenziali per una piena osservanza della Legge di Mosè e la cui assenza favorì il cosiddetto “ebraismo delle Sinagoghe”, sul quale si modelleranno poi le Chiese. Non fa nemmeno cogliere pienamente l’opera dei profeti, i quali accompagnarono il disfarsi del sistema di Mosè con l’intravederne i successivi sviluppi.

3. MOSÈ ERA UN FARISEO?
Molti cristiani trasferiscono alla Legge di Mosè le critiche che il NT rivolge a chi ne aveva corrotto l’interpretazione. Quando Gesù, nel famoso discorso sul Monte (Matteo 5-7), contrappone quello che avevano udito dai Farisei col suo insegnamento, si pone come un maestro di ebraismo che dà la corretta interpretazione della Legge, non vuole certo delegittimare la Parola di Dio mettendosene al di sopra. Non giova che Gesù premetta: “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti” (Matteo 5:17), perché poi per i teologi è facile convincere l’uditorio che quelle parole vanno intese al contrario e così la generalità dei cristiani pensa che Gesù sostituisca Mosè e ne abolisca la Legge. Non giova neppure che Gesù premetta come la giustizia dei suoi discepoli debba superare quella degli scribi e dei farisei (Matteo 5:20), perché la generalità dei cristiani pensa poi che è la giustizia di Mosè che bisogna superare; immaginando un AT esteriore, formalista, senza misericordia e nazionalista, mentre Gesù fa appello proprio all’AT per combattere quelle interpretazioni degenerate presenti nel suo tempo. In alcuni casi il richiamo al vero insegnamento dell’AT è evidente (per esempio sul sabato e sull’internazionalismo, vedere Matteo 12:1-7 e Luca 4:23-30), altre volte era chiaro agli uditori ebrei e noi, non rendendocene conto, pensiamo che Gesù stia introducendo delle novità.
Sono convinto che il NT proponga applicazioni nuove per circostanze nuove e sviluppi alcune parti già presenti nell’AT, ma se qualcuno è convinto che nel NT ci sia qualche novità assoluta la faccia presente e se ne può discutere.

4. DIO IN FORMA UMANA: UNA NOVITÀ ASSOLUTA?
Il “Dio di Abramo di Isacco e di Giacobbe” (Esodo 3:6) è stato dai più trasformato in un “Puro Spirito” e così, dopo il radicamento di un concetto filosofico-teologico di Dio, l’incarnazione diventa qualcosa di molto difficile da comprendere; anche quando si professa di Credere in Gesù quale “vero uomo e vero Dio”, di fatto la sua natura umana tende ad essere negata (o, viceversa, quelli che ne accettano pienamente l’umanità ne negano poi la divinità).
La Bibbia invece comincia con Dio e Adamo che sembrano stare insieme come due amici, con Dio che addirittura insegna l’agricoltura ad Adamo (piantando un giardino, Genesi 2:8). “Immagine di Dio” è un’espressione che la Bibbia riferisce: ad Adamo (Genesi 1:26-27), agli uomini in generale (1Corinzi 11:7) e a Gesù, che viene non a caso indicato come “secondo Adamo” e del quale Adamo era prefigurazione (Romani 5:14).
Non si vuol negare la novità di un Gesù che è Figlio di Dio per natura essendo stato partorito da una vergine, ma solo ribadire che nel NT troviamo sviluppi dell’AT, non contrasti. D’altronde, se l’idea di una incarnazione di Dio fosse stata totalmente in contrasto con l’AT, com’è che Maria, gli apostoli e i primi cristiani (tutti di stretta osservanza ebraica) l’hanno potuta accettare senza eccessive difficoltà?

5. AD ABRAMO FU PROMESSO IL PARADISO?
Un vizio diffusissimo e applicato in vari modi è quello della “retroproiezione”, cioè dello spostare indietro ciò che invece è detto più avanti: come se la Parola di Dio avesse effetti retroattivi! Così Abramo viene tranquillamente posto sotto la Legge di Mosè ed i Vangeli vengono letti come se si riferissero a dopo la Pentecoste, come se contenessero già gli insegnamenti trasmessi poi da Paolo.
Il problema centrale dei cristiani è la salvezza eterna concepita come “Paradiso” e perciò viene loro spontaneo pensare che sia stato sempre così. Già il concetto cristiano di Paradiso – dove ci sarebbe una “beatitudine senza corpo” – è più platonico che biblico, perché nel NT si pone al centro la risurrezione, non il Paradiso. Gesù è presentato come “il Risorto”, che al suo ritorno realizzerà la risurrezione di quelli che hanno creduto in lui (Luca 14:14; Giovanni 5:29; Atti 1:22; 2:32; 3:15; 4:2,33; 17:18; 24:14-21; 1Corinzi 15; Romani 6:5; 8:11; 1Tessalonicesi 4:13-18; Apocalisse 20:4-6).
Gesù riuscì a trovare la rivelazione implicita della risurrezione già all’inizio della Bibbia (Matteo 22:31-32), ma Mosè non parla mai esplicitamente di una possibilità di vita successiva alla morte, né come Paradiso, né come risurrezione. Enoc ed Elia salirono in cielo con tutto il corpo (evidentemente trasformato con una specie di risurrezione) e furono senz’altro dei segnali importanti (Genesi 5:24; Ebrei 11:5; 2 Re 2:11), ma solo alla fine dell’AT c’è una rivelazione esplicita di una risurrezione su larga scala (Isaia 26:19 e, più chiaramente, Daniele 12:2,13).
L’essere amici di Dio o no, nell’AT, si rifletteva nell’arco della vita della persona e nei suoi discendenti, perciò chiederci se i vari personaggi che vi compaiono siano “salvati” o no è porre alla Bibbia un problema che non si pone e la cui risposta perciò non può essere “biblica”. Ad Abramo, insomma, non fu promesso il Paradiso, ma di sperimentare la benedizione nella sua vita e di avere una discendenza benedetta che avrebbe posseduto la “Terra Promessa” (Genesi 12:1-3,17).

6. IL NUOVO TESTAMENTO NON RACCONTA LA “CONVERSIONE DI DIO”.
I cristiani dichiarano giustamente che tutta la Bibbia è Parola di Dio, poi però è facile che considerino l’AT come un adattamento per un popolo ancora più o meno barbaro, “perdonando” a Dio la sua eccessiva severità soprattutto perché poi con Gesù sarebbe diventato buono! Come se l’Apocalisse non avesse Gesù al centro (per esempio, Apocalisse 1:44-17; 5:4-5; 21:22-24) e come se quel libro facesse parte dell’AT! Come se l’episodio di Anania e Saffira (Atti 5:1-11) non fosse del tempo apostolico! Come se il NT non fosse esplicitamente definito, proprio in un confronto su questo punto, più severo dell’AT (Ebrei 10:26:31; 12:25).
Ormai la cultura umana si è drammaticamente allontanata dalla Bibbia, che perciò risulta sempre meno comprensibile e ancor meno digeribile. È perciò inevitabile che la Bibbia oggi ci metta in crisi ma, piuttosto che far finta che dica altro, è meglio rifiutarla e litigarci, chiedendo a Dio di illuminarcela col suo Spirito.

7. IL NUOVO TESTAMENTO NON È IL “PIANO B” DI DIO.
Il “piano B”, in linguaggio militare, delinea una strategia nel caso fallisca l’obiettivo iniziale che ci si è proposti (che sarebbe il “piano A”). Qualcuno, di fatto, interpreta il NT come la descrizione del fallimento del “piano A” di Dio incentrato su Israele, con il conseguente ripiegamento su un “piano B” incentrato su tutti i popoli. Dio può essere quello i cui piani falliscono?
Pietro si affrettò subito a chiarire che gli Ebrei avevano potuto crocifiggere Gesù solo perché gli era stato “dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di Dio” (Atti 2:23) e Gesù stesso aveva chiarito agli apostoli che, nella sua crocifissione, si sarebbero adempiute “tutte le cose scritte dai profeti” (Luca 18:31).
È però l’Epistola ai Colossesi che traccia un quadro unitario di tutto il tempo biblico, incentrandolo su Cristo: perché nel passato sono state create tutte le cose per mezzo di lui e in vista di lui, perché nel presente è Cristo che sorregge tutte le cose, perché nel futuro egli avrà il primato ed il dominio su tutte le cose (Colossesi 1:15-20; 1Corinzi 15:25; Filippesi 2:9-10; Ebrei 1:2-3; 10:12-13).

8. LEGGE E GRAZIA SONO ALTERNATIVE?
In Galati si parla molto di legge e grazia, non possiamo però addentrarci nei dettagli, proponendoci solo di contrastare certe evidenti distorzioni.
C’è chi vede nella Bibbia un “tempo della legge” separato da un “tempo della grazia” e certamente sono due vie alternative che l’uomo può percorrere per cercare la salvezza: una sempre efficace, quella per grazia mediante la fede (Romani 3:23-24; 4:6,13); l’altra sempre inefficace, quella mediante propri sforzi morali (Romani 3:20; Galati 5:4).
Legge e grazia, però, come realtà, sono sempre presenti in tutta la Bibbia. Perché la legge riflette il carattere di Dio ed è costitutiva della natura umana, essendo in qualche misura scritta nella coscienza di ognuno (Romani 1:18ss; 2:15): non si può dunque avere una positiva relazione con Dio senza disporsi a rispettare la sua legge. Ma essendo l’uomo peccatore, appena Dio manifesta una sua qualsiasi legge, finisce che l’uomo la infrange e allora, se non si manifestasse subito la grazia di Dio, tutto finirebbe. Viceversa, una grazia senza legge non ha senso, perché senza legge non c’è neppure il peccato (Romani 4:15) e perciò non c’è neppure necessità della grazia.
La dinamica legge-peccato-grazia è presente fin dall’inizio della Bibbia e proprio quando si manifestò il massimo della legge (Sinai), divenne necessaria una sovrabbondanza di grazia verso un popolo che, nel frattempo, si era fatto come idolo un vitello d’oro. Non a caso è in quel contesto che troviamo forse i versetti nei quali compare più spesso la parola “grazia” (Esodo 33:12-18, sette volte in sette versetti).
Forse Cristo non parlò dei suoi “comandamenti” ed è forse facoltativo osservarli? (Giovanni 14:15-24). C’è poi da considerare che, seppure cambiano via via i modi nei quali vengono espressi, i fondamenti della legge di Dio sono molto semplici e costanti: amare Dio con tutto noi stessi, amare il prossimo come se stessi e fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi. Questa essenza della legge di Dio è presente dalla Genesi all’Apocalisse e certo non va presa come “scala da percorrere per la salvezza”, ma è stato sempre necessario specchiarsi in essa (Giacomo 1:22-25) per guardarci con gli occhi di Dio e farci da lui modellare.



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